domenica 19 agosto 2012

FEDI (PD): Vogliamo la Rai con lo sport. E maggiore chiarezza


I tagli sono quelli del Governo Berlusconi, per essere chiari. Il Governo di centrodestra ha tagliato la somma complessiva di 14 milioni e 700 mila euro alla convenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri con la Rai. Nel 2012 si è passati da 21 milioni a 6 milioni e 300 mila euro.
Una convenzione che nel 2008 aveva una disponibilità di 35 milioni di euro ridotta in tre anni di centrodestra a 6 milioni 300mila euro. Chiaro il concetto?
Tagli a orologeria, andati a regime ora. Una politica sana non può dimenticarne l’origine. Non si tratta di una responsabilità targata Monti. La responsabilità dell’attuale Governo, invece, era e rimane quella di trovare fondi per consentire a Rai International, che è la proiezione internazionale della Rai, quindi del nostro Paese, di continuare nei suoi obiettivi e di farlo come moderna emittente televisiva, portando all’estero il meglio della produzione nazionale, incluso lo sport e quindi anche il calcio.
È ciò che chiedemmo al sottosegretario Catricalà in occasione di un incontro a febbraio, dopo i tagli. È ciò che abbiamo ribadito in numerosi ordini del giorno e richieste indirizzate al Governo.  È ciò che continuiamo a chiedere con forza.
Non si tratta di presentare altre interrogazioni o interpellanze ma di incontrare i nuovi vertici Rai segnalando le richieste degli italiani all’estero relativamente a Rai International e di porre all’attenzione del sottosegretario Peluffo l’esigenza immediata di reperire risorse, impegno assunto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con deputati e senatori eletti all’estero.

On. Marco Fedi
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giovedì 2 agosto 2012

FEDI (PD): Non indeboliamo il Ministero degli Affari Esteri


L’esame in Commissione affari esteri della Camera ha ulteriormente rivelato la natura estemporanea dell’esame della spesa “Italian style”. L’adozione della spending review, cioè l’analisi della spesa finalizzata alla sua ottimizzazione, quindi non dei tagli lineari ma una rimodulazione delle voci di spesa, una migliore gestione delle risorse, l’eliminazione degli sprechi e il miglioramento della qualità dei servizi, cui si deve sempre e comunque tendere, non ha dato i risultati sperati.
I sei obiettivi conclusivi della Commissione sulla spending review, che ha operato sulla base delle indicazioni del Ministro degli Affari Esteri, hanno trovato solo una parziale risposta. Non hanno trovato un percorso di riforma e tantomeno una ristrutturazione della spesa interna agli esteri. Se lo avessimo davvero fatto, non solo non ci troveremmo nella condizione di damage control – limitazione del danno – a cui spesso dobbiamo ricorrere, ma potremmo avere più forza nel porre la questione politica della esigenza di stanziare una percentuale di PIL più alta per il Ministero degli Affari esteri. Il dicastero che ha il compito di attuare la nostra politica estera ed internazionale, la cooperazione allo sviluppo, le politiche per gli italiani nel mondo, i servizi consolari, la rete di promozione di lingua e cultura nel mondo, la rete di sostegno alle imprese, oltre alla promozione del sistema Paese nel suo complesso.
L’impegno del Ministero degli Esteri, in questa fase, deve essere quello delle riforme. Dobbiamo ripensare profondamente il modo in cui organizziamo la nostra presenza nel mondo, la spending review deve essere un passaggio annuale nella rimodulazione della spesa corrente e deve rispondere ad una amministrazione efficiente che risponde a delle scelte politiche forti. Se non fissiamo questi obiettivi, rischiamo di perpetuare una condizione di sostanziale stallo.
Nell’assumere l’incarico il Ministro Terzi aveva congelato la chiusura di sedi consolari in attesa della spending review. Tornare a chiudere sedi consolari, rinunciando alla rimodulazione di altri centri di spesa, tra cui l’ISE, è la risposta peggiore.
Viviamo le contraddizioni di una rete diplomatico-consolare allo stremo. Ritardi negli adeguamenti delle retribuzioni del personale a contratto, per il quale era stata ottenuta una deroga. Ricorso sempre più frequente ai tribunali del lavoro locali ed a vertenze sindacali con il MAE, mentre peggiorano i servizi ai nostri connazionali, con i call centres che non funzionano e costano moltissimo. La risposta non può essere rinviata. Non possiamo più indebolire il Ministero degli Affari Esteri in aree altrettanto strategiche per la nostra presenza nel mondo, come i servizi ai cittadini italiani e la promozione di lingua e cultura. La riqualificazione della spesa del Ministero degli Affari Esteri deve proseguire con le riforme e attraverso altri urgenti provvedimenti, anche legislativi.