domenica 31 agosto 2008

La virgola

Garibaldi downunder

Mercoledì 27 agosto, presso il Grollo Theatre del Co.As.It., si è svolta una importante iniziativa della Fondazione Di Vittorio della CGIL che ha portato in Australia, con il contributo del Patronato INCA, due momenti celebrativi importanti legati alle figure di Giuseppe Garibaldi e Giuseppe Di Vittorio. Hanno partecipato all’iniziativa i professori Annita Garibaldi e Giuseppe Monsagrati ed il responsabile esteri della Fondazione Di Vittorio, Antonio Bruzzese. Ecco il testo del saluto rivolto ai partecipanti dall’on. Marco Fedi.

Garibaldi – uomo, liberatore e unificatore, uomo de l’unione, avremmo detto, per iscriverlo alla coalizione dei progressisti. Non è facile catalogare donne e uomini, iscriverle a correnti di pensiero o a movimenti e forse non è neanche necessario o giusto. Ma è sempre necessario, invece, riconoscere a ciascuno la propria storia. La storia che cambia la vita delle persone, delle nazioni, del genere umano. L’obiettivo di liberarsi dall’oppressione ottocentesca era molto chiaro allora e forse anche più facile che liberarci dalle oppressioni del terzo millennio.
Il condizionamento contemporaneo sull‘individuo si manifesta in modi più complessi ed anche più pericolosi. Un esempio concreto: una volta la mancanza d’informazione rendeva analfabeti, con le masse soggette a notabili e padroni. Oggi è l’analfabetismo tecnologico che divide società e persone. Non solo, anche l’eccesso di alfabetizzazione, in altre parole l’eccesso d’informazione, pesa sulle coscienze e rende il mondo meno comprensibile.
Tra l’atro non ci siamo ancora liberati dalle incertezze che ruotano attorno ai bisogni di base delle persone. In tutto il mondo, in misura diversa e in alcune circostanze anche tragicamente, oggi esistono grandi insicurezze: sul cibo, la casa e il lavoro, senza parlare poi delle questioni legate all’ambiente. Tutto ciò conseguenza di una concezione consumistica ed utilitaristica dell’economia, che porta ad un modello di vita non più sostenibile, che richiederà sforzi considerevoli da parte di tutto il genere umano.
Contro questi necessari cambiamenti non c’è un avversario riconoscibile, un regnante nemico, un usurpatore delle libertà individuali e delle identità nazionali, ma un intero sistema, da noi costruito, nel quale individuo e comunità sono inserite ma che spesso rischia di non rispondere più alle esigenze primarie delle persone. Abbiamo bisogno di liberatori, di unificatori, di persone che siano esempi di moralità politica (e l’Italia ha sempre avuto personalità simboliche come Garibaldi, Gramsci, Di Vittorio, Berlinguer) ma soprattutto dobbiamo essere anche noi – ogni individuo capace di essere libero – a fare le scelte coraggiose nell’interesse comune, nell’interesse sociale, nell’interesse umano e nell’interesse dell’ambiente in cui viviamo.
Nel 2007 abbiamo celebrato il bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi. L’Italia unita, democratica e repubblicana, l’Italia moderna, soffre però ancora di un male oscuro. Un malessere che ci blocca e rallenta, che rende possibile un Paese a due tempi, avanzato ed arretrato, rapido e veloce: un Paese ancora profondamente diviso tra nord e sud e contrassegnato da profonde contraddizioni. L’unità dello Stato-Nazione, l’unificazione nazionale, con tutti i simboli che dovrebbero affermare ogni giorno la nostra identità comune, non è ancora patrimonio di tutti, non è ancora ricchezza condivisa, non è ancora un valore affermato in tutto il Paese.
È legittima questa lettura pessimistica? È allarmante per il futuro dell’Italia che forze politiche presenti in Parlamento e nel Governo del Paese ci ricordino ogni giorno, con le loro azioni e parole, quanto credano poco nei simboli della democrazia e della repubblica? Dobbiamo preoccuparci quando queste forze ci propongono un Paese meno solidale, più protezionista, più diviso, più chiuso ed arrogante? La preoccupazione è legittima: sono troppi i segnali che inducono a pensare che l’Italia berlusconiana e leghista possa davvero produrre effetti negativi ed avere conseguenze permanenti. Le logiche invasive della paura e dell’emergenza, il presidio militare delle nostre città, le politiche discriminatorie nei confronti di immigrati ed italiani all’estero, i tagli feroci alla spesa pubblica: in tutto questo non vi è solo legittima azione di governo che si riflette in passaggi parlamentari.
In queste scelte, imposte a tappe forzate al Parlamento e raggiunte a colpi di decreti e di voti di fiducia, non si riesce a leggere un piano di riforme, non si percepisce una direzione, si scopre invece sempre più il tentativo di trasformare l’emergenza in motivazione politica, in ragione fondamentale per l’operato della maggioranza.
Ed è in questo il rischio maggiore per l’Italia e la sua democrazia: un governo ed una maggioranza che facciano emergere, a tutti i livelli, il peggio del nostro essere italiani.
Giuseppe Garibaldi non avrebbe apprezzato!
Riscoprire quindi un modo di rappresentare l’unità del Paese e degli italiani – anche le comunità all’estero – è un buon antidoto: pensare alla solidarietà, a come valorizzare la diversità delle culture, delle religioni, delle lingue, delle tradizioni e delle idee.
L’uomo e la donna multiculturali, gli italiani nel mondo, sono gli eroi moderni di più mondi. Sentono il peso di questa responsabilità e ci chiedono di dare un contributo per rafforzare l’unità dell’Italia e degli italiani.
Ricordare Giuseppe Garibaldi oggi è quindi importante. Questa importante iniziativa ci consegna una opportunità: ripensare alla storia, contribuire a costruire il senso della nostra appartenenza, credere in una società universale di cui faccia parte anche una forte e solidale nuova Italia.

On. Marco Fedi
Camera dei Deputati
Segretario III Commissione Affari Esteri e Comunitari
Piazza San Claudio 166 - 00187 Roma
Tel. +39 06 67605701
Fax. +39 06 67605004
Cell. +39 334 6755167
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mercoledì 20 agosto 2008

Il Governo Berlusconi: uno, nessuno, centomila



L’identità politica del governo Berlusconi appare molto evidente. La maggioranza parlamentare che sostiene il governo ha espresso, con gli ultimi provvedimenti approvati, tutta la sua arroganza ed ha dimostrato in maniera inequivocabile quali sono i motivi veri che legano partiti e partitini di una coalizione ancora legata al modello della “carota e del bastone”. Il modo innovativo ad esempio, in cui la Lega Nord-Padania, pur esprimendo posizioni assolutamente negative sulla ratifica del trattato di Lisbona da parte italiana e sui contenuti stessi del trattato, ha poi votato a favore della ratifica. Dimenticati i brindisi alla bocciatura referendaria irlandese e dimenticati gli atteggiamenti protezionistici assunti nella loro storia politica. Tutto in vista del mitico passaggio al federalismo, promessa berlusconiana ancora non mantenuta, da fare in Parlamento – anche a colpi di maggioranza – oppure da farsi con la “forza” del popolo padano – con la speranza che Bossi voglia riferirsi alla forza della protesta, anche se parla d’armi padane. Ed il governo dimentica i continui riferimenti da parte di Bossi, ma non solo, ad una possibile violenza insurrezionalista, le continue offese portate dal leghismo nostrano ai simboli dello Stato e della Repubblica, il perfido e grottesco attacco agli immigrati ed agli italiani all’estero visibile nei fatti della politica e nelle norme approvate dal Parlamento nonostante la ferma opposizione del Partito Democratico.
Eppure il governo – attraverso il sottosegretario Mantica – viene a dirci che il vero problema non sono i tagli – che superano i cento milioni di euro e siamo solo all’inizio – il vero problema non è non aver esteso l’esonero ICI ai residenti all’estero, come chiesto per ragioni di equità e giustizia dal PD – il vero problema non è non aver reso permanenti le detrazioni per carichi di famiglia, come richiesto con forza dai parlamentari eletti all’estero – il vero problema è, secondo il governo, la duplicazione tra Cgie e parlamentari eletti all’estero, il vero problema è che i parlamentari non riescono a convincere il ministro Tremonti che i tagli sono sbagliati! Bene, ecco il nuovo governo Berlusconi in cui la Lega Nord vuole solo il federalismo a favore del Nord, il sottosegretario Mantica non ha nulla a che vedere con il ministro Tremonti, Cgie e parlamentari eletti all’estero andrebbero eliminati.
Mi permetto di ricordare che il Cgie, anche se organismo politico eletto dalle comunità, è pur sempre uno strumento di consultazione del governo e delle istituzioni e sarebbe forse utile utilizzarlo nelle occasioni in cui si ridisegna l’assetto rappresentativo o si decidono le sorti delle politiche a favore delle nostre comunità nel mondo. I parlamentari fanno il loro dovere in Parlamento: rispondono agli elettori, alle loro coscienze, ai gruppi parlamentari. Le decisioni sulle commissioni, ad esempio, sono assunte dai Gruppi. Sarebbe molto utile, invece, se cominciassimo a sentire e capire quali sono le idee che il governo propone sul cammino delle riforme per gli italiani all’estero o se invece, nei prossimi anni, saremo costretti ad assistere, unicamente, alla rituale sagra dei tagli.
Vorremmo anche che il governo – che rivendica spesso la sua interezza ed omogeneità – assuma sempre, fino in fondo, le conseguenze delle scelte politiche che compie, anche quando riguardano gli immigrati o gli italiani all’estero, anche quando l’irraggiungibile Tremonti colpisce il Ministero degli affari esteri.

On. Marco Fedi
Camera dei Deputati
Segretario III Commissione Affari Esteri e Comunitari
Piazza San Claudio 166
00187 Roma
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La virgola, Un occhio attento alle cose italiane... Parlamentari e non...

Le questioni di principio contano!

MARCO FEDI Preoccuparsi di un problema come l’assegno sociale – a cui oggi hanno diritto solo i residenti in Italia, raggiunta l’età di 65 anni, se non in possesso di altro reddito e se cittadini italiani – potrebbe, a prima vista, apparire come una falsa difesa degli interessi degli italiani all’estero. Non è assolutamente vero.
La maggioranza parlamentare che sostiene il governo Berlusconi continua l’opera intrapresa con il decreto sulla salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie – con il quale i residenti all’estero subiscono i tagli e non ottengono l’esonero dal pagamento dell’ICI – di autentica demolizione dei diritti degli italiani all’estero. Con la finanziaria appena approvata – oltre ai tagli lineari a tutti i Ministeri ed a tutte le Regioni – che avranno ripercussioni pesanti per gli italiani all’estero – è stato introdotto un ulteriore limite per l’accesso all’assegno sociale: dieci anni di residenza continuativa in Italia.
Per colpire gli immigrati – anche quelli regolari che vivono, lavorano e pagano tasse in Italia – il centrodestra ha introdotto questa misura che, di fatto, colpirà anche i cittadini italiani residenti all’estero che, dopo anni di emigrazione, intendessero rientrare in Italia e, ultrasessantacinquenni, si trovassero nelle condizioni di non avere reddito o avere un reddito molto basso. In altre parole, un connazionale che per sfortuna non ha fatto “soldi” all’estero non potrà ricevere l’assegno sociale se non avrà 10 anni di residenza continuativa. Non sappiamo ancora se la residenza storica, cioè quella avvenuta precedentemente all’emigrazione, può essere utilizzata. Per queste ragioni abbiamo presentato una serie di ordini del giorno, essendo preclusi emendamenti per via del voto di fiducia, tendenti a modificare la nuova norma per tutti e comunque a valutare cambiamenti per gli italiani all’estero. Il governo ha accolto questo ordine del giorno come raccomandazione. Significa: abbiamo compreso il problema e vedremo se sarà possibile risolverlo. Noi crediamo debba essere risolto.
Ecco, il testo dell’ordine del giorno che ho presentato in aula e che porta la firma anche dei colleghi Bucchino, Farina Gianni, Garavini, Porta:


“La Camera, premesso che - il decreto legge 25 giugno 2008 modifica l’articolo 3 della legge 8 agosto 1995 con il quale è stato istituito l’assegno sociale” che “compete ai cittadini italiani, o equiparati, quando non percepiscono alcun reddito o ne percepiscono uno inferiore all’importo corrente dell’assegno sociale, hanno raggiunto i 65 anni di età e risiedono abitualmente in Italia.
Sono equiparati ai cittadini italiani: gli abitanti di San Marino, i rifugiati politici, i cittadini di uno Stato dell’Unione europea residenti in Italia e i cittadini extracomunitari in possesso di carta di soggiorno,
in base al testo iniziale del decreto, a decorrere dal 1° gennaio 2009, l’assegno sociale sarebbe stato corrisposto agli aventi diritto a condizione che avessero soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno cinque anni nel territorio nazionale,
successivamente la Camera aveva modificato il testo proponendo che l’assegno sociale venisse corrisposto agli aventi diritto a condizione che avessero soggiornato legalmente e lavorato legalmente con un reddito almeno pari all’importo dell’assegno sociale, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale, successivamente il Senato ha soppresso le parole “e lavorato legalmente con un reddito almeno pari all’importo dell’assegno sociale”,
risultano confermate le restrizioni relative alla residenza continuativa di dieci anni – senza riferimento alcuno alla residenza storica – cioè a periodi di residenza in qualsiasi periodo anteriore alla data di presentazione della domanda di assegno sociale,
le restrizioni rischiano di precludere ai cittadini italiani emigrati, ove rientrassero nel territorio italiano a causa delle situazioni di indigenza presenti in molti paesi di emigrazione, la possibilità di accedere all’assegno sociale, impegna il Governo
ad escludere dalle nuove restrizioni i cittadini italiani emigrati all’estero, ove rientrassero in Italia e soddisfacessero gli altri requisiti, tenendo conto che in molti casi possono far valere periodi di residenza storica pari o superiore a dieci anni”.