mercoledì 25 gennaio 2012

FEDI (PD): UN’INTERROGAZIONE SUI LIVELLI DI REMUNERAZIONE DEL PERSONALE A CONTRATTO IN GIAPPONE

Il deputato del Pd, Marco Fedi, ha presentato un’interrogazione in cui denuncia ancora una volta come gli attuali livelli di remunerazione del personale a contratto registrino, soprattutto in alcuni Paesi, una perdita di potere d’acquisto preoccupante.
L’interrogazione ha evidenziato in particolare la situazione dei contrattisti in Giappone che denunciano, a causa dei consistenti aumenti del costo della vita dovuti alla crisi economica e della repentina svalutazione dell’euro nei confronti di alcune valute, una perdita diretta calcolata in una sottrazione di contante pari al 25% dell’ammontare dello stipendio mensile. Ad essa va aggiunta una perdita indiretta, ugualmente grave, dovuta alla percezione dell’Italia e dell’euro come entità ad alto rischio di default. Quest’ultimo aspetto sta determinando per i contrattisti l’impossibilità di accedere a servizi fiduciari quali, in primo luogo, mutui per la casa o garanzie di solvibilità per spese a lungo termine, come ad esempio le rette scolastiche e universitarie dei figli.
Fedi con l’interrogazione chiede ai ministri degli Affari esteri e dell'Economia e delle Finanze di sapere "quali iniziative si intendano adottare per rivalutare i trattamenti economici del personale a contratto operante in Giappone e se non si ritenga di dover ripristinare, per la totalità degli impiegati a contratto presenti sul territorio giapponese, un sistema di retribuzioni in valuta locale, come previsto dalle norme introdotte dal D.L. 103 del 13 maggio 2000, laddove si stabilisce che ‘la valuta in cui viene fissata e corrisposta la retribuzione degli impiegati è quella locale’ “.

lunedì 23 gennaio 2012

FEDI (PD): Le comunità italiane nel mondo meritano una forte azione riformatrice. L’intervento in Aula del deputato PD sul “Milleproroghe"

Le Commissioni riunite Affari costituzionali e Bilancio della Camera dei deputati hanno approvato, con alcune modifiche, il disegno di legge di conversione del decreto legge n. 216 del 2011 che proroga alcuni termini previsti da disposizioni legislative. Il provvedimento (Ddl 4865), conosciuto anche come “Milleproroghe” è ora all'esame dell'Assemblea.


Nell’ambito della discussione generale sul provvedimento iniziata oggi, l’On. Fedi è intervenuto per richiamare l’attenzione del governo sulle criticità relative a una serie di questioni ancora aperte per gli italiani nel mondo.


Riportiamo di seguito il testo dell’intervento dell’On. Marco Fedi.



“Alla vigilia della discussione parlamentare sul decreto liberalizzazioni, questo provvedimento di proroga termini rappresenta un’opportunità per riflettere sull’azione del Governo.


Dopo la manovra di austerità “salva Italia”, in vista del “cresci Italia”, abbiamo un “mille proroghe” di stabilizzazione che arriva dopo un graduale e costante recupero di credibilità internazionale.


Il sostegno al Governo Monti deve essere pieno e deve essere coerente con il nostro voto di fiducia, con la consapevolezza di dover insieme “salvare l’Italia”, di stabilizzare e aprire la nostra economia.


Apriamo l’economia ma non chiudiamo la democrazia. Lo ricordavano nei loro interventi l’On. Giulietti, a proposito dell’editoria, e l’On. Damiano, a proposito delle pensioni. E a questo proposito il nostro sostegno è anche carico di nostre proposte e di nostre idee. Il decreto mille proroghe unisce questi passaggi legando le misure di austerità alle liberalizzazioni attraverso importanti modifiche e miglioramenti di norme in scadenza.


In una nota rivolta al Governo – ha ricordato Fedi - abbiamo già indicato le criticità relative ad una serie di questioni ancora aperte per gli italiani nel mondo.


Il tema delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia – lo dico con estrema franchezza – rappresenta per noi un elemento centrale di equità per quanto concerne il regime fiscale. Equità e parità di trattamento per le quali ci impegneremo anche in vista della riforma fiscale.


Chi produce un reddito imponibile in Italia – ancor di più quando si tratta di dipendenti di pubbliche amministrazioni dello Stato italiano – deve poter usufruire di analoghe detrazioni fiscali. Sul piano fiscale, in altre parole, deve esservi pieno riconoscimento della pari dignità dei lavoratori italiani ovunque vivano e lavorino, a condizione che, localmente, non godano già di tali detrazioni. Credo sia necessario superare definitivamente un’ingiusta condizione di subalternità degli italiani nel mondo.


L’emendamento del collega Di Biagio, del gruppo di Futuro e Libertà, che prevede la proroga di un anno, è comunque un importante risultato e desidero ribadire, in questa sede, quanto sia necessaria l’azione convergente dei parlamentari e delle forze politiche che tradizionalmente si battono per vedere affermati i diritti degli italiani all’estero e per vedere affermati i principi della parità di trattamento. Abbiamo sottoscritto l’emendamento Di Biagio, che ringrazio per il suo impegno personale come ringrazio anche i colleghi Duilio e Narducci e tutti i deputati PD eletti all’estero.


In questa sede dobbiamo ricordare la condizione di vera e propria emergenza, dopo i drastici tagli alle dotazioni di bilancio del Ministero degli Affari Esteri, sia per quanto concerne la cooperazione allo sviluppo che le politiche per le comunità italiane nel mondo.


Per gli italiani nel mondo abbiamo registrato, dal 2008 a oggi, un taglio complessivo del 78% delle risorse. Nei tre anni del Governo Berlusconi, nel solo settore della scuola, siamo passati da 32 a 6 milioni di euro.


Abbiamo indicato al Governo l’esigenza di recuperare risorse anche per Rai Internazionale.


Per la Rai nel mondo abbiamo perso l’82% dello stanziamento con il taglio più consistente nel 2012 e la Convenzione con la Presidenza del Consiglio dei ministri che passa a soli 6 milioni di euro: meno 70%.


A ciò si aggiunge la drammatica situazione dell’editoria di lingua italiana nel mondo, anch’essa colpita dai tagli, e già in crisi da anni per le incertezze e le lentezze nella erogazione dei contributi.


E in questo settore registriamo già le prime conseguenze negative. Il quotidiano storico dell’emigrazione italiana in Australia, Il Globo, quotidiano dal 2000, torna oggi a essere periodico. Una perdita netta per gli italiani in Australia e per l’Italia nel mondo.


Al Governo abbiamo ricordato anche alcune criticità nel settore delle pensioni, come ad esempio il calcolo con il sistema contributivo e le conseguenze sui meccanismi di totalizzazione previsti dalle Convenzioni internazionali. Si tratta di un’esigenza di allineamento dei sistemi di calcolo per evitare brutte sorprese o cattive interpretazioni. Crediamo sia indispensabile aggiornare il regime internazionale, sia fiscale che di sicurezza sociale. Regime internazionale che langue, in attesa che vi sia un ritorno di attenzione nei confronti del mondo dei migranti.


Quel mondo dei migranti costituito oggi dai cinque milioni di cittadini italiani residenti all’estero e da vaste comunità di italo-discendenti; dagli immigrati, i nuovi italiani, che giungono in Italia e che, con il loro lavoro, maturano diritti previdenziali e prestazioni che debbono poter trasferire; dalle nuove mobilità, che riguardano tanti giovani che si muovono nel mondo in una fase di ripresa dei flussi in uscita anche dall’Italia. Giovani che avranno bisogno di tutela previdenziale.


Abbiamo, in sostanza, da parte dei migranti una domanda insistente di identità e radici, diritti e partecipazione,


Abbiamo segnalato il tema della cittadinanza, con tutta la sua forza politico-culturale, grande tema dell’integrazione, raggiunta e sofferta all’estero e ancora da raggiungere in Italia per i nuovi italiani.


Recuperare con l’emigrazione il divario della storia, superando la discriminazione nei confronti delle donne, sancita anche dalla Corte di Cassazione, riaprendo i termini per il riacquisto della cittadinanza e riformando una sfera dei diritti della persona che rende ancora più forte il processo d’integrazione.


Il tema della presenza italiana nel mondo è profondamente legato al futuro della nostra rete diplomatico-consolare. Siamo convinti che la spending review possa consegnarci una nuova base di lavoro segnata da logiche di servizio e di efficacia della spesa.


In questo momento le comunità italiane nel mondo meritano una forte azione riformatrice per valorizzare pienamente il patrimonio di intelligenze di questa nostra presenza all’estero.


Credo opportuno, infine, segnalare due temi che sono all’attenzione dell’iniziativa parlamentare e sui quali il Governo dovrebbe intervenire. Il primo tema è quello relativo alle prerogative sindacali, cioè alla possibilità per il personale a contratto della rete diplomatico-consolare di partecipare al rinnovo delle RSU. Vicenda nota e ora all’attenzione del Senato, dopo il passaggio positivo alla Camera con l’approvazione in sede legislativa. Il secondo tema riguarda il riesame dei trattamenti economici del personale diplomatico. Anche su questa questione la Farnesina è chiamata a uno sforzo per evitare che le riduzioni di bilancio pesino soltanto ed esclusivamente sulla rete, sui servizi, sulla cooperazione allo sviluppo e sui capitoli degli italiani nel mondo”.

mercoledì 18 gennaio 2012

FEDI (PD): L’inserimento dell’Italiano nel curriculum locale apre le vere nuove opportunità

Credo sia stato utile aprire il confronto nel Partito Democratico sui temi della promozione e diffusione di lingua e cultura italiane nel mondo – ha dichiarato l’On. Marco Fedi.
Arriviamo in forte ritardo ad affrontare il tema della riforma di questo settore. I tagli drastici e drammatici imposti dal Governo Berlusconi, che ancora cerchiamo di contrastare con l’azione parlamentare tesa al recupero di risorse, anche con gli incontri che abbiamo chiesto al Governo, hanno comportato una nuova condizione: la condizione della sopravvivenza.
Credo che i tempi siano maturi per una vera riforma che guardi agli interessi più generali del Paese. Non possono vincere gli interessi corporativi ed abbiamo il dovere di assumere in piano questa responsabilità anche dopo la spending review, che non va demonizzata o enfatizzata, ma che deve fornici gli strumenti di analisi della spesa dai quali programmare gli interventi e gettare le basi di una proposta di riforma che parta anche dal buon lavoro già svolto alla Camera.
Credo sia utile ricordare che oggi è l’inserimento nel curriculum scolastico locale ad aprire nuove opportunità, anche con forti risparmi per lo Stato. Il personale formato in loco diventa non solo una scelta dettata dal risparmio ma anche un scelta saggia ed obbligata. Utilizzare queste opportunità non mette in discussione l’articolo 33 della Costituzione: al contrario, ne rende possibile la piena attuazione per gli italiani nel mondo.
Ritengo che comunque l’esigenza fondamentale sia dotarsi di strumenti, anche normativi, tali da garantire la diversità degli interventi, attraverso il pieno riconoscimento e la valorizzazione della diversità delle singole realtà. Il Piano Paese che diventa anche piano di interventi articolato secondo le esigenze dei vari Paesi.
La proposta di riforma, infine, deve appartenere alla nostra storia, rispondere alle nostre aspirazioni, fare riferimento alla esperienza politico culturale dei Comites e del CGIE e dei tanti soggetti che all’estero hanno costruito le opportunità di integrazione e diffusione di lingua e cultura italiane che esistono oggi e che rischiano di perdersi.

On. Marco Fedi


Segue: Testo completo dell’intervento



PD: Seminario di approfondimento sulle politiche della cultura italiana nel mondo e sulla possibilità di una riforma dell’intero sistema cultura all’estero.
Roma, martedì 17 gennaio 2012

Intervento On. Marco Fedi
La prima riflessione che ritengo urgente svolgere con voi riguarda l’oggi, il dove siamo, le ragioni per una sostanziale assenza di riforme in un settore strategico, di grande importanza per l’Italia e per il mondo, come quello che riguarda la promozione e la diffusione di lingua e cultura italiane nel mondo. La ragione della mancata riforma è la simbiosi tra enti gestori, personale di ruolo all’estero, dirigenti scolastici in giro per il mondo, oltre a Istituti di cultura e scuole italiane nel mondo. Una simbiosi che ha consentito, negli anni, di guardare ciascuno alle proprie convenienze, in qualche modo garantendo quindi anche le posizioni degli altri, e bloccando ogni possibile cammino delle riforme.
In questa simbiosi, tutti hanno vissuto grazie all’esistenza dell’altro. Il sistema, integrato e pubblico, si reggeva sull’investimento diretto e su un sistema indiretto di contributi agli enti gestori.
E, nonostante le nostre forti preoccupazioni per il futuro, il sistema funzionava, aveva anche una sua logica e garantiva le esigenze di tutte le categorie. I tagli drastici e drammatici, che ancora cerchiamo di contrastare con l’azione parlamentare tesa al recupero di risorse e con gli incontri che abbiamo chiesto al Governo, hanno comportato una nuova condizione, la condizione della sopravvivenza in un clima di forte riduzione delle risorse.
È possibile tornare a quella simbiosi, a far funzionare un sistema in cui sopravvivano interessi convergenti verso la promozione e diffusione di lingua e cultura? Credo i tempi siano maturi per una vera riforma che guardi agli interessi più generali del Paese. Non possono vincere gli interessi corporativi ed abbiamo il dovere di pensare alla promozione e diffusione di lingua e cultura italiane nel mondo come a una grande operazione di integrazione culturale e linguistica che valorizzi le diversità e costruisca le condizioni per una più proficua presenza italiana nel mondo .
Il PD ha una grande responsabilità nel momento in cui assume una iniziativa politica in direzione di una riforma. La prima responsabilità è di evitare che si tratti unicamente di una delle tante iniziative, senza futuro. O meglio a “futuro variabile” a seconda se siamo Governo o opposizione o, come oggi, nel mezzo di una situazione politica originale, anche nelle opportunità che offre se sapremo coglierle.
Una responsabilità resa anche complessa dalla limitatezza delle risorse ma anche dalle scelte che in questo cammino saremo chiamati a compiere. La direzione che dovrà prendere la riforma.
L’esigenza fondamentale è dotarsi di strumenti, anche normativi, tali da garantire la diversità degli interventi attraverso pieno riconoscimento e valorizzazione della diversità delle singole realtà. Il Piano Paese che diventa anche piano di interventi articolato secondo le esigenze dei vari Paesi.
Non dice la verità chi sostiene che gli enti gestori non danno sufficienti garanzie in termini qualità dell’insegnamento o di formazione degli insegnanti. In alcuni Paesi poi, ad esempio l’Australia, il personale di ruolo docente in Italia non potrebbe insegnare se non dopo l’abilitazione e comunque avrebbe il problema del permesso di soggiorno.
L’abilitazione all’insegnamento è fondamentale in quei Paesi, sempre in crescita, in cui l’Italiano è oggi lingua curriculare. Rispetto al passato, l’inserimento nel curriculum locale apre nuove opportunità, risparmi per lo Stato e la necessità che si rispettino sempre più gli ordinamenti locali. Ecco che il personale formato in loco diventa non solo una scelta dettata dal risparmio ma anche un scelta saggia ed obbligata. Utilizzare queste opportunità non mette in discussione l’articolo 33 della Costituzione: al contrario, ne rende possibile la piena attuazione per gli italiani nel mondo.
Siamo passati attraverso la storia, abbiamo attraversato il cammino dell’emigrazione, oggi viviamo il percorso delle nuove migrazioni, eppure ancora oggi, l’Italia, un grande paese protagonista di queste esperienze umane ed universali, è ancora senza una vera politica culturale, senza una vera politica di promozione e diffusione di lingua e cultura italiane nel mondo.
Viviamo una tragica condizione, che ogni giorno subisce anche le contraddizioni di un Paese stanco e disattento, poco propenso alle riforme e bloccato dalle logiche di categoria che sono arrivate a permeare anche la rappresentanza parlamentare che invece dovrebbe agire oltre i limiti e i condizionamenti delle categorie per disegnare un progetto universale.
A Montecatini, nel 1996, individuammo nella dizione "promozione e diffusione della lingua e cultura italiane" il vero percorso che l’Italia doveva intraprendere: parte della nostra politica estera, impegnati a coordinare il lavoro tra le diverse Direzioni e tra i diversi Ministeri, attenti alle "diversità", coscienti che l’unica vera "italianità" passa attraverso l’integrazione, l’affermazione della propria identità, l’uso degli strumenti linguistici e culturali.
Dicemmo anche che una vera riforma doveva avere il carattere del coraggio, non nascondere "soluzioni" dentro "soluzioni", non puntare al minimo denominatore comune, con un totale appiattimento verso i livelli più bassi, ma creando punte di eccellenza, centri di eccellenza, qualità verso cui propendere.
Dicemmo che la qualità andava sempre garantita, in entrambe le direzioni: enti gestori, dirigenti scolastici, personale docente ed amministrativo. Dicemmo che tra Ministero degli Affari Esteri ed enti gestori doveva nascere un rapporto contrattuale - di media durata - non dodici mesi di sofferta attesa per contributi che arriveranno dopo altri dodici mesi di garanzie date a banche che chiedono interessi passivi che non sono rendicontabili ai fini della gestione dei corsi stessi. Dicemmo quanto fosse indispensabile trovare il giusto equilibrio tra intervento pubblico diretto e indiretto.
Sul tema della natura dell’intervento vorrei sgomberare subito il terreno da un equivoco. L’insegnamento di lingua e cultura italiane all’estero non è “privatizzato” nel senso tradizionale della parola. Le soluzioni adottate dal Governo italiano, fino ad oggi, hanno fatto riferimento all’intervento diretto dello Stato e ad un intervento indiretto, attraverso gli enti gestori, che non è privatizzazione poiché si tratta di un trasferimento di risorse ad enti che non perseguano il lucro, che si propongano fini ed obiettivi statutari relativi al benessere della comunità italiana e che rispondono, sia in Italia che in base alle legislazioni locali, a criteri di trasparenza e di corretta gestione amministrativa, sottoposta a controlli annuali. Il dibattito, che si è trasferito sul piano ideologico, deve tornare ad essere legato alle soluzioni ottimali. Penso alla già citata differenziazione degli interventi a seconda della realtà Paese, all’azione didattico-formativa e di coordinamento affidata ai dirigenti scolastici i cui uffici devono essere adeguatamente dotati di personale amministrativo, all’azione di controllo da parte dell’autorità consolare, all’assunzione in loco di docenti e, in alcune realtà, se il Piano Paese indica quella soluzione come la più confacente ai bisogni formativi, anche assunti dall’Italia. Inoltre, è necessario operare un coordinamento tra diverse Direzioni del MAE con altri Ministeri che hanno competenza specifiche come il Ministero della Pubblica Istruzione, per concorrere a determinare le linee generali dell’azione di promozione e diffusione di lingua e cultura italiane. Mi sembra che questi elementi possano portare all’elaborazione di un testo condiviso da sottoporre all’attenzione del Governo o da presentare come proposta unitaria in Parlamento.
In sostanza credo che si debbano trovare soluzioni adeguate rispetto a situazioni davvero diverse tra loro in termini di realtà dell’insegnamento e della diffusione della nostra lingua. Ci sono casi in cui l’impegno principale è degli enti gestori, altri dove il ruolo centrale è delle scuole italiane ed altri ancora dove gli ordinamenti scolastici locali hanno assunto un ruolo centrale. È fin troppo evidente, quindi, che il nuovo quadro normativo debba articolare e differenziare gli interventi conformemente al Piano Paese predisposto per ciascuna situazione specifica.
Innanzitutto risorse adeguate: non è possibile investire in cultura e formazione, anche linguistica, se non si investono anche risorse adeguate.
La qualità dell’intervento, con una cabina di regia che oggi appare lontana. Non solo nel contesto del Ministero degli Affari esteri, tra DG italiani all’estero e affari culturali, ma anche con il Ministero della Pubblica istruzione.
Sulla riforma della 153/71 la sostanza è che la promozione dell’insegnamento della lingua italiana nel mondo ha superato, nei fatti, i vincoli normativi ed è oggi uno strumento di arricchimento delle realtà culturali e sociali locali, di forte presenza della nostra lingua e della nostra cultura in quei Paesi – basti pensare all’Australia dove l’italiano è la lingua più diffusa dopo l’inglese, anche nelle scuole – ed è parte del sistema Italia all’estero, in modo particolare quando è affidata agli enti gestori e quindi integrata nel curriculum scolastico locale. La riforma deve tener conto della molteplicità di realtà e soggetti, della necessità assoluta – che non può essere mascherata da false soluzioni – di superare l’assistenzialismo e puntare alla integrazione curriculare ed alla massima apertura e diffusione a livello scolastico ed universitario oltre che a moderni progetti di collegamento, formazione ed aggiornamento. Programmazione degli interventi in base ad un Piano Paese, sicurezza degli interventi e dei finanziamenti a fronte di una provata e certificata capacità tecnico-organizzativa degli enti. Le Direzioni Generali del Ministero degli Affari Esteri debbono armonizzare la propria azione e, ad esempio, la formazione, l’insegnamento diretto ed i progetti di rilevanza nazionale ed internazionale possono essere affidati, a livello ministeriale, ad un esame comune. Però acceleriamo il passo: ricordo che a Montecatini il CGIE approfondì e predispose successivamente un testo di riforma. Si tratta ora di trarre frutto da queste esperienze importanti.
Abbiamo peraltro sottoscritto nella trascorsa legislatura e ripresentato in questa legislatura una nostra proposta di legge, primo firmatario Narducci, che invoca una gestione unica e introduce delle novità come l’Istituzione, presso il Ministero degli Affari Esteri del Dipartimento per la promozione della lingua e della cultura italiane all'estero: una struttura operativa composta da operatori e tecnici della Scuola, in grado di interpretare il ruolo della scuola italiana all'estero in totale sintonia con i processi innovativi in atto nella scuola, anche pensando ad un maggior coinvolgimento del Ministero dell'Università e della Ricerca.
Ritengo importante guardare ad una proposta di riforma che appartenga alla nostra storia, che risponda alle nostre aspirazioni, ai sogni delle comunità italiane nel mondo ed alla esperienza politico culturale dei Comites e del CGIE e dei tanti soggetti che all’estero hanno costruito le opportunità di integrazione e diffusione di lingua e cultura italiane che esistono oggi e che rischiano di perdersi.

FEDI (PD): Il primo dovere della RAI è informare bene e subito gli italiani all’estero sulla situazione di Rai Internazionale

Le giuste proteste delle nostre comunità nel mondo sui tagli a Rai Internazionale e la richiesta che vi sia un recupero di risorse per l’informazione televisiva e radiofonica nel mondo – alle quali abbiamo risposto sia con l’azione parlamentare che chiedendo un incontro al Governo – rischiano di scontrarsi con l’assoluta mancanza di informazione da parte della RAI.
Dobbiamo evitare che la protesta nei confronti del Governo Berlusconi per la forte riduzione dei contributi a Rai Internazionale si trasformi in una protesta nei confronti della stessa Rai Internazionale per la totale assenza di informazioni relativamente ai nuovi palinsesti ed alla programmazione Rai che continua nel mondo anche senza i programmi autoprodotti – continua Fedi. Abbiamo ricevuto in questi giorni numerose richieste sul mancato aggiornamento del sito internet di Rai Internazionale senza fornire ulteriori indicazioni su come acquisire le informazioni sulla programmazione.
Dobbiamo garantire l’informazione precisa e puntuale ai nostri connazionali nel mondo, sia sulle scelte della Rai che sulla nuova programmazione. Solo in questo modo potremo contare sul pieno sostegno delle nostre comunità nel mondo.

ITALIA-AUSTRALIA, CAMERA: STEFANI INCONTRA SUO OMOLOGO DANBY


ITALIA-AUSTRALIA, CAMERA: STEFANI INCONTRA SUO OMOLOGO DANBY
(9Colonne) Roma, 18 gen - Il presidente della commissione Affari esteri della
Camera dei Deputati, Stefano Stefani, ha incontrato questa mattina a
Montecitorio il suo omologo australiano, Michael Danby. Nel corso
dell'incontro Stefani ha sottolineato come nonostante la lontananza geografica
i rapporti tra Italia ed Australia siano molto intensi "in particolare grazie
alla presenza di una numerosa comunità di origine italiana" ed ha ricordato
che un membro della commissione Esteri, Fedi, è residente in Australia.
"L'Italia - ha affermato Stefani - segue con attenzione la politica estera
dell'Australia ed in particolare il ruolo che essa svolge sulla scena
regionale". "A tal proposito - si legge in una nota - sono stati approfonditi
argomenti relativi alla questione dei rapporti con la Cina, alla creazione
dell'area di libero scambio pan- pacifica, all'annunciata realizzazione di una
base Usa in Australia e alle relazioni con altri importanti attori in
quell'area geografica, a cominciare dall'india e dall'Indonesia". "Sono lieto
di questa occasione di incontro - ha concluso Stefani - che contribuisce a
rinsaldare i nostri legami anche a livello di relazioni parlamentari".
(Ram)

martedì 17 gennaio 2012

FEDI (PD): Decreto mille – proroghe: impegno per le detrazioni fiscali per carichi di famiglia

Presentato in Commissione bilancio, a prima firma Fedi e Narducci, l’emendamento che estende ai residenti all’estero le detrazioni fiscali per carichi di famiglia.
Avevamo segnalato l’urgenza di un provvedimento che ristabilisse il principio dell’equità per i residenti all'estero che producono un reddito assoggettabile a IRPEF in Italia – ha ricordato l’On. Marco Fedi. L’emendamento, sottoscritto dai deputati del PD eletti all’estero, è stato presentato nel decreto mille proroghe (AC 4865).
In assenza di una proroga – continua Fedi – molti lavoratori rimarrebbero in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale. Il termine è scaduto a fine 2011 e la mancata proroga non consentirebbe a tanti lavoratori residenti all’estero di accedere a questa tipologia di detrazioni. Si tratta di lavoratori con famigliari a carico il cui datore di lavoro e sostituto d’imposta è, in molti casi, una pubblica amministrazione dello Stato italiano.
In sede parlamentare il Governo si era ripetutamente impegnato ad adottare iniziative normative che superassero il limite temporale e che prevedessero la definitiva estensione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero. Stiamo lavorando affinché vi possa essere il parere favorevole convergente dei gruppi parlamentari e del Governo.


Scheda detrazioni fiscali per carichi di famiglia


La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha esteso le detrazioni fiscali per carichi di famiglia, previste dall'articolo 1, comma 1324, ai lavoratori ed alle lavoratrici residenti all'estero limitatamente agli anni 2007, 2008 e 2009, a condizione che:
a) gli stessi dimostrino, con idonea documentazione, che le persone alle quali tali detrazioni si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore, al lordo degli oneri deducibili, al limite previsto dall'articolo 12, comma 2, compresi i redditi prodotti fuori dal territorio dello Stato,
b) di non godere, nel paese di residenza, di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi famigliari.
Il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato, con decreto 2 agosto 2007, n. 149, recante regolamento concernente le detrazioni per i carichi di famiglia ai soggetti non residenti, di cui all'articolo 1, comma 1324, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le norme applicative della legge. Il limite temporale, inizialmente limitato agli anni 2007, 2008 e 2009, è stato prorogato al 2010 e poi, in virtù dell’articolo 1, comma 54, della Legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Legge di stabilità 2011) fino al 2011.

I residenti all'estero, che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia, sono oggi posti in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale, a causa di un limite temporale ingiusto. Si tratta di lavoratori con famigliari a carico, che non godono nel Paese di residenza di benefici connessi ai carichi famigliari, il cui datore di lavoro e sostituto d’imposta è, in molti casi, una pubblica amministrazione dello Stato italiano. Il Governo si è ripetutamente impegnato ad adottare iniziative normative che prevedano il superamento del limite temporale e che prevedano la definitiva estensione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero.

Riteniamo che, l’introduzione dell'articolo 40, comma 1-ter, della legge 15 luglio 2011, n. 111, conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, che ha previsto la riduzione delle detrazioni fiscali e l'articolo 18 del decreto-legge 201/2011 che modifica il comma 1-ter dell'articolo 40 della legge 15 luglio 2011, n. 111, introducendo una nuova norma che disciplina l'aumento delle aliquote IVA e stabilendo un regime transitorio delle agevolazioni fiscali, incluse le detrazioni per carichi di famiglia, garantisca la copertura garantita dalle maggiori entrate provenienti dall'imposta sul valore aggiunto.
In questa ottica, con la legge delega in materia fiscale che comporterà la revisione completa del regime delle imposte sul reddito e delle detrazioni fiscali, chiediamo che il nuovo regime fiscale e le detrazioni d'imposta, incluse le detrazioni per carichi di famiglia, si applichino anche ai residenti all'estero che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia sia nel periodo transitorio che nel nuovo regime fiscale.

Consapevoli dell’orientamento generale del Governo in materia di riforma fiscale, chiediamo di superare, nell’immediato, ogni disparità di trattamento nei confronti dei residenti all'estero che producano un reddito da lavoro dipendente assoggettabile a IRPEF in Italia, soprattutto quando il sostituto d'imposta è una pubblica amministrazione dello Stato italiano, ed a garantire che nella riforma fiscale vengano tutelati i diritti dei residenti all'estero che producono reddito soggetto a imposte sui redditi delle persone fisiche, puntando alla parità di trattamento tra residenti nel territorio italiano e residenti all'estero, sui redditi prodotti in Italia, e prevedendo l'introduzione definitiva e senza limiti temporali di tutte le nuove norme fiscali, anche per i residenti all'estero.
Per quanto attiene alla copertura finanziaria, è opportuno rilevare che non si tratta di un costo aggiuntivo a carico dello Stato poiché il regime delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia era già in vigore fino al 31/12/2011 e che comunque la copertura è garantita, come per tutto il regime delle detrazioni, dalle entrate IVA.

AC 4865

Art. 29

Dopo il comma 16 aggiungere il seguente:

«16-bis. Per i soggetti non residenti, le detrazioni per carichi di famiglia di cui all’art. 12 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, spettano a condizione che gli stessi dimostrino, con idonea documentazione, individuata con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto legge, che le persone alle quali tali detrazioni si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore, al lordo degli oneri deducibili, al limite di cui al suddetto art. 12, comma 2, compresi i redditi prodotti fuori dal territorio dello Stato, e di non godere, nel paese di residenza, di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi familiari.»

I deputati


Fedi Marco, Narducci Franco, Bucchino Gino, Farina Gianni, Garavini Laura, Porta Fabio