martedì 28 luglio 2009

FEDI (PD): Il Governo deve almeno provare ad attuare gli impegni presi con l’accoglimento di numerosi ordini del giorno, dall’inizio della legislatura

L’accoglimento di un ordine del giorno ha un significato politico solo se accompagnato da azioni concrete per arrivare – dopo un percorso di approfondimento – alla soluzione auspicata nel dispositivo.
Credo sia necessario ricordare al Governo che sulle detrazioni per carichi di famiglia – introdotte dal Governo Prodi ed estese ai residenti all’estero – vi è un impegno, ripetuto dall’inizio della legislatura, a renderli permanentemente parte del regime fiscale italiano, anziché rincorrere le proroghe – ha ricordato l’On. Marco Fedi. Dobbiamo trovare il provvedimento adatto – ha continuato Fedi – e siamo disponibili a lavorare con la maggioranza per arrivarci in tempi brevi. Forse un decreto anticrisi non è lo strumento migliore. Ma gli impegni erano già stati presi dal Governo nel contesto di provvedimenti economici e nella stessa legge di bilancio – ha sottolineato il deputato PD.
Analogo ragionamento sull’ICI. Con una differenza. Mentre il Governo accoglie in aula ordini del giorno sull’estensione dell’esenzione ICI ai residenti all’estero, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze rispondono con un secco no a ogni ipotesi di esonero. Ritengo sia necessario un chiarimento, almeno nella direzione dell’impegno di maggioranza e Governo a trovare una soluzione.
Il Governo ha inoltre preso impegni in direzione del superamento dei tanti balzelli che gravano sugli immobili degli italiani all’estero, a partire dalla tassa sulla raccolta dei rifiuti fino al canone Rai. Credo – ha concluso l’On. Marco Fedi – che sia necessario, alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, fare il punto sullo stato di avanzamento dei lavori su questi temi, anche avviando un confronto tra maggioranza, opposizione e Governo.

FEDI (PD): Le risposte del Governo confermano unicamente i dubbi interpretativi

Nessuna chiarezza. Unicamente la conferma che avevamo ragione a sostenere l’irrazionalità dell’applicazione di una Convenzione che, prefiggendosi di evitare le doppie imposizioni fiscali, ne è poi la causa.

Nell’interrogazione, che risale al giugno del 2008, i deputati Fedi e Bucchino chiedevano “quale urgente misura od iniziativa si intenda adottare per chiarire in maniera inequivocabile e definitiva, a 28 anni dalla entrata in vigore della Convenzione italo-thailandese contro le doppie imposizioni fiscali, il significato dell'articolo 18 di tale Convenzione e prescrivere all'Inps il rispetto della normativa che prevede la detassazione delle pensioni dell'Istituto pagate in Thailandia e la tassazione solo dal Paese di residenza”.

La risposta del Ministero dell’Economia e delle Finanze conferma tutti i dubbi interpretativi poiché la “discrezionalità” dell’INPS, nel caso della convenzione con la Thailandia sulle doppie imposizioni fiscali, produce proprio la peggiore delle conseguenze, cioè il pagamento delle tasse due volte.

Si conferma la richiesta all’INPS di comunicare ai pensionati residenti in Thailandia le procedure per la richiesta di detassazione alla fonte e le norme della certificazione di residenza fiscale da rilasciare dalle competenti Autorità thailandesi.

FEDI (PD): “IL DL ANTICRISI E’ UN BRUTTO GIOCO DI SCATOLE CINESI”

Siamo alle solite, ma nonostante ciò non finiremo mai di stupirci. In senso negativo. Questo il parere dell’On. Marco Fedi (PD), sul passaggio alla Camera del decreto anticrisi. Si tratta della settima fiducia in 12 mesi. Il Governo, così facendo, stronca la discussione parlamentare e l’esame del decreto. Traspaiono anche la confusione e le differenze di vedute, internamente alla stessa maggioranza.
È una legge – continua il parlamentare eletto all’estero – che assomiglia a un gioco di scatole cinesi: a ben guardarle dentro ci trovi di tutto e dentro ogni scatola se ne celano altre. Si chiede l’On. Fedi: cosa c’entra con la crisi lo scudo fiscale, pessimo condono che premia gli evasori e i riciclatori di denaro all’estero, lasciando impuniti e anonimi gli autori di molteplici reati e sfavorendo i cittadini onesti che le tasse le pagano regolarmente? Cosa c’entra il brusco innalzamento dell’età pensionabile per le donne, tema affrontato a pezzi e senza ipotizzare neanche la possibilità di un adeguamento su scala volontaria, per di più mentre l’Inps annuncia un attivo di bilancio di quasi 7 miliardi di euro? E le badanti, da regolarizzare in maniera molto costosa, altrimenti costrette alla clandestinità dal pacchetto sicurezza di recente approvazione? Escludendo altre categorie di lavoratori altrettanto a “rischio” in conseguenza del pacchetto sicurezza? Se poi si guarda realmente ai provvedimenti sulla crisi – prosegue il deputato del PD – c’è da mettersi le mani nei capelli. Si pensi al già misero bonus per i precari, decurtato di 100 milioni di euro da un emendamento dello stesso PDL. Oppure si prenda la stretta sulle banche, tanto decantata, e infine ridimensionata drasticamente. Come se non bastasse – conclude l’On. Fedi – gli abruzzesi già colpiti dal terremoto verranno anche beffati: dopo aver perso tutto, saranno costretti anche a pagare le tasse per il 2009, poiché la maggioranza ha respinto l’emendamento del PD che sospendeva i pagamenti.

mercoledì 22 luglio 2009

FEDI (PD): La politica estera e le politiche per gli italiani nel mondo assenti dal DPEF

Il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria è un atto importante del Governo. Avevamo segnalato la necessità che – proprio a partire dal DPEF per gli anni 2010-2013 – si marcasse il passo del prelievo fiscale, nel nuovo assetto di “federalismo fiscale”, ma le cifre sono assenti dal documento – ha sottolineato l’On. Marco Fedi.

Il dato complessivo politico è negativo per gli Enti Locali che chiedevano chiarezza sui temi del federalismo fiscale. Per le carenze strutturali del documento sui temi della sanità e degli investimenti nel mezzogiorno, attraverso il FAS (Fondo per le aree sottoutilizzate), oltre alla scarsa attenzione al settore del turismo.

La politica estera e le politiche per gli italiani nel mondo sono poi completamenti assenti dal DPEF. In sede di discussione del parere della Commissione Affari esteri, il gruppo del PD ha rilevato la inadeguatezza del documento e la insufficienza delle risorse destinate al Ministero degli Affari esteri – ha ricordato l’On. Marco Fedi.

FEDI (PD): Congelare questa manovra e riprendere il dialogo alla ripresa dei lavori

Il dispositivo della risoluzione partiva da una richiesta – congelare la manovra di “razionalizzazione” che è stata proposta dal Governo e contestualmente verificare, far progredire, accelerare il processo di modernizzazione sia delle procedure amministrative che delle dotazioni tecnologiche, dell’informatizzazione. Il Governo ha accettato una riformulazione della risoluzione, che lo impegna a “riconsiderare le modalità di razionalizzazione degli uffici consolari”, approvata all’unanimità dalla Commissione esteri della Camera.

Nella risoluzione si propone il coinvolgimento pieno delle Commissioni parlamentari competenti e la consultazione con degli organismi di rappresentanza delle comunità italiane nel mondo.

In queste settimane di protesta, di iniziative che hanno riguardato Durban, Adelaide, Brisbane, e che riguarderanno Liegi e tante altre città europee e non, toccate dalla proposta di “razionalizzazione” – ha dichiarato l’On. Fedi durante i lavori – è emersa una volontà comune: non rifugiarsi in un semplice “NO” ma rendersi disponibili a lavorare per assicurare la individuazione di possibili risparmi, ove la questione si ponesse in termini di risorse, evidenziando anche dove realizzare risparmi, come ad esempio sugli affitti esorbitanti di alcune sedi, oppure in direzione di una maggiore efficienza, identificando soluzioni che puntino sempre più a raggiungere il giusto equilibrio tra presenza diplomatica, personale di ruolo e personale a contratto.

Emerge chiaramente – ha proseguito Fedi – che esiste un senso dello Stato nella nostra comunità che non ha eguali. Esiste la consapevolezza, forte, che la presenza dello Stato può essere davvero garantita se esistono le condizioni per un’assunzione di responsabilità a livello diplomatico, soprattutto nei Paesi a struttura federale, come viene ricordato nella risoluzione, un’assunzione di responsabilità a livello amministrativo ed il giusto equilibrio con personale a contratto che, insieme, assicurino sia l’integrità del sistema che l’efficienza e la capacità di risposta alle richieste di servizi dei nostri concittadini nel mondo.
Quando non riusciamo ad assicurare questa “pienezza” di riferimenti, questo equilibrio, il sistema entra in crisi. Possiamo, è vero, trovare rimedi: agenzie consolari, sportelli consolari, consolati onorari. Ma perderemo sempre qualcosa. È possibile – oggi – pensare invece a soluzioni che non ci facciano perdere questi elementi di unicità, questa forte caratterizzazione della nostra rete consolare? Io credo che la risoluzione proponga, in ultima analisi, una fase di ulteriore approfondimento, oltre la conflittualità di parte e relativa al tradizionale confronto tra maggioranza, Governo ed opposizioni. Credo che il Governo debba cogliere questa opportunità.

martedì 21 luglio 2009

FEDI (PD) su lavori Seminario PD Mondo a Bruxelles

FEDI (PD): Una base comune, programmatica, sulla quale delineare le connotazioni delle singole mozioni e ritrovarsi dopo il Congresso per far partire la fase di attuazione dello Statuto del PD mondo.

“Credo si possa prendere un impegno a ritrovarsi qui, a Bruxelles, città simbolo della nuova Europa e della cittadinanza europea, ed allo stesso tempo città del sacrificio, del lavoro, del contributo di lavoratori e lavoratrici dell’emigrazione, ricordati attraverso il simbolo di Marcinelle, per far partire, dopo il congresso, la fase di attuazione politica delle decisioni congressuali e definire il percorso per l’attuazione piena dello Statuto del PD all’estero” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi durante i lavori del seminario di Bruxelles.
“La proposta politica del Partito Democratico” – ha continuato Fedi – “deve essere forte, non può esitare e soprattutto può essere unitaria, almeno nella sua impostazione di base”. “Ai candidati alla segreteria, insieme, dovremmo far pervenire un appello: sui temi degli italiani nel mondo inserire nelle mozioni congressuali riferimenti che partano da una base unitaria per poi assumere le connotazioni autonome delle singole mozioni”.
“La prima riflessione che vorrei fare con voi riguarda la necessità che le forze progressiste, le forze del rinnovamento, le forze riformiste, il Partito Democratico, siano capaci – da questa fase precongressuale, fino al congresso e poi nella costruzione di una alternativa di Governo credibile e forte – di predisporre una proposta di clever country, in Italy and abroad, una proposta di Paese intelligente, in Italia e nel mondo, che significa anche valorizzare la presenza delle comunità italiane nel mondo. È una valorizzazione che ha bisogno di azioni concrete, di una visione d’insieme che – come mai prima d’ora, con forza e coraggio – ci veda protagonisti di una seria ed articolata riflessione”.
Allegato testo integrale intervento On. Marco Fedi

Seminario del PD del 18 luglio 2009, Bruxelles.

Diritti sociali, tutela previdenziale e rappresentanza

Credo sia indispensabile, in apertura di questo intervento, cercare di fare il punto sulla situazione politica. Abbiamo una maggioranza sempre più arrogante che oggi porta in Parlamento un decreto anticrisi sul quale con molta probabilità apporrà l’ennesimo voto di fiducia e nel quale aveva cercato di far convergere altri provvedimenti – la stessa tecnica delle scatole cinesi adottata in altre occasioni – per comprimere il dibattito ed esautorare il ruolo del Parlamento. Siamo riusciti a stralciare dal decreto economico Tremonti la parte che concerne le missioni internazionali e che si è riproposta in tutta la sua gravità con la morte di un militare in Afghanistan. La nostra opposizione è sempre stata seria, nel merito, forte di una ragionevolezza di fondo: non possiamo portare il Paese allo sfascio istituzionale, coinvolgendo la presidenza della Repubblica nelle polemiche politiche. Lo stesso non può dirsi per altre forze di opposizione. Abbiamo fatto una opposizione forte e seria sul decreto sicurezza: no al reato di immigrazione clandestina, no alle ronde civiche, no alla detenzione illimitata. La maggioranza ha votato il provvedimento – condizionata dalla Lega Nord – ed oggi vorrebbe proporre dei passi indietro, timidi e modesti e discriminatori. Noi abbiamo detto che occorre fare scelte razionali, che in questo contesto i respingimenti – per i quali nessuno dovrebbe gioire - vanno fatti quando necessario, sempre rispettando le regole internazionali, come fatto dal Governo di centrosinistra. Le nostre scelte di politica estera – su alcuni grandi temi – sono state coerenti con il principio della multilateralità, della centralità dell’Unione Europea e della necessità che si adotti una success exit strategy, così è stata giustamente definita da Piero Fassino, non una semplice uscita dalle aree di crisi, Afghanistan, Iraq, ma uscirne dopo il successo di una strategia politica per la pace e la democrazia.
In questo quadro noi abbiamo vissuto la prima fase dei tagli alle comunità italiane nel mondo, dei passi indietro rispetto a tante conquiste sul terreno della parità di trattamento e ai tentativi di delegittimazione della rappresentanza da parte del Governo.
La prima riflessione che vorrei fare con voi riguarda la necessità che le forze progressiste, le forze del rinnovamento, le forze riformiste, il Partito Democratico, siano capaci – da questa fase precongressuale, fino al congresso e poi nella costruzione di una alternativa di Governo credibile e forte – di predisporre una proposta di clever country, in Italy and abroad, una proposta di Paese intelligente, in Italia e nel mondo, che significa anche valorizzare la presenza delle comunità italiane nel mondo. È una valorizzazione che ha bisogno di azioni concrete, di una visione d’insieme che – come mai prima d’ora, con forza e coraggio – ci veda protagonisti di una seria ed articolata riflessione.
Gli italiani nel mondo sono quelli di prima, seconda, terza e quarta generazione dei permanentemente all’estero, bisnonni, nonni, genitori e figli e nipoti che non hanno solo un cognome italiano, che non hanno solo amore e passione per l’Italia, che non intrattengono solo rapporti culturali, sociali, commerciali con l’Italia e con le sue autonomie territoriali, ma che sono titolari di diritti ed hanno doveri, entrambi fissati nella Costituzione e garantiti da leggi della Repubblica. Gli italiani nel mondo sono i ricercatori e gli scienziati, i temporaneamente all’estero, le nuove professionalità e mobilità. Che sono parte della stessa dimensione di presenza italiana nel mondo e che chiedono insieme un impegno delle Istituzioni, del Paese nel suo complesso. Ecco per tutti deve esistere un’Italia pronta all’ascolto, pronta ad interventi di riforma, pronta ad erogare servizi: quei servizi che sono il rapporto con le pubbliche amministrazioni dello Stato italiano.
Diritti e doveri il cui assolvimento dovrebbe essere favorito, sostenuto, dal Governo, con provvedimenti di legge e azioni concrete. Abbiamo invece un Governo che esonera dall’ICI i residenti in Italia ma non i residenti all’estero. Che per la ricostruzione in Abruzzo esclude i residenti all’estero, sicuramente nella forma e probabilmente – se si guarda a ciò che è avvenuto con l’ICI – anche nella sostanza. Che tra le iniziative anticrisi inserisce una social card non esportabile all’estero e non agisce sulle pensioni, attraverso la quale azione avrebbe raggiunto anche i pensionati residenti all’estero. E i tagli alla scuola, all’assistenza, alla rappresentanza. Ed ora la chiusura dei Consolati. Nel dispositivo della risoluzione appena depositata in Commissione Affari esteri, firmata da esponenti di opposizione e maggioranza, a prima firma Narducci-Di Biagio, si chiede di congelare per un periodo di tre anni (2010-12) la manovra di razionalizzazione degli uffici consolari all’estero e di accelerare nel frattempo il processo di revisione e ammodernamento delle procedure amministrative, nonché l’informatizzazione destinata al funzionamento del “consolato digitale”.
Oggi siamo disponibili ad un vero confronto per evitare che questa quarta fase – che non è dettata da vincoli di bilancio – ci consegni una rete diplomatico-consolare debole, iniqua, che ancora spende male. Abbiamo bisogno di una lean-mean consular network.
Credo che le differenze con i 18 mesi del Governo Prodi siano tangibili, reali, davanti agli occhi di tutti. Avevamo dato un vero un contributo, decisivo, alla affermazione di un principio di parità di trattamento, di eguali diritti e doveri, tra italiani, ovunque essi vivano, cosi come prevede la nostra Costituzione.
Ed oggi continua l’azione di “progressiva” distruzione della rete di sostegno delle nostre comunità nel mondo. Lo vediamo con altre norme, quelle della legge 18 giugno 2009 n. 69 che all’art. 46 trasferisce nei tribunali territoriali tutto il contenzioso legale sulla materia previdenziale, prima accentrato a Roma. Si rischia di trasferire ai faccendieri che operano nei territori il contenzioso legale su temi specialistici – soprattutto quando concernono le Convenzioni bilaterali – ed oggi affrontati con conoscenze altamente qualificate a Roma.
Ed esiste oggi una questione urgente relativa alle condizioni di povertà di tanti nostri connazionali nel mondo: non solo la povertà relativa alla sussistenza, ma la distanza dal benessere, dai servizi, accentuata anche dalla possibili chiusure di consolati, dai ritardi nella ratifica di importanti convenzioni bilaterali o dalla loro modifica, dalla lentezza nei rapporti con la nostra burocrazia, dalle ulteriori distanze dalla affermazione piena dei diritti di cittadinanza. Tutto questo è oggi in discussione!
La proposta politica del Partito Democratico deve essere forte, non può esitare e soprattutto può essere unitaria. Ai candidati alla segreteria, insieme, dovremmo far pervenire un appello: inserire nelle mozioni congressuali riferimenti, che partano da una base unitaria per poi assumere le connotazioni autonome delle singole mozioni, relativamente ai temi che riguardano le comunità italiane nel mondo.
Anche al nostro interno abbiamo visioni ridotte e riduttive della italianità nel mondo. Abbiamo il dovere di portare nel congresso una fase di rinnovamento, di innovazione, nel modo stesso in cui facciamo politica, senza perdere incisività e capacità di rappresentare le istanze politiche delle nostre comunità sui temi reali, sulla qualità dei processi di integrazione, sulla risposta politica da dare alle sfide del nostro tempo.
In questo senso si pone la discussione sulla rappresentanza: Comites e Cgie, una volta accomunati da analogo destino e profondamente legati, oggi, grazie all’azione di Governo e maggioranza, con qualche aiuto da alcuni esponenti dell’opposizione, trasformati in “strani oggetti del desiderio”, sopravvalutati in un innaturale ordine di urgenza, relativamente alle riforme, sottovalutati nella necessità, questa vera, di rilancio delle loro potenzialità di rappresentanza delle nostre comunità. Non la rappresentanza politica – che compete ai partiti, alle coalizioni, ai gruppi parlamentari, agli eletti in Parlamento, ma una rappresentanza profondamente legata ai bisogni delle comunità.
Credo infine si possa prendere un impegno a ritrovarsi qui, a Bruxelles – città simbolo della nuova Europa e della cittadinanza europea, ed allo stesso tempo città del sacrificio, del lavoro, del contributo di lavoratori e lavoratrici dell’emigrazione, ricordati attraverso il simbolo di Marcinelle – per far partire, dopo il congresso, la fase di attuazione politica delle decisioni congressuali e definire il percorso per l’attuazione piena dello Statuto del PD all’estero.
On. Marco Fedi (PD)
18 luglio 2009

Risoluzione sulla rete consolare in Commissione Affari esteri della Camera dei Deputat

RISOLUZIONE NR. 700193

La III Commissione,

premesso che:

nella seduta del 10 giugno 2009 il Governo ha comunicato alle Commissioni affari esteri di Camera e Senato, riunite in seduta congiunta, le linee portanti del processo di razionalizzazione della rete degli uffici consolari all’estero da attuarsi tra la fine del 2009 e il 2011. Il processo di razionalizzazione prevede la chiusura di 18 sedi consolari (13 in Europa, 2 negli Stati Uniti d’America, 2 in Australia, 1 in Sud Africa), la chiusura dell’Ambasciata di Lusaka in Zambia e il declassamento di 4 consolati generali a consolati (Alessandria d’Egitto, Basilea, Gedda, Karachi);
la rete diplomatico‐consolare italiana nel mondo è stata sottoposta, in particolare a partire dall’inizio degli anni ’90, a successive misure di razionalizzazione che hanno già ridotto (in alcune aree geografiche drasticamente) la presenza dell’amministrazione dello Stato italiano. Il progetto
presentato dal Governo, impropriamente denominato 4a fase di ristrutturazione, seguirebbe la
manovra di razionalizzazione determinata dalla legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006, articolo 1, comma 404) che si è conclusa da poco;
la chiusura dell’elevato numero di rappresentanze consolari previsto dalla manovra costituirebbe un duro colpo per gli interessi strategici italiani nel mondo, in particolare in termini di supporto al nostro sistema economico‐imprenditoriale, un compito che non può essere svolto affidandosi, sic et simpliciter, agli strumenti tecnologici di cui oggi disponiamo;
la manovra di razionalizzazione della rete consolare annunciata dal Governo ha suscitato forti
perplessità nelle istituzioni e tra le autorità politiche dei Paesi coinvolti dalle chiusure, nei quali sono in gioco rapporti commerciali, culturali ed economici di primo piano per l’Italia. Si segnalano, infatti, le numerose prese di posizione a mezzo stampa di dette autorità, nonché gli appelli indirizzati al nostro Ministero degli affari esteri. Il ridimensionamento delle nostre strutture pubbliche andrebbe a detrimento della proiezione verso la realtà locale, soprattutto in Paesi centrali nel quadro dei nostri rapporti bilaterali (come la Germania), nonché in Paesi la cui struttura federale (Australia, Belgio, Germania, Svizzera, Sudafrica) rende il rapporto con le autorità regionali altrettanto importante rispetto a quello con le autorità centrali e tale da non poter essere assolutamente trascurato. In Germania, ad esempio, i due Consolati generali di prima classe di Francoforte e Monaco ed il Consolato Generale di Stoccarda sono rimasti o saranno presto privi del Vice Console: non si considera che il Baden‐Württemberg e la Baviera hanno da soli un interscambio commerciale con l’Italia superiore a quello che il nostro Paese intrattiene con la Cina, e che il quadro degli interessi che vantiamo in questi due Länder li rende centrali per la crescita dell’industria italiana, a cominciare da quella della subfornitura nel settore dell’auto. E non si considera la nostra presenza in Paesi come l’Australia ‐ strategici nell’area Asia‐Pacifico ‐ oggi all’avanguardia di importanti progetti internazionali sul versante dell’ambiente e della ricerca scientifica e tecnologica, o la presenza della nostra diplomazia in Paesi di grande interesse del continente africano verso i quali, per altro, l’attenzione internazionale è in forte crescendo;
la promozione del turismo verso l’Italia presuppone anche una rete relazionale di valorizzazione del nostro patrimonio artistico e culturale, un’attribuzione a cui non possono far fronte unicamente gli Istituti italiani di cultura, confrontati, tra l’altro, con i tagli di bilancio posti in essere con la manovra di finanza pubblica. Inoltre, in due delle sedi minacciate di chiusura (Amburgo e Durban) si registra un importante ruolo dei rispettivi consolati a supporto del traffico mercantile italiano, così come è evidente che il consolato di Detroit, avendo la FIAT acquisito gli asset della Chrysler, diventa un punto chiave della nostra industria automobilistica. In tal senso, sono da considerare di assoluto rilievo le perplessità espresse da molti parlamentari in sede di audizione del Ministro degli affari esteri;
la manovra di razionalizzazione costituisce un duro colpo per le comunità di italiani residenti
all’estero e per i servizi ad esse diretti. Ci riferiamo alle comunità calcolate al 31/12/2008 in base ai dati dell’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, secondo i quali i cittadini italiani nel mondo sono 4.008.563, di cui 2.169.144 (54,1%) in Europa. Si deve inoltre notare che le rilevazioni trimestrali dei dati anagrafici condotte dagli uffici consolari mostrano un quadro di andamento e di tendenze che non lascia dubbi alle interpretazioni: in svariate aree geografiche europee si assiste ad un notevole incremento delle presenze italiane, riconducibile per lo più alle nuove mobilità professionali transnazionali;
si registrano sempre minor personale e minori risorse finanziarie a disposizione, congiuntamente a procedure amministrative sempre più complesse: questo il quadro destinato a penalizzare il livello dei servizi che la rete diplomatica e consolare sarà in grado di fornire agli italiani residenti all’estero ed il suo contributo alla promozione dei complessivi interessi italiani nel mondo;
le riduzioni delle voci del bilancio tracciate dalla legge finanziaria 2009 hanno penalizzato fortemente la dotazione di personale della rete diplomatica italiana. L’impatto, in termini di organico, è stato pesante soprattutto per gli Uffici consolari, drasticamente ridimensionati tanto nel personale amministrativo quanto in quello diplomatico. Il ridimensionamento del personale ha posto molti consolati in condizioni operative difficili, tenendo conto che la complessità delle norme che regolano il funzionamento dei vari servizi richiede conoscenze tecniche sempre più specifiche e non improvvisabili (è il caso ‐ ad esempio ‐ della funzione notarile, che si è andata col tempo sempre più evolvendo per seguire i sempre più complessi ed articolati rapporti ‐ anche economici ‐ delle nostre comunità con l’Italia). L’attività dei Consolati ne risente fortemente, con l’accumulo di arretrati (ad esempio nella trasmissione degli atti di stato civile ai comuni) e l’allungamento dei tempi di erogazione dei servizi. Il tutto mentre gli uffici sono gravati da compiti aggiuntivi imposti dalla organizzazione delle operazioni elettorali in loco (due solo nel corso di quest’anno, almeno una il prossimo) e dall’aumento dei servizi (per esempio: lo scorso anno con l’emissione della carta d’identità, quest’anno con l’imminente rilascio del passaporto con rilevazione delle impronte digitali);
in aggiunta alle contrazioni d’organico del personale amministrativo ed aggirando la farraginosa
convenzione che il Ministero degli affari esteri aveva a suo tempo stipulato con la Conferenza dei
rettori universitari italiani, lo stesso Ministero ha dato inoltre istruzione alle sedi estere di porre
termine alla prassi di accogliere stagiaire (i partecipanti ai “tirocini formativi e di orientamento”
regolati dalla legge n. 196 del 1997, art. 18 e dal decreto interministeriale n. 142 del 1998), la
maggior parte dei quali erano segnalati da università italiane. Con tale indicazione i consolati hanno quindi perso non solo un apporto lavorativo apprezzato da tutti (personale interno ed utenza esterna), ma anche la carica di innovazione e disponibilità apportata da giovani volontariamente propostisi;
le distanze tra sedi in chiusura e sedi riceventi sono in molti casi un ostacolo insormontabile per i
cittadini italiani all’estero. Il Nord‐Est della Francia rimarrà completamente privo di servizi consolari e si dovrà far riferimento ad una sede, quella di Parigi, distante centinaia di chilometri, così come la chiusura delle rappresentanze in Australia ‐ Adelaide e Brisbane ‐ comporterà ore di volo per recarsi alle sedi consolari riceventi (Sydney e Melbourne). Ma la stessa situazione si determinerà anche in Inghilterra a causa delle chiusura della sede di Manchester;
i risparmi derivanti dalla manovra di razionalizzazione, così come comunicati dal Governo, sarebbero irrisori oltre che improbabili: non sono quantificati i costi veramente notevoli derivanti dal trasferimento del personale, degli archivi, del mobilio, del riallineamento delle reti informatiche nelle sedi riceventi, degli spazi insufficienti, e altro. Non vi è un minimo accenno alla lotta agli sprechi né tanto meno si prendono in considerazione misure di razionalizzazione delle procedure amministrative, promesse da anni e mai realizzate. Ci si chiede, in particolare, che fine ha fatto lo sportello unico. Inoltre non si comprende come si possa realizzare senza gravi danni la chiusura del consolato generale di Losanna, a cui fanno capo oltre 60 mila cittadini italiani registrati all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, per trasferire il tutto al consolato generale di Ginevra, palesemente inadeguato ad accogliere il personale e l’archivio del consolato in chiusura, nonché ad erogare i servizi ad una consistente comunità come quella della città vodese: la concentrazione, in questo caso così come in quello di Charleroi, poggia su un presupposto visibilmente errato;
la fiducia nel cosiddetto “consolato digitale”, che dovrebbe sopperire alle strutture materiali,
nell’erogazione di determinati servizi, appare concretamente fuori misura. Attualmente è in corso una sperimentazione nel consolato di Bruxelles e, a quanto è dato di capire, il sistema necessita di vari anni (e investimenti cospicui) prima che possa passare a regime. Non vi è dubbio da parte nostra che il forte ricorso alle innovazioni tecnologiche possa costituire una rivoluzione nelle rete consolare.
Ma smantellare la rete in attesa del divenire appare controproducente e autolesionista: oltre ai già citati interessi del sistema produttivo italiano, occorre sottolineare con forza gli enormi vantaggi economici che l’Italia ricava dalla presenza dei propri cittadini nel mondo, sia per il turismo di ritorno, sia per l’indotto economico, sia per tanti altri aspetti ancora,

impegna il Governo

a congelare per un periodo di tre anni (2010‐2012) la manovra di razionalizzazione degli uffici
consolari all’estero e ad accelerare nel frattempo il processo di revisione e ammodernamento delle procedure amministrative, nonché l’informatizzazione destinata al funzionamento del “consolato digitale”; a verificare le modalità transnazionali di accesso alle strutture consolari da parte dei nostri cittadini, per evitare loro di dover percorrere centinaia di chilometri (ad esempio, Mulhouse / Basilea anziché Metz), nonché ad avviare iniziative per il coinvolgimento dei competenti organi parlamentari e delle competenti Commissioni parlamentari e con gli organismi di rappresentanza delle nostre comunità all’estero nel dibattito sul dimensionamento futuro della rete diplomatico‐consolare italiana nel mondo.

(Narducci, Di Biagio, Maran, Pianetta, Fedi, Picchi, Porta, Angeli, Bucchino, Biancofiore, Corsini,
Berardi, Barbi, Tremaglia, Tempestini, Mecacci, Garavini, Gianni Farina, Ricardo Antonio Merlo)

lunedì 13 luglio 2009

La virgola di luglio!

Proteste contro la chiusura dei Consolati

Oltre diecimila firme, raccolte in poco tempo, obiettivo ventimila, articoli sui quotidiani australiani, dichiarazioni dei Premier di South Australia e Queensland e del Primo Ministro australiano, incontri comunitari, proteste davanti ai consolati di riferimento e tante altre azioni tese a chiedere un atto di buonsenso: sospendere la decisione di chiudere i Consolati di Adelaide e di Brisbane. Analoghi momenti e richieste simili si stanno ripetendo in altre parti del mondo, dall’Africa agli Stati Uniti all’Europa. In Commissione Affari esteri della Camera sarà discussa una risoluzione per chiedere al Governo una sospensione della decisione e una fase di approfondimento dei bisogni della rete diplomatico-consolare.


Dal G8 al nucleare italiano, passando per lo scudo fiscale


Venerdì scorso si è concluso il G8 de L’Aquila. Al di là dei trionfalismi di Berlusconi, tutto preso dal compito arduo di far dimenticare al mondo i numerosi scandali che lo riguardano, il vertice tenutosi nella città devastata dal terremoto è caratterizzato da luci ed ombre.
Da un lato i principali leader mondiali hanno giustamente focalizzato l’attenzione sulla finanza come momento fondamentale della crisi economica in atto.
Infatti, si è conferito al Financial Stability Board presieduto da Mario Draghi il compito di concretizzare nei prossimi mesi alcune necessarie misure di regolazione dei mercati finanziari: la fissazione di criteri certi per valutare l’esposizione delle banche, nuove regole contabili, norme per verificare i “veicoli fuori bilancio”, ostacoli alle scorribande di Hedge fund e private equity.
Sono misure sacrosante, peccato che sembrino la chiusura di una stalla dopo che i buoi sono fuggiti. Viceversa, ancora si fanno attendere interventi decisi nella lotta ai cosiddetti “paradisi fiscali” e al superamento del segreto bancario. Si è rimasti fermi alle dichiarazioni di intenti del G20 di Londra, quando tutti i centri off-shore si erano formalmente impegnati ad adeguare le loro normative fiscali agli standard Ocse. Però, di fatto, ogni paese continua a procedere a modo proprio, tramite accordi bilaterali, senza che sia stato ancora partorito nessun divieto, nessuna sanzione, nessun limite per i tempi di regolarizzazione.
L’Italia, poi, va addirittura in direzione opposta rispetto agli intenti manifestati durante il vertice aquilano. Non è un mistero che Tremonti stia lavorando a un nuovo “scudo fiscale” che permetta una sanatoria su i capitali illecitamente collocati all’estero. Per chi aderisce, sarebbe prevista l’esclusione di punibilità per una nutrita serie di reati penali di carattere economico: dal falso in bilancio, alla bancarotta fraudolenta, dall'emissione di fatture false a tutti i reati tributari.
Questo provvedimento, contenuto in un emendamento al decreto anticrisi, è un fallimento conclamato dal punto di vista economico: già in passato produsse pochissimi introiti per lo Stato, che avrebbe invece potuto combattere in maniera repressiva il fenomeno dei fondi neri e dell’evasione. Inoltre, esso è anche un fallimento civile: è mai possibile che reati come questi vengano condonati e che si continui così a lanciare un nefasto messaggio di tolleranza verso fenomeni di questo genere? Ma torniamo al G8.
Degno di nota è l’impegno dei paesi ricchi a investire 20 miliardi di dollari in tre anni nei paesi più svantaggiati, soprattutto in Africa. Tuttavia, ancora una volta, queste dichiarazioni di intenti lasciano più di un’incertezza. Troppe volte l’Occidente ha promesso e poco ha mantenuto, spesso facendo più gli interessi delle multinazionali che dei popoli bisognosi di cooperazione allo sviluppo. Capitolo, quest’ultimo, decimato dalla prima finanziaria dell’attuale governo. Un'altra buona notizia a metà è l’impegno per la riduzione delle emissioni di gas serra dell’80% entro il 2050. Tuttavia, ha ragione il Brasile quando lamenta che un accordo di questo genere, così lontano nei suoi obiettivi temporali e senza scaglioni intermedi, rischia di sembrare la solita promessa da disattendere.
Del resto, la Cina ha già affermato che l’accordo non è vincolante e la Russia ha ammesso candidamente che non riuscirà nell’impresa: non deve stupire che Ban Ki Moon, segretario delle Nazioni Unite, si dica “insoddisfatto”.
Nel frattempo, mentre tutti i paesi più avanzati del pianeta hanno spinto per programmare una riconversione in senso sostenibile e “verde” delle nostre economie (un piano del genere per l’Italia è stato presentato dal Partito Democratico), la maggioranza che governa il nostro paese ha invece rilanciato ufficialmente il nucleare con un voto al Senato della scorsa settimana. Insomma, il governo Berlusconi continua a predicare bene e razzolare male.

FEDI (PD): Lo avevamo detto: il vero problema è aver introdotto il reato di immigrazione clandestina

Il Partito Democratico ha ripetutamente posto l’accento sulla gravità della scelta fatta dalla maggioranza che ha introdotto il reato di immigrazione clandestina ed ha denunciato – ripetutamente – le conseguenze negative di tale scelta.
Oggi ci troviamo, a legge approvata, con esponenti della maggioranza e del Governo che richiamano se stessi alla necessaria attenzione ad alcuni aspetti negativi, tra cui le ricadute del reato di immigrazione clandestina su badanti e collaboratori domestici. Meglio tardi che mai – potremmo dire – se non rischiassimo di accreditare una ulteriore discriminazione.
Premesso, quindi, che una eventuale proposta di regolarizzazione deve riguardare tutte le categorie di lavoratori, è nostro dovere ricordare alla maggioranza che l’unico modo serio di rivedere la legge appena approvata è quello di cancellare il reato di immigrazione clandestina, così come occorre eliminare altre norme, come l’introduzione delle ronde civiche, che non appartengono alla nostra cultura, alla nostra civiltà e non rispondono neanche alle nostre responsabilità internazionali.