venerdì 30 novembre 2007

Visita degli on. Fedi e Randazzo in Israele

L’On. Marco Fedi, deputato del PD eletto nella ripartizione Africa-Asia-Oceania-Antartide, visiterà per tre giorni Israele, a partire dal 2 dicembre, in compagnia di Nino Randazzo, senatore del PD eletto nella medesima ripartizione. La visita, organizzata dal Com.It.Es. di Israele, avrà lo scopo di rafforzare le relazioni con la comunità italiana in Israele, sia sul piano della sua rappresentanza politica e diplomatica che su quello del mondo imprenditoriale e culturale.
Appena arrivati a Tel Aviv, nel pomeriggio di domenica 2 dicembre, i due parlamentari italiani incontreranno la dr.ssa Tiziana D’Angelo, Primo Segretario dell’Ambasciata e Attaché Commerciale dell’Ambasciata d’Italia nella capitale israeliana. Seguirà un incontro l’avv. Beniamino Lazar, presidente del Com.It.Es. Israele, e quindi con il presidente della Camera di Commercio Israele–Italia Roni Benatoff e la sig.ra Gaia Molco. Successivamente Fedi e Randazzo visiteranno l’Istituto Italiano di Cultura di Tel Aviv. Sarà poi la volta dell’incontro con Claudia Amati e Serena Liuzzi del Comitato Direttivo del Beit Wizo Italia a Giaffa, presso la sede della stessa istituzione. A conclusione della prima giornata si terrà l’incontro con il Comitato del Com.It.Es. Israele. La mattinata si lunedì 3 dicembre si aprirà con la visita al Mausoleo della Shoa Yad Vashem di Gerusalemme, per passare poi all’omaggio alla tomba di Izhak Rabin. Nel primo pomeriggio i due parlamentari italiani si recheranno alla Knesseth, il Parlamento israeliano, dove incontreranno esponenti del Comitato Interparlamentare di amicizia Israele–Italia. A seguire, l’incontro con il Console Generale d'Italia a Gerusalemme Nicola Manduzio presso il Consolato. Quindi visita alla società Dante Alighieri di Gerusalemme, dove Fedi e Randazzo troveranno ad accoglierli il presidente Yehuda Pardo e la sig.ra Alisa Vardi Benabu. Successivamente, si terrà una visita al Tempio Italiano di Gerusalemme e Museo d’Arte ebraica Italiana U. Nahon, ospiti del pesidente Vito Anav e del Comitato Direttivo della Hevrat Yehudei Italia. Infine, sarà la volta di un breve incontro con Carla Dell'Ariccia (Fondazione Raffaele Cantoni), Bruno Di Cori (Fondazione Anziani Italiani per Beneficienza – F.A.I.B.), Lello Dell'Ariccia (vice presidente Camera di Commercio Israele – Italia), Miriam Toaff Della Pergola (direttore Notiziario “Kol Haitalkim” – La voce degli Italiani), oltre a un gruppo di giovani e studenti italiani.
La terza e ultima giornata, martedì 4 dicembre, si aprirà con la visita dell’Ospedale italiano di Haifa. Quindi seguirà l’incontro con il Console Onorario d’Italia a Haifa, Carlo Gross e il dr. Crisafulli, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura della stessa città. Nel pomeriggio, tornati nella capitale, i due parlamentari visiteranno il Museo Erez Israel, dove avrà luogo l’apertura ufficiale della mostra"Oltre duemila anni di incontro tra la cultura italiana e l'ebraismo". A conclusione della giornata, Fedi e Randazzo saranno ospiti dell’Ambasciatore d’Italia in Israele, Sandro De Bernardin, a Ramat Gan.

Roma, 30 novembre 2007

giovedì 29 novembre 2007

Le proposte emendative per gli italiani all'estero nella Finanziaria 2008

“Importanti miglioramenti al testo della Finanziaria licenziata dal Senato”. Questo il giudizio dell’On. Marco Fedi (PD) sugli emendamenti presentati alla Camera dei Deputati dagli eletti all’estero dell’Unione.
“In primo luogo – spiega l’On. Fedi – puntiamo a rendere definitiva l’estensione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia agli italiani residenti all’estero, a garantire una interpretazione che estenda la detrazione aggiuntiva ICI, per la prima casa, anche ai residenti all’estero e a riproporre la sanatoria sugli indebiti pensionistici INPS – in assenza di dolo – anziché la non esigibilità dei soli interessi legali”.
Particolarmente importante è l’emendamento concernente i diritti sindacali del personale delle rappresentanze diplomatico-consolari e degli istituti di cultura italiani nel mondo. Infatti – è scritto nell’emendamento – agli assunti “ai sensi del decreto legge 103 del 2000, si applicano gli accordi collettivi concernenti la costituzione e il funzionamento delle rappresentanze sindacali unitarie e i diritti e le prerogative sindacali sul posto di lavoro”. Inoltre, “per i contratti a tempo indeterminato stipulati ai sensi del decreto legge suddetto, in caso di malattia, all'impiegato assente spetta l'intera retribuzione per i primi 90 giorni”.
Il rafforzamento, infine, delle potenzialità del sistema Italia all’estero è al centro di un’altra proposta emendativa: si programma l’istituzione, presso il Ministero del commercio internazionale, di un fondo di 3,5 milioni di euro per favorire e ampliare la promozione e lo sviluppo dell’immagine e dei prodotti del sistema Paese e destinato a sviluppare accordi tra gli enti fieristici dei Paesi emergenti del sud-est asiatico, dell’area del Pacifico, dell’Oceania e quelli italiani.

Roma, 28 novembre 2007

mercoledì 14 novembre 2007

Fedi al workshop della Monash University di Prato sull'integrazione della comunità cinese in Italia

Lo scorso 9 novembre l’On. Marco Fedi è intervenuto al convegno dal titolo “Building Communities: the Chinese in Prato” organizzato dalla Monash University Prato Centre, un campus universitario dell’omonimo ateneo australiano. Durante i due giorni di workshop molteplici interlocutori hanno discusso delle relazioni tra la comunità cinese a Prato e gli abitanti della città toscana. Scopo della Monash University è quello di avviare progetti di ricerca che possano incoraggiare legami positivi tra le comunità, attraverso la disponibilità del suo Centre come luogo di incontro e di collaborazione tra le popolazioni universitarie cinese e italiane. Tra gli intervenuti si sono alternati esponenti delle istituzioni locali e parlamentari italiane, delle diplomazie cinesi e australiane – come l’ambasciatrice australiana in Italia Amanda Vanstone e il console cinese a Firenza Gu Honglin – ma anche numerosi docenti universitari italiani e stranieri, oltre che imprenditori e sindacalisti del settore del tessile che a Prato gode di un forte sviluppo.
Nel suo contributo l’On. Fedi ha ricordato “la positiva esperienza di integrazione civile degli immigrati in Australia, che ha il suo fulcro nel rispetto della diversità culturale delle comunità, nelle scelte politiche nazionali e statali contraddistinte da un solido coordinamento, nell’offerta di servizi sociali ad ampio spettro”. In Italia invece – ha proseguito il deputato del Pd – si assiste a “una situazione di mancanza di omogeneità nelle politiche per l’integrazione promosse dai soggetti pubblici, a livello centrale e periferico”.
Il deputato eletto nella ripartizione Africa-Asia-Oceania-Antartide ha quindi lodato la riforma della legge sull’immigrazione, la cosiddetta Amato-Ferrero, come “un inizio di risposta a tale esigenza di coordinamento”. Tuttavia essa non basta: manca ancora “una struttura in grado di esercitare una reale funzione di monitoraggio e di guida nella governance dell’integrazione”, “un organismo che abbia il compito di porre obbiettivi di breve e medio termine e la capacità di verificarne e promuoverne il conseguimento, anche e soprattutto a livello territoriale”. Per questo, l’On. Fedi ha annunciato il suo impegno parlamentare in tal senso, ipotizzando la strada di una riforma volta a potenziare e razionalizzare l’Organismo nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione sociale degli immigrati costituto presso il Cnel.
Infine, il deputato eletto all’estero ha voluto ricordare l’attività svolta in Parlamento per la riforma della legge sulla cittadinanza. La nuova legge, che approderà in Aula nel prossimo gennaio, consentirà “la riduzione sacrosanta dei tempi di attesa per ottenere la cittadinanza italiana, da dieci a cinque anni, per quelle persone immigrate che vivono regolarmente in Italia, lavorando e contribuendo, non solo sotto il profilo economico ma anche sotto quello sociale e culturale”. Senza costi aggiuntivi, la riforma potrà “favorire l’inserimento degli stranieri anche nell’ambito della partecipazione alla vita politica nazionale”, ha concluso l’On. Fedi.

martedì 13 novembre 2007

Fedi è il nuovo presidente della Sezione bilaterale di amicizia Italia-Australia

L’On. Marco Fedi è stato nominato Presidente della Sezione bilaterale di amicizia Italia-Australia. Nei giorni scorsi l’On. Antonio Martino, Presidente del Gruppo Italiano dell’Unione Interparlamentare, ha provveduto a informare l’On. Fedi del nuovo incarico, attribuito al deputato eletto nella ripartizione Africa-Asia-Oceania-Antartide in seguito alla designazione del suo gruppo parlamentare (Partito Democratico - L’Ulivo).
La Sezione bilaterale di amicizia Italia-Australia è promossa dal Gruppo Italiano e da quello Australiano dell’Unione Interparlamentare. Quest’ultima è un’organizzazione mondiale dei Parlamenti, nata nel 1889, che riunisce attualmente i parlamentari di 147 Stati sovrani. Essa costituisce un foro privilegiato di concertazione parlamentare, con l'obiettivo di sostenere la pace e la cooperazione tra i popoli e rafforzare le istituzioni parlamentari. Il suo Presidente a livello mondiale è l’italiano On. Pier Ferdinando Casini.

Roma, 14 novembre 2007

"Priorità e sfide politiche e il ruolo centrale dell'informazione"

Intervista rilasciata dall'onorevole Marco Fedi, eletto per l'Ulivo nella circoscrizione estero per Africa, Asia, Oceania e Antartide, a Manuela Puntillo per "Italia Vostra".
Quali sono le sue priorità politiche e d’intervento nei territori che è chiamato a rappresentare?
La mia ripartizione è tra tutte la più ampia, sia per area geografica che per tematiche da affrontare, comprendendo Africa, Asia, Oceania, quindi Australia e Nuova Zelanda. Solo ora ci stiamo accingendo a visitare questi paesi: tra gli impegni senatoriali e parlamentari non siamo ancora riusciti a esaminare alcune realtà importanti. Ci sentiamo particolarmente responsabili di questa carenza, abbiamo poche risorse a disposizione, oltretutto da gestire in tempi altrettanto limitati. A dicembre abbiamo in programma una visita alla comunità italiana in Israele, sarà un evento estremamente importante. Siamo però riusciti, attraverso la rete del Consiglio generale degli italiani all’estero e dei Comites, a rapportarci costantemente ai temi che abbiamo in comune e a fare un’azione d’indirizzo e di controllo nei confronti del governo. Nonostante i problemi oggettivi che hanno rallentato la nostra azione politica siamo riusciti a sintetizzare tutti i problemi comuni – la cittadinanza, la previdenza sociale, la rete consolare, la riforma della legge 153 per la diffusione della lingua italiana -.

Pensa che ci sia una grossa differenza tra la vecchia e la nuova immigrazione?
Le esigenze sono diverse. Abbiamo il dovere morale e politico di dare risposta a una serie di questioni importanti che sono indispensabili per entrambe: la rete consolare, per esempio. Ci sono poi alcune questioni specifiche, che riguardano la tutela della terza età, per esempio. Siamo consapevoli che lo stato italiano non può fare tutto per i propri cittadini all’estero, e c’è una responsabilità diretta dei paesi dove i nostri connazionali vivono, risiedono e hanno pagato le tasse. Siamo però altrettanto consapevoli che lo stato italiano ha il dovere di tutelare i suoi connazionali ovunque essi vivano. C’è poi tutta una sfera culturale, di ricerca scientifica e tecnologica, di promozione del made in Italy, sia esso tecnologico, scientifico o commerciale, che va potenziata e che spesso vede come protagonisti i giovani. È per questa ragione che stiamo proponendo, nel 2008 - se riusciremo ad avere un provvedimento del governo o un’iniziativa parlamentare - la prima conferenza dei giovani di origine italiana nel mondo. Potrebbe essere una prima vera opportunità di confronto su questi nuovi e importanti temi. Possiamo e dobbiamo valorizzare la loro esperienza, sia all’estero che in Italia, perché questi giovani sono portatori di una sensibilità nuova e diversa su tanti temi, ma anche di un modello di integrazione tutto nuovo.

Cosa ne pensa della nuova mappatura decisa dal ministero degli Esteri riguardo ai consolati?
Dobbiamo assolutamente lavorare per raggiungere alcuni obiettivi di riforma della rete consolare. Nel frattempo però abbiamo di fronte una situazione difficile: non possiamo tenere una rete consolare siffatta e aprire sedi nuove con risorse che continuano ad essere sostanzialmente limitate, che aumentano marginalmente rispetto alla domanda. Sono necessarie delle scelte, in attesa di una riforma globale molto ambiziosa. La necessità diventa quindi razionalizzare, che in questo momento si traduce nella chiusura di alcune sedi consolari per aprirne di nuove. Credo che rispetto alle ipotesi che sono state avanzate, abbiamo il dovere di esprimere una valutazione oggettiva. Cercheremo di recuperare quelle situazioni in cui si possono la situazione consolare può penalizzare i nostri connazionali all’estero.

Qual è la sua opinione sui mezzi di comunicazione che si occupano di italiani all’estero?
Per le agenzie stampa c’è un problema di mezzi. I giornali gestiscono i fondi con grandi difficoltà. Ci vorrebbero maggiori risorse per l’editoria che si occupa di questi temi sia in Italia che all’estero. Da parte dei giornali italiani non riceviamo comunque grande interesse. All’inizio della legislatura, per lo meno, c’era un’attenzione più alta, che adesso è quasi pari a zero. Abbiamo lavorato con Rai International per l’aumento delle risorse dedicate all’organizzazione dei programmi per gli italiani nel mondo. Contiamo sulla collaborazione del nuovo direttore Piero Badaloni perché si porti a termine ciò che scritto nella convenzione e si raggiungano determinati obiettivi. Con le agenzie di stampa invece stiamo cercando di incentivare non solo i fondi ma anche di rendere più numerose le opportunità di qualificazione e formazione del personale. Una serie di parametri importanti che possono dare ulteriore qualità al lavoro di chi fa informazione per gli italiani all’estero.

Che cosa ci dice della riforma dei seggi in Parlamento?
La commissione Affari costituzionali - stiamo votando già gli emendamenti, voteremo nei prossimi giorni anche gli articoli che sono stati proposti dalla commissione - propone la riduzione di dodici a sei del numero dei deputati alla Camera e l’aumento da sei a dodici del senatori nel nuovo Senato federale della Repubblica. Il nostro orientamento è favorevole a questa soluzione: dal punto di vista qualitativo si mantiene la presenza in entrambi i rami del Parlamento, in un sistema che non è più bicamerale perfetto, ma assegna al Senato funzioni diverse; dal punto di vista delle quote il numero complessivo è inalterato. C’è chi ha sollevato la polemica in merito al fatto che i senatori eletti all’estero sarebbero eletti a suffragio universale, mentre quelli eletti in Italia verrebbero scelti in un’elezione di secondo grado. Credo che questo problema sia superabile innanzitutto perché la circoscrizione estero può essere vista come una regione unica per il Senato e poi perché anche gli eletti in Italia sarebbero eletti prima di tutto consiglieri regionali: quindi c’è comunque per loro un suffragio universale. È soltanto nella seconda fase che c’è un’elezione di secondo grado. L’ipotesi di un Senato federale, con dodici senatori eletti, sia una soluzione importante. La soluzione è convincente. Dovremo ora verificare la disponibilità di tutti i gruppi parlamentari ad approvarla in tempi rapidi.

Manuela Puntillo

mercoledì 7 novembre 2007

"Strumentali le accuse a Veltroni sugli italiani all'estero"

Il centrodestra, insoddisfatto dal proprio vano ostruzionismo parlamentare tutto giocato sull’attesa di una spallata che non arriva, è passato ormai al ricorso alla strumentalizzazione opportunistica di qualsiasi dichiarazione di esponenti politici della maggioranza.
L’ultimo esempio è l’abuso delle parole pronunciate dal segretario del Partito democratico Walter Veltroni ieri sera nel corso della trasmissione televisiva “Ballarò”. Veltroni è accusato di aver inguiriato tutti gli italiani all’estero paragonandoli ad Al Capone. Nulla di più falso, come un attento ascolto delle sue frasi può dimostrare.
L’atteggiamento dell’opposizione è irresponsabile. In un momento così delicato, bisognerebbe al contrario lavorare tutti insieme per potenziare le misure volte alla sicurezza dei cittadini e all’integrazione degli immigrati. Sicurezza e integrazione sono infatti due problemi strettamente correlati. Non c’è serenità nell’ordine pubblico senza la dovuta integrazione sociale dei soggetti a rischio di marginalità, come non esiste inserimento possibile senza adeguate garanzie di legalità.
Per questo sono d’accordo con Veltroni quando dice che non si può criminalizzare un’intera comunità etnica per singoli episodi, ma che quegli stessi episodi vanno perseguiti selettivamente. Del resto –strano che gli esponenti del centrodestra lo dimentichino! - ciò è quanto abbiamo sempre affermato noi italiani emigrati all’estero, ingiustamente vittime di reazioni xenofobe e razziste per delle colpe di singoli nostri connazionali, magari legati alla criminalità organizzata. La nostra esperienza ha dimostrato che la posizione degli italiani nel mondo è oggi cambiata proprio grazie al connubio virtuoso di sicurezza e integrazione che i Paesi che ci hanno accolto hanno saputo nel tempo assicurare. E questa è la strada che anche l’Italia deve sapere imboccare.

Roma, 7 novembre 2007

"Gli italiani all'estero anche nel Parlamento riformato. La Finanziaria convince ma possiamo migliorarla"

È approdato in Aula alla Camera il Testo Unificato 553-A di riforma costituzionale che prevede importanti novità in termini di assetto istituzionale. Una riforma convincente la cui principale innovazione è l’istituzione, a fianco della Camera dei Deputati che avrà funzione legislativa, di un Senato federale, il quale andrà a sostituirsi a quello attuale, con il compito di concorrere a migliorare le proposte di legge in virtù delle istanze raccolte dai territori. Le differenti funzioni delle due Camere e la riduzione significativa del numero dei parlamentari taglieranno i costi e aumenteranno l’efficienza dei lavori, soprattutto per quanto riguarda i tempi.
Nell’ambito del dibattito sulla riforma, noi eletti all’estero abbiamo aperto una riflessione sul nostro ruolo, giungendo a conclusione che sia importante mantenere la nostra presenza invariata sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo. Le ragioni sono diverse per i due rami del Parlamento così riformato. Alla Camera la presenza degli eletti all’estero sarà in rappresentanza di italiani che – pur vivendo fuori dai confini nazionali – hanno lo stesso titolo dei loro connazionali residenti in Italia a intervenire nella formulazione delle leggi. Nel Senato federale, invece, la circoscrizione estero potrebbe essere assimilata a una Regione italiana e concorrere così alla composizione di questa camera, a seconda delle modalità che verranno individuate attraverso l’auspicata riforma della legge elettorale.
Non va negato che anche all’interno della maggioranza ci sono posizioni divergenti. Ad esempio, Rifondazione Comunista chiede l’abolizione della circoscrizione estero. Una posizione legittima ma che io non condivido. Sono fermamente convinto, infatti, che la rappresentanza degli italiani all’estero dia risposta al dettato costituzionale, oltre a fornire una voce diretta agli italiani nel mondo in un’ottica di democrazia partecipata. È pertanto erroneo sovrapporre la questione della circoscrizione estero a quella del voto agli immigrati regolari in Italia, come se fossero incompatibili. Anche io sono parte della battaglia per concedere a chi vive stabilmente nel nostro Paese, producendo reddito e pagando i contributi, il voto politico. Ma come tutti sanno questo è legato alla cittadinanza, a differenza di quello amministrativo che invece dovrebbe essere connesso alla residenza, come accade in ogni Paese civile e come è previsto della riforma della legge sull’immigrazione, la Amato-Ferrero. Perciò l’invito che faccio a chi osteggia il voto agli italiani all’estero da tali posizioni, è di evitare confusioni tra materie diverse e di unire gli sforzi perché da gennaio riparta con celerità l’iter della riforma della cittadinanza, che abbrevia i tempi troppo lunghi previsti per la sua concessione. A quel punto, ottenutala più rapidamente, anche gli immigrati potranno votare alle politiche. Ma come si vede, ciò non toglie nulla ai diritti degli italiani all’estero. Anzi, farsi carico della presenza degli italiani nel mondo, è utile al nostro Paese per meglio affrontare la questione della propria immigrazione interna con maggiore razionalità ed equità. Credo che la proposta della Commissione Affari Costituzionali per il mantenimento complessivo di 18 parlamentari con 6 deputati e 12 senatori possa ritenersi agganciata ai principi generali della riforma mantenendo una presenza importante nella Camera legislativa ed assicurando alle Regione Estero un rapporto altrettanto organico con il territorio. Il segnale al Paese, che include anche le nostre comunità all’estero, è quello di una riforma possibile: spero che l’opposizione possa raccogliere questo invito.
Nel frattempo la Finanziaria prosegue il suo iter al Senato. La giudico una buona manovra per la centralità del sostegno economico alle classi sociali più deboli e alle famiglie, senza dimenticare la rigorosa attenzione al risanamento dei conti pubblici.
Riguardo agli italiani all’estero, noi eletti in loro rappresentanza abbiamo presentato in Senato alcuni emendamenti, in parte accolti e in parte modificati. C’è in generale una proposta di aumento delle risorse per i capitoli di bilancio che riguardano gli italiani nel mondo. A fronte di un maggiore sostegno agli Istituti di cultura e della promozione della nostra lingua all’estero, registro invece una forte insoddisfazione per quanto concerne la sanatoria sugli indebiti pensionistici Inps e le risorse per il potenziamento della rete consolare. In ogni caso, io credo che questi temi debbano essere affrontati in via definitiva, aldilà delle singole Finanziarie, attraverso un percorso serio di riforme che razionalizzi l’uso delle risorse a disposizioni. Penso a quella della struttura del Ministero degli Affari Esteri, con particolare attenzione alle questioni della funzionalità per le nostre rappresentanze all’estero, e quella del loro personale a contratto, che va aumentato nel numero e va garantito nel godimento dei propri diritti sindacali.
7 novembre 2007