Giornate concitate alla Camera dei Deputati la settimana scorsa. Le responsabilità si sommano e si intersecano. Il Ministro dell’Interno Maroni interviene per illustrare i contenuti dell’accordo raggiunto con la Tunisia, per spiegare le scelte adottate dal Governo in materia di arrivi a Lampedusa, per raccontare i fatti che hanno portato alla morte di oltre 150 persone, dispersi al largo dell’isola, senza speranza di poter essere salvati dal mare e dalla follia di questi giorni disperati. Poche ore prima la maggioranza ha votato a favore di un parere della Giunta per le autorizzazioni, anche questo votato a colpi di maggioranza, secondo cui il Presidente del Consiglio dovrebbe essere giudicato dal Tribunale dei Ministri e la Camera è tenuta a sollevare un conflitto di attribuzione sul quale è chiamata a pronunciarsi la Corte Costituzionale. Sono 314 i deputati di maggioranza convinti che il Presidente del Consiglio è intervenuto in favore di Karima El Mahroug, detta Ruby, ritenendola nipote di Hosni Mubarak, ex-Presidente egiziano. Una responsabilità che ricade tutta sulla maggioranza. Una strategia difensiva “ad personam” che si somma al voto espresso dalla maggioranza, soltanto poche ore dopo, sui tanti emendamenti alla “prescrizione breve” presentati dalle opposizioni. Prescrizione breve che abbrevia i tempi di prescrizione per gli incensurati e potrebbe far decadere tanti procedimenti in corso, anche quelli nei confronti di Berlusconi. La maggioranza deve assumersi la responsabilità di queste scelte. Di aver portato il Parlamento allo scontro, di non aver predisposto una vera riforma della giustizia, di aver fatto prevalere gli interessi individuali del Presidente del Consiglio, di aver contribuito ad indebolire l’immagine e la sostanza della politica e del Parlamento. Di aver offeso le istituzioni, oltre che l’intelligenza dei cittadini, con il voto della maggioranza sul conflitto di attribuzione. Una responsabilità senza fine. Per essere arrivati impreparati all’emergenza Lampedusa, largamente prevista ed anticipata nelle sue connotazioni e nella tempistica. Per aver nuovamente giocato prima la partita politica che quella delle soluzioni. Per essere arrivati alle soluzioni obbligate sull’onda di una paura dell’altro, del diverso, che ancora oggi pervade parte dell’opinione pubblica, fomentata dalle campagne mediatiche leghiste. Interminabile responsabilità per non avere ancora una “politica” di gestione delle emergenze che ci consenta di non entrare nell’emergenza: in altre parole una vera politica dell’immigrazione. Una serie di norme per gestire profughi e rifugiati. Una politica dell’immigrazione che ci consenta di poter dire che abbiamo un flusso commisurato alle esigenze di questo Paese. Abbiamo invece una politica dei flussi inadeguata con un piano di gestione irrazionale, condizionato dalle emergenze. Abbiamo oggi fatto accordi per bloccare le partenze dalla Tunisia, per i rimpatri, ed in passato analoghi accordi con la Libia hanno evaso i controlli, internazionale e del nostro Paese, per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. Non abbiamo politiche vere per l’integrazione di chi arriva, che abbia un permesso di soggiorno o che ottenga la qualifica di profugo o che arrivi sulle nostre sponde su una imbarcazione della speranza. Abbiamo, in altre parole, trascurato molto, troppo. Con una condizione in più: la logica della paura fomentata dalla Lega Nord Padania e dal Governo e dalla maggioranza che lo sostiene. Ecco perché le responsabilità sono infinite. Perché l’accoglienza, salvare le vite umane ed accoglierle in condizioni di umanità e civiltà, sono doveri irrinunciabili di una comunità internazionale e nazionale e siamo chiamati ad assolvere questo compito a nome di questa umanità. E quando agiamo e riusciamo a salvare alcune vite umane dobbiamo piangere per coloro i quali periscono, dobbiamo riconoscerci nel dolore, dobbiamo scegliere di essere dalla parte di coloro che soffrono. Poi dobbiamo modificare profondamente le nostre politiche e ciò richiederà una forza ed una determinazione, una vera ed autentica volontà riformatrice, che oggi manca, che oggi viene umiliata dalla discussione in corso sulla “prescrizione breve” e che subisce l’offesa di una finta riforma della giustizia, che serve l’unico scopo di evitare al Presidente del Consiglio di rispondere alla giustizia, dovere di ogni cittadino.
On. Marco Fedi
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