giovedì 23 gennaio 2014

FEDI (PD): I MIGLIORAMENTI SALARIALI DEI CONTRATTISTI AVRANNO UNA RICADUTA ANCHE SUI SERVIZI E SULL’IMMAGINE DEL PAESE

Le risposte date dal Vice Ministro Dassù a due interrogazioni dell’on. Marco Fedi sulla situazione del personale a contratto, che su questo terreno si è costantemente impegnato fin dalle precedenti legislature, consentono di aprire alcuni spiragli di chiarezza in una selva ancora molto intricata e di prendere atto che per questi lavoratori si è finalmente superata una condizione di blocco retributivo penalizzante. In una prima interrogazione, l’on. Fedi chiedeva che in Australia fosse attentamente applicata la Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali del 1985 sia al personale a contratto locale che a quello a contratto italiano. La risposta del MAE conferma che da tempo si è dato corso alle disposizioni della Convenzione, evitando che l’amministrazione italiana operasse le ritenute a beneficio dell’erario italiano. Nella stessa interrogazione si ricordava anche che, in base alla legge australiana, sul sostituto d’imposta cade l’onere non solo dei versamenti tributari ma anche di quelli previdenziali e assicurativi contro gli infortuni sul lavoro. A questo proposito il MAE ha precisato che questo compito può essere assolto solo per il personale a contratto locale, mentre per quello a contratto italiano vige l’obbligo, di cui le autorità australiane sono state informate, di fare i versamenti in Italia. “Naturalmente, la legge va rispettata sempre e dovunque” – ha commentato l’on. Fedi -, “purché non risultino penalizzati i lavoratori, i versamenti all’INPS siano garantiti e non si interrompa il diritto a prestazioni che maturano negli anni”. Sollecitiamo da molti anni attenzione al tema della doppia contribuzione previdenziale che, al pari delle doppie imposizioni fiscali, dovrebbe essere regolata da convenzioni bilaterali che prevedano esenzioni e deroghe assicurando il versamento in uno dei Paesi contraenti. In una seconda interrogazione, risalente a molti mesi fa, l’on. Fedi aveva sollecitato lo sblocco dei trattamenti retributivi di questo tipo di personale, fermo da tempo e divenuto anacronistico rispetto alla lievitazione del costo della vita, soprattutto in alcuni Paesi ad alto tasso di inflazione. La risposta del Vice Ministro Dassù su questo punto è stata positiva. In realtà, il miglioramento delle retribuzioni, proposto sulla base di parametri di comparazione con il trattamento assicurato allo stesso tipo di personale da altri Paesi, era rimasto impigliato nelle disposizioni della spending review, che bloccavano nuove spese. Scaduta la vigenza di quelle norme, il MAE aveva chiesto al Ministero dell’Economia e Finanze un parere che naturalmente era stato negativo. Si è deciso, tuttavia, di procedere comunque al miglioramento salariale e certamente rispetto a questa decisione non sono state estranee le sollecitazione pervenute dai parlamentari, a partire da quella dell’on. Fedi. “Sono soddisfatto per questa soluzione” – ha dichiarato l’on. Fedi – “perché consente di rimuovere una situazione di stallo ormai insostenibile e perché rappresenta un riconoscimento, sia pure parziale, di diritti di lavoratori che molto danno al funzionamento e all’immagine del nostro Stato all’estero. Rispettare i diritti dei lavoratori significa rispettare i diritti dei cittadini. Mettere i lavoratori nelle condizioni di fare con soddisfazione il proprio lavoro significa, infatti, anche migliorare i servizi a beneficio di un’utenza già troppo sacrificata dai tagli ai consolati. E in questo momento di difficoltà, bisogna saper cogliere ogni cosa che può dare un’immagine più dignitosa del nostro Paese”.

mercoledì 22 gennaio 2014

Fedi (PD): Le priorità per l’Italia, le scelte del PD, la strada di Renzi…

I prossimi giorni ci diranno se queste tre linee direttrici, che sicuramente si incontreranno, si svilupperanno insieme, intrecciate tra loro, riuscendo a dare risposte nuove ai bisogni degli italiani. Renzi ha vinto le primarie, è il segretario del PD, ha diritto al nostro sostegno. Su questo nessuno può avere dubbi. Ma il sostegno se lo dovrà anche guadagnare con la sua azione, per portare alle prossime elezioni il PD al Governo e l’Italia in una nuova fase di crescita, sviluppo occupazionale ed efficienza politica e amministrativa. È lecita, tuttavia, una domanda: a quale prezzo? A che prezzo si può superare la condizione di stallo politico e istituzionale in cui l’Italia si trova? Fare la riforma elettorale subito, just in case, come dicono gli anglosassoni, è necessario. Lo ha prescritto, ormai, la Corte Costituzionale. Anche se la causa di improbabili elezioni anticipate, per come si sono messe le cose dopo la rottura del Popolo delle Libertà, non può che arrivare dalla mancata tenuta della maggioranza o da una eventuale crisi interna al PD. Entrambe le condizioni dipendono da Renzi, che su un terreno così difficile dovrebbe agire con determinazione ma anche con ponderatezza politica. Invece, non sempre questo accade. L’incontro con Berlusconi, ad esempio, poteva essere evitato facendo in modo che il dialogo tra le forze politiche e i gruppi parlamentari fosse portato avanti dai responsabili del PD e dai capigruppo. Sarebbe stato un primo e concreto segnale di superamento dello stallo istituzionale. Ha preferito, invece, fare da solo, dare un forte segnale politico e simbolico, riesumando e riaccreditando di fatto, al di là delle sue stesse intenzioni, la figura di Berlusconi come statista. Una nuova complicazione politica e istituzionale. Renzi ha bisogno di convincersi che proprio quando il gioco si fa difficile e duro avrebbe bisogno di un partito unito alle spalle e che il PD, perché sia unito, ha bisogno di un segretario che lavori sull ’agenda del Governo Letta e prepari il Partito Democratico alla sfida elettorale e al governo del Paese. Responsabilità questa carica di difficoltà, di cui già oggi, con il Governo di larghe intese, portiamo il peso. Sul piano dei rapporti interni al PD, Renzi dimostra i suoi limiti maggiori. Non è accettabile, infatti l’insofferenza che egli dimostra nei confronti di posizioni diverse all’interno del suo stesso partito. E all’insofferenza spesso si accompagna un’eccessiva tendenza alla provocazione, che può andar bene nei rapporti con gli amici di Firenze, ma non nella conduzione del più grande partito politico italiano. Perché discutere del metodo Renzi-Berlusconi è un rischio da evitare nel PD quando tutti all’esterno ne discutono? E perch é esprimere valutazioni sul merito della riforma elettorale, ad esempio sull’opportunità di riaffidare agli italiani la scelta degli eletti, è quasi un atto di sabotaggio di un eventuale accordo quando queste cose tutto il PD le sta dicendo da anni? La proposta alternativa a quella di Renzi partiva da una valutazione diversa. Discutere nel Partito Democratico, raggiungere un accordo di maggioranza, fare in modo che proposta elettorale e riforma del sistema politico avessero almeno il sostegno di chi oggi si ritrova, insieme, ad esprimere il Governo del Paese: si tratta di un percorso politico ragionato oppure di una perdita di tempo? Renzi, a dire il vero, ha già risposto. Lo ha fatto incontrando Silvio Berlusconi. Un leader che, in più di un’occasione, si è dimostrato non affidabile nei rapporti politici. In ragione della sua forza politica, Forza Italia merita il riconoscimento di partito di opposizione e, come tale, deve essere coinvolto nel progetto di riforma elettorale e costituzionale. Ma Renzi, che – lo ripeto ancora - deve avere l’opportunità di fare il segretario del Partito Democratico, deve saper coinvolgere soprattutto nelle operazioni più delicate tutte le componenti del PD, deve saper incidere non con le battute ma con le proposte sulle scelte del Governo Letta e mettere tutti - partito e Governo – nella condizione di fare insieme un tratto di strada che non deve durare più dello stretto necessario. Né più né meno. Saranno in grado i teorici della politica semplice e del tutto subito di attendere il tempo necessario? Ce lo auguriamo nell’interesse dell’Italia. Intanto, piena solidarietà a Gianni Cuperlo. On. Marco Fedi

venerdì 17 gennaio 2014

On. Marco Fedi 2014 e politiche per italiani nel mondo

On. Marco Fedi su Governo Letta, Renzi e politiche per gli italiani nel mondo

giovedì 16 gennaio 2014

Intervista On. Marco Fedi - Italia Chiama Italia

Italiani all’estero, Fedi (Pd) a ItaliaChiamaItalia: ‘Gruppo unico? Meglio una bicamerale’ - di Barbara Laurenzi 15-01-2014 | 21:28:07 L’INTERVISTA Italiani all’estero, Fedi (Pd) a ItaliaChiamaItalia: ‘Gruppo unico? Meglio una bicamerale’ - di Barbara Laurenzi Marco Fedi, Pd Il deputato democratico rilancia una vecchia idea di Tremaglia e spiega: ‘allora sbagliammo a sottovalutarla’. Un gruppo unico composto da tutti gli eletti all’estero ‘si potrebbe formare solo se ci candidassimo tutti come indipendenti’. Sull’idea di riformare il voto: ‘se non si vuole la circoscrizione estero, si possono trovare altre soluzioni come i collegi in Italia’ di Barbara Laurenzi - ItaliaChiamaItalia Roma - “Non è vero che non facciamo sentire il nostro peso, svolgiamo il nostro lavoro al meglio mentre l’Italia è bloccata su tutti i fronti”. A colloquio con Italiachiamaitalia.it, rivendica l’operato degli eletti all’estero Marco Fedi, deputato democratico residente in Australia, ma a proposito dei tagli alla rete consolare ammette che “se la situazione rimane questa, il nostro ruolo va tutto ripensato”. On. Fedi, in un’intervista rilasciata a un’emittente australiana, ha dichiarato: “Fassina non si dimetta per provocazioni Renzi. Renzi faccia il segretario del Pd”. È improvvisamente diventato renziano? “No, affatto. Un buon segretario dovrebbe conoscere tutte le persone che fanno parte del suo partito, è grave se non conosce un sottosegretario o fa finta di non conoscerlo. Sono molto critico nei confronti della nuova linea seguita dal partito e della sceneggiata che sta avvenendo in questi giorni sul rimpasto e sui nuovi nomi. Stiamo dando una pessima dimostrazione del nostro operato, il Pd di Renzi doveva essere una realtà nuova con un’agenda politica da condividere, non una battaglia sui nomi”. Ha detto anche “la Bonino faccia qualche proposta sull’esercizio in loco del diritto di voto, visto che è Ministro degli Esteri, e non si limiti ad indicare problemi per i quali già in Parlamento sono state indicate soluzioni”. Proprio mentre si pensa a riformare la legge elettorale il Mae non sembra interessato agli italiani nel mondo: la circoscrizione estero sta per sparire? “La cosa grave è che un ministro della Repubblica, in particolare degli Esteri, tiri fuori una questione già superata dalla storia stessa. Ormai il tema del voto è legato alla cittadinanza, una questione importante e delicata che l’Italia deve ancora affrontare. Mi sorprende che un ministro e una donna di qualità come Emma Bonino si lasci andare a una valutazione così poco seria, dobbiamo superare questa situazione in cui ognuno parla a sproposito sull’argomento. Bisogna capire in che direzione andare, se non si vuole la circoscrizione estero, si possono trovare altre soluzioni come i collegi in Italia. Ciò che conta è preservare il diritto di voto”. Non crede che questa situazione si sia creata proprio perché voi eletti all’estero, per primi, non avete fatto sentire il vostro peso? “Non è vero che non facciamo sentire il nostro peso, svolgiamo il nostro lavoro al meglio mentre l’Italia è bloccata su tutti i fronti. Leggo spesso critiche di questo tipo ma le trovo ingiustificate, mi sembra che chiunque si senta in diritto di parlare a vuoto, c’è molta demagogia in giro ma poi, dal punto di vista dei fatti, rimane ben poco. La stessa Bonino ha prodotto dichiarazioni inutili, senza proporre nulla di concreto. Si tratta di un atteggiamento che riguarda ogni settore, non solo la nostra circoscrizione, basti pensare alla vicenda dei ‘saggi’. Prendersela con noi è puerile, il problema non è solamente farsi sentire ma, soprattutto, lavorare insieme per ottenere riforme utili e ben fatte”. Per contrastare tutto questo non potreste fare fronte comune con un gruppo unico, così come suggerito dal MAIE e rilanciato su ItaliaChiamaItalia anche dal Coordinatore del Movimento in Argentina, Mariano Gazzola? “Oggi non esistono le condizioni per formare un gruppo che abbia numeri tali da incidere sulle decisioni di governo, così come avvenuto solo nel 2006. Accetto, invece, l’idea di coordinarci meglio insieme, magari con una commissione bicamerale come quella proposta in passato da Tremaglia, un’idea che io per primo, sbagliando, sottovalutai. Avremmo potuto creare un gruppo unico solo se fossimo stati candidati ed eletti con lo stesso partito, dovremmo candidarci come indipendenti, non puoi candidarti con il Pd e poi, il giorno dopo, creare un altro gruppo, sarebbe poco serio. Dovremmo fare, invece, una cosa in cui ancora non siamo riusciti, ossia contare di più all’interno dei nostri partiti e lavorare insieme in una bicamerale”. Sta rilanciando l’idea di una bicamerale? “Sì, rilancio l’idea di formare una commissione bicamerale. Oppure ci candidiamo tutti come indipendenti”. La seconda ipotesi non si avvererà mai. “Il problema è che come gruppo indipendente non avremmo peso. In parlamento servono i numeri per condizionare la maggioranza, dobbiamo partire iniziando a contare di più nei nostri stessi partiti che, a loro volta, possono poi premere sulla maggioranza di governo. È vero che purtroppo, fino ad oggi, non siamo riusciti ad essere incisivi su molte questioni e se la situazione rimane questa, il nostro ruolo va ripensato tutto”. I consolati di Adelaide e Brisbane sono salvi. Ma per quanto tempo? Siete sempre appesi a un filo? Quali sono le problematiche più urgenti per la comunità italiana in Australia? “Innanzitutto bisogna affrontare il problema dell’assistenza e dei servizi e poi quello della rete consolare, o di quello che ne rimane. I consolati non hanno risorse umane adeguate né la giusta dotazione economica, l’assistenza è ormai lasciata all’iniziativa personale e individuale. Inoltre, è importante riconoscere anche ai nuovi emigrati gli stessi diritti e le stesse tutele, come fondi pensione e anzianità contributiva, che in passato sono stati attribuiti all’emigrazione tradizionale. Bisogna riaggiornare, ad esempio, anche le tutele per la disoccupazione”. Proprio l’Australia è stata al centro, negli ultimi due anni, di un forte incremento di arrivi dal nostro Paese. A che cosa è dovuto, secondo lei che conosce il territorio, questo boom di emigrazione, soprattutto giovanile? “Il boom di giovani in Australia è legato a questo nuovo visto studio-lavoro dedicato ai giovani tra i sedici e i trenta anni che, in questo modo, possono passare un periodo di dodici o ventiquattro mesi, lavorando e imparando una nuova lingua. In linea generale, invece, l’Australia presenta notevoli restrizioni che noi stiamo cercando di ampliare”. A proposito dell’esecutivo guidato dal suo stesso partito, ha dichiarato che “il governo di Mario Monti ci aveva riconsegnato una capacità di confronto che si è drammaticamente estinta con il governo Letta”. Il Pd che non parla con il Pd, verrebbe da dire. “Il governo di larghe intese avrebbe prodotto di più se non avesse avuto alla guida un esponente del Pd. Il governo Monti, basato sulle larghe intese, ha funzionato perché era guidato da un tecnico e i partiti potevano mantenere la giusta distanza. Ora un esponente del Pd è premier e questo significa che non possiamo assolverci da alcuna responsabilità, dobbiamo rendere conto, ad esempio, del fallimento dell’Imu e non possiamo nascondere il fallimento sulle detrazioni fiscali”. Infatti il testo della legge di stabilità non contiene, per la prima volta dal 2007, le detrazioni fiscali per carichi di famiglia per gli italiani all’estero. Praticamente, perfino il tanto criticato governo Berlusconi aveva fatto più del governo Letta per il settore? “Sulle detrazioni sì, per tutto il resto no. Vorrei ricordare che è stato il governo Berlusconi a portarci alla condizione attuale, avevamo l’Ici ma poi Berlusconi l’ha tolta solo ai residenti in Italia”. A proposito del governo, avete in programma nuovi incontri con la Farnesina o con l’esecutivo? La Bonino avrebbe promesso un tavolo politico in Senato. E alla Camera? “Abbiamo in programma un incontro tra deputati Pd e cercheremo di fare fronte comune verso il governo. Sarebbe utile, però, avere un’interlocuzione diretta col governo come eletti all’estero nella nostra totalità, da parte della Farnesina ci sono stati alcuni segnali di ascolto positivo, ora attendiamo di vedere che cosa accade con la riforma elettorale”.

martedì 7 gennaio 2014

Intervista SBS Radio 7 gennaio 2014 Fedi su Fassina Renzi



Fedi: Fassina non si dimetta per provocazioni Renzi. Renzi faccia il segretario del PD e la Bonino faccia qualche proposta sull'esercizio in loco del diritto di voto, visto che è Ministro degli Esteri, e non si limiti ad indicare problemi per i quali già in Parlamento sono state indicate soluzioni.


SBS Audio and Language : Italian : Highlight: Marco-Fedi-on-Bersani-s-health-and-Renzi-Fassina-clash

Fedi: Fassina non si dimetta per provocazioni Renzi. Renzi faccia il segretario del PD e la Bonino faccia qualche proposta sull'esercizio in loco del diritto di voto, visto che è Ministro degli Esteri, e non si limiti ad indicare problemi per i quali già in Parlamento sono state indicate soluzioni.

SBS Audio and Language : Italian : Highlight: Marco-Fedi-on-Bersani-s-health-and-Renzi-Fassina-clash