giovedì 28 febbraio 2008

I miei … quasi due anni in Parlamento

L’esperienza parlamentare è stata sicuramente positiva sotto il profilo politico e personale. Abbiamo ora – indipendentemente da come vadano le prossime elezioni – due persone, Nino Randazzo ed il sottoscritto, che hanno acquisito una esperienza significativa di rappresentanza e di conoscenza da porre al servizio della gente, della comunità italiana. L’esperienza è stata positiva anche se inaspettatamente breve: sono sincero, mi aspettavo che almeno di fronte ad un’opportunità storica di fare le riforme, elettorale e costituzionale, l’opposizione assumesse un atteggiamento responsabile. Che senso ha, oggi, ipotizzare larghe intese in caso di pareggio, per le riforme, quando esisteva già la possibilità di farlo?
È sempre giusto fare valutazioni, ma dopo meno di due anni di legislatura credo che in qualche modo si debba tener conto del contesto in cui questi mesi di attività parlamentare si sono sviluppati. Ricordo l’entusiasmo iniziale, nei confronti delle presidenze di Camera e Senato, per quanto riguarda sia l’organizzazione dei lavori parlamentari che la dotazione per il rapporto con il territorio per gli eletti all’estero che le idee e le proposte di riforma su cui lavorare. Entusiasmo scontratosi subito con la chiusura causata dal dibattito – giusto e necessario, ma strumentalizzato – sui costi della politica. Dibattito svoltosi senza razionalità che ha portato – come spesso accade nella politica italiana – ad assumere posizioni difensive e a non affrontare in modo logico e risolutivo il tema della capacità della politica di decidere e fare scelte. Ricordo un breve iniziale periodo di dialogo tra i parlamentari eletti nelle fila della maggioranza e dell’opposizione o gli indipendenti. Breve durata. Poi si è preferito cavalcare l’antipolitica e cercare di far cadere il Governo Prodi, con ogni mezzo. La sensazione che abbiamo avuto, in molti, è stata quella di trovarci in una condizione in cui l’opposizione non interloquiva per bloccare i risultati che potevano essere raggiunti e la maggioranza aveva difficoltà, alcune oggettive, altre meno, a far pesare in maniera equilibrata e razionale il fatto di aver dato la maggioranza al Senato al Governo Prodi. Due condizioni che hanno inizialmente rallentato la nostra attività. Quando si è trovato il ritmo il Governo Prodi è caduto.
Credo che solo pochi si illudevano sulla capacità degli eletti all’estero di trovare un metodo di lavoro per affrontare insieme le tematiche degli italiani all’estero: tutte le illusioni sono cadute quando, nella logica politica di appartenenza, gli eletti all’estero del centro destra hanno cominciato a ripetere la filastrocca del paese diviso in due, della maggioranza che si reggeva al Senato su eletti all’estero, dell’effetto Pallaro, del mercimonio ogni volta che si adottavano misure o provvedimenti a favore degli italiani all’estero: tutto legittimo, per carità, parte della logica di appartenenza, ma chiaramente in contrasto con una visione collaborativa in cui si propongono emendamenti, modifiche, proposte integrative per migliorare i provvedimenti. Le differenze hanno prevalso e ciò non è necessariamente un male. Nella prossima legislatura mi auguro che a prevalere saranno le differenza positive anziché quelle negative. Le differenze che ti portano ad essere criticamente aperto a costruire soluzioni anziché alla semplice contestazione o all’intenzione di trasformare l’attività parlamentare in una continuazione della campagna elettorale. Anche in questo senso, nel senso della responsabilità civica dei Parlamentari della Repubblica, andrebbe riformata la politica italiana.
La mia candidatura sarà annunciata, se sostenuta dalla nostra base ed accettata dal PD nazionale, quando verranno presentate le liste. Credo che lo richiedano la correttezza formale oltre che il rispetto di chi ci sostiene e lavora per noi sul territorio. In ogni caso, se dovessi essere candidato, mi assumerò tutte le responsabilità ed i doveri di un candidato: riconoscere gli errori, tra i quali la scarsa presenza in alcune realtà, anche se da quelle stesse realtà spesso non è mai pervenuto un invito, e credo che un Parlamentare eletto in una circoscrizione grande come un terzo del globo terrestre possa ragionevolmente attendersi di ricevere un invito, non fosse altro per poter incontrare le comunità. Muoversi in Africa, Asia e Oceania non è come andare a Barletta o a Rimini.

Siamo riusciti nella prima finanziaria 2007, di risanamento dei conti pubblici, nonostante i sacrifici imposti, a far recuperare terreno ai capitoli di bilancio per gli italiani all’estero drenati da anni di mancati aumenti, o riduzioni, e dall’inflazione. Nella seconda finanziaria 2008, di restituzione, abbiamo continuato a rafforzare i capitoli di bilancio per la scuola e la lingua italiana, per la cultura, per una rete consolare efficiente, abbiamo promosso la copertura sanitaria per tanti connazionali indigenti all’estero. Abbiamo esteso le detrazioni per carichi di famiglia, l’ulteriore riduzione ICI e la quattordicesima sulle pensioni anche ai residenti all’estero.
Ed è necessario un programma serio di riforme: non dobbiamo rivoluzionare il mondo ma semplicemente rendere giustizia, su alcuni temi, alle attese delle nostre comunità. Un sistema pensionistico che funzioni e non penalizzi i più deboli, cioè gli anziani. Un sistema di regole efficienti quindi anche in campo previdenziale, con le verifiche dei redditi ed il sostegno all’attività dei Patronati. La parità di trattamento come principio irrinunciabile e diffuso di equità sociale. L’affermazione dei diritti sindacali per tutti, anche per il personale a contratto. Un rapporto serio e funzionale con la pubblica amministrazione, applicando anche qui i principi della parità di trattamento. Ad esempio la presentazione del 730 anziché dell’Unico. La riforma della legge sulla cittadinanza,consentendo il riacquisto, la riforma della 153 sulla diffusione di lingua e cultura italiane, maggiori investimenti nei settori della promozione del made in Italy e dell’interscambio economico e commerciale, maggiore presenza culturale all’estero, attraverso una rete consolare e degli istituti di cultura, moderna ed efficiente. Poi guarderei con attenzione al mondo dei giovani e delle opportunità formative, professionali e culturali: in altre parole, dopo aver fatto alcune riforme chiave guarderei con determinazione alle nuove frontiere in cui tanti italiani all’estero sono protagonisti. E vorrei che i Parlamentari della Repubblica eletti al’estero possano far questo senza sentirsi ogni giorno attaccati, in Italia ed anche all’estero, perché lontani “fisicamente” dalla gente.
La lontananza etica, morale e politica dalla gente, dagli elettori, dalle comunità, è cosa ben più grave. Dobbiamo tutti concorrere, già dalla campagna elettorale, a far tornare la fiducia nella capacità della politica di essere vicina alla gente per fare scelte ed andare avanti: è questa la sfida di Veltroni e del Partito Democratico. È questa la sfida della nuova frontiera della politica.

On. Marco Fedi
III Commissione Affari Esteri e Comunitari
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mercoledì 20 febbraio 2008

Lettera aperta agli elettori


20 febbraio 2008

Care amiche e cari amici,

la crisi politica che ha determinato la fine del Governo Prodi è la dimostrazione chiara ed inequivocabile che l’Italia ha bisogno di scelte coraggiose. Le riforme istituzionali non sono solo uno slogan o peggio una distrazione dall’affrontare i problemi più urgenti che attanagliano le fasce sociali più deboli, i pensionati, il lavoro dipendente, le famiglie e i giovani.
Le riforme consentiranno all’Italia di uscire dalla situazione di blocco in cui si trova, di avere governi che abbiano maggioranze forti e coese. Per avere maggioranze capaci di governare occorrono modifiche alla Costituzione, alla legge elettorale ed ai regolamenti parlamentari.
Per rendere finalmente possibile che ciascuno svolga bene il proprio ruolo, di maggioranza o di opposizione, attraverso un autentico dibattito interno alle forze politiche ed ai gruppi parlamentari e con la società civile.
Liberando il campo dai timori, spesso utilizzati come ricatto, di far entrare in crisi un “Governo” democraticamente eletto per svolgere il programma sul quale ha ottenuto il consenso degli elettori. Accettando l’idea che nel dibattito interno si può vincere o perdere e chi perde accetta l’orientamento espresso dalla maggioranza, non sceglie la strategia del ricatto, dal centro o da sinistra o da destra. In questo modo si rafforzano gli strumenti della democrazia che debbono consentire di fare bene maggioranza ed opposizione e di produrre scelte e riforme.
La proposta di fare in poco tempo le riforme istituzionali, o quanto meno la riforma della legge elettorale – affidata con l’incarico esplorativo al Presidente del Senato Marini – è stata respinta dal centro destra: questo momento, il grande rifiuto, potrebbe davvero passare alla storia come la grande occasione mancata. La grande occasione per non essere ricattati e fare le riforme!
Il centro destra si prepara ad una nuova stagione di instabilità interna alla coalizione e nel Paese.
La sfida del Partito Democratico costituisce per tutti occasione di riflessione. Per noi democratici è la sfida verso l’unità non la solitudine. L’unità che non si sgretola perché il collante è la voglia di cambiare, insieme, l’Italia. Le liste PD avranno bisogno del nostro sostegno pieno, del nostro lavoro ed impegno, della nostra convinzione.
Ventuno mesi di legislatura non hanno indebolito il significato della rappresentanza eletta dall’estero: hanno confermato che ancora il sistema politico italiano, nel suo complesso, non ha recepito le novità di questo momento politico-culturale. L’attività parlamentare è stata intensa a sostegno delle scelte e degli indirizzi del Governo Prodi. Nella finanziaria 2007 abbiamo contribuito al risanamento dei conti pubblici, a far ripartire la lotta all’evasione fiscale, a fare le liberalizzazioni, ad estendere le detrazioni per carichi di famiglia ai residenti all’estero. Abbiamo evitato i tagli ai capitoli di bilancio del Ministero degli affari esteri ed investito nuove risorse per la rete commerciale all’estero, per la scuola e la cultura e per l’assistenza sanitaria ai connazionali indigenti. Nella finanziaria 2008, dopo il decreto fiscale ed il protocollo sul welfare che ha aumentato le pensioni anche per i residenti all’estero, abbiamo ulteriormente aumentato le dotazioni dei capitoli degli esteri di 32 milioni di euro. Ed abbiamo chiesto al Governo di raccogliere la sfida verso l’obiettivo della parità di trattamento per quanto riguarda l’ulteriore detrazione ICI, la puntuale verifica reddituale per i pensionati residenti all’estero anticipata da una sanatoria degli indebiti, l’utilizzo del modello 730 per la dichiarazione dei redditi del personale impiegato da amministrazioni che sono sostituiti d’imposta, il potenziamento della rete diplomatico-consolare e la ratifica di importanti convenzioni internazionali.
L’azione del Governo non ha sempre dato le necessarie risposte alle richieste della rappresentanza parlamentare degli eletti all’estero anche per i diversi ruoli e le diverse responsabilità che rivestono Governo e Parlamento. La debolezza della coalizione, la risicata maggioranza al Senato, l’attacco costante dell’opposizione su ogni singolo aspetto – anche sugli aumenti ai capitoli per l’estero, tacciati di costituire merce di scambio – sono altre ragioni addebitabili ai ritardi su alcune questioni. Tra le proposte più significative e sulle quali il PD deve riprendere la propria azione, vi sono: cittadinanza e riapertura dei termini per il suo riacquisto, immigrazione e diritti di partecipazione, riconoscimento dei diritti delle coppie di fatto, conferenza dei giovani, partecipazione del personale a contratto alle elezioni per il rinnovo delle rappresentanze sindacali, riforma della legge 153/71 su diffusione di lingua e cultura italiane all’estero, riordino delle carriere per il personale a contratto e l’assegno di solidarietà per i connazionali emigrati indigenti.
Le scelte dei prossimi giorni – la selezione dei candidati, le proposte programmatiche, la campagna elettorale – peseranno molto sulle possibilità concrete di eleggere un deputato ed un senatore nella ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide (D). Avranno conseguenze anche sulla nostra capacità – prospettica – di costruire un Partito Democratico forte, attraverso i propri circoli all’estero, ed un PD che continui anche in futuro ad essere punto di riferimento per associazioni e persone che intendono trasformare il loro impegno sociale, culturale e politico in un progetto che leghi sempre più gli italiani ovunque essi vivano nel mondo.


On. Marco FEDI
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lunedì 11 febbraio 2008

"La virgola": prospettive per le prossime elezioni

Il collante, le idee e le coalizioni
La campagna elettorale dell’aprile 2006 vide l’Unione impegnata, in Italia e all’estero, nel compito difficile di sconfiggere la CdL di Berlusconi. Il collante ha retto fino all’insediamento delle Camere e poi, giorno dopo giorno, abbiamo assistito al deterioramento della coalizione di centro sinistra. Tutti hanno dato il loro contributo a questa opera di continuo logoramento. Certamente la caduta del Governo va addebitata, senza ombre e scrupoli, a Mastella, Dini, Fisichella, Turigliatto, nomi assunti alle cronache per aver, prima o dopo, in maniera seria e coerente con le proprie idee, come per Turigliatto, o in maniera poco trasparente o peggio, legata ad interessi di bottega, tradito il mandato elettorale ottenuto proprio grazie all’Unione. Ma gli attacchi, gli ostacoli, le dichiarazioni negative sulla legislatura sono arrivate da Bertinotti che a inizio d’anno ha decretato la “fine della legislatura” dal punto di vista politico, dai comunisti italiani che non hanno voluto la riforma elettorale, dallo stesso Partito Democratico che non ha fatto tutto ciò che avrebbe dovuto e potuto fare per evitare che le contraddizioni e tensioni che sarebbero emerse nel naturale corso degli eventi, con Veltroni impegnato a costruire un PD che ancora non esisteva, non intralciassero troppo la “quotidianità” del Governo Prodi, impegnato a tenere insieme una coalizione già eterogenea ed ancor più divisa sulla madre di tutte le riforme: quella elettorale. Legge elettorale che ha tenuto in vita partitini e singoli politici che per un’intera stagione non hanno fatto altro che ricattare il Governo Prodi e che oggi ripropongono soluzioni elettorali basate sullo stesso collante: l’antiberlusconismo.
Ma purtroppo per vincere non basta coerentemente correre da soli, come Partito Democratico, fare la conta delle tante sigle e siglette dell’armata della CdL e criticare l’armata brancaleone delle targhe e delle idee che si posizionerà sotto il comando di Forza Italia: dovremo dimostrare di avere un programma serio per l’Italia e per gli italiani all’estero, dovremo dimostrare di avere fatto una scelta che non trasferirà all’interno del Partito Democratico tutte le contraddizioni e tensioni che fino a ieri abbiamo condiviso con i nostri alleati, dovremo essere pronti a fare scelte coraggiose per un programma chiaro di governo. E dobbiamo parlare con tutte le forze di centro sinistra, che comunque ci sono vicine, prima di pensare ad un dialogo necessario, ma diverso, con le forze dell’opposizione di oggi. Queste le valutazioni che debbono portarci a fare una scelta seria nei prossimi giorni, nella individuazione dei candidati, nella preparazione delle liste e del programma. A Veltroni, come Italiani all’estero, dobbiamo chiedere un impegno in questa direzione.

Il tesoretto per i salari… o per Berlusconi?

Solo due battute a proposito di gestione finanziaria del Governo Prodi: i tecnici dei dicasteri economici hanno calcolato che tra tagli alle spese correnti e recupero da evasione fiscale il nuovo esecutivo potrebbe gestire un tesoretto pari a 10-12 miliardi che dovrebbe essere ridistribuito (così come dispone la Finanziaria) secondo un piano in tre capitoli: salari; lavori usuranti; rinnovo contratto statali. Non male dopo una prima finanziaria di tagli e sacrifici! Per gli italiani all’estero sono aumentati i capitoli di bilancio per la scuola, per la cultura, per la rete di tutela ed assistenza sanitaria, oltre alle detrazioni per carichi di famiglia e la detrazione ICI.

martedì 5 febbraio 2008

"La virgola": la vocazione a… vincere e quella a… perdere

Le elezioni anticipate, non a giugno ma ad aprile, appaiono, in questi giorni convulsi, sempre più probabili. I mandati esplorativi per governi istituzionali sortiscono effetti risolutivi solo quando si manifesta una volontà politica chiara delle forze politiche della ex-maggioranza e della ex-opposizione. Non solo questa volontà politica sembra non manifestarsi, ma si rafforza una vocazione alla vittoria che prende la mano, ed anche il cervello, di coloro che vedono l’osso del ritorno al governo come unico vero obiettivo da addentare e… dimenticano, ahimè, il passato, le cose dette e fatte solo alcuni mesi fa e sicuramente trascurano quel bene comune che dovrebbe essere il fine ultimo della politica.
Ricordate le divisioni interne alla ex-opposizione rispetto al lancio dell’idea berlusconiana del nuovo partito unico delle libertà? Le posizioni pro-referendum di AN? Quindi l’esigenza di fare la riforma elettorale. Non dimentichiamo queste cose. Eppure ora l’osso elettorale scatena la corsa alle elezioni senza riformare “la porcata” – senza padre e madre, perché rinnegata da tutti – eppure legge vigente con la quale si deciderà il futuro della governabilità del Paese.
Faccio questa riflessione solo per la storia: le elezioni anticipate sono un male perché in questo momento – insieme – era possibile, forse lo è ancora, contribuire a sbloccare l’Italia. Il ricorso anticipato alle urne – in ultima analisi – è un’affermazione di una democrazia con regole sbagliate. Chi insiste su questa strada afferma sì uno dei percorsi della democrazia – alla pari del formarsi di nuove maggioranze in Parlamento – ma in questo caso conferma anche gli errori delle attuali regole che la sottendono. E la democrazia è fatta anche di regole.
Si dirà: meglio avere la vocazione alla vittoria che quella a perdere! Forse è vero, come è vero che il centro-sinistra soffre della sindrome da sconfitta tanto che non riesce a stare insieme alla guida del Paese. Su un punto però occorre riflettere: la richiesta di fare le riforme che possono fare uscire l’Italia dalla instabilità politica e della situazione di blocco istituzionale in cui si trova – per cui il sistema non è riformabile perché c’è sempre qualcuno che blocca i cambiamenti – questa richiesta fino a ieri era sentita da tutti. Da chi rispondeva con equilibrio e ragionevolezza a Grillo e all’antipolitica, da chi riteneva che il danno causato dalla situazione di “stallo” fosse anche economico, che i ritardi nel rendere la politica efficace ed efficiente, capace di decidere, sono ritardi che bloccano il “sistema Italia” anche come sistema economico e produttivo. Questa richiesta è oggi del Partito Democratico, di Rifondazione Comunista, di pochi altri partiti e di donne e uomini di buona volontà.
Sarebbe davvero interessante che l’osso di oggi si trasformasse nel prezzo politico elettorale da pagare per aver voluto questa corsa verso le elezioni anticipate. Allora anche le aspirazioni a fare opposizione e a fare maggioranza risponderebbero ad una visione un tantino più alta della politica e del fare il bene comune.