Le questioni di principio contano!
MARCO FEDI Preoccuparsi di un problema come l’assegno sociale – a cui oggi hanno diritto solo i residenti in Italia, raggiunta l’età di 65 anni, se non in possesso di altro reddito e se cittadini italiani – potrebbe, a prima vista, apparire come una falsa difesa degli interessi degli italiani all’estero. Non è assolutamente vero.
La maggioranza parlamentare che sostiene il governo Berlusconi continua l’opera intrapresa con il decreto sulla salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie – con il quale i residenti all’estero subiscono i tagli e non ottengono l’esonero dal pagamento dell’ICI – di autentica demolizione dei diritti degli italiani all’estero. Con la finanziaria appena approvata – oltre ai tagli lineari a tutti i Ministeri ed a tutte le Regioni – che avranno ripercussioni pesanti per gli italiani all’estero – è stato introdotto un ulteriore limite per l’accesso all’assegno sociale: dieci anni di residenza continuativa in Italia.
Per colpire gli immigrati – anche quelli regolari che vivono, lavorano e pagano tasse in Italia – il centrodestra ha introdotto questa misura che, di fatto, colpirà anche i cittadini italiani residenti all’estero che, dopo anni di emigrazione, intendessero rientrare in Italia e, ultrasessantacinquenni, si trovassero nelle condizioni di non avere reddito o avere un reddito molto basso. In altre parole, un connazionale che per sfortuna non ha fatto “soldi” all’estero non potrà ricevere l’assegno sociale se non avrà 10 anni di residenza continuativa. Non sappiamo ancora se la residenza storica, cioè quella avvenuta precedentemente all’emigrazione, può essere utilizzata. Per queste ragioni abbiamo presentato una serie di ordini del giorno, essendo preclusi emendamenti per via del voto di fiducia, tendenti a modificare la nuova norma per tutti e comunque a valutare cambiamenti per gli italiani all’estero. Il governo ha accolto questo ordine del giorno come raccomandazione. Significa: abbiamo compreso il problema e vedremo se sarà possibile risolverlo. Noi crediamo debba essere risolto.
“La Camera, premesso che - il decreto legge 25 giugno 2008 modifica l’articolo 3 della legge 8 agosto 1995 con il quale è stato istituito l’assegno sociale” che “compete ai cittadini italiani, o equiparati, quando non percepiscono alcun reddito o ne percepiscono uno inferiore all’importo corrente dell’assegno sociale, hanno raggiunto i 65 anni di età e risiedono abitualmente in Italia.
Sono equiparati ai cittadini italiani: gli abitanti di San Marino, i rifugiati politici, i cittadini di uno Stato dell’Unione europea residenti in Italia e i cittadini extracomunitari in possesso di carta di soggiorno,
in base al testo iniziale del decreto, a decorrere dal 1° gennaio 2009, l’assegno sociale sarebbe stato corrisposto agli aventi diritto a condizione che avessero soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno cinque anni nel territorio nazionale,
successivamente la Camera aveva modificato il testo proponendo che l’assegno sociale venisse corrisposto agli aventi diritto a condizione che avessero soggiornato legalmente e lavorato legalmente con un reddito almeno pari all’importo dell’assegno sociale, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale, successivamente il Senato ha soppresso le parole “e lavorato legalmente con un reddito almeno pari all’importo dell’assegno sociale”,
risultano confermate le restrizioni relative alla residenza continuativa di dieci anni – senza riferimento alcuno alla residenza storica – cioè a periodi di residenza in qualsiasi periodo anteriore alla data di presentazione della domanda di assegno sociale,
le restrizioni rischiano di precludere ai cittadini italiani emigrati, ove rientrassero nel territorio italiano a causa delle situazioni di indigenza presenti in molti paesi di emigrazione, la possibilità di accedere all’assegno sociale, impegna il Governo
ad escludere dalle nuove restrizioni i cittadini italiani emigrati all’estero, ove rientrassero in Italia e soddisfacessero gli altri requisiti, tenendo conto che in molti casi possono far valere periodi di residenza storica pari o superiore a dieci anni”.
MARCO FEDI Preoccuparsi di un problema come l’assegno sociale – a cui oggi hanno diritto solo i residenti in Italia, raggiunta l’età di 65 anni, se non in possesso di altro reddito e se cittadini italiani – potrebbe, a prima vista, apparire come una falsa difesa degli interessi degli italiani all’estero. Non è assolutamente vero.
La maggioranza parlamentare che sostiene il governo Berlusconi continua l’opera intrapresa con il decreto sulla salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie – con il quale i residenti all’estero subiscono i tagli e non ottengono l’esonero dal pagamento dell’ICI – di autentica demolizione dei diritti degli italiani all’estero. Con la finanziaria appena approvata – oltre ai tagli lineari a tutti i Ministeri ed a tutte le Regioni – che avranno ripercussioni pesanti per gli italiani all’estero – è stato introdotto un ulteriore limite per l’accesso all’assegno sociale: dieci anni di residenza continuativa in Italia.
Per colpire gli immigrati – anche quelli regolari che vivono, lavorano e pagano tasse in Italia – il centrodestra ha introdotto questa misura che, di fatto, colpirà anche i cittadini italiani residenti all’estero che, dopo anni di emigrazione, intendessero rientrare in Italia e, ultrasessantacinquenni, si trovassero nelle condizioni di non avere reddito o avere un reddito molto basso. In altre parole, un connazionale che per sfortuna non ha fatto “soldi” all’estero non potrà ricevere l’assegno sociale se non avrà 10 anni di residenza continuativa. Non sappiamo ancora se la residenza storica, cioè quella avvenuta precedentemente all’emigrazione, può essere utilizzata. Per queste ragioni abbiamo presentato una serie di ordini del giorno, essendo preclusi emendamenti per via del voto di fiducia, tendenti a modificare la nuova norma per tutti e comunque a valutare cambiamenti per gli italiani all’estero. Il governo ha accolto questo ordine del giorno come raccomandazione. Significa: abbiamo compreso il problema e vedremo se sarà possibile risolverlo. Noi crediamo debba essere risolto.
Ecco, il testo dell’ordine del giorno che ho presentato in aula e che porta la firma anche dei colleghi Bucchino, Farina Gianni, Garavini, Porta:
“La Camera, premesso che - il decreto legge 25 giugno 2008 modifica l’articolo 3 della legge 8 agosto 1995 con il quale è stato istituito l’assegno sociale” che “compete ai cittadini italiani, o equiparati, quando non percepiscono alcun reddito o ne percepiscono uno inferiore all’importo corrente dell’assegno sociale, hanno raggiunto i 65 anni di età e risiedono abitualmente in Italia.
Sono equiparati ai cittadini italiani: gli abitanti di San Marino, i rifugiati politici, i cittadini di uno Stato dell’Unione europea residenti in Italia e i cittadini extracomunitari in possesso di carta di soggiorno,
in base al testo iniziale del decreto, a decorrere dal 1° gennaio 2009, l’assegno sociale sarebbe stato corrisposto agli aventi diritto a condizione che avessero soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno cinque anni nel territorio nazionale,
successivamente la Camera aveva modificato il testo proponendo che l’assegno sociale venisse corrisposto agli aventi diritto a condizione che avessero soggiornato legalmente e lavorato legalmente con un reddito almeno pari all’importo dell’assegno sociale, in via continuativa, per almeno dieci anni nel territorio nazionale, successivamente il Senato ha soppresso le parole “e lavorato legalmente con un reddito almeno pari all’importo dell’assegno sociale”,
risultano confermate le restrizioni relative alla residenza continuativa di dieci anni – senza riferimento alcuno alla residenza storica – cioè a periodi di residenza in qualsiasi periodo anteriore alla data di presentazione della domanda di assegno sociale,
le restrizioni rischiano di precludere ai cittadini italiani emigrati, ove rientrassero nel territorio italiano a causa delle situazioni di indigenza presenti in molti paesi di emigrazione, la possibilità di accedere all’assegno sociale, impegna il Governo
ad escludere dalle nuove restrizioni i cittadini italiani emigrati all’estero, ove rientrassero in Italia e soddisfacessero gli altri requisiti, tenendo conto che in molti casi possono far valere periodi di residenza storica pari o superiore a dieci anni”.
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