martedì 31 luglio 2012

DELRIO (ANCI) AI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO: GARANTISCO IL MIO IMPEGNO PER LA RIDUZIONE DELL’IMU

Il presidente dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) Graziano Delrio ha rispostoai parlamentari eletti all’estero e ha garantito il suo impegno a sostenere l’opportunità dideliberare l’agevolazione sull’IMU resa possibile dalla legge.
I parlamentari (Bucchino, Farina, Fedi, Garavini, Merlo, Narducci, Picchi, Porta, Micheloni e Randazzo) avevano scritto all’ANCI e all’IFEL chiedendo l’interessamento dei due Enti al fine di sensibilizzare i Comuni italiani a farsi carico delle necessità e delle legittime istanze dei cittadini emigrati i quali chiedono che siano mantenute quelle agevolazioni che lo Stato italiano aveva riconosciuto con lungimiranza fin dal 1993 (e cioè l’equiparazione all’abitazioneprincipale dell’immobile posseduto in Italia dagli italiani residenti all’estero ai fini dell’imposta comunale sugli immobili).
La legge istitutiva dell’IMU entrata in vigore dal 2012 e che ha abrogato l’ICI, prevede che i comuni, nell’ambito della propria potestà regolamentare, possono estendere alle unità immobiliari possedute in Italia dagli italiani residenti all’estero lo stesso trattamento previsto per l’abitazione principale, vale a dire l’aliquota ridotta e la detrazione di base.
L’applicazione di tale agevolazione, nota il presidente dell’ANCI nella sua lettera di risposta ai parlamentari, non è tuttavia neutrale rispetto alle risorse degli Enti locali e comporta quindi una perdita di risorse.
Del Rio confida comunque che i Comuni vogliano cogliere l’opportunità della previsione di legge, sulla base delle effettive situazioni locali, in considerazione non solo del valore sociale – e anche simbolico – dell’agevolazione, ma anche dell’impatto relativamente ridotto in termini di perdita di risorse che il dispositivo citato comporta.
I parlamentari eletti all’estero auspicano quindi che ci sia un effettivo interessamento da parte dell’ANCI per orientare in senso favorevole agli italiani all’estero le prossime delibere dei Comuni e che i Comuni abbiano la sensibilità di accogliere le richieste di decine di migliaia di nostri connazionali.

Marco Fedi: “Rafforzare e aggiornare l’impostazione culturale del Museo dell’emigrazione”


Il parere della Commissione Esteri della Camera ha tenuto conto delle osservazioni del parlamentare del Pd

“In occasione del parere che la Commissione Esteri della Camera ha espresso sul testo unificato relativo all’organizzazione e al funzionamento del Museo dell’emigrazione italiana, all’esame della Commissione Cultura, ho ritenuto di fare alcune osservazioni sostanziali volte a migliorare l’impostazione culturale del provvedimento”.
E’ quanto ha dichiarato l’on. Marco Fedi, a commento del parere che la Commissione Esteri ha espresso sull’impianto della legge riguardante il Museo dell’emigrazione.
“La questione centrale è quella di definire quale debba essere l’asse culturale di questa importante istituzione tesa a conservare e a riproporre in termini attuali la memoria dell’emigrazione italiana. L’idea che ho avanzato è che l’emigrazione debba essere considerata nell’impaginazione museale non come un evento isolato, ma nel contesto delle migrazioni internazionali che caratterizzano la realtà contemporanea. Solo in questo modo si valorizza la nostra emigrazione come un fenomeno globale, si dà ragione della trasformazione dell’Italia da paese di storica emigrazione in paese anche di immigrazione, si coglie pienamente il fenomeno delle “nuove mobilità” verso l’estero, che coinvolge ormai annualmente decine di migliaia di nostri giovani.
Un secondo aspetto riguarda la gestione scientifica. Essa deve essere affidata esclusivamente ad esperti di alto e provato profilo, sia che risiedano in Italia, sia che operano nelle aree di maggiore insediamento di italiani, come il Nord America, il Sud America, l’Europa e l’Australia. Il Direttore generale degli italiani all’estero, che rappresenta il MAE, l’ente che detiene il Museo, deve avere compiti di stimolo e controllo della struttura, senza partecipare alle attività scientifiche, che devono essere coordinate ma del tutto autonome rispetto alla gestione amministrativa. Andrebbe stabilito inoltre un raccordo più preciso con la dimensione regionale della nostra emigrazione, anche all’interno del Comitato scientifico.
Ho osservato, infine, che se un Museo si deve fare seriamente, allora non si possono fare le nozze con i fichi secchi. I duecentomila euro previsti non sono certamente adeguati (ricordo che il Governo di centrosinistra per il Museo aveva stanziato 2,8 milioni!) e, soprattutto, non è il caso che si ritaglino dalle risorse previste per le politiche emigratorie, che già sono state quasi prosciugate in questi anni. E’ come se si dicesse agli emigrati: se volete un luogo del ricordo dell’emigrazione italiana, ve lo dovete pagare con i soldi vostri.
Prendo atto con piacere che il parere della Commissione Esteri ha tenuto conto di queste osservazioni; mi auguro che non si tratti di un passaggio solo formale, ma che la legge sia migliorata nella sua impostazione e nella portata operativa”.



On. Marco Fedi
Camera dei Deputati

Segreteria

lunedì 30 luglio 2012

A proposito di tacchini ed eroi


Caro Ferretti,

il riferimento ai tacchini di partito, nella discussione che ha fatto seguito alla approvazione del decreto di rinvio di Comites e Cgie, mi era sfuggito. Segnalatomi il pezzo, un amico, evidentemente lettore de L’Italiano, mi ha chiesto ragione dei fatti. Provvedo ad inviarvi la mia, personalissima, lettura dei fatti.

Premesso che sul tema ho espresso ampiamente le mie opinioni, proprio in una lunga intervista pubblicata da L’Italiano, e quindi non torno sulle ragioni del sì convinto ad un doveroso rinvio legato a ragioni di ordine economico, contingenti, e valutate in sede di Commissione Esteri ed in aula.
Torno, invece, sulla questione del nostro atteggiamento nei lavori parlamentari, di commissione e d’aula. Credo che il dovere di un parlamentare sia impegnarsi in ciò in cui crede, farlo da parlamentare, quindi cercando di modificare i provvedimenti ed intervenendo in Commissione ed in aula per dire ciò che pensa ed assumersi responsabilità politiche conseguenti.
Alcuni di noi l’hanno fatto con coerenza, presentando emendamenti, motivando le nostre obiezioni alla scelta del Governo di inserire nel decreto di rinvio anche aspetti di riforma, o almeno aspetti che condizioneranno la riforma. Altri gruppi hanno scelto di non presentare emendamenti, di non motivare le loro ragioni intervenendo in aula ma di chiedere semplicemente il voto, o peggio come ha fatto l’On. Picchi, la commistione tra elezione Comites e voto politico.
Ve lo immaginate se avessimo approvato un emendamento che obbligava il Governo a mettere insieme in un “election day” all’estero rinnovo Comites e voto politico? Immaginate il lavoro per raccordare due elezioni svolte con regole diverse che di analogo hanno solo l’uso della corrispondenza? Immaginate il caos politico che una tale approvazione avrebbe comportato in un momento delicatissimo in cui dovremmo invece riordinare i meccanismi del voto politico per renderli più sicuri? Naturalmente è facile fare una proposta demagogica e cavalcarla, senza conseguenze. Analogo discorso per la richiesta del voto. Coloro i quali erano davvero convinti che l’unica direzione possibile fosse procedere con il voto, avrebbero dovuto, in Parlamento, proporre emendamenti per recuperare, attraverso tagli ad altri settori, i tredici o quattordici milioni di euro mancanti.
Perché non è stato fatto? Alcuni di noi hanno cercato una soluzione. La cercano ancora oggi con la spending review. Non è facile e non sarà facile ottenere una radicale inversione di tendenze.
Capisco che in politica, come in altre sfere della vita civile, oggi si senta il bisogno di avere degli eroi. E gli eroi, nella politica, sarebbero una vera autentica novità. Ma mi creda, direttore, prima degli eroi avremmo bisogno, molto più semplicemente e modestamente, di persone che facciano bene il proprio lavoro.
Quando questa prima parte è assolta, si è fatto il proprio dovere, il passo successivo è verificare quale coerente atteggiamento assumere. Io trarrò le conseguenze – a tempo debito – rispetto al ruolo dei parlamentari eletti all’estero e alle scelte del nostro Paese, ma mi lasci dire che fino a quel momento l’attività parlamentare per la quale sono stato eletto, che è cosa diversa dal perpetuare la stridente demagogia di questi giorni, è l’unica consolazione alternativa all’eroismo e forse l’unico atto di vero impegno che rimane a futura memoria. Oltre alle nostre idee.

La saluto con deferente stima.

On. Marco Fedi

mercoledì 25 luglio 2012

FEDI (PD): “GLI ITALIANI ALL’ESTERO, BANCO DI PROVA DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA DEL SISTEMA PUBBLICO”

“L’impegno a rendere più efficiente il nostro sistema pubblico, anche con un più deciso ricorso all’uso delle tecnologie, è uno dei leitmotiv ricorrenti dei governi che si sono succeduti negli ultimi decenni. Nella legge di conversione del decreto per la crescita, che abbiamo appena approvato alla Camera, c’è finalmente una novità, forse anche per la spinta che viene dalla drammatica situazione economica: la nascita dell’Agenzia per l’Italia Digitale, che dovrebbe realizzare gli obiettivi dell’Agenda digitale italiana ed europea. Che cosa può venire da questa decisione per gli italiani all’estero? Tanto più che le distanze e lo stato semicomatoso dei consolati ingigantisce per loro, forse più che per gli altri cittadini, il bisogno di efficienza e di maggiore dinamismo della pubblica amministrazione”. È la domanda che si pone l’on. Marco Fedi, presentatore, assieme ai colleghi Farina, Garavini, Narducci e Porta, di un ordine del giorno, accolto da governo, sulle complesse questioni dello sviluppo delle tecnologie informatiche nella pubblica amministrazione.    “Il punto fondamentale sul quale ho messo l’accento – continua Fedi – è quello di vedere come l’innovazione tecnologica migliori concretamente il rapporto dei cittadini con la pubblica amministrazione e soprattutto, come questo avvenga per i cittadini italiani residenti all’estero, anche sviluppando realisticamente la posta elettronica certificata (PEC). Intanto, già sarebbe un bel risultato superare al più presto il doppio livello di gestione, cartaceo e digitale, ancora in uso, con risparmi di risorse, di spazio e di spese che sono a tutti evidenti. Per arrivare a questo risultato non sarebbe stato insignificante riaffermare un ruolo significativo del MAE, soprattutto per quanto attiene ai rapporti tra i cittadini italiani e le amministrazioni dell’Italia e degli altri paesi europei. Mi dispiace che il Governo abbia chiesto di non menzionare questo passaggio che avrebbe avuto un indubbio significato. L’ordine del giorno comunque, è stato parzialmente accolto, e io voglio vedere il bicchiere mezzo pieno. Si tratta ora di vedere se i passi concreti che si compiranno su questa strada saranno coerenti con gli impegni assunti. Per quanto mi riguarda, non mancherò di verificare questi passaggi e di informarne gli italiani all’estero, che devono essere messi nella concreta condizione di avvertire i possibili miglioramenti delle misure che saranno adottate”.     On. Marco Fedi III Commissione Affari Esteri e Comunitari Camera dei Deputati Segreteria: Via Poli 13 - 00187 Roma Tel. +39 0667605701 fedi_m@camera.it

Tre interrogazioni su problemi reali degli italiani all'estero


PASSAPORTI AI MINORI: FEDI (PD) INTERROGA TERZI E CANCELLIERI



ROMA\ aise\ - Dal 26 giugno scorso i minori italiani devono avere un proprio passaporto. Il documento deve essere richiesto con l’assenso di entrambi i genitori, qualunque sia il loro stato. Per Marco Fedi (Pd), deputato eletto in Australia, il Governo potrebbe consentire il rilascio del passaporto anche con l’assenso di un solo genitore, se questi ha la potestà esclusiva sul figlio.
Tesi contenuta in una interrogazione ai Ministri degli esteri e dell’interno, Terzi e Cancellieri, in cui Fedi presenta il caso di una connazionale in Australia.
"Dal 26 giugno 2012 – si legge nella premessa – i minori possono viaggiare all'estero solo con un documento di viaggio individuale e devono essere in possesso di passaporto individuale; per richiedere il passaporto per un figlio minore è necessario l'assenso di entrambi i genitori, coniugati, conviventi, separati, divorziati o naturali, e questi devono firmare l'assenso presso l'ufficio in cui si presenta la documentazione; in mancanza dell'assenso è necessario avere il nulla osta del giudice tutelare".
"Il consolato d'Italia di Adelaide – spiega il deputato – non ha ritenuto di accogliere la richiesta di rinnovo di passaporto presentata da una cittadina italiana, residente in Italia e temporaneamente domiciliata in Australia, e la richiesta avanzata contestualmente dalla stessa di concessione del passaporto al proprio figlio minore; la richiesta di concessione del passaporto al figlio minore, pur in assenza dell'assenso del padre, è motivata dal fatto che l'interessata è titolare esclusivo della potestà sul figlio; il consolato di Adelaide ha eccepito di non poter intervenire quale giudice tutelare del minore, in assenza della firma dell'altro genitore, poiché nel caso di specie il minore è residente a Castel di Lama, Ascoli Piceno, e quindi ricadente nella competenza del giudice tutelare di quel territorio".
Alla luce di quanto accaduto, Fedi chiede ai due ministri "quali iniziative si intendano adottare per consentire alla richiedente di ottenere il rinnovo del passaporto italiano in base alle disposizioni in vigore, che consentono il rinnovo e il rilascio del passaporto ai connazionali in transito o temporaneamente domiciliati all'estero, previo nulla osta dell'Autorità italiana competente; se non ritengano sussistere i presupposti per la concessione del passaporto per il minore dal momento che la madre dichiara di essere titolare esclusiva della potestà sul figlio" e, infine, "se non ritengano, nel caso in cui non possa essere accertata la titolarità di cui al punto precedente, di assumere iniziative anche normative, prevedere, anche per i minori, la possibilità che il consolato acquisisca il nulla osta direttamente dal giudice tutelare competente". (aise)

BORSE DI STUDIO E GIOVANI ALL’ESTERO: FEDI (PD) INTERROGA TERZI E PROFUMO


ROMA\ aise\ - Le borse di studio bandite ogni anno dal Governo per i giovani italiani all’estero possono essere assegnate solo agli studenti maggiorenni. Ma ci sono Paesi in cui il corso di studi secondario finisce prima che in Italia, dunque molti giovani sono di fatto esclusi dai bandi. A denunciarlo è il deputato Pd Marco Fedi che sul punto ha interrogato i Ministri degli esteri e dell'istruzione, Terzi e Profumo
"Il Ministero degli affari esteri – rileva Fedi nella premessa – emana per ciascun anno accademico un bando di concorso per borse di studio offerte dal Governo italiano a studenti stranieri o a cittadini AIRE per frequentare corsi universitari e postuniversitari o corsi di alta specializzazione presso molteplici istituti scolastici e formativi; tra i numerosi requisiti previsti per concorrere all'assegnazione di tali borse di studio vi è anche quello relativo all'età dei concorrenti, in base al quale "in nessun caso le borse possono essere assegnate a candidati non maggiorenni"".
Ma, annota Fedi, "in diversi paesi il diploma di scuola secondaria superiore si consegue dopo quattro anni di corso, e non cinque come nel nostro sistema scolastico, con l'evidente conseguenza che gli studenti che compiono un regolare corso di studi arrivano al diploma quando non hanno ancora compiuto il diciottesimo anno di età; la condizione del possesso della maggiore età, in tali casi, diventa preclusiva per la partecipazione al concorso per le borse di studio e, di fatto, costituisce un freno proprio per gli studenti che hanno compiuto con successo il loro corso di studi nelle strutture scolastiche dei loro Paesi di provenienza".
Secondo il parlamentare, "al di là delle ragioni di ordine pratico che possono essere alla base di tale sbarramento, l'esclusione dal concorso degli studenti che hanno dato le migliori prove delle loro capacità di studio è in contraddizione con l'ispirazione meritocratica del bando e con l'intento del Governo italiano di stabilire un rapporto positivo con persone che presumibilmente integreranno le classi dirigenti dei paesi di provenienza".
Per questo, Fedi chiede ai ministri se non si "ritenga opportuno nei bandi di concorso che saranno emanati per i prossimi anni accademici tener conto del più breve sviluppo del corso di studi di scuola secondaria superiore esistente in diversi Paesi e quindi consentire la presentazione delle domande anche a chi, pur avendo un diploma di scuola superiore, non abbia ancora raggiunto la maggiore età" e "se non sia il caso, in linea subordinata, che almeno la maggiore età dei candidati sia rilevata non all'atto della presentazione delle domande ma al momento della formale attribuzione della borsa di studio". (aise)

CITTADINANZA IN AUSTRALIA: FEDI (PD) INTERROGA TERZI E CANCELLLIERI


ROMA\ aise\ - "Dare alle nostre strutture amministrative all'estero indicazioni di semplificazione delle procedure che consentano il riconoscimento di diritti sanzionati per legge".
È quanto richiede l’onorevole Marco Fedi (Pd) ai Ministri degli Esteri e dell’Interno, Terzi e Cancellieri, sottoponendo alla loro attenzione il caso di una cittadina australiana, figlia di un italiano, che ha richiesto la cittadinanza al consolato di Melbourne.
"La signora Cynthia Anne coniugata Logan (nata a Caufield, Vic, nel 1959), figlia del cittadino italiano (jure sanguinis) Carl Francoli, nato in Australia, - riporta Fedi nella premessa – ha inoltrato domanda di acquisizione della cittadinanza italiana al consolato generale d'Italia di Melbourne; tale domanda, molto frequente tra i nostri connazionali in Australia, è stata respinta dal consolato generale di Melbourne per problemi legati ai diversi cambiamenti del cognome del padre, Carl Francoli, avvenuti nel tempo".
"Nel 1957 – spiega Fedi – il signor Francoli (nato Carl Gabriel Francoli), avvalendosi delle normative australiane, ha cambiato il suo cognome in Gabriel (Carl Gabriel) e nel 2005 ha riacquisito il suo nome e cognome originario (come da atti australiani del 2006 e del 2007); nella documentazione fornita dal department of justice di Victoria (Registry of births, deaths and marriages), allegata alla domanda presentata al Consolato generale d'Italia di Melbourne dalla signora Cynthia Anne Logan, vengono riassunti e certificati dalle autorità australiane tutti i passaggi che testimoniano la continuità d'identità del signor Francoli".
Fedi chiede ai due Ministri "se non ritengano di approfondire le ragioni per le quali la richiesta della signora Cynthia Anne coniugata Logan non sia stata accolta, rimuovendo in tempo ragionevole le remore che ne hanno impedito il buon esito finale" e "se non ritengano, in considerazione della frequenza di casi simili dovuti alle opportunità offerte dalle particolari legislazioni locali, di dare alle nostre strutture amministrative all'estero indicazioni di semplificazione delle procedure che consentano il riconoscimento di diritti sanzionati per legge". (aise)

mercoledì 18 luglio 2012

L'Italiano intervista l'On. Marco Fedi


Marco Fedi, deputato PD eletto in Australia, è stato uno dei protagonisti dell’acceso dibattito che si è consumato nei giorni scorsi nell’Aula della Commissione Affari esteri della Camera dei Deputati e che ha visto, al centro delle polemiche, le procedure di rinnovo dei Comitati degli italiani all’estero (COMITES) e del Consiglio generale degli italiani all’estero (CGIE) che avrebbero dovuto svolgersi nel marzo 2009 e che sono state rinviate prima al 2010, poi al 2012 e attualmente al 2014.

On Fedi, in una sua intervista ha definito la nuova proroga di COMITES e CGIE “una pessima controriforma”. Può spiegarne il motivo?

Su Comites e Cgie sono state dette molte inesattezze. Il paragone con i Comuni, ad esempio, è una sciocchezza, non solo per il semplice fatto che i Comuni sono previsti dalla Costituzione, come i parlamentari della circoscrizione estero, ma perché i Comites hanno compiti e funzioni che non necessariamente richiedono un esercizio democratico imponente e costoso come il voto per corrispondenza. Mi spiego. Studiare la realtà locale, fornire un parere al Console, al Cgie, al Parlamento e al Governo, è compito di organismi consultivi, che in alcuni Paesi sono nominati. Denunciare problemi relativi alla qualità dei processi di integrazione e tutelare gli interessi dei cittadini italiani all’estero, richiede risorse per lo studio, l’approfondimento, la relazione di documenti. La democrazia elettiva in che misura ne migliora la qualità? La democrazia elettiva implica le grandi scelte di fondo, l’indirizzo politico, la destinazione di risorse. Il Comites non può fare nulla di tutto ciò. Non gestisce denaro pubblico. Poiché siamo arrivati al punto che il costo di una elezione è pari al totale di 16 anni di funzionamento dei Comites, che hanno una dotazione di bilancio ridottissima, mi chiedo: possiamo provare a pensare ad un nuovo metodo di elezione, meno costoso? La nomina consolare in alcuni Paesi ha funzionato. Ma è possibile avere altre forme di elezione, anche il voto elettronico, purché si dia comunque la possibilità di scelta, la opzione. Inoltre riducendo il numero degli iscritti all’elenco degli elettori, ricordiamo che questa è una delle proposte che abbiamo fatto come PD, con le modifiche alla 459 del 2001, avremmo già una riduzione sostanziale dei costi e quindi, tra la riduzione del numero di iscritti, il voto elettronico per chi opta e il voto per corrispondenza per gli iscritti che non optano per il voto elettronico, si ridurrebbero di molto i costi. Il Governo anziché limitarsi, come era suo compito e dovere, al rinvio per ragioni di cassa – motivazione già sufficiente per un rinvio poiché tra la dotazione di 7 milioni ed il preventivo di 21 milioni non vi era spazio per soluzioni contabili – ha ritenuto di inserire nel decreto anche delle “innovazioni” sul metodo di voto elettronico. Con un limite economico di 2 milioni di euro.
Il Senato ha modificato il decreto inserendo qualche accorgimento largamente insufficiente ed il recupero di 3.5 milioni di euro su scuola, assistenza e Comites. La controriforma è proprio qui. Quando in un decreto di rinvio per ragioni economiche il Governo inserisce anche punti concernenti il metodo di elezione, in questo caso il voto elettronico, si apre a modifiche di merito e comunque condiziona pesantemente la discussione di merito quando andremo ad affrontare la riforma. Un errore politico.

In Commissione, lo scorso 10 Luglio, ha manifestato forti perplessità sulla riduzione delle risorse disponibili nei competenti capitoli di bilancio, “tali da legittimare il sospetto di una loro diversa utilizzazione”. Può essere più chiaro?

Il sospetto è appunto che il voto elettronico sia stato introdotto, male e con scarsissime informazioni, al fine di utilizzare la dotazione di bilancio di 7 milioni di euro. In altre parole, se vi fosse stato unicamente un rinvio, la dotazione di spesa doveva essere prevista e trasferita anche per il 2014. Con l’introduzione del voto elettronico e di un limite di spesa di 2 milioni di euro, la Farnesina ha potuto utilizzare risorse bloccate. In che direzione? È parso di capire che inizialmente i conti non tornassero e poi si è arrivati a 3.5 milioni di euro. Ancora poco, insufficiente, dopo tre anni di tagli gravissimi. Almeno è un segnale in controtendenza che deve continuare legandolo alla spending review che la Farnesina, ad esempio, vorrebbe limitare. Il documento approvato dal Comitato sulla spending review, ad esempio, faceva delle proposte e raccomandazioni condivisibili delle quali si vede poca traccia nel provvedimento sulla rimodulazione della spesa all’esame del Senato.

Il disegno di legge approvato al Senato il 25 maggio 2011 e trasmesso alla Camera dei Deputati reca nuove disposizioni relative alla composizione e alle modalità di elezioni. Quale è la sua considerazione a riguardo? Lei ha inoltre parlato di modello inglese con la nomina del CGIE…

Ho parlato, a dire il vero, di modello anglosassone per i Comites. Si tratta infatti di comitati che, avendo compiti consultivi, nel paesi anglosassoni sono normalmente nominati e non eletti. Ripeto, se le elezioni non rappresentano un costo proibitivo per l’erario ed anche in rapporto a compiti e funzioni di questi organismi, la loro elezione diretta è sempre positiva. Meglio più democrazia che meno democrazia. Ma quando per eleggerli spendiamo 21 milioni di euro che non abbiamo, siamo poi in condizione di non poterli far funzionare poiché la dotazione di bilancio negli ultimi anni è passata da € 3.300.995 a1.356.356, mi pongo il problema di ripensare alle soluzioni fin qui adottate. Con le operazioni di rinnovo spenderemmo 6 volte la dotazione iniziale del 2008 e 16 volte quella del 2012, per amministrare zero. Il decreto di rinvio non offre una risposta soddisfacente per la semplice ragione che parla di un regolamento da adottare entro 6 mesi che dovrà “stabilire le modalità di votazione e scrutinio nei seggi costituiti presso la sede dell’ufficio consolare o, ove possibile, anche in altri locali predisposti dal comitato elettorale, tenuto conto del numero degli elettori, della loro dislocazione e della disponibilità di personale, anche mediante l’utilizzo di tecnologia informatica” ma che non potrà superare il tetto di spesa di 2 milioni di euro garantendo sicurezza, personalità e segretezza del voto. Ora dovremo capire se la norma lascia aperte possibilità del voto al seggio, se il seggio sarà organizzato con postazioni elettroniche o se tutto andrà online. In ogni caso, in attesa di capire cosa verrà fuori dai lavori di concertazione Esteri, Economia e Finanze e Innovazione tecnologica, dobbiamo tutti augurarci di non risultare cavie di un progetto fallimentare.

Crede che il ricorso a modalità di votazioni basate esclusivamente sull’impiego di tecnologie informatiche possa davvero soddisfare la riduzione dei costi e garantire la partecipazione attiva di tutti gli italiani residenti all’estero che manifestino un interesse all’esercizio del diritto di voto?

Certamente no. In Commissione Esteri avevamo proposto un emendamento che andava nella direzione più volte indicata di una preiscrizione all’elenco degli elettori e l’opzione che preveda il voto elettronico – quindi chi si iscrive con questa modalità pensa ovviamente di avere accesso ad una postazione informatica, ad internet e alla banda larga e alla trasmissione cifrata dei dati – o in alternativa il metodo del voto per corrispondenza.
Con questo sistema di voto avremmo una riduzione dei costi, utilizzeremmo un metodo misto ed avremmo garanzie per tutti. In Italia le esperienze incentrate su sistemi di elettronici di espressione del voto sono state numerose. A causa della mancanza di una normativa in materia, le sperimentazioni di voto elettronico non sono mai state condotte su larga scala. Il Governo dovrà convincerci della serietà della proposta e della sua realizzazione pratica, oltre che le garanzie costituzionali legate al voto.

Cosa pensa dell’ipotesi di ridurre il numero dei parlamentari eletti all’estero, soprattutto a fronte dell’elevato numero di cittadini residenti all’estero?

Il primo errore politico è di avere accettato di votare un emendamento che, introducendo il Senato Federale, creava le condizioni per fermare le modifiche costituzionali concordate tra le forze politiche che sostengono il Governo Monti. Il secondo errore politico è di aver accettato, quasi automaticamente, l’idea che il Senato Federale della Repubblica non sia luogo idoneo ad avere una rappresentanza dalla circoscrizione estero. Una camera federale, in tutto il mondo, è composta in maniera paritaria da tutti i soggetti territoriali. Grave errore politico e strategico non aver pensato che, sia nella qualità e quantità, anche la Circoscrizione estero poteva avervi un ruolo.
Mi rendo conto delle difficoltà politiche interne al gruppo del PDL ma solo dirle queste cose in aula poteva riscattare alcuni aspetti di quel voto.
Terzo errore non aver richiesto che, su un tema così delicato e complesso, vi fosse un approfondimento proprio legato alla esistenza, mantenimento o ripensamento o abrogazione della circoscrizione estero. In altre parole, se qualcuno pensa di abrogare, ridimensionare, ripensare, lo faccia a viso aperto e discutiamone serenamente. Sparire, o essere ridimensionati, senza discuterne, è la peggiore delle conclusioni della nostra esperienza parlamentare.
Sulla riduzione alla Camera, dopo una discussione che è stata lunga e complessa, e che ha riguardato anche il tema del costo complessivo della politica, abbiamo raggiunto un accordo non facile e sul quale, eventualmente, eravamo anche pronti ad una presa di posizione bipartisan.
Meno male che i Senatori che hanno votato a favore del Senato Federale, e quindi per la conseguente abolizione dei 6 senatori eletti all’estero, non hanno dichiarato di averlo fatto per far decadere l’impalcatura complessiva delle riforme e quindi confermare 12 e 6! Sarebbe stato divertente.

Come giudica l’atteggiamento che il Governo sta mostrando verso il tema degli italiani all’estero e delle rispettive rappresentanze?

Ritengo che a fronte di un ampio sostegno parlamentare, con l’atteggiamento assolutamente costruttivo assunto dalla rappresentanza eletta all’estero in relazione alle riforme, alcune durissime per l’impatto che hanno avuto anche per i residenti all’estero, basti citare pensioni ed IMU, dopo tre anni di tagli continui ai capitoli degli italiani all’estero attuati dal Governo Berlusconi, il Governo Monti avrebbe potuto ascoltare di più e fare meglio. Sulla spending review ci attendiamo risultati concreti. Vorremmo vedere una ripresa della discussione sulle Convenzioni bilaterali, sul sistema di pagamento delle pensioni all’estero e sulla verifica dell’esistenza in vita, questioni sulle quali non vi è problema di costi ma di gestione e coordinamento. Anche il Parlamento però deve lavorare con maggiore impegno sui temi degli italiani nel mondo. Non basta sollecitare il Governo a maggiore impegno ed attenzione quando il Senato della Repubblica vota con zero dibattito e zero confronto un emendamento che realizza un Senato Federale dal quale risulta escluso un pezzo significativo della nostra storia d’Italia: l’emigrazione.

Lucia Abballe, L'Italiano

venerdì 13 luglio 2012

Camera dei Deputati: intervento dell’On. Marco Fedi nell’ambito della discussione generale per il rinnovo dei Comitati e del Consiglio generale degli italiani all'estero (Atto Camera 5342)


Signor Presidente, stiamo attraversando un momento particolarmente impegnativo nella storia del nostro Paese. La crisi economica ancora davanti a noi è vissuta con analoga preoccupazione dai cittadini italiani nel mondo. In questi mesi, con senso di responsabilità, gli italiani all'estero hanno compreso le ragioni delle riforme urgenti ed improrogabili che hanno modificato, anche per loro, condizioni ed aspettative di vita: dalle modifiche in campo pensionistico a quelle sull'IMU o sulle detrazioni fiscali per carichi di famiglia prorogate solo di 12 mesi e tra poco nuovamente in scadenza. Dobbiamo ricordare che anche per gli italiani all'estero le riforme Monti sono arrivate dopo i tagli lineari Tremonti. Le riforme Monti sono arrivate dopo tre anni durissimi di tagli ai capitoli di bilancio della Farnesina. In altre parole le comunità italiane nel mondo hanno sofferto una serie di tagli che hanno gravemente penalizzato l'insegnamento della lingua italiana - ed è per questo che una parte del recupero delle risorse va in quella direzione - l'assistenza ai connazionali indigenti - anche qui una parte delle risorse va in quella direzione - la rete consolare nel mondo e quindi i servizi, la rete della rappresentanza.
Nonostante tutto ciò la rappresentanza, Comites e CGIE, ha garantito l'informazione alla comunità, ha consentito di mantenere saldo il rapporto con le comunità, nonostante i tagli, nonostante le palesi discriminazioni. Basti ricordare l'esonero sulla prima casa dell'ICI, che ha riguardato tutti fuorché i residenti all'estero, nonostante i ritardi del sistema pensionistico, le lungaggini burocratiche, le lentezze per avere o rinnovare un passaporto. Nonostante tutto ciò la rappresentanza ha continuato a tenere alto il nome dell'Italia, anche quando l'immagine dell'Italia nel mondo non era certamente quella di oggi ed avrebbe giustificato arretramenti, tentennamenti, ripiegamenti che invece non vi sono stati. Anche in quei momenti il senso dello Stato ha consentito a tanti di continuare a rappresentare a tanti diversi livelli l'Italia e le sue articolazioni istituzionali, anche regionali e comunali.
È questa la rappresentanza di cui oggi il decreto in esame si occupa. Devo dire che il testo originale del decreto - poi sistemato con qualche pezza, dobbiamo riconoscerlo, al Senato - della rappresentanza si occupava poco, tardi e male. Poco per carenza di ascolto, una carenza di ascolto strutturale. Il Governo Berlusconi, ad esempio, per aver predisposto una riforma incapace di innovare. Basti pensare che se l'avessimo approvata, quella riforma a cui pure qualcuno fa ancora riferimento, se avessimo approvato quella pessima riforma oggi saremmo comunque qui a rinviare le elezioni per carenza di risorse. Infatti quella riforma non innovava proprio nulla sul piano delle modalità di elezione. Devo dire che se avessimo avuto quella riforma approvata avremmo ora difficoltà doppie, perché ci troveremmo ad avere approvato una riforma e a non poterla attuare.
Poco, perché anche il nuovo Governo se ne è occupato davvero poco, tant'è vero che il decreto non è stato anticipato da Pag. 85una vera discussione e questa è una critica politica che abbiamo già rivolto al Governo. Tardi, perché la questione era nota ed avremmo potuto occuparcene prima e sicuramente meglio se semplicemente ci avessero prestato ascolto. Male, perché nel decreto sono state dettate alcune condizioni essenziali per una riforma, le modalità di elezione, ma partendo dal come anziché dal per cosa e con quali strumenti. In altre parole il decreto, nella sua forma originale, apriva la porta ad un'ipotesi di riforma mascherata da un decreto di rinvio, tant'è vero che uno dei relatori al Senato ha provato proprio a far questo. Allora, anche dopo le modifiche al Senato, sappiamo che non si potranno spendere 21 milioni di euro: giusto a nostro avviso, perché in questo momento di crisi economica le risorse sono poche e limitate e dobbiamo dare priorità, ma sappiamo anche che si dovranno eleggere i Comites con metodo elettronico, quale si vedrà. Con quali costi ancora non sappiamo. Prima si diceva: non più di 2 milioni di euro; ora quella dimensione restrittiva è sparita, perché quei 2 milioni non sarebbero stati sufficienti neanche ad informare con una letterina gli oltre 4 milioni - in crescita rapida e continua - di elettori iscritti all'AIRE.
Vedete, un conto è far partire una discussione, anche urgente, su una riforma che parta da compiti, funzioni e composizione per passare attraverso le modalità di elezione, e non il contrario; un conto è farlo con serietà, ripensando al ruolo di questi organismi e tenendo conto della limitatezza delle risorse; altro conto è l'agire frammentato di questi ultimi anni. Dunque, un decreto-legge necessario in questo momento, ma sbagliato, modificato dal Senato, che ora siamo costretti ad accettare. Siamo pronti ad avviare una vera discussione con il Governo ed il Parlamento sull'impianto innovativo per avere una rete di rappresentanza efficiente ed efficace in grado di garantire collaborazione e sostegno, ma anche controllo democratico sull'azione della nostra rete diplomatico-consolare.
Infine, la questione delle risorse. Riteniamo che il recupero modesto al Senato non sia ancora sufficiente: inviteremo la Farnesina, con un apposito ordine del giorno, a rivalutare anche questa dimensione di investimento per le nostre comunità italiane nel mondo. Abbiamo il forte sospetto che, dal momento in cui è nato il decreto-legge, presentato ed approvato, una parte di quelle risorse siano state destinate dalla Farnesina ad altri capitoli. Crediamo che la rimodulazione della spesa con la spending review sia importante anche per il Ministero degli affari esteri: dobbiamo avere il coraggio anche in questo dicastero.
Signor Presidente, sottoponiamo queste preoccupazioni al Governo e all'Aula, e voteremo a favore di questo provvedimento, con le critiche che abbiamo espresso con grande apertura e chiarezza.

FEDI (PD): La riforma Comites e Cgie ferma alla Camera non avrebbe modificato nulla


Sulla conversione del decreto di rinvio delle elezioni di Comites e Cgie in aula abbiamo sentito molte legittime posizioni. Mi preme sottolineare alcuni aspetti importanti per evitare che su questo tema si faccia confusione. Ricordo all’On. Picchi che la pessima riforma di Comites e Cgie ferma alla Camera, nulla, ma proprio nulla, avrebbe modificato in rapporto alle modalità di organizzazione del voto. Oggi ci saremmo comunque trovati senza copertura finanziaria ad approvare un decreto di rinvio dopo pochi mesi dall’approvazione di una riforma. Comprendo che per chi fino a pochi mesi fa sosteneva il Governo Berlusconi sia possibile pensare a tali improbabili fumisterie politiche, o prese in giro, ma, come ricordato in discussione generale in aula, noi siamo per le riforme vere, condivise.
La citata riforma, a proposito di condivisione, è la meno condivisa della storia delle riforme per gli italiani all’estero e quella che ha marcato maggiori divisioni. Il voto contrario di alcuni dei parlamentari del PDL, il collega Angeli ha votato a favore, mi induce a pensare che il loro voto, per le motivazioni più volte addotte, per il voto dell’On. Picchi sugli emendamenti soppressivi dell’Italia dei Valori e della Lega Nord, sia invece più orientato all’azzeramento di questi organismi. Ma anche questa è polemica politica.
Vorrei infine ricordare che i Comuni italiani, non solo sono scritti nella Costituzione, come i parlamentari eletti all’estero, ma hanno compiti e funzioni molto diverse dai compiti e funzioni dei Comites. Per questa ragione dobbiamo rispettarli, pensando anche ad una riforma che ne ampli ruolo e competenze.

Fedi (PD): Noi siamo per le vere riforme


Il decreto di rinvio delle elezioni di Comites e Cgie, dopo il passaggio al Senato e la discussione in Commissione Affari Esteri, approda in aula alla Camera per la discussione generale.
In Commissione abbiamo rilevato le criticità di un provvedimento che il Governo ha inizialmente basato sulla mancanza di risorse per l’organizzazione del voto e su nuove modalità di voto elettronico.
Con gli emendamenti presentati in Commissione abbiamo posto all’attenzione del Governo l’esigenza di modalità di esercizio del voto che non rinuncino preventivamente al voto per corrispondenza ma rendano possibili e compatibili più sistemi di voto, in base ad una opzione resa dall’elettore a cui verrebbe comunque chiesto di iscriversi all’elenco degli elettori. Un modo questo per contenere i costi e ridurre il numero di plichi in circolazione cui non risponde una reale intenzione di voto. Abbiamo anche posto la questione delle risorse poiché il mancato recupero sui capitoli degli italiani all’estero dello stanziamento complessivo disponibile per il voto arriva dopo una catena infinita di tagli e riduzioni di bilancio.
Nell’annunciare il ritiro degli emendamenti, a causa dell’impossibilità materiale di far tornare il decreto al Senato, abbiamo anche posto una questione politica importante all’attenzione delle forze parlamentari. Non è possibile riformare la rappresentanza a colpi di decreti ma serve il coraggio delle riforme. Non quella licenziata dal Senato e fermatasi alla Camera: con quella riforma comunque oggi saremmo qui a discutere di proroga poiché nulla cambiava riguardo ai costi elettorali. Anzi avremmo approvato una riforma senza poi poterla attuare. Abbiamo invece bisogno di una riforma vera, che parta da compiti, funzioni e composizione degli organismi di rappresentanza ed identifichi anche regole e costi di elezione, compatibili con funzioni e compiti.

Camera: via libera riordino contributi imprese editrici. Il governo accoglie odg Fedi sottoscritto deputati Pd eletti all’estero



La Camera dei Deputati ha approvato in via definitiva il decreto legge che riordina il sistema di finanziamento pubblico alle imprese editoriali. I voti favorevoli sono stati 454, i contrari 22 (Idv e minoranze linguistiche) e 15 gli astenuti. Le linee su cui si sviluppa il provvedimento messo a punto dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Paolo Peluffo, sono relative ai nuovi requisiti di accesso ai contributi pubblici per la stampa di partito, le società cooperative e le nuove norme sulla rete di distribuzione della stampa quotidiana e periodica. Nel provvedimento è confermato anche il contributo di 2 milioni di euro annui per i periodici italiani pubblicati all'estero.

“Ci fa piacere che il sottosegretario Peluffo abbia accolto il nostro ordine del giorno – ha dichiarato l’On. Fedi – e ci auguriamo che l’impegno preso dal sottosegretario di seguire con attenzione anche la fase successiva all’approvazione del decreto, che dovrà fissare anche per i periodici italiani pubblicati all’estero i criteri per l’erogazione dei contributi e l’applicazione delle nuove norme, sia effettivo e concreto”.

Testo dell’ordine del giorno:

La Camera, premesso che:

            il settore dell’editoria ha una funzione strategica per la presenza italiana nel mondo e, per questo, meriterebbe una maggiore attenzione da parte delle istituzioni e delle forze politiche, soprattutto in una fase di crisi come quella che stiamo attraversando;

            il contributo storico che la stampa italiana all’estero e per l’estero ha assicurato nel lungo processo di inserimento delle comunità italiane nei diversi paesi di emigrazione, il ruolo che tutt’ora svolge nel promuovere e diffondere la lingua e la cultura italiana nel mondo e nel sostenere il sistema Italia, nonché l’azione tesa a produrre specifica ed originale informazione, giustificano ampiamente l’inserimento paritario delle testate per l’estero nel quadro nazionale ed internazionale dell’editoria italiana;

            per gli oltre quattro milioni di cittadini italiani residenti all’estero, elettori nell’ambito della Circoscrizione Estero, per altro in costante incremento anche per il rafforzarsi delle cosiddette « nuove mobilità» in uscita dal paese, si pongono inderogabili esigenze di informazione dovute al dovere di assicurare le condizioni per una consapevole partecipazione alla nostra vita democratica;

            il Senato della Repubblica, in occasione della conversione in legge del in esame, recante « Disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale», ha correttamente sanato una lacuna del decreto inserendo a pieno titolo nel provvedimento sia i periodici che le pubblicazioni per l’estero;

            l’articolo 1-bis ha reintegrato i pur inadeguati 2 milioni di euro a favore dell’editoria per le comunità italiane nel mondo e ha cambiato, a decorrere dai contributi relativi al 2012, la disciplina per la concessione dei contributi ai periodici italiani pubblicati all’estero, e alle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all’estero, introducendo un requisito temporale minimo di anzianità di pubblicazione o di diffusione;

            le Commissioni competenti dei due rami del Parlamento saranno sentite con riferimento alla emanazione del decreto del Presidente della Repubblica che fisserà i criteri per l’erogazione dei contributi e l’applicazione pratica dell’articolo 1-bis,

 impegna il Governo:

 -  a valutare l’opportunità di incrementare, con apposita norma, i contributi fissati e bloccati in 2 milioni di euro dal lontano 2002;

-   a garantire in ogni caso che l’entità del contributo non sia inferiore ai 2 milioni di euro;

-  a considerare la possibilità di consentire l’accesso ai contributi per l’editoria di lingua italiana nel mondo anche ai mezzi di comunicazione elettronica, che sono in forte espansione e garantiscono una notevole capillarità di contatti;

-  a verificare l’opportunità di favorire l’accesso paritario dell’editoria di lingua italiana nel    mondo alla pubblicità istituzionale e ai canali pubblicitari nazionali.

 Fedi, Bucchino, Farina, Garavini, Narducci, Porta

mercoledì 11 luglio 2012

Fedi (PD): Positiva discussione sul voto all'estero In margine alla presentazione del volume sul voto all’estero promossa dal Centro Altreitalie


Abbiamo bisogno di momenti di riflessione comune come quello organizzato dal Centro Altreitalie in occasione della presentazione del volume collettaneo Il voto degli altri. Rappresentanza e scelte elettorali sul voto degli italiani all’estero, a cura di Guido Tintori. In un precedente appuntamento, nel 2006 con la Fondazione Agnelli individuammo un percorso di riforma che oggi è ancora attuale poiché in larga misura praticamente inattuato. La discussione su questi temi procede a tentoni, rallentata dal confronto tra i partiti sui futuri assetti costituzionali e sulla legge elettorale. Mai noi eletti all’estero del PD abbiamo presentato delle proposte serie su nuove modalità di esercizio del voto che ne garantiscano meglio sicurezza, personalità e segretezza. E tuttavia, non siamo soddisfatti.
Prima di tutto, per i troppi luoghi comuni che spesso opacizzano la discussione. Per le inesattezze e le lentezze. Per la pretesa che serpeggia, anche se inespressa, di non riconoscere agli italiani all’estero il diritto ad un’autonoma rappresentanza. Eppure, essi sono soggetti d'imposta, a tutti gli effetti; spesso e volentieri, come dimostrano ICI, IMU, Tarsu e canone Rai, essi sono chiamati a pagare se non residenti ed assenti dal territorio e dai servizi.
Una discussione seria, che concerne un diritto di cittadinanza garantito dalla Costituzione, anche quando è critica della Circoscrizione estero, deve comunque prevedere soluzioni alternative. In altre parole, chi ne auspica e chiede l'abrogazione dovrebbe anche dirci come intenda far esercitare il diritto di voto senza dover rientrare in Italia.

La discussione politica sulle riforme costituzionali - già satura di veti incrociati, è resa ancora più improbabile dalla tempistica della doppia lettura e dall'ampia maggioranza richiesta per evitare il referendum e dall'azione del PDL che dopo aver raggiunto un accordo politico per le riforme ne ha smentito i contenuti modificando gli obiettivi in chiave presidenzialista. Questa discussione ha ben evidenziato le lacune culturali che ancora oggi bloccano il nostro Paese. Ne bloccano le riforme strutturali, l'apertura verso le nuove generazioni, la sua indispensabile modernizzazione.

Siamo un'idea, rappresentiamo un'idea, non siamo una propaggine, una diramazione, un'appendice - dei partiti, dei sindacati, della associazioni -. Che pure svolgono un ruolo importante.
Siamo una grande idea positiva per costruire l'altra Italia, l'Italia delle aperture, dell'efficienza, del merito, della valorizzazione della presenza italiana nel mondo.
Ecco, dobbiamo riuscire ad essere una grande idea di cambiamento, rimanendo allo stesso tempo fedeli alla nostra storia, alle nostre lotte, alla nostra identità. Per far questo abbiamo il dovere, la responsabilità di portare avanti le istanze degli italiani nel mondo. Anche in un momento di limitatezza delle risorse, facendo magari delle scelte.
Non possiamo né vogliamo più difendere posizioni precostituite, rendite di posizione, caste e interessi corporativi. Rischieremmo di indebolirci, di fronte alle difficoltà dell’oggi ma anche alle possibilità del domani. Per questa ragione, sul futuro assetto della rappresentanza, come sul destino della rete consolare o dell’insegnamento della lingua e della cultura italiane nel mondo, commetteremmo un errore se puntassimo alla conservazione. Con la convinzione di mantenere tutto inalterato perché per anni ha funzionato. Non è più così. Non sarà più così.

Siamo una grande idea, irrealizzata, a causa di chiusure ideali e progettuali, resistenze, analisi spesso irresponsabili.
Ed oggi, che abbiamo nuovi flussi di emigrazione nel mondo, con una politica che non si interroga sul come e dove e quando, come non si interroga sui temi dell’integrazione dei nuovi italiani immigrati in Italia; oggi che avremmo bisogno di una presenza nel mondo coordinata, anche se in modo diverso, per misurare nuovi bisogni, nuovi livelli di integrazione, nuove politiche per l’emigrazione; ogg che abbiamo bisogno di intelligenza, passione, impegno politico ed esperienza, rischiamo di rimanere in ritardo sui grandi temi della globalizzazione e sugli strumenti per affermare politiche transnazionali.
Il Centro Altreitalie è per noi un importante interlocutore: nella ricerca, nell'analisi e nello studio può contribuire ad arricchire la discussione politica che da tempo è aperta su queste cose.

martedì 10 luglio 2012

Marco Fedi (Pd) fa il punto su voto, riforme costituzionali, contributi per l’editoria e rinvio elezioni Comites e Cgie


2. ITALIANI ALL’ESTERO

“Noi riteniamo possibile l’aggiornamento dei meccanismi del suffragio all’estero, ma guardando la realtà politica di ogni giorno ci chiediamo se, come e quando si giungerà a questa riforma”

ROMA – Al margine del dibattito organizzato a Roma dal Centro Altreitalie,  in occasione della presentazione del volume di Guido Tintori  “Il voto degli altri. Rappresentanza e scelte elettorali degli italiani all’estero”, abbiamo cercato di approfondire con il deputato del Pd Marco Fedi, eletto nella ripartizione  Africa-Asia-Oceania-Antartide, alcune tematiche politiche di stretto interesse per gli italiani all’estero. Con lui abbiamo parlato della possibile revisione del voto all’estero, della riforma costituzionale, dello slittamento al 2014 del rinnovo dei Comites e del Cgie e delle ultime novità legislative per la stampa italiana nel mondo.      
Il voto all’estero, con tutte le sue debolezze e i suoi punti di forza, è stato il tema cardine di questo dibattito promosso dal Centro Altreitalie. Ora a incontro concluso cosa ci può dire in proposito?
La discussione è stata interessante e motivata da argomentazioni che sono all’ordine del giorno anche in Italia. Peccato che tutto questo dibattito rischi probabilmente di non avere seguito a livello normativo, perché vi è il forte sospetto, alimentato ogni giorno dalle posizioni dei partiti politici anche in Parlamento, che non si arriverà ad una riforma costituzionale e forse, solo con grande difficoltà, si giungerà alla riforma elettorale. In ogni caso la discussione odierna è stata utile perché ci ha consentito di puntualizzare alcuni aspetti relativi al voto all’estero che poi riguardano anche il tema della cittadinanza. Si è parlato dell’effettività del suffragio e dei meccanismi che a livello normativo possono essere adottati per rendere questa effettività del voto una vera espressione del cittadino con tutte le garanzie. Proseguiremo comunque questa discussione fra i parlamentari eletti all’estero e i ricercatori dediti alla materia.
Quindi, alla luce di questo complesso scenario politico, lei crede che si arriverà ad una riforma del voto all’estero?
Noi auspichiamo che si arrivi ad una riforma del voto all’estero, è una questione che poniamo al Parlamento da molto tempo. Ma guardando la realtà di ogni giorno, la discussione politica sulle riforme costituzionali al Senato, la difficoltà con la quale i partiti stanno vivendo in questo momento la discussione sulla nuova legge elettorale ci chiediamo se, come e quando si giungerà a questa riforma. Naturalmente ricordo che sul voto all’estero e sull’aggiornamento dei suoi meccanismi, quindi il suffragio per corrispondenza, attraverso la legge 459 sarebbero già possibili degli accorgimenti veloci e rapidi. Non va inoltre dimenticato che abbiamo già depositato più di una proposta di legge per rendere questo diritto maggiormente trasparente e in linea con le richieste che sono arrivate dagli italiani all’estero.
Recentemente il Senato ha approvato un emendamento nell’ambito della riforma Costituzionale che elimina i senatori della circoscrizione Estero. Le crede che questa modifica, che ovviamente danneggia il nostro sistema di rappresentanza, potrà avere seguito nell’iter parlamentare? 
Mi domando chi la voterà questa riforma. Credo che i lavori parlamentari su questa importante questione si siano arenati, appunto perché per fare una riforma Costituzionale che possa reggere il confronto con un possibile referendum abrogativo occorre un’ampia maggioranza che in questo momento manca. Fermo restando il fatto che è stato un errore prevedere l’eliminazione dei senatori della circoscrizione Estero, perché la discussione politica era ferma ad una proposta di modifica della loro presenza su cui secondo me il Senato avrebbe dovuto procedere, voglio ricordare che sono stati il Pdl e la Lega ad alzare l’asticella,  pensando ad una ipotesi di Senato federale o al semipresidenzialismo, facendo così venire meno il preventivo accordo politico. Quindi penso che senza una forte intesa politica difficilmente si riusciranno a portare in porto riforme.
In questi giorni inizia alla Camera la discussione sul decreto legge che rinvia al 2014 le elezioni dei Comites e del Cgie. Quali sono le sue considerazioni su questo provvedimento che il Senato ha approvato dopo un lungo dibattito in Aula?   
Ho chiesto di intervenire nel dibattito generale dove dirò che il reperimento dei 21 milioni di euro per le elezioni degli organi di rappresentanza degli italiani all’estero rappresentava  l’unica risposta vera che il Governo doveva darci. Parlerò inoltre di  come, rispetto all’attuale posizione dell’esecutivo, dobbiamo assumerci una grande responsabilità e prendere atto che se i fondi non ci sono non si possono svolgere queste elezioni in questo momento.  Poi c’è una riflessione che va fatta, e questa la dobbiamo fare tutti insieme, e cioè se vale la pena di innovare maggiormente Comites e Cgie. Ma questo è un dibattito che, secondo me, nell’attuale momento rappresenta un errore,  perché non è possibile pensare che si possono riformare Comites e Cgie partendo dalla questione della dotazione finanziaria. Noi dovremmo infatti elaborare una riforma che parta dai compiti, dalle funzioni e dalla qualità della rappresentanza, e solo dopo che avremo finito l’assetto istituzionale potremo pensare alle risorse per consentire a questi organismi di vivere una vita democratica. Quindi l’errore di fondo del Governo è quello di aver inserito nel decreto una parte che riguarda addirittura le modalità di voto, ovvero l’introduzione del suffragio elettronico. Detto questo noi non ci nascondiamo di fronte all’innovazione, crediamo che sia utile ragionare e riflettere su questa ipotesi, mettendola in cantiere e testandola negli anni. Il decreto legge del Governo ha anche indicato in due milioni di euro le risorse necessarie per gestire questo nuovo scenario elettorale. Io penso che questa somma sia del tutto inadeguata perché due milioni di euro non sarebbero sufficienti neanche per inviare una comunicazione scritta a tutti i nostri potenziali elettori nel mondo per informarli su questo importante cambiamento tecnico. Al senato il decreto è stato in parte rettificato e ora dobbiamo lavorare insieme per migliorare l’assetto della rappresentanza.
L’Assemblea della Camera sta esaminando il decreto legge, già approvato dal Senato, che riordina i contributi per le imprese editrici. Cosa ci può dire su questo passaggio legislativo che riguarda da vicino anche la stampa italiana all’estero?
Il decreto è in discussione in Aula dove ci hanno già detto che non sarà possibile apportare modifiche al testo approvato dal Senato. In questo ambito voglio però ricordare che con l’Art1 bis, inserito nel testo al Senato con un emendamento che ha recuperato una disattenzione del Governo,  sono stati salvaguardati i due milioni di euro di contributi pubblici per l’editoria di lingua italiana nel mondo. Nella fase di stesura del DPR e della nuova regolamentazione per l’erogazione dei contributi dovremmo intervenire nel dibattito presso le sedi competenti, ovvero le Commissioni Affari Esteri di Camera e Senato, per ampliare la copertura ai media e elettronici e per assicurare che non vi siano ulteriori riduzioni in questa dotazione di bilancio. (Goffredo Morgia -Inform)