mercoledì 25 giugno 2008

La virgola, Un occhio attento alle cose italiane …Parlamentari e non …


No alla militarizzazione del territorio

Il Senato ha approvato in prima lettura il decreto sicurezza, che ora passa alla Camera.
Molteplici i punti che non convincono in questo testo, che sfrutta il tema della sicurezza come pretesto per misure demagogiche o interessate.
Tra le prime, l’idea dei ministri La Russa (Difesa) e Maroni (Interni) di inviare i soldati nelle maggiori città italiane. Una trovata tanto populista quanto inutile: che senso ha aggiungere 3.000 militari (divisi per 15 città) ai 150.000 poliziotti italiani, se non quello di mostrare i muscoli sterilmente?
Come ha giustamente osservato il ministro ombra della Difesa del Pd, Roberta Pinotti, «se si pensa di utilizzare l’esercito per funzioni di ordine pubblico e di sicurezza, noi non possiamo che ribadire il nostro fermo no perché siamo contrari alla militarizzazione del territorio». Del resto, non siamo alla vigilia di una guerra. Le funzioni dei militari vanno tenute distinte da quelle delle forze dell’ordine, le quali, impiegate in maniera più razionale, sono già pienamente in grado di assolvere ai propri compiti.
Un altro aspetto inammissibile del decreto è l’aggravante di un terzo della pena per i clandestini. Ancora una volta una misura aliena al diritto di tutti i Paesi civili del mondo e utile solo a criminalizzare i migranti, senza governare il fenomeno.
Ma ciò che più ha destato scalpore è stato l’inserimento nel decreto sicurezza di una norma “salva-premier”. Infatti, con il pretesto ridicolo di bloccare tutti i processi per reati che non creano allarme sociale commessi fino al giugno 2002 allo scopo di far meglio lavorare la macchina giudiziaria, si va a interrompere anche il procedimento sul cosiddetto “caso Mills”: un processo nel quale il premier Berlusconi è imputato per corruzione. Siamo alle solite! Per non processare il Capo, si congelano per un anno 100.000 processi per reati fino ai 10 anni di carcere. E poi ci si lamenta della lentezza della giustizia italiana…
La ferma contrarietà del Pd all’ennesima legge ad personam non è però una questione di antiberlusconismo. Semmai si tratta di garantire qualcosa che dovrebbe essere scontato in un normale Stato di diritto: l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alle legge e la certezza della pena.
Se anche Berlusconi crede in questi principi sanciti dalla nostra Costituzione – tra l’altro la norma è palesemente esposta alla bocciatura della Consulta – allora che lo dimostri sottoponendosi come un qualsiasi cittadino al suo processo e provando la sua innocenza, senza sproloqui inutili su toghe rosse e dintorni.

Decreto fiscale che non risolve il problema delle famiglie e taglia agli italiani all’estero
Intervento in aula di Marco Fedi, 23 giugno 2008

Signor Presidente,
colleghi, deputate e deputati, componenti del Governo,

il decreto legge 93 in materia di salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie consente un primo autentico confronto tra maggioranza ed opposizione sulle scelte di fondo e sulle misure concrete da adottare per rispondere sia al crescente impoverimento delle famiglie italiane che alla grave crisi legata all’erosione del potere di acquisto. Ritengo che il provvedimento che discutiamo oggi non raggiunga questi obiettivi.
Obiettivi peraltro condivisibili e sui quali sarebbe stato opportuno un più approfondito ed articolato dibattito, un lavoro comune tra governo ed opposizione.
Non risponde ai bisogni reali delle fasce sociali più deboli e svantaggiate, non interviene davvero sul potere di acquisto dei pensionati, dei lavoratori e delle famiglie.
Non affronta la vera questione di questo Paese: pensioni, salari e stipendi. Troppo bassi e per troppo tempo. Ed ora tra i più bassi d’Europa.
Il provvedimento non affronta altri problemi nodali del nostro Paese: l’aumento vertiginoso dei prezzi dei beni – anche quelli di prima necessità – il ricorso al credito al consumo come forma di integrazione al reddito, la forte diminuzione del risparmio.
Rispetto al proposito di salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, sia le norme proposte che l’insieme delle coperture di spesa previste, deludono e disattendono le attese dei cittadini.
Soprattutto delle fasce sociali più deboli, il cui livello di reddito è troppo basso.
Per questi, al costante aumento dei prezzi, si sommerà anche la perdita di importanti programmi e servizi. Programmi e servizi a favore dell’integrazione sociale, della sicurezza, delle pari opportunità, delle politiche di sviluppo per il Sud, della politica estera ed a favore delle comunità italiane nel mondo che sono parte della nostra politica estera. Si perderà, quindi, in termini di tutele, protezioni sociali e solidarietà.
E se valutiamo questo provvedimento congiuntamente alle indicazioni provenienti dal Documento di programmazione economica e finanziaria, anche in vista della prossima manovra di bilancio, le nostre preoccupazioni aumentano.
Il divario tra inflazione programmata e reale, con l’inflazione programmata che è meno della metà di quella reale, colpirà ancora le fasce sociali più deboli ed esposte. Sarà l’Italia, signor Presidente, l’Italia tutta intera, che si impoverirà ancor di più, se oggi non affrontiamo con risposte adeguate i veri problemi.
E l’Italia non ha bisogno di tessere della povertà, ma di riforme giuste ed eque. I pensionati non ci chiedono tessere del bisogno, ma servizi efficienti e pensioni dignitose.

Continuare il buon lavoro avviato dal Governo Prodi con la quattordicesima sulle pensioni e con norme come l’ulteriore detrazione ICI – abolita dal decreto in via di conversione – che, pur intervenendo sull’imposta comunale sugli immobili, manteneva un principio di equità consentendo la detrazione solo a determinate condizioni e prevedendo una copertura fortemente ancorata ad un altro elemento che ora rischia di non essere più tra le priorità del Governo: le maggiori entrate derivanti dalla lotta a evasione e elusione fiscale.
Il provvedimento sull’ICI, nel suo complesso, non contribuisce certamente a ridurre il divario tra le classi sociali e di reddito. Alimenta inoltre una percezione antifederalista relativamente al modello fiscale.

Gli elementi forti del federalismo fiscale, se lo si propone non solo come slogan ma come riforma, dovrebbero partire invece proprio dalla territorialità dell’imposizione fiscale e dalla sua rispondenza ai bisogni del cittadino in termini di servizi.
Un provvedimento, quello sull’ICI, doppiamente iniquo: nella sua impostazione complessiva, per le cose appena dette, e nei suoi effetti pratici poiché ne risultano esclusi i cittadini italiani residenti all’estero che invece fin dal 1993 – con la legge 24 marzo 1993 n. 75 – godono dell’equiparazione alla prima casa ad uso abitativo e delle relative detrazioni. Alla doppia iniquità si aggiunge la beffa con la serie di tagli previsti al bilancio del Ministero degli affari esteri.
Un Ministero che – tutte le forze politiche concordano su questo punto, salvo poi operare in senso inverso – avrebbe invece bisogno di una quota di prodotto interno lordo decisamente superiore, e simile a quella di altri Paesi europei.
Fortissime, invece, le riduzioni al bilancio del Ministero degli Esteri.
Si perdono 32,3 milioni di euro per il 2008, 50 milioni per il 2009 e 98,5 milioni per il 2010.
Nella riduzione di spesa per l’anno corrente, 17 milioni di euro su 32 sono sottratti agli interventi per gli italiani all’estero.
Gli elementi di criticità sollevati nella discussione avvenuta in Commissione affari esteri hanno portato unicamente al possibile recupero – peraltro internamente al bilancio degli Esteri e quindi suscettibile di ulteriori tagli ai capitoli per le comunità italiane nel mondo – per le importanti iniziative legate alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ed all’Accademia delle Scienze del Terzo mondo.
Nonostante i tagli durissimi alle comunità italiane nel mondo, rinnoviamo il nostro impegno, la nostra disponibilità, piena, a lavorare con la maggioranza in direzione di un piano di riforme che – siamo certi – produrrà anche dei risparmi, ma che dovrà necessariamente rafforzare, anche sotto il profilo dell’efficienza, la nostra presenza all’estero.
A partire dalla rete diplomatico-consolare, pensando anche ad una ristrutturazione delle carriere professionali dei contrattisti a cui debbono essere garantiti i diritti sindacali – altro che fannulloni – fornendo risposte alla richiesta di cittadinanza, in termini di pari diritti e doveri, a partire dalla definitiva estensione ai residenti all’estero delle detrazioni per carichi di famiglia. Questione che spero venga affrontata e risolta a partire dalla prossima finanziaria.
Ed a proposito di riforme per le comunità italiane all’estero, il Partito Democratico ha indicato un percorso possibile: a partire proprio, visto che ne stiamo parlando, di tutta la normativa che concerne l’imposizione fiscale e tariffaria dei residenti all’estero, in relazione, ad esempio, alla tassa sulla raccolta e smaltimento dei rifiuti, o al canone Rai, per coloro i quali risiedono all’estero per la maggior parte dell’anno. Fino alle questioni più immediate relative a norme che potrebbero ulteriormente penalizzare i residenti all’estero come rischia di verificarsi per i titolari di libretti a risparmio postale non movimentati da 10 anni. Oltre alla questione della riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza, l’assegno di solidarietà e le convenzioni bilaterali in materia fiscale e di sicurezza sociale. Su questi punti siamo pronti al confronto, ma i tagli non aiutano a stabilire un clima di collaborazione e dialogo.
Le misure previste dal decreto legge 93 non danno risposte sufficientemente forti, coerenti ed eque, all’emergenza legata al deterioramento del potere di acquisto degli italiani. Le copertura di spesa si basano su tagli particolarmente negativi, sia nella sostanza che nell’immagine: il taglio al fondo contro la violenza alle donne, il taglio al programma per le azioni tese ad accrescere la sicurezza stradale, il taglio ad altri ministeri, oltre agli esteri, quali interno e giustizia. Dicasteri di cui si parla molto in questi giorni relativamente a presunte emergenze, che invece subiscono tagli. Immediati.

Il nostro NO al provvedimento, in sostanza, è nel merito di norme che non raggiungono obiettivi di salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie, che non sono eque né perseguono obiettivi di federalismo fiscale e che tagliano risorse ad importanti servizi e programmi.
Anche Robin Hood, mi creda, risulterebbe deluso da questo provvedimento. In attesa di un ulteriore confronto in sede di discussione sul complesso degli emendamenti e su singoli emendamenti, anche quelli ripresentati sul recupero di risorse per il Ministero degli affari esteri e per gli italiani nel mondo, auspichiamo dai banchi del governo e della maggioranza una maggiore attenzione a questi temi.

On. Marco FEDI

Segretario III Commissione Affari Esteri e Comunitari

Camera dei Deputati

7 Piano, Palazzo Marini II

Piazza San Claudio 166

00187 ROMA

Tel. +39 06 67605701 uff.

Fax. +39 06 67605004

+39 334 6755167 cell. Italia

+61 412 003 978 cell. Australia


mercoledì 18 giugno 2008

La virgola, Un occhio attento alle cose italiane …Parlamentari e non …

Il “no” irlandese al Trattato Europeo
L’antieuropeismo del centrodestra fomenta l’euroscetticismo
Occorre rilanciare il processo di integrazione europea


L’apertura delle urne del referendum sul Trattato di Lisbona (la nuova versione della Costituzione Europea) tenutosi in Irlanda lo scorso 12 giugno ha confermato ciò che molti preannunciavano: ancora una volta un popolo europeo, chiamato a ratificare con il proprio voto referendario l’adesione alla carta fondamentale dell’Unione, ha detto no.
Anche se con una percentuale molto bassa di consensi: i “no” sono stati poco più della metà (53,4%) su un elettorato già scarso (53,1% dei votanti). Insomma, solo lo 0,25% della popolazione totale dell’Ue. Una percentuale così bassa non può ostacolare il processo costituente europeo, hanno detto in molti, tra cui il nostro Presidente della Repubblica Napolitano.
L’esito referendario ha consentito alla Lega Nord, che ha brindato al “no” irlandese vantando le origini celtiche comuni con la Padania, di confermare le proprie posizioni politiche profondamente antieuropeiste. Il Governo Berlusconi non ha saputo esprimere con sufficiente chiarezza le proprie posizioni sull’intero processo di integrazione europea, a partire proprio dalla carta costituzionale europea, e, ciò che più preoccupa, non ha saputo rispondere con argomentazioni politiche serie al rischio di un crescente euroscetticismo. Di fronte alle posizioni della Lega Nord, in sostanza, il resto del governo Berlusconi non ha saputo dire con chiarezza da che parte sta: se con l’Europa o con gli strenui difensori delle “piccole patrie”.
Tuttavia, al di là del rammarico per questo nuovo stop, è giunta l’ora di porsi seriamente una domanda di fondo: come mai tanti popoli europei sono diventati così euroscettici?
Il referendum irlandese non è il primo a rifiutare il Trattato: nel 2005 già la Francia e l’Olanda avevano bocciato tramite il voto democratico dei propri cittadini il precedente trattato costituzionale e qualche timore si annida anche sulle prossime ratifiche dell’attuale Carta nei paesi dell’Est.
Ciò che emerge è che il progetto europeo non appassiona più come ancora alla fine degli anni novanta, quando l’Italia del primo governo Prodi risanò i suoi conti e centrò l’obiettivo della moneta unica. Forse è proprio a quest’ultimo argomento che bisogna guardare per comprendere la disaffezione verso il “sogno europeo”: l’Europa in questi anni si è fatta percepire soltanto come burocratica e monetaria, attenta soltanto a unire il proprio mercato comune piuttosto che integrare i propri popoli e tutelarne i diritti sociali. L’Unione Europea rappresenta un’opportunità di crescita politica ed economica ma anche democratica: sarebbe opportuno crederci sempre, anche recependone le direttive e dimostrando serietà rispetto ai rischi di attivazione delle procedure d’infrazione. Il Governo, su questi temi, deve ancora dimostrarci il proprio europeismo.

Confermati dal Governo i tagli ai capitoli degli italiani all’estero

Il no dei Deputati del PD e IDV in Commissione affari esteri della Camera non è bastato a fermare il parere positivo che arriva dalla III Commissione sulla conversione del decreto ICI.
Le criticità sollevate nella discussione avvenuta in Commissione hanno portato unicamente al possibile recupero – peraltro internamente al bilancio degli Esteri e quindi suscettibile di ulteriori tagli ai capitoli per le comunità italiane nel mondo – per le iniziative legate alla dichiarazione universale dei diritti dell’uomo ed all’Accademia delle Scienze del Terzo mondo.
E sulla mancata estensione dell’esonero dall’ICI per gli italiani all’estero assistiamo al classico scarica-barile con un semplice passaggio di responsabilità al dicastero interessato: economia e finanze. Francamente il nostro no era necessario. Non sono possibili, sui tagli, aperture di credito da parte dell’opposizione. Per due ragioni. Il provvedimento sull’ICI, nella sua interezza, non contribuisce certamente a ridurre il divario tra le classi sociali e di reddito ed alimenta una percezione antifederalista di tipo fiscale, quando l’elemento forte del federalismo deve partire proprio dalla territorialità dell’imposizione fiscale e dalla sua rispondenza ai bisogni del cittadino in termini di servizi. Il provvedimento esclude dall’esonero ICI, in maniera fortemente discriminatoria, i cittadini italiani residenti all’estero, facendo pagare a questi – in termini di servizi, personale dei consolati, finanziamento a progetti di assistenza sociale o di promozione culturale e linguistica – un prezzo molto alto, pari a circa 20milioni di euro. Tutto ciò senza aver predisposto un vero piano di razionalizzazione, senza aver fissato delle priorità e, soprattutto, in assenza di un vero piano di riforme. A poco servono le dichiarazioni-appello affinché in vista della prossima finanziaria vi possa essere un’azione di recupero. Anzi, si tratta di un segnale che accresce le nostre preoccupazioni. Credo che il Governo, nel tentativo di dare risposte senza avere gli strumenti analitici per farlo, abbia sostanzialmente confermato che i tagli sono il risultato di una scelta premeditata che colpisce pesantemente le comunità italiane nel mondo. E ciò è avvenuto con il pieno sostegno dei deputati di maggioranza, anche quelli eletti all’estero.

On. Marco FEDI
Segretario III Commissione Affari Esteri e Comunitari
Camera dei Deputati
7 Piano, Palazzo Marini II
Piazza San Claudio 166
00187 ROMA
Tel. +39 06 67605701 uff.
Fax. +39 06 67605004
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martedì 17 giugno 2008

Morte di migranti: orrore senza fine

La dichiarazione dei parlamentari del PD eletti all’estero

Le parole non bastano più per esprimere l’orrore della successione di naufragi e di morti di migranti che si dirigono verso il nostro Paese e che ci vedono spettatori inermi e impotenti.
Un’emozione tanto più profonda quanto più è viva la memoria della nostra storia di emigranti, che ci ha visti protagonisti di un lungo cammino di miglioramento e di integrazione, ma anche – a nostra volta – clandestini, naufraghi, vittime indifese.
Mettere in discussione il dovere di aiuto e di accoglienza verso chi guarda a noi per bisogno e con speranza significa negare il nostro stesso passato e commettere un duplice peccato, di cinismo e di rimozione delle esperienze e dei valori su cui abbiamo costruito il nostro progresso.
Nel momento in cui nel Parlamento si svolgerà il confronto legato alla conversione del Decreto sulla sicurezza chiederemo con tutte le nostre energie che i valori di solidarietà e la lezione che ci deriva dalla nostra storia di emigrazione siano sempre strettamente connessi con le soluzioni normative e organizzative relative all’ingresso dei migranti.
Nello stesso tempo, si accelerino e si intensifichino i rapporti con i Paesi di partenza, affinché un più attento controllo e una più incisiva regolazione dei flussi possano aiutarci ad assumere il volto di un Paese solidale e civile, prevenendo il sacrificio di vite innocenti.

I deputati del PD della Circoscrizione Estero
Gino Bucchino / Gianni Farina / Marco Fedi / Laura Garavini / Franco Narducci / Fabio Porta

GRAVE SALTO ALL’INDIETRO DELLE POLITICHE PER GLI ITALIANI ALL'ESTERO

I tagli decisi dal Governo Berlusconi sulle voci di spesa per gli italiani all’estero sono pesanti, rovinosi, preoccupanti.
Il DL 93, con il quale il governo reperisce i fondi per l’eliminazione dell’ICI sulla prima casa e per il sostegno alle condizioni di vita delle famiglie, decurta il già disastrato bilancio del Ministero degli Esteri di 32,3 milioni di euro per il 2008, di 50 milioni per il 2009 e di 98,5 milioni per il 2010.
Nella riduzione di spesa per l’anno corrente, 17 milioni di euro su 32 sono sottratti agli interventi per gli italiani all’estero, che in questo modo sono chiamati a pagare i costi maggiori della cambiale elettorale firmata dal governo di centrodestra. Dalla falcidie non si salva nessuno dei settori “sensibili”: l’assistenza, sensibilmente incrementata dal governo di centrosinistra, anche per avviare ad una prima sperimentazione di “assegno sociale” in alcuni Paesi dell’America Latina, retrocede di 5 milioni; i fondi previsti per l’invio di insegnanti alle scuole italiane all’estero drasticamente ridotti; i soldi stanziati per contrattisti e digitatori, che dovevano portare un po’ d’ossigeno al funzionamento dei consolati, soprattutto per lo smaltimento delle pratiche di cittadinanza, sono rimessi in discussione; le risorse previste per la Conferenza mondiale dei giovani sono dimezzate (un milione in meno); quelle per il Museo dell’Emigrazione subiscono la stessa sorte, in vista di un definitivo accantonamento dell’intero progetto (un milione e quattrocentomila in meno); i fondi per la promozione delle imprese e dei prodotti italiani all’estero sono cancellati; la stessa sorte tocca alle manifestazioni per il 60° anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, di diretto interesse per i migranti. E si potrebbe continuare.
Per gli italiani all’estero al danno si aggiunge la beffa: i tagli sono diretti a recuperare le risorse per l’abolizione dell’ICI, dalla cui esenzione gli stessi sono esclusi, con l’aggravante di perdere anche l’esenzione del 40% decisa dal governo Prodi. Insomma, l’ICI gli italiani all’estero la pagheranno tre volte.
Con un colpo solo, tutto quello che con il governo di centrosinistra si era fatto per aumentare e finalizzare le risorse alle politiche a favore degli italiani all’estero viene rimesso in discussione. In questo modo, si aprono prospettive inquietanti.
Noi parlamentari del Partito Democratico abbiamo presentato alla Camera una serie di emendamenti tendenti a ripristinare le risorse gia previste nella Finanziaria 2008 e questo governo intende eliminare.
Al di là degli schieramenti politici e parlamentari, l’invito che facciamo a tutti, dai parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero a COMITES, CGIE; associazioni, organi di informazione, cittadini residenti all’estero, è quello di fare sentire subito e con energia la propria voce, affinché questo salto all’indietro sia evitato e sia scongiurato il rischio di dovere ancora una volta ricominciare da capo.

Gino Bucchino, Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Franco Narducci, Fabio Porta

venerdì 13 giugno 2008

Gli italiani nel mondo perdono tre volte

“Il disegno di legge di conversione del decreto 93/2008, disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, (disegno di legge A.C. 1185) rivela le intenzioni del governo Berlusconi in materia di italiani all’estero” – ha dichiarato Marco Fedi, deputato PD eletto nella ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide.
“Salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie è un fine nobile, meno nobili sono gli strumenti compensativi previsti che, di fatto, colpiscono in maniera fortissima gli italiani all’estero. I tagli previsti sono, complessivamente, pari a 32.300.000 euro nel 2008 e graveranno su stanziamenti già previsti: dalle politiche a favore delle collettività italiane all’estero, che subiscono un taglio di 10.000.000 di euro, all’assistenza ed alle iniziative scolastiche, che subiscono un taglio di 5.000.000 di euro, fino al contributo per le celebrazioni del 60° anniversario della dichiarazione universale dei diritti umani, che viene azzerato con un taglio di 1.000.000 di euro” – ha sottolineato Fedi.
“Abbiamo presentato emendamenti tesi a ripristinare i capitoli di bilancio del MAE e, soprattutto, a superare la discriminazione nei confronti delle comunità italiane nel mondo che sono escluse dall’esenzione sull’ICI. Si tratta, in sostanza, di essere penalizzati tre volte: non si usufruisce dell’esenzione nonostante gli immobili posseduti da italiani residenti all’estero siano stati conteggiati nel costo complessivo del provvedimento, si perde l’ulteriore detrazione ICI introdotta dal governo Prodi ed abolita dal decreto, si subiscono i tagli che gravano sulle comunità italiane nel mondo. Credo che una riflessione critica debba partire subito da tutti i livelli di rappresentanza delle comunità italiane nel mondo” – ha concluso l’on. Marco Fedi.

La virgola, Un occhio attento alle cose italiane …Parlamentari e non …


Ancora sull’ICI…

Pesavamo che con l’ulteriore detrazione ICI introdotta dal Governo Prodi ed estesa ai residenti all’estero avessimo contribuito sia ad affermare il principio della piena parità di trattamento che, soprattutto, ad iniziare un percorso di revisione dell’intera regolamentazione dell’imposizione fiscale diretta ed indiretta, tra cui appunto ICI e TARSU, per gli italiani residenti all’estero.
Evidentemente con il governo del centro destra è necessario ricominciare la battaglia per la parità di trattamento sperando che si possano creare le condizioni anche per qualche riforma: i segnali politici oggi ci dicono il contrario.
Sull’ICI abbiamo presentato alla V Commissione Permanente Bilancio della Camera dei deputati l’emendamento Bucchino-Fedi volto ad estendere l’esenzione dell’ICI agli italiani residenti all’estero. Con tale emendamento si intende estendere alle unità immobiliari possedute in Italia dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato l’abolizione dell’ICI prevista dal Decreto-Legge 27 maggio 2008, n. 93 la cui conversione è in discussione alla Camera.
Avevamo denunciato con chiarezza all’indomani dell’annuncio della esenzione ICI che sarebbe stato necessario introdurre nella norma un riferimento specifico agli italiani residenti all’estero, per evitare che tutta la vicenda si trasformasse in una vera e propria farsa: in sostanza l’ulteriore detrazione che si sommava alla detrazione di base avrebbe consentito a tanti connazionali, in Italia come all’estero, di trovarsi nella condizione di non dover più versare l’ICI, annullata dalle detrazioni, ed invece a doverla pagare in presenza di una norma che di fatto la abolisce per la prima casa.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in una risoluzione applicativa del decreto, specifica che tra gli immobili a cui deve essere riconosciuta l’esenzione ICI non sono comprese le unità immobiliari possedute dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato. Su questi temi, sui fatti concreti, misureremo il governo di centrodestra rispetto alle comunità italiane nel mondo.

Non solo ICI…

I segnali che arrivano del Governo sono preoccupanti anche su altri versanti. Sul fronte economico, alla nobiltà di intenti del decreto per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie – che include all’articolo 1 anche la totale esclusione dall’imposta comunale sugli immobili per l’abitazione principale – corrisponde una meno nobile serie di tagli sia ad importanti iniziative per le comunità italiane nel mondo – assistenza, scuola, museo delle migrazioni e Conferenza dei giovani – che a strumenti di politica estera come la possibilità di celebrare adeguatamente l’anniversario della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo che viene seriamente compromessa dai tagli.
Anche su queste materie ci stiamo organizzando per una forte opposizione.

Fedi: i banchi di prova per il Governo e la maggioranza non mancheranno

“Le deleghe al sottosegretario Mantica sono ampie e sono state conferite dal Ministro Frattini proprio in questi giorni. Auspico che il pessimismo, espresso nei giorni scorsi, non trovi ragione di conferme anche se alcuni segnali devo dire sono negativi. La vera domanda è se esiste davvero la possibilità di avviare un percorso di esame congiunto delle proposte di riforma per gli italiani all’estero” – ha sottolineato l’On. Marco Fedi.
“Credo sia necessario capire meglio, anche attraverso le audizioni che sono certo avremo in tempi brevi sia con il Ministro Frattini che con il sottosegretario Mantica, quali scelte programmatiche saranno prioritarie per il Governo e soprattutto come si intende instaurare un rapporto con il Parlamento e con i parlamentari eletti all’estero. I banchi di prova per il Governo e la maggioranza non mancheranno, a partire dalla conversione del decreto sull’ICI, fino al decreto sicurezza ed in vista di DPEF e finanziaria” – ha dichiarato Marco Fedi. “Misureremo l’azione del Governo nel suo complesso. Sull’ICI, ad esempio, dobbiamo assicurarci che l’esenzione riguardi anche i residenti all’estero. Il Governo Prodi aveva esteso l’ulteriore detrazione ICI anche ai residenti all’estero: sarebbe davvero grave se l’esenzione li escludesse. Sul decreto sicurezza alcune norme, soprattutto nella loro applicazione pratica, vanno esaminate anche in rapporto alla realtà dei residenti all’estero. Dal DPEF dobbiamo capire l’impianto complessivo degli investimenti per la rete consolare e per le iniziative a sostegno dell’Italia nel mondo, incluso il Made in Italy. In vista della finanziaria non dobbiamo dimenticare le detrazioni per carichi di famiglia – estese ai residenti all’estero in sostituzione della no tax area, limitate ad un biennio ed introdotte dal Governo Prodi – da trasformare in detrazioni permanenti nel regime fiscale italiano anche per i residenti all’estero. “Sopraggiungono segnali preoccupanti – rispetto ai quali investiremo immediatamente il Governo – relativamente a tagli a capitoli di bilancio del Ministero degli affari esteri o a stanziamenti previsti dalla trascorsa finanziaria. Ritengo che, anche in vista della finanziaria, sia opportuno, anche con i parlamentari di maggioranza, svolgere un’azione comune tesa ad evitare il rischio di tagli e garantire che le priorità – dalla Conferenza dei giovani, per la quale esisteva uno stanziamento, al museo nazionale ed alla rete museale delle migrazioni, per la quale esisteva stanziamento, fino alla riforma del Cgie, della legge 153/71, degli istituti italiani di cultura e della legge elettorale per la circoscrizione estero –rimangano tali per tutti” – ha concluso Fedi.