Puntualmente, come le castagne in autunno, qualche agenzia di stampa impegnata a difendere a tempi alterni e per interessi molto particolari “l’italianità oltreconfine”, coglie l’occasione della legge di stabilità per alzare il consueto polverone polemico. Affiancata in questo da opposizioni tanto confuse e sterili di proposte quanto pronte a strumentalizzare ogni occasione per sparare nel mucchio, sostanzialmente disattente o noncuranti delle reali necessità delle comunità nel mondo e delle vere priorità che esse ci pongono.
Forse è utile, dunque, fare chiarezza su alcuni passaggi parlamentari che hanno una diretta interferenza con la condizione e le aspettative delle nostre comunità.
Intanto, un doveroso chiarimento: la soppressione dell'art. 1 del Decreto-Legge 18 novembre 2014, n. 168 sul rinvio delle elezioni dei Comites non è l'ennesimo cambiamento di rotta del Governo ma la presa d'atto che analogo strumento normativo è stato introdotto nella legge di stabilità, prevedendo il rinvio al 2015 e la possibilità di utilizzare le risorse necessarie.
Nell’audizione avuta con il Comitato di Presidenza del CGIE abbiamo avuto modo di chiarire la nostra posizione su alcune delicate questioni: è giusto dare più tempo per le iscrizioni ma non è giusto, e forse nemmeno possibile, riaprire i termini per la presentazione delle liste.
La parola ora passa al Senato. Spero si possa continuare l'azione iniziata alla Camera volta a recuperare risorse per i corsi di lingua e cultura, il funzionamento del CGIE e il fondo destinato ai patronati. L'azione svolta alla Camera non è bastata. Le opposizioni non ci hanno certamente aiutato nella presentazione degli emendamenti e nell’approvazione di quelli da noi presentati in Commissione bilancio.
Nella mia storia di parlamentare ho criticato i governi sia quando sono stato all’opposizione che quando sono stato in maggioranza, ma non ho mai rinunciato all'azione che qualifica il nostro lavoro, pur nella consapevolezza delle difficoltà economiche e sociali, ma anche politiche, che attraversa il Paese. Con la convinzione che anche le nostre comunità nel mondo, prima di ogni altra cosa, ci chiedono impegno per far ripartire l'Italia, la sua economia, l'occupazione, il suo prestigio internazionale.
E’ legittimo muovere critiche, ma credo sia sbagliato giudicare il nostro operato su un provvedimento come la legge di stabilità, che implica una responsabilità politica generale verso il Governo, la maggioranza e il Paese. Inoltre, è politicamente poco utile alle comunità italiane nel mondo avere delle opposizioni che alzano strumentalmente e propagandisticamente una bandiera dell’italianità nel mondo oggi superata dalla storia. Sarebbe necessario, invece, confrontarsi seriamente sulla rappresentanza, sulla promozione linguistica e culturale e sul sostegno al Made in Italy.
Il vero problema è che non siamo ancora riusciti a far decollare un piano di riforme. Il Governo Renzi ha mantenuto un impegno politico convocando le elezioni per il rinnovo dei Comites e ha rinviato il voto per consentire una più ampia partecipazione. Chi critica queste scelte dalle colonne di alcune agenzie di stampa, sostiene contemporaneamente che i Comites andrebbero eliminati, dopo aver fatto tabula rasa dei parlamentari eletti all'estero, del CGIE e dei patronati. Una vera apocalisse nel mondo dell’emigrazione!
Alle opposizioni che intendano costruire con noi un piano di riforme, dico che questo è il momento di fare proposte. Proprio con il Governo Renzi, che ha legato la sua esistenza all’avanzamento di un processo riformatore.
L'iter della legge di stabilità, comunque, non è ancora concluso. E’ arbitrario, dunque, trarre conclusioni affrettate. Per quanto mi riguarda, ho molta fiducia che i colleghi senatori riusciranno a recuperare risorse aggiuntive per i capitoli riguardanti gli italiani nel mondo.
Ma proprio le difficoltà che in questo momento incontriamo sulla legge di stabilità ci devono indurre a trovare soluzioni nuove, al passo con i tempi e con le necessità, rispetto alla richiesta che proviene dalle nostre comunità. E questo vale per tutti gli eletti all’estero, sia per quelli che sono in maggioranza che per quelli che sono all’opposizione.
On. Marco Fedi
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