mercoledì 29 maggio 2013

FEDI E PORTA: “USARE BENE E IN MODO STRATEGICO LE LEVE DEGLI ITALIANI NEL MONDO E DEI ‘NUOVI ITALIANI’

I parlamentari del PD sono intervenuti al seminario “Le seconde generazioni: cittadini (non) come gli altri", promosso da AUCI, ENGIM e FOCSIV nell’ambito del progetto: “Ti passo il testimone. Percorsi di accompagnamento all'inclusione sociale delle seconde generazioni”, cofinanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Nella Sala del Centro Pastorale della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del “Sacro Cuore”, di fronte a un nutrito numero di giovani immigrati impegnati ad affrontare le tematiche relative all'integrazione e alla cittadinanza italiana partendo dalle loro dirette testimonianze di vita, sono intervenuti gli onorevoli Marco Fedi e Fabio Porta, che hanno coniugato le tematiche dell’immigrazione con quelle dell’emigrazione.
L'On. Fedi ha richiamato la necessità di un profondo cambiamento culturale in un'Italia che deve dotarsi di vere politiche di integrazione. La nomina di un Ministro per l'integrazione è una prima significativa sfida proprio sul piano dell'innovazione culturale. “E’ importante per noi quanto per voi – ha affermato Fedi rivolgendosi ai presenti – che siano valorizzati la vostra esperienza culturale e il bagaglio di storia e cultura che ciascuno di voi possiede, che un nucleo famigliare coltiva e rafforza, e che questa risorsa sia messa a disposizione di una società che accoglie, che valorizza e che sappia utilizzarla. Utilizzarla anche per la crescita economica, non solo culturale. Nel pieno rispetto delle regole.
Questo cambiamento culturale – ha proseguito Fedi - deve coniugarsi anche con nuovi riferimenti normativi. A partire dalla cittadinanza. Jus soli e Jus sanguinis concorrono ad una nuova centralità della cittadinanza, sempre più intesa come inizio del percorso formativo di ogni cittadino, non come sua conclusione.
Credo che anche sui temi della cittadinanza, con la riapertura dei termini per chi vorrebbe riacquistare la cittadinanza perduta senza una vera ragione e superando antiche discriminazioni nei confronti delle donne prima dell'entrata in vigore della Costituzione, si possa fare un lavoro comune. Abbiamo presentato, inoltre, una proposta di legge per un “Consiglio nazionale per l'integrazione e il multiculturalismo” che propone una vera azione di coordinamento e di conoscenza per sviluppare nuove politiche d’integrazione. Anche in questo modo si può superare il limite che identifica oggi i processi di immigrazione come questioni legate alla sicurezza”.
L’on. Fabio Porta, nel suo intervento, ha insistito sull’intreccio che le politiche d’integrazione devono avere sia se rivolte agli stranieri arrivati in Italia che agli italiani residenti all’estero. “La vera sfida che abbiamo davanti – ha affermato - è culturale, ed è per questo che mi appresto a ripresentare un disegno di legge che prevede l’introduzione nelle scuole pubbliche italiane di un progetto multidisciplinare di insegnamento delle migrazioni, da e per l’Italia, con riferimento tanto alla grande epopea dell’emigrazione italiana nel mondo quanto alla multiforme presenza in Italia dei nuovi arrivati.

L’Italia – ha continuato Porta - non può continuare a tenere dieci milioni di propri cittadini ‘in frigorifero’. Sono tanti infatti gli stranieri residenti in Italia e gli italiani residenti all’estero. A questi ultimi abbiamo dato il diritto di voto attivo e passivo, dimenticandoci poi di includerli pienamente con efficaci politiche e programmi di integrazione socio-culturale ed economica. Nello stesso tempo, continuiamo a non dare la cittadinanza  ai primi, che da anni vivono nel nostro Paese contribuendo attivamente al suo sviluppo.  Si tratta di una perdita netta per un Paese come l’Italia – ha concluso Porta - che da un pieno coinvolgimento della sua popolazione emigrata ed immigrata potrebbe trarre grandi e inedite opportunità di crescita nell’ottica dell’internazionalizzazione e della globalizzazione”.

mercoledì 22 maggio 2013

FEDI (PD): SOSTEGNO AL MINISTRO KYENGE E STRUMENTI PER L’INTEGRAZIONE DEI MIGRANTI


Il parlamentare eletto nella ripartizione Australia-Africa-Oceania scrive al Ministro per parteciparle il suo sostegno
e presentarle la legge sul Consiglio per l’integrazione

“Uno dei segnali più significativi di novità dato dal Governo Letta è la delega per l’integrazione affidata ad una persona con il vissuto e la sensibilità del Ministro Cécile Kyenge. Si tratta di una svolta culturale, prima ancora che politica, che un rappresentante del mondo dell’emigrazione italiana, come io mi considero, non può non salutare con soddisfazione e gioia”. Sono queste le parole con le quali l’on. Marco Fedi ha dato comunicazione di un’iniziativa da lui assunta nei riguardi del nuovo ministro all’integrazione.
“Ho sentito il dovere, dunque, di inviare al Ministro Kyenge un messaggio per manifestarle condivisione ed emozione per il fatto che una responsabilità tanto delicata per la coesione sociale del paese e per gli orientamenti culturali dei cittadini sia stata affidata ad un migrante, vale a dire ad una persona che nel suo percorso esistenziale e perfino nel colore della pelle porta i segni di un passaggio di cultura, di ambientazione sociale e di relazioni umane.
“Per la mia stessa esperienza di vita – continuato Fedi - so quanto sia difficile procedere su questa strada, ma anche quanto sia necessaria la mobilità umana e di lavoro per assicurare una prospettiva di miglioramento a milioni di persone e sostenere lo sviluppo delle stesse società di insediamento, che dall’apporto dei migranti possono ricavare nuove energie e stimoli culturali. Dall’osservatorio dell’Australia, dove la mia famiglia vive, ho potuto constatare come sia importante e utile per il paese di insediamento adottare politiche di integrazione aperte ed efficaci al fine di allentare le tensioni sociali e culturali legate all’arrivo di persone percepite come “diverse” e di perseguire equilibri sociali durevoli e buone pratiche interculturali.
Al Ministro – ha detto Fedi – ho presentato anche la mia proposta di legge finalizzata alla costituzione del Consiglio nazionale per l’integrazione e il multiculturalismo (CNIM). Una  proposta sorretta da una duplice intenzione: creare una strumento di maggiore qualificazione e coordinamento delle politiche di integrazione finora perseguite in Italia; offrire uno strumento di proposta e di dialogo istituzionale e sociale alle più attive e consapevoli organizzazioni rappresentative dei migranti. Superare la condizione di atomizzazione dei migranti e favorirne una diretta e responsabile partecipazione alle scelte da fare per l’integrazione e il multiculturalismo, mi sembra un passaggio ormai maturo e ineludibile.
Il Consiglio, che ha funzioni di proposta, indagine e consulenza, può costituire al suo interno un osservatorio permanente sulle migrazioni, assistito da un comitato scientifico, che dovrebbe comprendere quanti finora hanno studiato proficuamente il fenomeno.
Il Ministro Kyenge – ha concluso Fedi – valuterà in piena libertà se questa proposta può rientrare nella strategia di rafforzamento dello spirito di integrazione nel nostro paese che Ella persegue. Quello che è certo è che il suo impegno va comunque sostenuto e il significato della sua nomina e del suo lavoro valorizzato per la coesione e il rinnovamento dell’intera società italiana.

FEDI (PD): RICONOSCERE LA PARITÀ DEI RAPPRESENTANTI DEI CONTRATTISTI ANCHE SUL PIANO PRATICO


Una lettera dell’on. Fedi e del sen. Micheloni al Ministro della Pubblica Amministrazione Giampiero D’Alia per rimuovere gli ostacoli che impediscono di  fatto una piena parità.

“La parità dei diritti sindacali tra il personale che presta la sua opera al Ministero degli esteri ha l’andamento del gambero, qualche passo avanti e qualcuno indietro. Eppure, l’anno scorso il Parlamento ha approvato una legge chiarissima – la numero 38 del 22 marzo 2012 – che ha stabilito la parità dei rappresentanti del personale a contratto del Ministero degli esteri, per anni ai margini della contrattazione sindacale interna”.
Sono queste le parole con le quali l’on. Marco Fedi ha annunciato un’iniziativa da lui assunta nei riguardi del Ministro della Pubblica Amministrazione e della Semplificazione amministrativa.
“Voglio ricordare che la legge 38 – ha continuato Fedi - è stata forse l’unico provvedimento normativo approvato nella scorsa legislatura per i lavoratori italiani all’estero. In genere i figli unici sono molto considerati nelle famiglie di appartenenza, ma questo evidentemente non è il caso della legge sui contrattisti in servizio presso la nostra rete diplomatico-consolare e presso gli istituti di cultura. In sede di contrattazione ARAM, infatti, quello che si è ottenuto in termini di principio dopo un faticoso percorso parlamentare si rischia di perdere sul piano pratico. La parità dei diritti sindacali, infatti, non è una pura ed astratta affermazione, ma una condizione che deve trovare riscontro nella pratica effettiva. E proprio qui si rischia di fare dei passi indietro, perché i rappresentanti dei contrattisti non vengono ammessi , a differenza di quelli del resto del personale, alle aspettative e ai permessi sindacali necessari per esercitare il diritto riconosciuti dalla legge.
Per evitare che un’affermazione fatta da una legge dello stato in una materia tanto delicata sia vanificata e si traduca in una beffa, assieme al sen. Micheloni ho indirizzato una lettera al Ministro per la Pubblica Amministrazione Giampiero D’Alia affinché voglio compiere presto gli interventi necessari per fare in modo che la legge 38 trovi un’attuazione paritaria e piena”.   

FEDI (PD): UN CONSIGLIO NAZIONALE PER L’INTEGRAZIONE E IL MULTICULTURALISMO E’ UN BENE PER L’ITALIA


Una nuova proposta di legge per sviluppare l’integrazione.  La risposta a Grillo sullo jus soli.

“L’ultima, ma non nuova, bordata contro l’idea di applicare il criterio dello jus soli per riconoscere la cittadinanza ai figli di stranieri nati in Italia o a quei bambini che arrivano da noi e s’iscrivono a un regolare corso di studi viene da Beppe Grillo. Personalmente non ho mai avuto dubbi sulla natura intimamente regressiva di molte delle “campagne” grilline, ma questa presa di posizione ne è una conferma evidente. In più, fa capire quanta strada vi sia ancora da percorrere per fare in modo che i “nuovi italiani”, come li chiama Napolitano, siano non solo accolti civilmente ma riconosciuti come una parte ineliminabile della nostra società e aiutati ad integrarsi pienamente in essa”. Sono queste le parole d’esordio dell’on. Marco Fedi nella presentazione di una sua nuova proposta di legge riguardante la creazione del Consiglio nazionale dell’integrazione.
“Eppure, la realtà è sotto gli occhi di tutti. Sono circa 4 milioni gli stranieri ufficialmente censiti, il 6,5% della popolazione, oltre 5 milioni quelli realmente presenti. Sono 80.000 i bambini nati da stranieri nel 2011, 760.000 quelli che frequentano le nostre scuole. Secondo gli analisti più seri, l’apporto di lavoro dato dagli stranieri alle nostre attività produttive è ormai insostituibile e il costante sviluppo delle attività autonome promosse da stranieri è prezioso, soprattutto in un momento di crisi economica e occupazionale così grave. Gli stessi analisti ribadiscono che il fenomeno è destinato a durare e a crescere per tutta la metà di questo nuovo secolo. Che senso ha continuare a rifiutare una realtà ormai evidente nella nostra vita quotidiana, perché non accettare – e lo dice un italiano all’estero - che l’Italia da paese di storica emigrazione è diventato ormai un paese anche di immigrazione? A chi giova?
Il vero problema non è rifiutare, - ha continuato l’on. Fedi - ma fare in modo che le persone che arrivano da noi per vivere e per lavorare si integrino prima e meglio possibile, e ci aiutino a fare sviluppare l’Italia, su tutti i piani. Non ci sono solo il rifiuto sordo, la xenofobia, il razzismo, ma anche l’inadeguatezza delle politiche di integrazione: insufficienti, disomogenee, poco coordinate ai vari livelli.
Per questo, assieme agli altri colleghi del PD eletti all’estero, ho presentato una proposta di legge per l’istituzione del Consiglio nazionale per l'integrazione e il multiculturalismo (CNIM), composto da trenta membri, equamente suddivisi tra rappresentanti delle organizzazioni degli immigrati e dei rifugiati, livelli apicali di alcuni settori della pubblica amministrazione e organizzazioni sociali impegnate sul campo. Il CNIM ha il compito di fare proposte e raccomandazioni volte a promuovere l’integrazione, contribuire all'elaborazione della legislazione che incide sugli indirizzi di politica migratoria, elaborare un rapporto annuale sullo stato dell’integrazione e del multiculturalismo, conoscere e valutare la normativa europea in proposito, fare studi mirati, fornire insomma indicazioni e dati di esperienza che possano essere assunti da chi deve elaborare e gestire le politiche di integrazione.
Una delle cose più importanti – ha affermato ancora l’onorevole eletto nella ripartizione Africa e Australia – è la formazione all’interno del CNIM di un osservatorio permanente sull’immigrazione e il multiculturalismo, assistito da un comitato scientifico composto da tutti quelli che finora hanno meritoriamente studiato questi fenomeni.
Sono convinto – ha concluso Fedi – che offrire strumenti che aiutino a sviluppare in modo serio e organico l’integrazione e il multiculturalismo non sia soltanto un atto di civiltà verso i migranti, ma un grande aiuto al nostro paese per uscire dinamicamente dalle difficoltà in cui oggi è irretito”.    

Tutti i partiti dei Presidenti

Tutti i partiti dei Presidenti

L’epilogo lo conosciamo: abbiamo chiesto a un buon Presidente di continuare nell'incarico.
I grandi elettori del PD hanno trasformato le elezioni per il Presidente della Repubblica in una sorta di regolamento di conti tra correnti che assomigliano sempre di più a bande in guerra.  Abbiamo rischiato di trascinare il Quirinale, il simbolo dell’unità del Paese, nel simbolo delle divisioni tra i partiti e nei partiti. Siamo riusciti, colpevolmente, a rinunciare a Prodi ma soprattutto abbiamo rinunciato a proseguire sulla strada del cambiamento con l’opportunità rappresentata da Stefano Rodotà. Alla fine la scelta di Napolitano era obbligata. Dobbiamo ringraziarlo per il suo impegno, anche se il modo migliore per ringraziarlo per il suo settennato sarebbe stato eleggere un altrettanto buon sostituto. Non ci siamo riusciti. Il Partito Democratico esce a pezzi da una durissima prova.
Accettiamo le responsabilità del fallimento del maggior gruppo di grandi elettori, il PD, che quindi aveva le maggiori responsabilità nel determinare l'elezione di un nuovo Presidente. Il Partito Democratico oggi ha il dovere di ridare speranza all'Italia e agli italiani.
Il voto ci ha consegnato un’Italia divisa in tre e di conseguenza un Parlamento che ne riflette tutti i mali, cominciando dalla mancanza di fiducia nei partiti.
L’idea di formare un Governo a guida PD era nata da due considerazioni: il PD era il primo partito per numero di parlamentari e poteva puntare a una seconda fase di rinnovamento, dopo le primarie e i nuovi volti portati in Parlamento. L’idea di un cambiamento nella politica – iniziato con l’elezione di Laura Boldrini e Pietro Grasso – ha trovato un ostacolo insuperabile nelle posizioni del Movimento 5 Stelle che non hanno ritenuto possibile affidare ad un esponente del PD la formazione di un Governo.

Responsabilità istituzionali e responsabilità politiche

Perché non è conciliabile assumere in pieno la responsabilità istituzionale, che ci consegna la Costituzione, con quella politica che ci consegnano i nostri elettori? Il Presidente Napolitano ci richiama al dovere di garantire in Parlamento, in una fase storica e politica e economica di inaudita gravità, il sostegno alla formazione di un Governo che si impegni nella modifica della architettura Costituzionale, per quanto attiene al Titolo V, alla modifica della legge elettorale ed alla soluzione immediata di una serie di immediate questioni sociali ed economiche. Se la mia risposta è positiva, mi assumo un impegno davanti al Paese e agli elettori per portare a compimento questi obiettivi. Ma potrei farlo anche dall’opposizione, poiché l’opposizione, pur ponendosi in contrasto con i valori e le idee di un Governo, con i contenuti programmatici che il Presidente del Consiglio espone in Parlamento, con la scelta di donne e uomini di Governo, concorre comunque alla formazione delle leggi e vota sui singoli provvedimenti cercando di migliorarli. Il problema, oggi, è tutto incentrato su dove e come si collocherà il PD e come si collocheranno i singoli deputati e senatori del PD. Personalmente, valuterò nel momento in cui arriverà una proposta di Governo, sia con le personalità che con le idee. Il PD è la più grande forza in Parlamento quindi non può collocarsi all’opposizione. Formare un Governo, per fare le cose più urgenti, può voler dire lavorare insieme, in Parlamento, facendo ciò che in Parlamento, nelle Commissioni e in aula, si fa ogni giorno. Se solo avessimo nel PD, il coraggio della novità. Anche nella formazione del Governo. Lavorando con tutte le forze politiche e parlamentari. Ecco, questa potrebbe essere la soluzione ideale. Ma proprio per questa ragione, difficile da realizzarsi. Se riuscissimo, in questa fase, a formare un Governo politico ma nuovo, che guardi e parli a tutto il Parlamento, potremmo insieme rispondere all’esigenza di conciliare il nuovo con la responsabilità istituzionale alla quale ci ha richiamati il Presidente Napolitano.