venerdì 30 luglio 2010

FEDI (PD): Accolto ordine del giorno sulle detrazioni per carichi di famiglia …

Nella manovra appena approvata dalla maggioranza non si danno risposte alle questioni che riguardano gli italiani all’estero, si colpisce il Ministero degli Affari esteri con tagli lineari che avranno conseguenze drammatiche su rete consolare, servizi, presenza nel mondo accanto a imprese, cooperazione allo sviluppo e promozione culturale, oltre ai tagli ai capitoli di bilancio per gli italiani nel mondo.
Non viene data risposta alla questione ICI, che interessa tutti coloro che hanno una casa in Italia e sul tema delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia, introdotte dal Governo Prodi ed estese anche ai residenti all’estero, che scadono il prossimo anno e necessitano una proroga o il definitivo inserimento nel panorama fiscale italiano, il Governo accoglie l’impegno politico ma sulla realizzazione concreta dice: solo “se le condizioni di finanza pubblica lo consentiranno”.
Ricordo che il Governo aveva già preso impegni sia con la proroga di un anno che con l’accoglimento di numerosi altri ordini del giorno. Ricordo che la questione può essere oggetto di contenzioso internazionale poiché la eventuale esclusione dei residenti all’estero – per decadenza della norma – porrebbe i residenti all'estero, che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia, in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale e non godono, nel Paese di residenza, di benefici connessi ai carichi famigliari.
29 luglio 2010
In allegato testo ordine del giorno detrazioni fiscali per carichi di famiglia, criteri per accedervi ed importo delle stesse

Atto CameraOrdine del Giorno
presentato da
MARCO FEDI
La Camera, premesso che:
la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha esteso le detrazioni fiscali per carichi di famiglia, previste dall'articolo 1, comma 1324, ai lavoratori ed alle lavoratrici residenti all'estero limitatamente agli anni 2007, 2008 e 2009, a condizione che gli stessi dimostrino che le persone alle quali tali detrazioni si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore, al lordo degli oneri deducibili, al limite previsto dall'articolo 12, comma 2, compresi i redditi prodotti fuori dal territorio dello Stato, e di non godere, nel Paese di residenza, di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi familiari;
il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato, con decreto 2 agosto 2007, n. 149, recante regolamento concernente le detrazioni per i carichi di famiglia ai soggetti non residenti, di cui all'articolo 1, comma 1324, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le norme applicative della legge;
il limite temporale 2007, 2008 e 2009, prorogato di 1 anno fino al 2010, ha posto e pone i residenti all'estero, che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia, in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale, fissando un limite temporale ingiusto per coloro i quali non godono, nel Paese di residenza, di benefici connessi ai carichi famigliari,

impegna il Governo

a predisporre un'apposita norma di proroga tesa a superare il limite temporale 2010 e comunque prevedere la definitiva estensione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero.
Fedi

I requisiti per ottenere le detrazioni sono i seguenti:
le persone per cui si richiedono le detrazioni non devono possedere un reddito complessivo superiore a 2.840,51 euro (al lordo degli oneri deducibili);
il richiedente non deve godere nel paese di residenza di benefici fiscali connessi ai carichi di famiglia.
I residenti in Paesi membri dell’Unione europea o in Paesi aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo possono utilizzare il modulo di autocertificazione per attestare i requisiti richiesti.
I residenti in tutti gli altri Paesi devono presentare la documentazione in originale prodotta dal Consolato italiano, o la documentazione con l’apostille.
L’apostille è un’annotazione specifica apposta sul certificato originale (rilasciato dalle autorità competenti del paese di residenza) da parte di una Autorità identificata dalla legge di ratifica della Convenzione internazionale del 1961; il documento pertanto non deve essere legalizzato dal Consolato.

Le detrazioni Irpef per familiari a carico
Ogni contribuente che abbia dei familiari a proprio carico può godere di un beneficio fiscale al momento della dichiarazione annuale dei redditi.
La Legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) ha rivisto profondamente i meccanismi di detrazione per i familiari a carico.

Sono considerati familiari a carico dal punto di vista fiscale:
il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
i figli, compresi quelli naturali riconosciuti, gli adottivi, gli affidati e affiliati;
altri familiari (genitori, generi, nuore, suoceri, fratelli e sorelle), a condizione che siano conviventi o che ricevano dallo stesso un assegno alimentare non risultante da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.
Per essere a carico questi familiari non devono disporre di un reddito proprio superiore 2.840,51 euro al lordo degli oneri deducibili (sono esclusi alcuni redditi esenti fra i quali le pensioni, indennità e assegni corrisposti agli invalidi civili, ai sordomuti, ai ciechi civili).
Va conteggiata invece l'eventuale rendita dell'abitazione principale.
Le detrazioni previste sono diverse a seconda dei familiari.
Gli importi previsti per le detrazioni sono teorici; infatti diminuiscono progressivamente con l'aumentare del reddito complessivo del contribuente, fino ad annullarsi quando il reddito arriva a 95.000 euro per le detrazioni dei figli e a 80.000 euro per quelle del coniuge e degli altri familiari a carico.

Detrazioni per i figli

È prevista una detrazione di 800 euro (a scalare a partire da un reddito di 95.000 euro). La detrazione è aumentata a 900 euro per ciascun figlio di età inferiore a tre anni.Queste detrazioni sono aumentate di un importo pari a 220 euro per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.Per i contribuenti con più di tre figli a carico la detrazione è aumentata di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo.

Detrazioni per il coniuge

Per il coniuge a carico la detrazione prevista è in 800 euro. L'ammontare effettivamente spettante varia, però, in funzione del reddito e con una specifica formula di calcolo.Non sono previste maggiorazioni nel caso in cui il coniuge sia una persona con disabilità.
Detrazione per altri familiari a carico
Per gli altri familiari a carico la detrazione massima è pari a 750 euro che diminuisce con l'aumentare del reddito complessivo de contribuente.
Non sono previste maggiorazioni nel caso in cui il famigliare sia una persona con disabilità.

Testo integrale intervento On. Marco Fedi, Camera dei Deputati, 27 luglio 2010


MARCO FEDI. Signor Presidente, le segnalo – anche se penso la cosa interessasse più la Presidenza Buttiglione – che interverrò nel merito di ben 11 emendamenti che portano la mia firma, e 2 di questi portano la mia prima firma; e mi riservo fin d’ora di poter chiedere di consegnare un testo scritto, ove superassi i tempi che sono stati assegnati.
Svolgerò, naturalmente, alcune considerazioni di carattere generale.
Una considerazione utile e necessaria: la manovra economica che il Governo ha predisposto con il decreto-legge n. 78 del 2010, che la maggioranza si appresta a convertire in legge con l’ennesimo voto di fiducia, rappresenta la sconfitta della linea governativa che, per mesi, ha sostenuto la tesi dell’invincibilità nazionale rispetto alla crisi economica che si accingeva, invece, ad attanagliare il mondo, l’Europa e l’Italia. Il miglior ottimismo è quello dell’azione, Governo e maggioranza hanno fatto, però, davvero poco per metterci in condizione di uscire prima dalla crisi con l’unico vero e possibile canale d’uscita, cioè favorendo la crescita e la ripresa economica. In questa manovra c’è davvero poco. L’opposizione può legittimamente dire che aveva ragione; riconosce, allo stesso tempo, con questa vittoria politica e morale, la necessità di una manovra e ne riconosce anche l’urgenza, ma non questa manovra, non con questi contenuti. Una necessità ed urgenza che, in questo caso, sono entrambe risultato di una stasi del Governo che è durata troppo tempo, di una sottovalutazione che persiste, di una carenza di prospettive e di investimenti che porterà ad ulteriori ritardi sul fronte della ripresa e dello sviluppo. Avremmo voluto una necessità ed un’urgenza legate alle ragioni dello sviluppo e degli investimenti per le imprese, per le famiglie, per il mondo del lavoro.
Si tratta di una manovra che, secondo Governo e maggioranza, è realistica ed equa. Signor Presidente, se qualcuno ti dice che sta per prendere una decisione realistica, capisci immediatamente che sta per fare qualcosa di brutto. A ciò si aggiunge la certezza, ora matematica – ce lo dicono le cifre della presente manovra – che questa non è una manovra equa, perché mette, infatti, le mani nelle tasche degli italiani, ma di quelli più deboli.
Inoltre, non è una manovra certamente federalista – lo ricordo ai colleghi della Lega Nord Padania – dato che i tagli lineari sono una misura da Stato centralista.
Quando prendiamo una decisione dobbiamo sempre pensare alle conseguenze che essa avrà sugli altri. Avreste dovuto pensare alle conseguenze che sarebbero derivate da alcuni maxi-interventi, come l’esonero ICI sulla prima casa, misura anti-federalista, poiché ha eliminato una tassa comunale senza restituire ai comuni quelle risorse, ed iniqua, perché ha favorito i proprietari di prima casa a scapito di chi una casa non ha e, probabilmente, in questo clima, in queste condizioni economiche di oggi, aspira ad avere, ma non potrà avere mai. Ed ha fatto risparmiare briciole a coloro che avevano già diritto alle detrazioni, anche all’ulteriore detrazione ICI che, ricordo, era stata introdotta dal Governo Prodi.
Invece, ha fatto risparmiare ingenti somme a chi ha abitazioni di alto valore. Vi è poi la madre di tutte le iniquità, cioè l’esclusione dei residenti all’estero dall’esonero ICI; oltre all’intervento Alitalia, assolutamente protezionistico e statalista.
È sempre facile decidere quando non si ascoltano o si guardano con attenzione le alternative. Governo e maggioranza avevano alternative, avevano altre soluzioni da adottare. Lo dobbiamo dire con chiarezza, da opposizione responsabile quale siamo: avete ignorato le nostre proposte alternative, avete voluto fare le scelte sbagliate, che arrivano, con questa ennesima offesa al Parlamento ed al Paese, attraverso un voto di fiducia che serve unicamente allo scopo di tenere salda la maggioranza che, altrimenti, cadrebbe a pezzi. Serve a limitare il dibattito nel tentativo di far decadere le ragioni della minoranza che, invece, sono negli emendamenti che abbiamo presentato. La minoranza ha sempre ragione quando dall’altra parte vi è mancanza di ascolto ed ha ragione da vendere quando sostiene le battaglie dei più deboli, pensionandi, coloro che si accingono ad andare in pensione, lavoratori dipendenti, anche pubblici, oggi penalizzati, e le proteste dei cittadini de L’Aquila – voglio ricordare che sto intervenendo anche per alcuni colleghi eletti all’estero che sono oggi, con il gruppo del PD, a manifestare la solidarietà ai cittadini de L’Aquila – perché ancora poco si sta facendo. Sosteniamo le proteste del settore pubblico, dalle forze dell’ordine agli insegnanti, dai vigili del fuoco alla guardia di finanza, dal personale delle nostre pubbliche Amministrazioni, al settore privato, ai lavoratori della FIAT e dell’indotto FIAT, dai lavoratori in cassa integrazione fino ai disoccupati, per non parlare dei giovani in cerca di prima occupazione. A questo mondo che, oggi, richiama fortemente anche i parlamentari dell’opposizione, per un’attenzione vera ai problemi del nostro Paese, voi avete risposto con l’ennesimo voto di fiducia.
L’unica differenza, signor Presidente, è che noi ascoltiamo, mentre questo Governo e questa maggioranza sono diventati insensibili all’ascolto. La nostra proposta avrebbe fatto pagare a tutti una parte dei costi della ripresa economica, una ripresa che voi allontanate con questa manovra, una ripresa che andava costruita con incentivi, con progetti infrastrutturali, con il sostegno all’economia reale e quindi alle famiglie e al lavoro e tassando i tanti, troppi profitti speculativi che grazie alla crisi crescono (è una bolla speculativa che davvero dovrebbe spaventarci tutti). Signor Presidente, la manovra è profondamente iniqua perché prevede tagli brutali, che colpiranno i diritti dei cittadini, dei lavoratori, degli studenti, dei pensionati, delle micro e piccole imprese; pesanti sono i tagli ai trasferimenti a regioni, province e comuni.
Il Governo aveva assicurato che non avrebbe nuovamente toccato il settore delle pensioni e della previdenza, mentre queste sono al centro della manovra finanziaria del Governo. Le novità introdotte con il decreto-legge n. 78 del 2010 avranno un peso tutt’altro che marginale, anche per gli italiani all’estero. L’allungamento dell’età pensionabile, dell’età in cui si potrà andare in pensione, è talvolta consistente: questa novità interessa anche i pensionandi residenti all’estero. La pensione sarà più lontana, sia quella di vecchiaia sia quella di anzianità e interesserà chi matura i requisiti a partire dal 2011.
Dal 2011 si aboliscono le finestre attuali ed entra in vigore la finestra unica mobile. La nuova decorrenza per le pensioni di vecchiaia e di anzianità dei lavoratori dipendenti è fissata a 12 mesi dopo il momento in cui si raggiungono i requisiti, mentre quella dei lavoratori autonomi è fissata a 18 mesi dopo il momento della maturazione dei requisiti. Quindi, rispetto alle norme vigenti i lavoratori dipendenti andranno in pensione dai 7 ai 9 mesi più tardi, mentre per i lavoratori autonomi la maggiore attesa sarà dai 10 ai 12 mesi. In pratica l’età pensionabile per la vecchiaia dei lavoratori dipendenti sale a 66 anni per gli uomini e 61 per le donne. I lavoratori italiani all’estero, al compimento del sessantacinquesimo anno di età non avranno, come invece avverrà per i lavoratori in Italia, l’opportunità di rimanere occupati, ma dovranno cessare il lavoro e non potranno ottenere la pensione italiana se non con la nuova finestra e quindi con un forte ritardo. La manovra economica Tremonti introduce poi una novità sul recupero degli indebiti contributivi e pensionistici, con un meccanismo di esproprio su beni immobili e mobili nei confronti di coloro i quali devono restituire un debito. Altra durissima azione nei confronti di una fascia sociale debole della nostra società, i pensionati, e particolarmente dura nei confronti dei residenti all’estero, che avranno notevole difficoltà a tutelare i propri interessi. La questione ICI interessa tutti coloro che hanno una casa in Italia: il decreto legge n. 93 del 2008, convertito dalla legge n. 126 del 24 luglio 2008, sulla salvaguardia del potere d’acquisto delle famiglie, ha abolito l’ICI sulla prima casa, ma ha escluso da questa norma i residenti all’estero, che sono invece tornati a pagare l’importo pieno dell’ICI, essendo state abolite anche le detrazioni introdotte dal Governo Prodi. L’Agenzia delle entrate ha smentito interpretazioni di esponenti della maggioranza, che ipotizzavano una sorta di capacità decisionale dei comuni su questo tema. Non è possibile interpretare una norma che è chiara ed esclude, non per errore ma per scelta, i residenti all’estero. In ogni decreto economico-fiscale e in ogni legge di bilancio abbiamo provato ad apportare emendamenti e il Governo ha preso generici impegni a ripensare questa norma, ma fino ad oggi è tutto immutato. È stata presentata, a questo proposito, anche una proposta di legge per estendere l’esonero ICI anche ai residenti all’estero, firmata dai deputati del PD eletti all’estero e sottoscritta anche da esponenti della maggioranza. Analogamente le detrazioni fiscali per carichi di famiglia introdotte dal Governo Prodi ed estese anche ai residenti all’estero scadono il prossimo anno e necessitano di una proroga o del definitivo inserimento nel panorama fiscale italiano. Il Governo ha preso impegni con numerosi ordini del giorno e siamo in attesa di un riscontro politico a questa esigenza, che è molto sentita.
Signor Presidente, su questi temi abbiamo presentato una serie di emendamenti, tesi a dare risposta ad alcune delle questioni che riguardano le comunità italiane nel mondo. Per gli italiani all’estero la musica non è cambiata e non vi è accenno alcuno a qualche variazione sul tema: confermati i tagli con l’assestamento di bilancio, nessun recupero di risorse o segnali positivi da Governo e maggioranza, nessun segnale di attenzione.
È una politica di soli tagli, senza investimenti e senza riforme. È questo il giudizio che abbiamo espresso con riferimento all’approvazione del Rendiconto generale dello Stato e dell’assestamento di bilancio.
I segnali sono davvero molto preoccupanti. Da un lato, vi è la bocciatura da parte della maggioranza di proposte emendative del Partito Democratico tendenti a recuperare risorse per la Direzione generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie in due settori fortemente a rischio, come la promozione e la diffusione della lingua e della cultura italiane nel mondo e l’assistenza ai connazionali indigenti; dall’altro lato, vi è un’intera stagione di soli tagli inaugurata dal Governo Berlusconi. Dopo tagli e tagli, attendevamo un segnale positivo, almeno, con l’assestamento di bilancio. Sarebbe stato un segnale di vicinanza agli italiani nel mondo più deboli, che rischiano di pagare un prezzo altissimo per la crisi economica, e nei confronti dei quali chiediamo unicamente l’affermazione del principio della parità di trattamento. Sarebbe stato un segnale di attenzione anche in vista della manovra economica, che tornerà a penalizzare il Ministero degli affari esteri, con la logica dei tagli lineari e le misure sul pubblico impiego, e le comunità italiane nel mondo, sia con i tagli ai capitoli di bilancio, che con la riduzione degli investimenti sulla rete diplomatico-consolare. La penalizzazione riguarderà anche il comparto previdenziale con le nuove finestre, che per i residenti all’estero si tradurranno in un vero e proprio innalzamento dell’età pensionabile. Il giudizio politico sulla manovra economica approntata dal Governo, quindi, è nettamente negativo, perché si tratta di un provvedimento che dimentica una parte importante dell’intervento dello Stato nell’economia reale di un Paese: gli stimoli alla ripresa, lo sviluppo e la crescita.
È vero che oggi è più difficile di ieri fare sviluppo e garantire la crescita e le ripresa, ma è stata la sottovalutazione iniziale dell’impatto della crisi finanziaria sull’economia italiana ad aver causato tanti danni, ed è stato un grave errore da parte del Governo. Oltre alle scelte concernenti l’esonero ICI per la prima casa e la vicenda Alitalia, in sostanza, avete fatto scelte strategiche antifederaliste, antisviluppo e anticrescita, stataliste nella forma e nella sostanza, fatte di tagli lineari e di riduzione degli investimenti, ed avete colpito, in modo particolarmente severo, il Ministero degli affari esteri.
Oggi paghiamo il dato storico della nostra spesa per il Ministero degli affari esteri: una spesa largamente insufficiente a realizzare una vera politica internazionale, una percentuale di prodotto interno lordo ampiamente inadeguata, a cui si aggiungono i tagli, ormai, anch’essi storicizzati, che hanno colpito il Ministero degli affari esteri nella sua complessa organizzazione. Essi hanno colpito la cooperazione internazionale allo sviluppo e la nostra presenza in Europa e nel mondo, con una particolare attenzione negativa nei confronti delle comunità italiane nel mondo.
Le conseguenze negative della manovra economica sul Ministero degli affari esteri sono molteplici: concernono le misure che riguardano il settore del pubblico impiego, con il blocco del turnover e dei trattamenti economici; riguardano i tagli alla formazione, particolarmente rilevanti per l’aggiornamento informatico della rete diplomatico-consolare; riguardano i tagli lineari. Le conseguenze della manovra si rifletteranno, con drammatiche conseguenze, anche sulla proposta di riforma del Ministero degli affari esteri. Signor Presidente, le nostre proposte emendative si prefiggono di dare una risposta a questi problemi, si propongono di riportare attenzione positiva e propositiva sul rapporto con le comunità italiane nel mondo. Tali proposte sarebbero arrivate all’esame dell’Assemblea, auspicando e chiedendo un pronunciamento positivo della maggioranza e, quindi, un segnale di vicinanza nei confronti dei nostri connazionali. Un segnale di vicinanza agli italiani più deboli del mondo, che rischiano di pagare un prezzo altissimo per la crisi economica, verso i quali chiediamo, quindi, attenzione. Ciò con la consapevolezza che la prossima manovra finanziaria continuerà con i tagli, senza una vera strategia di riforme e, soprattutto, con la peggiore linearità che ha contraddistinto l’azione del Governo.
Signor Presidente, siamo preoccupati anche per le forti riduzioni ai contributi volontari nell’area dei diritti umani, in particolare, per quanto riguarda i programmi specifici realizzati da altri organismi internazionali, come l’Alto commissariato per i diritti umani, l’Alto commissariato per i rifugiati, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ed altre agenzie delle Nazioni Unite che dipendono da fondi volontari.
Per l’Italia, non è solo una questione di credibilità internazionale, stante anche gli impegni assunti in sede di G8 e G20, ma anche di coerenza, con le raccomandazioni per l’adeguamento legislativo e l’adozione di norme e protocolli internazionali a tutela dei diritti umani e contro la tortura.
I tagli ci consegneranno un Ministero degli affari esteri che subirà un ulteriore ridimensionamento della rete diplomatico-consolare, in assenza di una vera strategia di innovazione e soprattutto, in assenza di una vera strategia di servizio nei confronti dei cittadini italiani nel mondo. Una rete già oggi insufficiente a rispondere alle esigenze di cittadini, imprese e autonomie locali nella fase di internazionalizzazione del nostro Paese. Compiti, competenze, obblighi, servizi in continua crescita ed espansione qualitativa, ed anche quantitativa e risorse umane, finanziarie e tecnologiche in continua drastica riduzione.
Non crediamo sia possibile continuare su questa strada, con il forte rischio di cancellare anche il lavoro fino a qui svolto di costruzione di un nuovo rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione improntato all’innovazione tecnologica. Con il rischio di ridurre a mero esercizio propagandistico il consolato digitale e ridurre a esercizio di tagli contabili la stessa riforma del Ministero degli affari esteri. Scatenare una guerra tra diplomatici, personale di ruolo, personale a contratto non farà bene alla rete e al nostro sistema di rappresentanza consolare e diplomatica. Il mondo politico, anche con coloro i quali hanno responsabilità di Governo e non solo, bene farebbe a tessere le fila di un lavoro comune tra le varie categorie che operano presso la nostra rete diplomatico-consolare senza privilegiare gli uni a scapito degli altri. Per queste ragioni, signor Presidente diremo un chiaro « no » a questo Governo e voteremo contro questa manovra economica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

FEDI (PD): Riforma dell’esercizio in loco del diritto di voto e programma di lavoro del Comitato per gli italiani nel mondo

Definire un percorso di discussione e approfondimento sulla riforma dell’esercizio in loco del diritto di voto e stabilire un programma di lavoro e di priorità che consenta di affrontare le vere e proprie emergenze per gli italiani nel mondo – ha dichiarato l’On. Marco Fedi a margine dei lavori del Comitato per gli italiani nel mondo della Commissione Affari esteri della Camera.

Il Gruppo del Partito Democratico ha depositato una proposta di riforma della legge 459 del 2001 sulle modalità di esercizio in loco del diritto di voto. Si tratta di una proposta presentata alla Camera e al Senato, sottoscritta dai capigruppo e dagli eletti all’estero del PD, oltre che da numerosi parlamentari del Partito Democratico. Credo sia utile partire con una discussione sulle proposte presentate, sui punti di convergenza e sulle diversità tra le varie proposte di legge, per arrivare a predisporre un documento di analisi e formulare una proposta del Comitato.

Nel frattempo – ha rilevato l’On. Marco Fedi – non possiamo dimenticare le vere e proprie emergenze che riguardano il Ministero degli Affari esteri e la rete consolare. Con la manovra economica andranno a regime nuovi tagli. Credo sia utile a settembre, con ampio anticipo rispetto alla finanziaria per il 2011, conoscere l’impatto dei tagli sulla rete consolare, sui singoli capitoli di bilancio per gli italiani all’estero, per la cooperazione allo sviluppo e per la promozione culturale.

Importante – ha segnalato l’On Fedi – riprendere a discutere di riforma dell’editoria, stante i tagli confermati in assestamento di bilancio alle testate edite all’estero. Davvero le uniche penalizzate dalle scelte di Governo e maggioranza. Come riterrei utile una discussione sul tema della cittadinanza visto i ritardi del Governo nel dare risposta anche alle sentenze della Cassazione oltre che alle richieste degli italiani all’estero contenute in numerose proposte di legge depositate in Parlamento.

Credo necessario, infine, ripartire con il lavoro nel settore previdenziale, già iniziato con i sindacati dei pensionati, dopo che saranno andate a regime le norme della manovra economica. Dovremo conoscere l’impatto delle misure sulle finestre per la decorrenza della pensione – che ricordo ritarda (dai 7 ai 9 mesi per i lavoratori dipendenti e dai 10 ai 12 mesi per gli autonomi) la pensione anche ai residenti all’estero che però non potranno rimanere nel loro impiego – e sul recupero forzato degli indebiti.

28 luglio 2010

FEDI (PD): Cittadinanza: ancora ritardi, nonostante si riconosca l’urgenza

Credo utile ricordare al Governo che la Commissione Affari costituzionali della Camera ha predisposto un testo base – poi rinviato in Commissione – dal quale sono escluse norme concernenti le comunità italiane nel mondo – ricorda l’On. Fedi a proposito della risposta a interrogazione, sul tema cittadinanza, avuta dal sottosegretario al Ministero dell’Interno Sen. Nitto Palma.
Ricordo che in quella sede sono state presentate numerose proposte di legge – del Partito Democratica e della maggioranza – che affrontano sia il tema del riacquisto della cittadinanza italiana che il pieno diritto alla parità tra uomo e donna, con il riconoscimento della cittadinanza italiana alle donne, e ai figli, che l'avevano persa a seguito di matrimonio con un cittadino straniero.
L’iter parlamentare rischia di subire le forti contrapposizioni che riguardano il tema della concessione della cittadinanza italiana agli immigrati. La ripresa del dibattito in Commissione Affari costituzionali dimostra quanto poco sia cambiato in questi mesi. Le crescenti difficoltà a dare al tema cittadinanza una connotazione bipartisan è un altro elemento di preoccupazione.
La risposta del Ministero dell’Interno rappresenta un impegno di cui prendiamo atto, peraltro già annunciato dal Governo.
L’occasione è utile per ricordare che – oltre al tema oggetto di sentenza della Corte di Cassazione e concernete lo status di cittadinanza italiana alle donne che si trovano nella condizione sopracitata – esiste la questione della riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza italiana che è particolarmente rilevante per alcune comunità, come quella australiana, e su cui il Governo potrebbe intervenire con analogo strumento normativo.

Testo integrale interrogazione e risposta del Governo.

Atto CameraInterrogazione a risposta scritta 4-06243
presentata da
MARCO FEDI martedì 23 febbraio 2010, seduta n.288
FEDI. -
Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri.
- Per sapere - premesso che: il 26 febbraio 2010 di quest'anno la Corte di cassazione ha riconosciuto alle donne italiane coniugate con cittadini stranieri prima dell'entrata in vigore della nostra Carta costituzionale il diritto di trasmettere la cittadinanza ai propri discendenti; la Corte di cassazione, con pronuncia n. 4466 del 25 febbraio 2009, ha affermato che, per effetto delle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983, deve essere riconosciuto lo status di cittadino italiano anche ai figli di donne che hanno perso la cittadinanza, secondo la normativa all'epoca vigente (legge 13 giugno 1912, n. 555), in conseguenza del matrimonio con cittadini stranieri, prima del 1o gennaio 1948; la sentenza afferma il principio della piena ed effettiva parità di genere tra cittadini, anche in merito alla facoltà di trasmettere la cittadinanza jure sanguinis; il riacquisto della cittadinanza italiana, previsto nei termini di due anni dal comma 1 dell'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, da ultimo prorogato ai sensi dell'articolo 2, comma 195, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, fino al 31 dicembre 2007, è oggi precluso a tanti nostri connazionali che non poterono avvalersi della norma transitoria per il riacquisto a causa delle legislazioni dei Paesi di residenza; il Governo si è impegnato ad istituire un tavolo tecnico di concertazione tra Ministero degli affari esteri e Ministero dell'interno per adottare specifiche misure in relazione alla sentenza della Corte di Cassazione -: se il Ministro non ritenga urgente dare seguito all'impegno assunto in Parlamento nell'individuare un percorso politico e giuridico per dare piena attuazione ai termini fissati dalla sentenza della Corte di cassazione n. 4466 del 25 febbraio 2009; quali specifiche iniziative il Ministro intenda inoltre adottare per raggiungere l'obiettivo della riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza italiana. (4-06243)


In ordine alla questione segnalata dalla S.V. On.le, si assicura che è convinto intendimento del Governo di individuare un'adeguata soluzione al problema del riconoscimento della cittadinanza italiana alle donne che l'avevano persa a seguito di matrimonio con un cittadino straniero e ai loro figli.
Il Governo è mosso, a tale proposito, dalla piena condivisione dei principi affermati dalla Corte suprema di cassazione con la sentenza n. 4466 del 25 febbraio 2009 e, ancor prima, dalle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983 che attengono al fondamentale riconoscimento della parità tra uomo e donna costituzionalmente riconosciuto.
Il Governo ha sviluppato ogni possibile approfondimento per poter applicare, anche in via amministrativa, quanto stabilito dalla Corte di cassazione, con la citata sentenza, per ciò che riguarda il riconoscimento in sede giudiziale dello status di cittadino italiano alle donne che si trovano nella condizione citata.
L'esame a tal fine avviato, d'intesa con il Ministero degli Affari Esteri, ha fatto emergere alcuni limiti procedimentali imposti dalla legislazione vigente, dovuti alla necessità di acquisire la dichiarazione di volontà delle donne interessate, secondo quanto stabilito dall'articolo 219 della legge n. 151 del 1975, espressamente richiamato al secondo comma dell'articolo 17 della legge n. 91 del 1992.
Inoltre, la disposizione dell'articolo 15 della medesima legge n. 91 del 1992 - cui fa riferimento anche la sentenza della Corte di cassazione - stabilisce che l'acquisto o il riacquisto della cittadinanza può avere effetto solo dal giorno successivo a quello in cui si sono realizzate le condizioni richieste dalla legge.
Infine, ulteriore vincolo procedimentale - per l'applicazione in via amministrativa del principio stabilito dalla suddetta giurisprudenza costituzionale e di legittimità - deriva dal disposto dell'articolo 14 della già citata legge n. 91 del 1992, che stabilisce che solo i figli minori di chi acquista o riacquista la cittadinanza, se conviventi, acquistano automaticamente lo status civitatis.

Pertanto, acquisita la consapevolezza della necessità di un'iniziativa di carattere legislativo, finalizzata alla soluzione del problema, il Ministero dell'interno e il Ministero degli affari esteri avevano avviato un'ipotesi di intervento normativo volto, tra l'altro, a sopprimere innanzi tutto il termine di scadenza per la presentazione della dichiarazione di riacquisto della cittadinanza, ai sensi dell'articolo 17 della legge n. 91 del 1992, e a riconoscerne il possesso ininterrotto per la donna che l'aveva persa dopo il Io gennaio 1948, per effetto del matrimonio contratto con un cittadino straniero, ed ai suoi discendenti in linea retta.
Nella proposta si prevedeva, inoltre, la possibilità di presentare istanza di riconoscimento per nascita solo per i figli e i discendenti in linea retta non oltre il secondo grado del genitore o dell'avo dei quali è documentata la cittadinanza italiana.
La proposta era stata presentata, su iniziativa del Ministero degli affari esteri, in sede di predisposizione dello schema del decreto-legge n. 194 del 30 dicembre 2009, recante «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative». In tale circostanza, per motivi esclusivamente tecnici l'iniziativa non ha avuto buon fine poiché non era possibile recepirla nel testo del provvedimento.
Un secondo tentativo è stato compiuto in sede di conversione del decreto-legge 28 aprile 2010, n. 63, recante «Disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero». Tuttavia anche in questo caso, sempre per motivi di natura squisitamente tecnica, la vicenda non ha avuto la soluzione auspicata.
Consapevole dell'importanza e della delicatezza delle aspettative di tanti connazionali di vedersi riconosciuto il legame mai interrotto con il loro Paese di origine, il Governo intende comunque adottare un ulteriore, specifico intervento normativo che riproponga quello non accolto in precedenza. Al riguardo, sono in corso le concertazioni con gli altri ministeri interessati e, non appena possibile, verrà effettuato un ulteriore tentativo di soddisfare le
legittime aspettative degli interessati.

IL SOTTOSEGRETARIO DI STATO
(Nitto Francesco Palma)

mercoledì 21 luglio 2010

Deputati PD Estero: “I nostri emendamenti alla manovra finanziaria”

Abbiamo presentato i nostri emendamenti alla manovra economica appena approdata alla Camera dopo, il voto di fiducia al Senato. Si tratta, come a tutti noto, della più radicale operazione di riduzione della spessa pubblica negli ultimi decenni, di cui non discutiamo l’esigenza, ma la scelta dei tagli lineari e indifferenziati, la mancanza di selettività e l’iniquità dei carichi sociali.
I punti sui quali abbiamo richiesto di non operare tagli sono quelli di maggiore sensibilità per le nostre comunità: l’assistenza diretta, gli interventi per la scuola e la cultura, i fondi per l’informazione, le detrazioni per carichi di famiglia, la sanatoria degli indebiti pensionistici per i residenti all’estero, l’esclusione dall’espropriazione forzata per il recupero degli indebiti pensionistici, l’esenzione dall’innalzamento dell’età pensionabile, la rete diplomatico-consolare, l’accelerazione del consolato digitale.
Sappiamo che nella ferrea blindatura della manovra che il Governo sta facendo sarà difficile aprire varchi e piegare la resistenza a discutere di cose come queste. Eppure proprio queste cose, prima ancora di essere provvedimenti che toccano gli interessi degli italiani all’estero, sono punti di sostegno utili per la proiezione dell’Italia nel mondo, quanto mai necessaria di fronte alle difficoltà che investono l’economia del nostro Paese.
Sappiamo anche, però, che gli elettori all’estero ci hanno dato mandato di essere per loro un soggetto attivo di tutela e di proposta e che quindi è nostro preciso dovere offrire sempre e fino in fondo le occasioni per riflettere e fare meglio prima di tutto sulle politiche migratorie.
Semmai siamo rammaricati che nella maggior parte dei casi queste battaglie in Parlamento le dobbiamo fare da soli perché quasi sempre gli eletti della Circoscrizione Estero collocati nella maggioranza si allineano a logiche di schieramento e di appartenenza partitica.
C’è un’altra ragione, poi, che ci induce a tenere costantemente aperti questi discorsi, al di là del poco ascolto che ricevono dal Governo. I rappresentanti degli italiani all’estero, eletti nei COMITES e nel CGIE, hanno da tempo lanciato una campagna di resistenza che di recente si è concretizzata nelle manifestazioni popolari di Francoforte, Buenos Aires e Vancouver. Ebbene, anche in una situazione di grave difficoltà come questa, ci è sembrato giusto riprendere le loro proposte e farle vivere a livello parlamentare per dire che siamo stati con loro e lo saremo fino in fondo. Siamo con loro non per spirito di propaganda, di cui non c’è veramente bisogno in questo momento, ma per condivisione dei problemi e per solidarietà con le nostre comunità alle quali continuiamo ad appartenere.

Gino Bucchino, Gianni Farina, Marco Fedi, Laura Garavini, Franco Narducci, Fabio Porta

martedì 20 luglio 2010

FEDI (PD): Rendiconto generale e assestamento di bilancio: per gli italiani all’estero la musica non cambia

Confermati i tagli. Nessun recupero di risorse o segnale positivo da Governo e maggioranza. Nessun segnale di attenzione. È una politica di soli tagli, senza investimenti e riforme.
È questo il giudizio che esprimiamo sull’approvazione del rendiconto generale dello Stato e dell’assestamento di bilancio – nonostante il voto contrario del Partito Democratico e delle opposizioni – rileva l’On. Marco Fedi.
I segnali sono davvero molto preoccupanti. La maggioranza ha bocciato gli emendamenti presentati in Commissione Bilancio e Commissione Esteri sul recupero di risorse alla Direzione Generale Italiani all’Estero e Politiche Migratorie in due settori fortemente a rischio: la promozione e diffusione di lingua e cultura italiane nel mondo e l’assistenza ai connazionali indigenti. Dopo una stagione di soli tagli attendevamo un segnale positivo almeno con l’assestamento di bilancio.
Sarebbe stato un segnale di vicinanza agli italiani nel mondo più deboli, che rischiano di pagare un prezzo altissimo per la crisi economica e nei confronti dei quali chiediamo unicamente l’affermazione del principio della parità di trattamento. Un segnale di attenzione anche in vista della manovra economica che tornerà a penalizzare il Ministero degli affari Esteri – con la logica dei tagli lineari e con le misure sul pubblico impiego - e le comunità italiane nel mondo, sia con i tagli ai capitoli di bilancio che con la riduzione degli investimenti sulla rete diplomatico-consolare.
Penalizzazione – conclude l’On. Marco Fedi – che riguarderà anche il comparto previdenziale con le nuove finestre che, per i residenti all’estero, saranno un vero e proprio innalzamento dell’età pensionabile.

20 luglio 2010

sabato 17 luglio 2010

Fedi (PD): La proposta di legge sulle intercettazioni telefoniche è sbagliata e limita fortemente la capacità d’indagine

La proposta di legge sulle intercettazioni telefoniche è sbagliata perché limita fortemente la capacità d’indagine delle forze dell’ordine e della magistratura. Il Partito Democratico si è opposto con forza già in prima lettura alla Camera, il testo che torna dal Senato non è migliorato, se non in aspetti secondari, ed il possibile ricorso al voto di fiducia rischia di limitare nuovamente dibattito ed opportunità di emendare il testo.
La proposta di legge è sbagliata poiché, ad esempio, limita il ricorso alle intercettazioni telefoniche per acquisire prove, limita il ricorso alle intercettazioni ambientali senza legare il limite temporale alle indagini ma fissando parametri arbitrari, definiti con una norma, quindi noti – in alcuni paesi come l’Australia il limite viene fissato dalle forze dell’ordine e dagli inquirenti e varia a seconda del tipo di indagine e dell’ipotesi di reato.
Per limitare gli abusi sulla pubblicazione dei contenuti di intercettazioni telefoniche – qualche volta coperte dal segreto istruttorio altre volte assolutamente svincolate da ogni indagine o ipotesi di reato – si penalizza la sicurezza di tutti e la capacità di rispondere al crimine, soprattutto quello organizzato.
Possiamo convenire sulla necessità ed anche sull’urgenza di una riforma delle intercettazioni telefoniche. Possiamo dichiararci in totale accordo sulla condanna più ferma per la pubblicazione di atti istruttori o di vero e proprio gossip mediatico: in un caso si è prodotto un danno alle indagini nell’altro prima alla privacy poi alla qualità del nostro giornalismo. Ma è altrettanto intollerabile che si vieti la pubblicazione di atti istruttori pubblici i cui contenuti debbono arrivare ai cittadini.
Ed è un errore introdurre la formula del “riassunto”, cioè si editorializzano anche i fatti, le prove, i reati.
Una buona legge era possibile, sarebbe stata possibile, se anche la maggioranza avesse voluto – anziché mettere il bavaglio all’informazione – semplicemente colpire il bersaglio giusto, cioè la fuga di notizie dalle Procure. E poi prevedere sanzioni e pene anche per la loro pubblicazione.
Il disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche va in direzione opposta.
La stampa italiana all’estero ha seguito l’evoluzione della vicenda, ne ha dato informazione, ed ha anche preso posizione sul tema che riguarda la libertà d’informazione e che quindi ci riguarda tutti. Naturalmente, mi viene da pensare, sarebbe interessante vedere applicata una sanzione post-approvazione delle norme per una violazione avvenuta sulle pagine di un quotidiano edito a Caracas, New York, Toronto o Melbourne. Anche qui l’estero è parte di una zona grigia che riguarda l’applicazione di norme italiane in un altro Paese. Governo e maggioranza hanno altri strumenti per agire nei confronti della stampa italiana all’estero: i tagli all’editoria. È quindi incoraggiante vedere direttori di importanti quotidiani di lingua italiana nel mondo prendere posizione su questo tema: un segnale di serietà e di impegno professionale e etico – visto che su questo tema tutto il mondo dell’informazione, oltre le tradizionali linee di demarcazione tra sinistra e destra, ha preso posizioni comuni. Ma anche un segnale di autonomia. Rispetto, analogamente, la scelta di chi ha perseguito la semplice strada dell’informazione, non partecipando alla giornata di “silenzio” ritenendo che all’estero rischiasse di non essere compresa.

On. Marco Fedi

martedì 13 luglio 2010

Cittadinanza – Fedi (PD): Siamo ancora lontani da una moderna legge sulla cittadinanza

L’iter di riforma della legge sulla cittadinanza non lascia prevedere, fino ad oggi, ripensamenti sostanziali da parte della maggioranza – segnala l’On. Marco Fedi, primo firmatario di una proposta di legge che affronta il tema del riacquisto della cittadinanza italiana e del superamento della discriminazione nei confronti delle donne sposatesi con uno straniero prima dell’entrata in vigore della carta costituzionale.
Siamo ancora lontani da una moderna proposta di riforma della legge 91/92. Una proposta che dovrebbe concepire la cittadinanza come parte essenziale di un percorso di integrazione nel nostro Paese, dopo cinque anni di regolare soggiorno, e soprattutto riconoscere la cittadinanza ai nati in Italia.
Siamo lontani anche da cambiamenti per gli italiani all’estero - nonostante alcune aperture di esponenti di Governo. Non si registrano sostanziali passi avanti nella direzione di una concertazione Esteri-Interno tesa a dare risposta ai temi della cittadinanza, in particolare il superamento di una vera e propria discriminazione nei confronti delle donne oggetto anche di una sentenza della Corte di Cassazione – sottolinea l’On. Fedi – oltre all’ipotesi del riacquisto della cittadinanza italiana.
Nel frattempo è necessario assicurarsi che nella proposta di riforma che arriverà in discussione alla Camera non si perdano anche le attuali disposizioni che consentono ai discendenti di cittadini italiani di acquisire la cittadinanza dopo tre anni di residenza in Italia (art. 9 della legge 91/92) ed agli ex-cittadini italiani di riprenderla immediatamente – dietro dichiarazione (art. 13, comma c della legge 91/92) oppure dopo 12 mesi di residenza in Italia (art. 13, comma d della legge 91/92).
In altre parole – segnala l’On. Marco Fedi – con una pessima riforma esiste il rischio che, oltre a non ottenere i cambiamenti che auspichiamo, si possano perdere anche le agevolazioni già in vigore.

Manovra economica – Fedi (PD): Esonero ICI e detrazioni fiscali per carichi di famiglia: se non ora quando?

La manovra economica predisposta dal Governo non prevede modifiche sul fronte ICI e sulle detrazioni fiscali per carichi di famiglia. Trattandosi di importi di entità ridotta il Governo avrebbe potuto identificare la copertura finanziaria per questi due provvedimenti. Si tratta di ristabilire equità e parità di trattamento. La questione ICI interessa i residenti all’estero che possiedono una casa in Italia e non sono esclusi dal pagamento della tassa comunale sulla prima casa come avviene per i residenti in Italia.
Ricordo che il decreto 93, convertito in Legge 24 luglio 2008, n. 126, sulla salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie, ha abolito l’ICI sulla prima casa ma ha escluso da questa norma i residenti all’estero che sono invece tornati a pagare l’importo pieno dell’ICI, essendo state anche abolite le detrazioni introdotte dal Governo Prodi.
L’agenzia delle entrate – rileva l’On. Marco Fedi – ha smentito interpretazioni di esponenti della maggioranza che ipotizzavano una sorta di capacità decisionale dei Comuni su questo tema. Non è possibile interpretare una norma che è chiara ed esclude, non per errore, ma per scelta, i residenti all’estero. In ogni decreto economico o fiscale ed in ogni legge di bilancio abbiamo provato ad apportare emendamenti ed il Governo ha preso generici impegni a ripensare questa norma ma fino ad oggi è tutto immutato.
Analogamente – conclude l’On. Marco Fedi – le detrazioni fiscali per carichi di famiglia, introdotte dal Governo Prodi ed estese anche ai residenti all’estero, scadono il prossimo anno e necessitano una proroga o il definitivo inserimento nel panorama fiscale italiano. Il Governo ha preso impegni con numerosi ordini del giorno e siamo in attesa di un riscontro politico a questa esigenza che è molto sentita. Chiediamo a Governo e maggioranza, se non ora quando?

FEDI (PD): Da Melbourne un richiamo a rispettare le Istituzioni

“L’Italia unita ci richiama dal lontano 1861: proprio oggi che nasce il federalismo è il momento in cui dobbiamo riaffermare con forza l’unità della nazione” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi a Melbourne in occasione della prima iniziativa del Circolo PD “Raffaello Carboni” il 3 luglio scorso.
“Stiamo attraversando un momento molto delicato per le nostre istituzioni, per l’equilibrio tra poteri dello Stato, per il futuro della democrazia parlamentare e del rapporto di fiducia con i cittadini che oggi rischia di essere divorato da forme di antipolitica spesso fomentate anche da atteggiamenti e dichiarazioni di esponenti di Governo e di maggioranza” – ha continuato Fedi nel suo intervento presso la Federazione Lucana.
“Credo sia giusto partire da queste considerazioni. Dal fatto che le Istituzioni vanno protette e salvaguardate, non attaccate ogni giorno. Il Parlamento deve tornare ad essere non solo il luogo del confronto e della discussione ma il luogo delle scelte e delle decisioni, anche sulla spesa. Con i tempi necessari. Poi dobbiamo parlare di riforme vere. Che avvicinino i cittadini, oltre a rendere la democrazia più efficiente. Il voto di fiducia sulla manovra economica ha l’effetto contrario” – ricorda l’On. Fedi.
“È una manovra profondamente iniqua perché prevede tagli brutali che colpiranno i diritti dei cittadini colpiti direttamente ed anche attraverso le forti riduzioni dei trasferimenti a Ministeri, Regioni, Province e Comuni.
Il provvedimento colpisce il settore pensionistico e prevede l’aumento della percentuale per la concessione dell’invalidità civile, oltre alla modifica alle finestre per la vecchiaia che di fatto colpiranno due volte i lavoratori italiani all’estero che al compimento del 65mo anno di età non avranno l’opportunità di rimanere occupati ma dovranno cessare il lavoro e non potranno ottenere la pensione italiana se non con la nuova finestra e quindi con un forte ritardo. La manovra economica Tremonti introduce poi una novità sul recupero degli indebiti pensionistici con un meccanismo di “esproprio” su beni immobili e mobili nei confronti di coloro i quali debbono restituire un debito.
Altra durissima azione nei confronti di una fascia debole della nostra società, i pensionati, e particolarmente dura nei confronti dei residenti all’estero che avranno notevoli difficoltà a tutelare i propri interessi”.
“In aggiunta in questa manovra non si danno risposte alla questione ICI che interessa tutti coloro che hanno una casa in Italia. Il decreto 93, convertito in Legge 24 luglio 2008, n. 126, sulla salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie, ha abolito l’ICI sulla prima casa ma ha escluso da questa norma i residenti all’estero che sono invece tornati a pagare l’importo pieno dell’ICI, essendo state anche abolite le detrazioni introdotte dal Governo Prodi. L’agenzia delle entrate ha smentito interpretazioni di esponenti della maggioranza che ipotizzavano una sorta di capacità decisionale dei Comuni su questo tema. Non è possibile interpretare una norma che è chiara ed esclude, non per errore, ma per scelta, i residenti all’estero. In ogni decreto economico o fiscale ed in ogni legge di bilancio abbiamo provato ad apportare emendamenti ed il Governo ha preso generici impegni a ripensare questa norma ma fino ad oggi è tutto immutato. È stata presentata anche una proposta di legge per estendere l’esonero ICI ai residenti all’estero, firmata dai deputati PD eletti all’estero e sottoscritta anche da esponenti della maggioranza. Analogamente – ha concluso l’On. Marco Fedi – le detrazioni fiscali per carichi di famiglia, introdotte dal Governo Prodi ed estese anche ai residenti all’estero, scadono il prossimo anno e necessitano una proroga o il definitivo inserimento nel panorama fiscale italiano. Il Governo ha preso impegni con numerosi ordini del giorno e siamo in attesa di un riscontro politico a questa esigenza che è molto sentita”.
Nonostante alcune aperture di esponenti di Governo non si registrano sostanziali passi avanti nella direzione di una concertazione Esteri-Interno tesa a dare risposta ai temi della cittadinanza, in particolare il riacquisto ed il superamento della discriminazione nei confronti delle donne. Nel frattempo è necessario assicurarsi che nella proposta di riforma che arriverà in discussione alla Camera non si perdano anche le attuali disposizioni che consentono ai discendenti di cittadini italiani di acquisire la cittadinanza dopo tre anni di residenza in Italia (art. 9 della legge 91/92) ed agli ex-cittadini italiani di riprenderla immediatamente – dietro dichiarazione (art. 13, comma c della legge 91/92) oppure dopo 12 mesi di residenza in Italia (art. 13, comma d della legge 91/92). In altre parole, con la riforma esistono anche forti rischi di perdere le agevolazioni attualmente in vigore.

Testo integrale intervento On. Marco Fedi

Iniziativa del Circolo PD “Raffaello Carboni” di Melbourne con l’On. Marco Fedi

“L’Italia unita ci richiama dal lontano 1861: proprio oggi che nasce il federalismo è il momento in cui dobbiamo riaffermare con forza l’unità della nazione”

Vi ringrazio per questa iniziativa, per aver voluto anticipare i contenuti della discussione parlamentare sulla manovra economica e per aver voluto fare il punto sui temi della rappresentanza delle nostre comunità all’estero.
Vi ringrazio per aver organizzato un momento di riflessione sia sulla situazione complessiva del nostro Paese sia sui temi degli italiani nel mondo, in un momento particolarmente delicato della storia del nostro Paese.

Delicato per le nostre istituzioni, per l’equilibrio tra poteri dello Stato, per il futuro della democrazia parlamentare e del rapporto di fiducia con i cittadini, quel patto che ha portato all’Unità d’Italia, quel patto democratico che ha portato l’Italia fuori dalla guerra, verso la pace e la libertà, quel patto con i cittadini che ha consentito al nostro Paese di crescere e svilupparsi e che oggi rischia di essere divorato da forme di antipolitica spesso fomentate anche da atteggiamenti e dichiarazioni di esponenti di Governo e di maggioranza.

Credo sia giusto partire da queste considerazioni. Dal fatto che le Istituzioni vanno protette e salvaguardate, non attaccate ogni giorno. Il Parlamento deve tornare ad essere non solo il luogo del confronto e della discussione ma il luogo delle scelte e delle decisioni, anche sulla spesa. Con i tempi necessari. Poi dobbiamo parlare di riforme vere. Che avvicinino i cittadini, oltre a rendere la democrazia più efficiente. Quindi meno parlamentari per consentire un iter più rapido delle leggi. La fine del bicameralismo perfetto, con il Senato delle Regioni, per rendere il sistema equilibrato e non ripetitivo e dispersivo. Quindi possiamo modificare la Costituzione ma attenti a non compromettere l’equilibrio tra poteri esecutivo, legislativo e giudiziario, ma soprattutto l’equilibrio tra maggioranza e opposizione.

Dobbiamo partire dall’Unità nazionale. L’Italia unita ci richiama dal lontano 1861: è proprio oggi che nasce il federalismo il momento in cui dobbiamo riaffermare con forza l’unità della nazione. Invece sono i più veementi sostenitori del federalismo che decretano con il loro dire e fare, una sorta di contrapposizione con il federalismo fiscale.

La priorità di questo Governo è incentrata su una serie di provvedimenti salva Premier e salva ministri. Non a caso sulla recente nomina di Brancher a Ministro per l’attuazione del federalismo si è aperta una forte polemica, non solo con le opposizioni che ne chiedono le dimissioni, ma anche internamente alla maggioranza: senza avere deleghe ben definite, il nuovo Ministro ha deciso di avvalersi subito della legge sul legittimo impedimento per non presentarsi in tribunale! La settimana prossima è in calendario in aula una mozione che ne chiede le dimissioni. O provvedimenti come le intercettazioni che per giustamente limitare la fuga di notizie dalle procure, aspetto che potrebbe essere regolato con serie misure, anche severe nei confronti dei magistrati, rischiano di mettere il bavaglio all’informazione in Italia e soprattutto limitare l’uso delle intercettazioni per contrastare il crimine.
Dobbiamo partire dalle priorità del paese: lavoro, occupazione, imprese, sviluppo. Nel primo trimestre 2010 il numero di occupati risulta pari a 22.758.000 unità segnalando un calo rispetto allo stesso trimestre dell'anno precedente pari allo 0,9% (-208.000 unità). Aumenta quindi la disoccupazione ed abbiamo una grande questione del diritto al lavoro e delle tutele sul lavoro aperta con la vicenda Fiat di Pomigliano: avere come contropartita per il lavoro i diritti sindacali e costituzionali come lo sciopero, i congedi e la rappresentanza sindacale.
La manovra economica non contiene una strategia di crescita e sviluppo ed è profondamente iniqua. Poiché interviene in modo indiscriminato sul pubblico impiego, negando alla radice l’incentivazione del merito, dimezzando il numero dei lavoratori a tempo determinato o con contratti di collaborazione e bloccando il turn-over senza distinguere le specificità e le diversissime esigenze di ciascun ambito.
Tra le cause della manovra, ricordiamo le principali: l’eliminazione delle misure di contrasto all’evasione fiscale introdotte dal Governo Prodi e il dimezzamento delle sanzioni per l’evasione accertata; il “salvataggio” di Alitalia; la completa eliminazione dell’Ici sulla prima casa per i nuclei famigliari a reddito e patrimonio più elevato.

La manovra fa alcune cose positive: la riduzione di alcuni dei costi della politica, come le auto blu, di cui si era perso il conto, la riduzione del 10% delle indennità di ministri e parlamentari, si riprende quell’azione di lotta all’evasione con la tracciabilità dei pagamenti – introdotta da Prodi e sospesa proprio da questo Governo – e si potenzia la partecipazione dei Comuni all’accertamento fiscale.

La manovra è profondamente iniqua perché prevede tagli brutali che colpiranno i diritti dei cittadini, dei lavoratori, degli studenti, dei pensionati, delle micro e piccole imprese. Pesanti i tagli ai trasferimenti a Regioni, Province e Comuni. Il Governo aveva assicurato che non avrebbe nuovamente toccato il settore delle pensioni e della previdenza mentre invece il provvedimento prevede l’aumento della percentuale per la concessione dell’invalidità civile.
Le pensioni invece sono al centro della manovra finanziaria del Governo. Le novità introdotte con il Decreto Legge n. 78 avranno un peso tutt’altro che marginale, anche per gli italiani all’estero.
L’allungamento dell’età pensionabile, talvolta consistente, dell’età in cui si potrà andare in pensione. Questa novità interessa anche i pensionandi residenti all’estero. La “pensione più lontana”, sia di vecchiaia che di anzianità, interesserà chi matura i requisiti a partire dal 2011.
Dal 2011 si aboliscono le finestre attuali ed entra in vigore la finestra unica mobile. La nuova decorrenza per le pensioni di vecchiaia e di anzianità dei lavoratori dipendenti è fissata 12 mesi dopo il momento in cui si raggiungono i requisiti, mentre quelle dei lavoratori autonomi è fissata 18 mesi dopo il momento della maturazione dei requisiti. Quindi rispetto alle norme vigenti i lavoratori dipendenti andranno in pensione dai 7 ai 9 mesi più tardi mentre i lavoratori autonomi la maggiore attesa varierà dai 10 ai 12 mesi.
In pratica l’età pensionabile per la vecchiaia dei lavoratori dipendenti sale a 66 anni per gli uomini e 61 per le donne.
Il lavoratore italiano all’estero al compimento del 65mo anno di età non avrà l’opportunità di rimanere occupato ma dovrà cessare il lavoro e non potrà ottenere la pensione italiana se non con la nuova finestra e quindi con un forte ritardo.
La manovra economica Tremonti introduce poi una novità sul recupero degli indebiti contributivi e pensionistici con un meccanismo di “esproprio” su beni immobili e mobili nei confronti di coloro i quali debbono restituire un debito.
Altra durissima azione nei confronti di una fascia debole della nostra società, i pensionati, e particolarmente dura nei confronti dei residenti all’estero che avranno notevoli difficoltà a tutelare i propri interessi.
La questione ICI interessa tutti coloro che hanno una casa in Italia. Il decreto 93, convertito in Legge 24 luglio 2008, n. 126, sulla salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie, ha abolito l’ICI sulla prima casa ma ha escluso da questa norma i residenti all’estero che sono invece tornati a pagare l’importo pieno dell’ICI, essendo state anche abolite le detrazioni introdotte dal Governo Prodi. L’agenzia delle entrate ha smentito interpretazioni di esponenti della maggioranza che ipotizzavano una sorta di capacità decisionale dei Comuni su questo tema. Non è possibile interpretare una norma che è chiara ed esclude, non per errore, ma per scelta, i residenti all’estero. In ogni decreto economico o fiscale ed in ogni legge di bilancio abbiamo provato ad apportare emendamenti ed il Governo ha preso generici impegni a ripensare questa norma ma fino ad oggi è tutto immutato. È stata presentata anche una proposta di legge per estendere l’esonero ICI ai residenti all’estero, firmata dai deputati PD eletti all’estero e sottoscritta anche da esponenti della maggioranza.

Analogamente, le detrazioni fiscali per carichi di famiglia, introdotte dal Governo Prodi ed estese anche ai residenti all’estero, scadono il prossimo anno e necessitano una proroga o il definitivo inserimento nel panorama fiscale italiano. Il Governo ha preso impegni con numerosi ordini del giorno e siamo in attesa di un riscontro politico a questa esigenza che è molto sentita.

Il tema cittadinanza, con la ripresa della discussione in Commissione Affari costituzionali della Camera, tornerà a settembre al centro della nostra attenzione. Sono state presentate proposte di legge di opposizione e maggioranza su questo tema e continueremo a lavorare per arrivare alla riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza italiana e al superamento della discriminazione nei confronti delle donne che non hanno potuto trasmettere la cittadinanza ai figli se coniugate con cittadini stranieri.
Nonostante alcune aperture di esponenti di Governo non si registrano sostanziali passi avanti nella direzione di una concertazione Esteri-Interno tesa a dare risposta a questi temi. Nel frattempo è necessario assicurarsi che nella proposta di riforma che arriverà in discussione alla Camera non si perdano anche le attuali disposizioni che consentono ai discendenti di cittadini italiani di acquisire la cittadinanza dopo tre anni di residenza in Italia (art. 9 della legge 91/92) ed agli ex-cittadini italiani di riprenderla immediatamente – dietro dichiarazione (art. 13, comma c della legge 91/92) oppure dopo 12 mesi di residenza in Italia (art. 13, comma d della legge 91/92). In altre parole, con la riforma esistono anche forti rischi di perdere le agevolazioni attualmente in vigore.

Su fronte dell’esercizio in loco del diritto di voto e della rappresentanza, sui cui temi interverrà il Sen. Randazzo, in questo momento il Governo ha più volte espresso l’intenzione di modificare le regole lasciando inalterata la Circoscrizione estero – fino a quando non interverrà una modifica costituzionale generale – e sono state depositate numerose proposte di legge in tal senso. Il Partito Democratico presenterà entro breve tempo una sua proposta di legge. Nel frattempo sono state presentate altrettanto numerose proposte di legge - di esponenti di maggioranza e di opposizione – che puntano alla eliminazione della circoscrizione estero.

Nella governance democratica ci sono anche gli italiani nel mondo: da cittadini e protagonisti

Discutere di Italia nel mondo significa affrontare anche il tema del rapporto con le comunità italiane nel mondo. L’Italia non ha superato “la questione emigrazione”, non è ancora riuscita a dare concretezza al rapporto con le proprie comunità. Spesso il mondo politico è stato superficiale, riferendosi a modelli di collegamento superati dagli eventi e non ha tenuto conto della crescita qualitativa della presenza degli italiani nel mondo: ignorando questa presenza quando si tratta di politiche di sostegno, investimenti, servizi, cultura e scuola ma citandola invece come fonte di “possibili nuove rimesse” – turismo verso l’Italia, investimenti in Italia, raccolta fondi per eventi sismici, cervelli di ritorno e via tessendo le patrie lodi – come recentemente ha fatto lo stesso Presidente del consiglio.
Ma non abbiamo superato nulla. Abbiamo allontanato nel tempo le risposte, una delle peggiori abitudini del nostro sistema politico. Come stiamo allontanando nel tempo le risposte per le nuove generazioni, in termini di occupazione, sicurezza sociale e previdenza, ambiente. Non abbiamo superato la questione centrale di un rapporto politico basato sui pilastri solidi della rappresentanza, condivisa nella forma e nella sostanza. Tanto è vero che ad ogni piè sospinto troviamo chi è pronto a rimettere in discussione l’impianto complessivo della rappresentanza, non solo le modalità di esecuzione. Non abbiamo superato la questione servizi ed impegno dello Stato, ancora indispensabili per la rete consolare, le pensioni, l’assistenza agli indigenti, la promozione culturale e linguistica. Tanto è vero che Governo e maggioranza attuali hanno inaugurato la più sciagurata stagione di tagli e ridimensionamento della presenza italiana nel mondo mai pensata o ipotizzata prima. In assenza – tra l’altro – di un progetto riformatore. Non abbiamo superato la stagione della provvisorietà con atteggiamenti diversi assunti dagli esecutivi che si sono alternati alla guida del Paese. Tanto è vero che ancora oggi non esiste un progetto politico di riforma del rapporto con le comunità nel mondo. Ma sono davvero superabili gli italiani nel mondo? Si tratta di una visione logora – come la valigia di cartone – oppure quella visione è dettata dalla miopia di chi vede e non certo dalla condizione di chi è visto! O si tratta di raggiungere un punto di equilibrio tra nuove esigenze, ammodernamento della presenza italiana nel mondo e tradizionale approccio a questo rapporto. E se dobbiamo migliorare, come farlo e soprattutto perché.
Dalla vicenda delle popolazioni saharawi fino a Aung San Suu Kyi, dai test francesi a Mururoa fino alle manifestazioni per la pace e contro gli interventi armati nel mondo, dal processo di pace in Medio Oriente fino alle soluzioni per affrontare la crisi finanziaria ed economica, dagli interventi umanitari alla cooperazione allo sviluppo, la presenza italiana nel mondo rappresenta un momento di dialogo, riflessione, pensiero originale, oltre che dialogo storico per affinità culturali e linguistiche. Questa presenza viene interpretata attraverso la partecipazione alla vita culturale, sociale e politica dei paesi di residenza, attraverso una presenza articolata nelle società di residenza che va dalla politica – Governo e parlamento – fino al lavoro – fabbrica, sindacato, impresa – fino alla ricerca. E trova una dimensione di cittadinanza attiva nel momento in cui questa partecipazione è favorita, promossa, sostenuta. Anche attraverso passaggi cruciali – come la cittadinanza – che è interpretata come un momento di crescita qualitativa della partecipazione.
Dobbiamo porci, quindi, in una condizione di interlocuzione permanente e dobbiamo farlo con la consapevolezza che gli strumenti tradizionali della presenza italiana nel mondo – le rappresentanze istituzionali, le associazioni, i partiti – non rappresentano sempre la soluzione migliore.
Essere tra il presente e il futuro di questo rapporto è in un certo senso una sfida globale: poniamo al centro chi siamo, con le contraddizioni e il patrimonio che abbiamo costruito, per chiedere una maturazione del rapporto instaurato in questi anni.
In questo senso non è fuori luogo parlare di governance democratica. Le politiche di un paese non restano più entro i confini nazionali. Non solo perché l’Europa ci pone paletti e sanzioni. Non solo per la nostra politica estera e internazionale. Soprattutto per l’effetto domino delle nostre scelte. Ecco perché una governance democratica mondiale – che passi anche attraverso i partiti progressisti e riformisti del mondo, oltre che attraverso i circoli del Partito Democratico nel mondo – rappresenta il percorso privilegiato per dare “voce” e “visibilità” ad alcuni principi che sono fondamentali nella vita delle collettività italiane nel mondo.
Una governance democratica che si completa con forme di decentramento amministrativo e con il federalismo fiscale e politico di cui anche l’Italia si sta lentamente dotando. Per rendere il sistema politico ed amministrativo più vicino ai bisogni dei cittadini, renderlo più efficiente e consentendo la partecipazione dei cittadini. Non solo. Rende più efficaci le azioni di tutela, protezione e difesa dei diritti dei cittadini.
La parità di trattamento per i cittadini italiani, ovunque dimorino, compatibilmente ed in piena attuazione delle Convenzioni e dei trattati internazionali bilaterali e multilaterali. Un principio questo che dovrebbe trovare piena attuazione nelle politiche di affermazione dei diritti di cittadinanza.
Le migrazioni come esperienze umane di incontro, conoscenza e crescita culturale e sociale, da regolamentare, per rendere effettiva l’integrazione, ma da valutare sempre positivamente anche sulla base della forte presenza italiana nel mondo.
Il nostro Paese deve ancora fare i conti con fenomeni come emigrazione e immigrazione che hanno rappresentato, in momenti diversi, una parte di storia d’Italia.
Il Partito Democratico ha davanti grandi sfide, oltre alla battaglia quotidiana con una maggioranza che non discute più dei problemi reali del Paese che estremizza lo scontro politico limitando fortemente le progative non solo del Parlamento ma della politica. Anche su temi delicati come la giustizia e il rapporto tra politica e mondo degli affari.
Non si possono cogliere opportunità in questo dialogo se non si investe nei confronti delle comunità italiane nel mondo. Un investimento fatto anche di rapporto di fiducia, di conoscenza, di vicinanza. Le posizioni della maggioranza – fortemente condizionate dalla Lega Nord-Padania – sono oggi portatrici di una visione parziale di questo rapporto: non è utile al nostro Paese avere una forza politica e di Governo che ancora oggi ha difficoltà a sentirsi responsabilmente impegnata ad introdurre un sistema federalista in un Paese che festeggia il 150esimo anniversario della sua unità oppure nel riconoscere alla immigrazione regolare e all’accoglienza dei rifugiati il ruolo importante che rivestono nella nostra economia, a livello globale, nella cooperazione internazionale, oltre che a livello umanitario.
L’uscita dalla crisi economica è una vera sfida. Non si può uscire da questa crisi rinchiudendosi, pensando che il ritorno alle tariffe o ad un mercato del lavoro chiuso o a scelte economiche e finanziarie individuali, possa aiutare a sconfiggere il male oscuro del capitalismo moderno, un mondo finanziario senza regole o con regole troppo flessibili o con controllori incapaci di svolgere bene l’azione di controllo democratico. Eppure l’Italia non riesce a svolgere un ruolo guida a livello europeo e tantomeno a livello internazionale. I potenti della terra, sia a livello di G8 che G20, disattendono le aspettative in campo economico, ambientale e di cooperazione allo sviluppo e lottà alla povertà. Ed anche qui l’Italia è complice del non fare.
Il Partito Democratico ha il compito di disegnare una proposta politica coerente con una visione che rifugga da ogni forma di assistenzialismo prevedendo investimenti seri, che delimiti chiaramente le linee di intervento e progetti le riforme, che non dimentichi il forte legame globale tra gli italiani nel mondo che è parte di una governance democratica fatta di azioni concrete oltre che di impegni teorici tra le forze progressiste.

Marco Fedi (Deputato PD)

Incontro a Hobart del Forum dei Parlamentari italo-australiani

Nei giorni 3 e 4 giugno 2010 si è svolta a Hobart la riunione periodica del Forum dei parlamentari italo-australiani. Oltre a programmare l'attività per la seconda parte del 2010 sono stati affrontati, con i rappresentanti delle istituzioni e delle associazioni comunitarie della Tasmania, importanti aspetti relativi sia all'azione di coordinamento che alle iniziative culturali e sociali per Hobart. All’incontro – svoltosi nel parlamento statale dello Stato – hanno partecipato numerosi esponenti comunitari che hanno chiesto al Forum un’azione di ascolto delle richieste e di monitoraggio delle proposte di coordinamento che saranno presentate nei prossimi mesi.

Nella foto il coordinatore del Forum Tony Piccolo (MP) insieme all'On. Marco Fedi, al Console Generale per il Victoria e la Tasmania Marco Matacotta Cordella e il Sen. Nino Randazzo.