giovedì 20 dicembre 2007

Dalla riforma della Costituzione alla promozione del sistema Italia

Di seguito l'intervista rilasciata a "Il Globo" di Melbourne.

Il punto per quanto concerne le riforme: dalla riforma della Costituzione, alla cittadinanza, alla promozione del sistema Italia. Quali sono gli aspetti significativi emersi in questo secondo anno di legislatura?

Partiamo da un dato: le riforme sono una necessità. Quella istituzionale e quella elettorale, in questo momento, costituiscono una risposta al bisogno di una semplificazione del sistema politico e di una migliore efficienza nel rapporto tra Esecutivo e Parlamento, in particolare per quanto riguarda l’iter di approvazione delle leggi. Ma soprattutto queste due riforme rappresentano una possibile uscita dalla condizione di stallo in cui versa la politica italiana.
Non c’è altra strada, io credo, per rimetterla in grado di proporre soluzioni legislative ai bisogni del Paese. L’impianto della riforma costituzionale è condivisibile: fine del sistema bicamerale “perfetto”, Senato Federale in rappresentanza dei territori e riduzione del numero complessivo dei parlamentari. In tal senso, è significativo lo sforzo compiuto dalla I Commissione Affari Costituzionali. Essa ha varato un testo unificato, di cui sono stati votati tre articoli, che conferisce maggiori poteri al Presidente del Consiglio e instaura un rinnovato rapporto tra Governo e Parlamento.

A questo proposito, va ricordato che nell’ambito del dibattito alla Camera sono emerse alcune questioni di carattere politico riguardo al voto all’estero. Qual è il suo parere?

Gli attacchi della Lega Nord – ma non solo – ai Parlamentari eletti all’estero, sia per quanto concerne la Circoscrizione estero che sul ruolo che svolgiamo in Parlamento, sono la dimostrazione di assoluta mancanza di conoscenza e di scarso senso dello Stato. In quale altro Paese una discussione parlamentare importante, sulla riforma della Costituzione, si trasforma in occasione per denigrare la rappresentanza degli eletti all’estero? Oltre a definire inutile il voto all’estero con argomenti infondati sul mancato pagamento delle tasse dei nostri connazionali fuori dall’Italia, la Lega ha poi toccato il massimo della scorrettezza collegando la questione della circoscrizione estero ai “presunti” brogli elettorali. Una materia, questa, da affrontare con serietà nel contesto della riforma della legge elettorale e quindi delle regole di voto. All’attacco indistinto dei leghisti, si è aggiunto quello di altre forze politiche che hanno mosso questioni di merito, a mio parere tutte inconsistenti.
Ad esempio, Rifondazione comunista ha sollevato in primo luogo la questione dei diritti di partecipazione al voto degli immigrati. Così facendo ha erroneamente contrapposto in una sorta di dimensione antagonistica il mondo degli italiani all’estero e la realtà dei nuovi flussi migratori verso l’Italia e l’Europa. I fatti dimostrano però che il centrosinistra è stato premiato anche all’estero per aver assunto sempre una posizione che tiene conto della storia degli spostamenti dell’umanità nel mondo, delle politiche d’integrazione adottate da alcuni Governi e della necessità che anche in Italia ed in Europa si pensi e si lavori in questa direzione, garantendo contemporaneamente sicurezza, accoglienza, integrazione, contaminazione di lingue, tradizioni e culture.
Del resto, confermo ai colleghi di Rifondazione che tutti nel centrosinistra siamo consapevoli della necessità che il voto amministrativo possa vedere la partecipazione degli immigrati, come riteniamo indispensabile rendere più veloce l’acquisizione della cittadinanza per poter partecipare anche al voto politico. Ma – lo voglio ribadire – tutto ciò non ha nulla a che vedere con l’esistenza di una Circoscrizione estero e di 18 eletti dall’estero. Anzi, semmai il voto degli immigrati in Italia e quello degli emigranti italiani nel mondo si sostengono a vicenda. In secondo luogo, il tentativo di cancellare la Circoscrizione estero è stato argomentato muovendo da una questione di principio. Secondo Rifondazione, i socialisti dello Sdi e del Nuovo Psi, la Dc per l’autonomie, alcuni membri dell’Udc, gli italiani all’estero hanno sì diritto a votare, ma non a eleggere una propria rappresentanza diretta.
E come, io chiedo? Non lo dicono neanche loro. Queste forze politiche non hanno mai depositato proposte di legge in tal senso. Quindi l’idea che probabilmente hanno è che si continui a votare rientrando in Italia. Si avrebbe un ritorno a quella partecipazione a distanza che è fortemente limitante del diritto di cittadinanza e di elettorato previsto dalla Costituzione anche per i cittadini italiani residenti all’estero. Infine è stata sollevata dallo Sdi la questione dei temporaneamente all’estero, sostenendo che essi non votano.
Ma è inesatto. Se i colleghi dello Sdi si fossero informati di più saprebbero che i dipendenti delle pubbliche amministrazioni e i militari italiani hanno votato nella Circoscrizione estero. Nessuno nega infatti che sarebbe auspicabile una proposta per superare questo grande limite alla piena partecipazione politica dei cittadini, anche quando sono lontani dal territorio di riferimento, stabilendo se si esprimono con il suffragio per la Circoscrizione estero o per il collegio di residenza in Italia. Ma, ancora una volta: parlare è bene, proporre e mettere in pratica sarebbe meglio.

Qual è stato l’esito del dibattito?

Alla Camera sono stati approvati solo 3 articoli, ma tra questi c’è la riduzione complessiva del numero dei deputati da 630 a 506, di cui 6 eletti all’estero, e dei senatori da 315 a 192, di cui 12 all’estero. Il totale degli eletti all’estero rimane invariato, ma si invertono i rapporti numerici tra Camera e Senato. Quindi per ora la rappresentanza estera è salva. Ma bisogna continuare a vigilare. Non è escluso che nel passaggio della riforma al Senato, il numero degli eletti nella futura camera dei territori possa essere ritoccato verso il basso.
Del resto, la discussione alla Camera si è arenata proprio sulla tabella di ripartizione su base regionale, chiamando in causa anche la Circoscrizione estero che nel Senato federale sarà assimilata a una Regione. Inoltre, Forza Italia ed AN, con toni diversi, hanno espresso forti perplessità in rapporto alla diversa natura della rappresentanza degli eletti all’estero in un Senato Federale in cui 180 Senatori vengono eletti con un’elezione indiretta mentre 12 Senatori vengono eletti direttamente all’estero. Un problema per me del tutto superabile. Ma anche questo, nel clima attuale, rende davvero possibile che accada di tutto.

Le posizioni ostili alla Circoscrizione estero, internamente alle forze del centrosinistra, appaiono deleterie. Vi è una situazione di difficoltà internamente alle forze de l’Unione all’estero?

Le difficoltà ovviamente esistono e non riguardano solo la Circoscrizione estero. Il tavolo de l’Unione non si riunisce da molto tempo. In queste condizioni è fin troppo evidente che il nostro impegno programmatico e politico generale non può che rimanere ancorato al sostegno pieno alla coalizione e al Presidente Prodi. È altrettanto evidente che – mentre trovo necessario e naturale dialogare sulle riforme, indipendentemente dai vincoli di coalizione – si debba trovare un modo per ristabilire anche rapporti unitari che vadano oltre le riforme, poiché alle prossime elezioni il centrosinistra deve provare a presentarsi agli elettori residenti all’estero con un programma e delle liste unitarie. Prima di decretare la fine de l’Unione dobbiamo fare uno sforzo per cercare di trovare un percorso unitario.
Le posizioni sulla Circoscrizione estero avranno il loro peso e riguardano Rifondazione e lo Sdi. Ma ricordo che il centrodestra ha problemi analoghi e più profondi. Oltre alle posizioni della Lega Nord, infatti, si debbono contare anche le già citate obiezioni, relativamente alla composizione del Senato federale, di Forza Italia e AN e il voto di coscienza espresso da molti parlamentari dell’UDC a favore di emendamenti soppressivi della Circoscrizione estero. È mio auspicio, allora, che i parlamentari eletti all’estero, di entrambi gli schieramenti, lavorino affinché si possa raggiungere un risultato positivo nel contesto della riforma costituzionale.

Il tema della riforma della legge sulla cittadinanza, ed in particolare la proposta di riapertura dei termini per il riacquisto, è molto sentito: continui a ritenere possibile l’approvazione di una riforma?

Il testo unificato predisposto dalla I Commissione affari costituzionali della Camera è una buona proposta. Vi sono delle resistenze da parte di alcune forze politiche, prevalentemente del centrodestra, sui principi guida della riforma. Il centrodestra – devo dire spalleggiato dall’Italia dei Valori – pensa ad una cittadinanza che rappresenti il momento conclusivo dell'integrazione di un soggetto straniero, e pertanto non può essere attribuita solo in presenza di requisiti automatici, ma deve essere invece attribuita a seguito di una valutazione sull'effettiva integrazione del soggetto, in presenza di determinate condizioni, ed introducendo veri e propri test di conoscenza di lingua e cultura e di educazione civica.
Ritengo sia assolutamente urgente, invece, pensare ad un processo d’integrazione in cui l’acquisizione della cittadinanza italiana costituisca un impegno morale, etico, politico di chi vive regolarmente nel territorio della Repubblica e chiede di passare ad una fase più matura del proprio rapporto con lo Stato e con il popolo italiano. La cittadinanza, infatti, non risolve altri aspetti centrali ai processi d’integrazione, dalle questioni socio-economiche alla possibilità di esercitare liberamente la propria fede, cultura e tradizioni in una realtà pronta non solo a consentire questo libero esercizio ma anche ad esserne positivamente contaminata. Da queste considerazioni deriva un mio forte assenso alla proposta di portare da 10 a 5 anni il periodo di regolare soggiorno in Italia per ottenere la cittadinanza italiana.
Credo che la proposta di riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza italiana, questione che riguarda da vicino gli italiani all’estero, abbia invece incontrato, essenzialmente, ostacoli di natura economico-organizzativa. I rilievi fatti riguardano infatti prevalentemente i costi per la rete consolare, impreparata secondo il Governo ad affrontare l’eventuale ondata di richieste. Lavoreremo per ottenere un parere favorevole dal Governo, dalla Commissione bilancio e dalla Commissione affari costituzionali relativamente alle risorse anche in conseguenza dell’aumentata dotazione di personale a contratto per le nostre sedi consolari. E lavoreremo per far arrivare il testo in Parlamento ed approvare le riforme sulla cittadinanza, anche le norme che riguardano gli italiani all’estero.

La Commissione bicamerale proposta dall’On. Mirko Tremaglia potrebbe essere un utile strumento di intervento per gli italiani all’estero. Quali sono le tue valutazioni sull’iter in Commissione affari esteri?

Ritengo vi debba essere un’ulteriore approfondimento poiché si istituisce una Commissione che, avendo forti compiti di indirizzo e controllo, rischia di sovrapporsi sia alle deleghe del Governo che al lavoro, già in corso, dei Comitati insediati alla Camera, in seno alla Commissione affari esteri, ed al Senato. Istituire una Commissione bicamerale, che è uno strumento pesante, non solo sotto il profilo dei costi ma anche nella gestione, potrebbe essere controproducente. Dobbiamo infatti recuperare forti spazi di confronto con tutti i parlamentari, la discussione sulla riforma della costituzione e sulla circoscrizione estero lo ha dimostrato. Dobbiamo far lavorare gli strumenti leggeri di approfondimento, analisi e riflessione che abbiamo insediato. Dobbiamo coordinare, anche con un gruppo interparlamentare, il lavoro dei due Comitati. Il bilancio del lavoro svolto dai Comitati è assolutamente positivo, al punto tale che è stato recuperato in poco tempo il ritardo dovuto al fatto che i due comitati sono stati insediati dopo oltre un anno dall’inizio della legislatura con una serie di importanti riforme già avviate.

L’istituzione di un assegno di solidarietà è una richiesta del CGIE e delle comunità italiane all’estero. A che punto è la discussione?

La Commissione affari sociali ha predisposto un testo, il C.3008, che è arrivato alla Commissione affari esteri per il parere. Anche qui vi è stata la richiesta di un’ulteriore riflessione. Sono convinto che alla fine di questa breve ulteriore riflessione si arriverà ad un parere favorevole fornendo alcuni spunti migliorativi alla Commissione di merito.
Ad esempio il Governo ha posto l’accento sull’assenza di un riferimento all’anagrafe consolare e sulla necessità che anche sui controlli e verifiche si faccia riferimento alla rete consolare. La proposta di parere, formulata proprio dal sottoscritto, è comunque favorevole. Si introduce, infatti, nel panorama delle prestazioni assistenziali un assegno di solidarietà che – per sua natura – ha il carattere della temporaneità.
Un assegno che è legato all’età anagrafica (ultrassessantacinquenni), al possedimento della cittadinanza italiana, alla residenza fuori dai confini nazionali, oltre che alla qualifica di emigrante, quindi nato in Italia, ed al reddito percepito con una valutazione del potere d’acquisto locale. Quindi non ha un carattere universalistico e non è una prestazione assistenziale erogata in Italia la cui esportabilità è vietata dai regolamenti comunitari. Inoltre, risponde ad un’esigenza di contenimento dei costi pur fornendo un primo importante segnale di attenzione ai connazionali all’estero che versano in condizioni di indigenza e venendo incontro ai bisogni di un’area di migrazione storica che oggi versa in particolari condizioni di difficoltà e disagio. È fin troppo evidente, poi, che occorrerà misurare i riferimenti alla rete consolare, sia per quanto concerne l’anagrafe ai fini dell’individuazione dei beneficiari che per i controlli, con la capacità della rete di rispondere a questa ulteriore incombenza. In altre parole non vorremmo che, come per altri provvedimenti, ci si arenasse di fronte alle richieste di ulteriori dotazioni da parte del Ministero degli affari esteri per far fronte a questa partita. Credo che la proposta proveniente dalla Commissione affari sociali tendesse proprio ad evitare questo rischio.

Nicoletta Di Florio
Il Globo – Melbourne

giovedì 13 dicembre 2007

Presentati quattro ordini del giorno sugli italiani all'estero

Sono quattro gli ordini giorni riguardanti gli italiani all’estero presentati alla Camera dei Deputati nel contesto dell’approvazione della Finanziaria 2008. “Questi ordini del giorno – spiega l’On. Marco Fedi (PD), eletto nella ripartizione Africa-Asia-Oceania-Australia – oltre ad impegnare il Governo, rappresentano un ulteriore momento di confronto tra l’Esecutivo stesso e il Parlamento, soprattutto su temi come quelli che riguardano gli italiani all’estero. Sono argomenti scarsamente noti, che richiedono una interlocuzione anche tecnica che talvolta, in Commissione ed in Aula, non si ha il tempo materiale di portare avanti”, chiosa Fedi.
“L’esempio più evidente”, secondo il deputato del PD, è proprio quello rappresentato dall’ulteriore detrazione ICI per la prima casa, prevista dalla Finanziaria 2008. La detrazione non è specificatamente estesa ai residenti all’estero, nonostante già le attuali disposizioni lo prevedano. “Non si comprende – afferma Fedi - per quale ragione l’ulteriore detrazione ICI viene limitata ai soli residenti in Italia quando siamo certi che nella valutazione dei costi di questo provvedimento, sicuramente, i residenti all’estero che regolarmente versano l’ICI sono stati già inclusi. È davvero anomalo rientrare in una valutazione di spesa e poi non poterne utilizzare i vantaggi reali”. Pertanto, aggiunge, “il nostro ordine del giorno sull’ICI chiede al Governo un impegno all’estensione della detrazione ICI anche ai residenti all’estero nella logica della piena parità di trattamento”.
Un secondo ordine del giorno riguarda le detrazioni fiscali per i carichi di famiglia introdotte dalla Finanziaria 2007, che sono estese anche ai residenti all’estero per un periodo di tre anni. “Chiediamo al Governo un impegno teso a superare questa limitazione temporale, rendendo quindi permanente la norma, e, soprattutto, auspicando una semplificazione delle procedure d’attuazione previste dal decreto emanato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze”, sottolinea il deputato eletto all’estero.
Di grande rilievo è anche la questione posta dall’odg sulla rete diplomatico-consolare. Il Ministero degli Affari Esteri, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 1 comma 404 della legge finanziaria per il 2007, ha predisposto un piano di "razionalizzazione" della rete diplomatico-consolare che prevede, tra l’altro, la chiusura di sedi consolari come Edmonton in Canada. L’obiezione mossa da l’On. Fedi è che “si tratta di ‘risparmi’ esigui a fronte di una serio indebolimento della rete di servizio ai cittadini, alle imprese, al sistema Italia nel suo complesso ed a fronte di una rete diplomatico-consolare dotata di organici inferiori al minimo previsto, tali da non consentire un’adeguata azione di rappresentanza, servizio e tutela. Semmai – prosegue – occorre un ulteriore piano di riforme tese a garantire la migliore efficienza gestionale della rete diplomatico-consolare. Si sente la necessità della predisposizione di un piano di assunzione sia di personale di ruolo che di personale a contratto per il rafforzamento della rete diplomatico-consolare, e del mantenimento di un solido e costante rapporto con il Parlamento, attraverso l’invio di una particolareggiata relazione rispetto ai criteri oggettivi, alle risorse impiegate ed ai risparmi ottenuti per quanto concerne tutta la rete diplomatico-consolare, ivi compreso il piano di informatizzazione per le procedure anagrafiche e di certificazione consolare”, illustra il deputato democratico.A tale proposito, il quarto ordine del giorno presentato è dedicato appositamente al tema del personale a contratto assunto localmente dalle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti di cultura. “Per tutte queste realtà – afferma Fedi – è oggi necessario realizzare un quadro normativo in grado di rispondere alle esigenze di strutturazione delle carriere professionali e di riconoscimento di funzioni, compiti e competenze. Bisogna quindi valutare l’opportunità di varare una riforma che consenta al personale assunto localmente l’applicazione degli accordi collettivi concernenti la costituzione e il funzionamento delle rappresentanze sindacali unitarie e i diritti e le prerogative sindacali sul posto di lavoro”. L’ordine del giorno chiede inoltre al Governo di “valutare la possibilità di modifica dell'art. 157-sexies del DL 103/2000 – assenze dal servizio – per i contratti a tempo indeterminato stipulati ai sensi del decreto legge suddetto, al fine di consentire la corresponsione all’impiegato assente, in caso di malattia, dell'intera retribuzione per i primi 90 giorni”, conclude il deputato del PD.