Iniziamo con un commento sulle primarie. Come sono andate in termini di partecipazione?
È stata un’ottima giornata. Abbiamo lavorato per quello che realmente le primarie sono state, aldilà delle polemiche: la nascita di un nuovo partito e quindi l’invito a tutti coloro i quali si riconoscono in questa forza politica. Non era un appello a individuare i candidati per le prossime elezioni politiche. Era un appello a rafforzare il partito centrale del composito mondo del centro-sinistra, che è anche all’estero più ampio del solo Partito Democratico. In quest’ottica, che mi appare la più ragionevole, il risultato è stato estremamente positivo.
Prossimamente ci sarà l’adesione formale al Pd. È in corso un dibattito sulle sue forme. C’è chi propone un partito “fluido”, senza tesserati. Lei come la pensa?
Il mio timore è che il sistema politico italiano non è pronto per un partito senza tessere. Per una forma così rinnovata di dialogo con i propri sostenitori e di assegnazione dei propri incarichi, come quella presupposta da un’organizzazione senza tessere, non c’è bisogno di fare un partito. Sarebbe un ossimoro. È sacrosanto avere una visione nuova, ma bisogna anche avere la forza per sostenerla. Quindi, credo che per questa fase iniziale la soluzione più giusta e realistica sia quella di ricorrere al tesseramento. Proveniamo da esperienze in cui l’organizzazione era al centro del partito e del modo di fare politica con la gente, con i cittadini. Un partito organizzato in modo nuovo rappresenta una sfida e quindi dobbiamo ragionare su percorso per arrivare a questo obiettivo. Il Partito Democratico in sostanza dobbiamo ancora costruirlo.
Prossimo appuntamento il 27 ottobre a Milano per la Costituente. In cosa consiste?
Sarà un primo incontro che investirà Veltroni della leadership del PD e traccerà alcune delle linee guida del nuovo soggetto politico. Poi si terranno altre assise per decidere in materia di organizzazione e statuto del Partito. Anche noi delegati eletti all’estero stiamo scambiandoci opinioni per elaborare una proposta complessiva sia per quanto riguarda lo statuto del partito, sia per l’organizzazione sul territorio.
Va bene. Ma adesso quali sono le prospettive del PD e del suo leader? Come deve muoversi il sindaco di Roma?
Veltroni non è il premier-ombra. Egli è stato eletto segretario con un mandato ben preciso: costruire questo Partito, con un programma di governo che, nella logica delle alleanze, lo renda in grado di vincere le prossime elezioni politiche. Sono certo che Veltroni saprà lavorare bene su un percorso diverso da quello del Presidente del Consiglio. Prodi ha un ruolo di governo poiché è il primo ministro di tutto il Paese, oltre ad essere al contempo il leader di tutta una composita coalizione come l’Unione. Veltroni invece è il leader del Partito maggioritario nella coalizione, cosa ben diversa. È logico pertanto che ci possano essere delle differenze nel quotidiano tra l’operato di Prodi e le dichiarazioni di Veltroni. Tuttavia, aldilà delle malizie di alcuni, rimane scontato il sostegno pieno del PD al governo in carica.
Si parla molto in questi giorni di una caduta a breve dell’esecutivo, sulla Finanziaria ma anche su un qualsiasi provvedimento, vista la sempre più risicata maggioranza del centro-sinistra al Senato. Berlusconi assicura che ci saranno nuove elezioni in primavera, lasciando intendere di aver convinto dei senatori della maggioranza a passare all’opposizione. Il ministro Mastella quasi invoca un voto anticipato e non manca di lanciare moniti alla maggioranza e di polemizzare aspramente con il suo collega Di Pietro. Che cosa ci aspetta?
Intanto vorrei dire che sono profondamente amareggiato dal fatto che, ad un anno e mezzo dall’inizio della legislatura, l’opposizione di centro-destra non riesce ancora ad assumere un atteggiamento costruttivo sulle riforme di cui il Paese ha urgente bisogno, da quella elettorale a quelle istituzionali. A segnali di apertura nei lavori di commissione, stanno seguendo ora nuove chiusure in Aula. Quello che però è ancor più grave è che ancora oggi si metta in discussione il risultato elettorale dello scorso anno e di conseguenza la titolarità di Prodi a governare. Per non parlare del fatto che Berlusconi rifiuta il dialogo anche con il PD, perché sostiene un governo definito illegittimo… Questo spettacolo non è degno di una democrazia matura.
Ma il governo cade o no?
Voglio completare il mio ragionamento. È proprio in virtù di tale atteggiamento irresponsabile dell’opposizione che ogni giorno che passa siamo di fronte a nuovi tentativi di “spallate”, “trappoloni”, “shopping di senatori” e via dicendo. Insomma, così facendo non si cerca, legittimamente, di mettere in crisi la maggioranza sui provvedimenti che giungono nella aule parlamentari. Mi spiego: se il governo cadesse su un voto importante sarebbe giusto fare chiarezza su quali forze politiche debbono assumersene la responsabilità. Quello che non ritengo accettabile è che si lavori nell’ombra per far cadere il governo solo con singole operazioni di trasformismo individuale. Essere senza vincolo di mandato per me vuol dire al servizio di tutta la collettività e non solo del proprio settore o categoria, ma purtroppo da alcuni viene percepito come la possibilità di trasferirsi quando e come si vuole dalla maggioranza all’opposizione per ricattare la prima. Sarà che ho fatto a lungo politica in un altro Paese, ma non posso non notare questo vizio peculiare italiano. Anche per questo sono certo che eventuali imboscate non saranno tese da nessuno degli eletti all’estero.
È a favore, quindi, di norme anti-ribaltone?
Lo ripeto: io trovo che sia innanzitutto una questione etico-politica, che non andrebbe nemmeno normata. Una cosa è spostarsi, in taluni casi circoscritti, da una forza ad un’altra all’interno della stessa alleanza. Altra è trasferirsi, in piena legislatura, dopo aver sottoscritto un programma, dalla maggioranza all’opposizione. Un fenomeno preoccupante.
Lei rimane un fedele sostenitore del governo Prodi. Per quali ragioni?
Date le condizioni che tutti conosciamo – una maggioranza risicata al Senato e una coalizione tanto ricca quanto litigiosa – mi sembra che Prodi sia riuscito a fare un piccolo miracolo. La prima Finanziaria è stata dura per rimettere a posto i disastrosi conti pubblici italiani ereditati dal precedente governo, secondo quanto chiedeva l’Unione europea di cui siamo parte. Ora passiamo ad una manovra come l’attuale in cui si inizia a restituire qualcosa a chi ha avuto di meno. Sono sicuro che se il governo rimarrà in carica fino al termine naturale della legislatura, se ne vedranno appieno i frutti.
Per la sinistra dell’Unione quanto fatto finora non è sufficiente. Un milione di persone sono scese in piazza a Roma per ricordare al governo gli impegni presi nel programma e auspicare una svolta a sinistra, in particolare su precarietà e previdenza sociale.
Ritengo legittime le sollecitazioni di chi pensa che l’asse del governo vada spostato più a sinistra. È giusto dire che, anche dopo l’aumento delle minime, le pensioni di molti anziani sono ancora troppo basse e che, sebbene sia stato varato il nuovo protocollo sul welfare, la precarietà lavorativa dei giovani sia ancora troppo diffusa. Ricordarlo, come fanno i manifestanti di Piazza San Giovanni è positivo e non rischia di far cadere il governo. Ma vorrei ricordare loro che, tenendo conto dei limiti citati, già sia stato fatto molto e che a partire da questa Finanziaria ci sarà un ulteriore passo in avanti. Le condizioni per proseguire, come maggioranza e come governo, ci sono. Bisogna assumersene tutti la piena responsabilità.
Concludiamo tornando sugli italiani all’estero. Cosa c’è di nuovo nell’agenda politica?
Apprezzo molto il nuovo atteggiamento di critica costruttiva del centro-destra, partito proprio dall’Australia. I temi su cui ci giungono sollecitazioni ad andare avanti sono quelli sui quali noi eletti all’estero del centro-sinistra stiamo lavorando dall’inizio della legislatura: la riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza alla sanatoria degli indebiti pensionistici. Del resto, portare a casa risultati come questi sarebbe sì merito nostro, per aver portato avanti tali istanze, ma anche loro, se manterranno tale atteggiamento di apertura. Magari traducendolo in iniziative parlamentari,. Ma soprattutto sarebbe una vittoria della nostra gente, di tutta la comunità italiana all’estero, della quale noi siamo solo dei rappresentati. Voglio essere ancor più chiaro: non sarebbero vittorie individuali, né per un eletto di centro-sinistra né per uno di centro-destra, ma sarebbe un successo degli italiani nel mondo e del sistema politico italiano.
Veniamo nello specifico. Come siamo messi con la sanatoria Inps?
Dopo che l’insuccesso dello scorso anno, dovuto al taglio alle spese previsto nella Finanziaria passata, anche quest’anno stiamo tentando di inserire nella manovra un emendamento che preveda la sanatoria. Essendo questa una Finanziaria diversa rispetto alla precedente, le possibilità che questo emendamento venga accolto sono più ampie. L’emendamento dovrebbe iniziare il suo iter già al Senato, ma qualora non andasse in porto, lo riproporremo alla Camera con forza e determinazione.
E la riforma della cittadinanza quando vedrà la luce?
Vorrei ricordare che questo provvedimento, importante non solo per noi italiani all’estero ma anche per tutti gli immigrati in Italia, ci è fortemente richiesto anche dall’Europa. Stiamo lavorando perché a gennaio, quando riprenderà la discussione sulla riforma, il governo sia in grado di assicurare la disponibilità finanziaria che è mancata in passato.
Intanto, però, nella riapertura del dibattito sulle riforme alcuni hanno rimesso in discussione le circoscrizioni estere.
Ecco, io penso che radicare la rappresentanza eletta all’estero nel sistema istituzionale italiano sarebbe un’operazione politica importante. Serve ribadire le ragioni per cui noi siamo qui, evitando di retrocedere nel numero della nostra rappresentanza o addirittura riguardo alla sua stessa esistenza. Su questi aspetti noi eletti dell’Unione stiamo facendo un lavoro rilevante con la commissione Affari costituzionali, avanzando le nostre proposte nel contesto delle riforme istituzionali. La posizione che abbiamo affermato è quella riportata nel testo unificato 553-A della Commissione che prevede la conferma della rappresentanza della circoscrizione estero in 12 eletti alla Camera e 6 al Senato.
Lorenzo Rossi
Roma, 24 ottobre 2007
È stata un’ottima giornata. Abbiamo lavorato per quello che realmente le primarie sono state, aldilà delle polemiche: la nascita di un nuovo partito e quindi l’invito a tutti coloro i quali si riconoscono in questa forza politica. Non era un appello a individuare i candidati per le prossime elezioni politiche. Era un appello a rafforzare il partito centrale del composito mondo del centro-sinistra, che è anche all’estero più ampio del solo Partito Democratico. In quest’ottica, che mi appare la più ragionevole, il risultato è stato estremamente positivo.
Prossimamente ci sarà l’adesione formale al Pd. È in corso un dibattito sulle sue forme. C’è chi propone un partito “fluido”, senza tesserati. Lei come la pensa?
Il mio timore è che il sistema politico italiano non è pronto per un partito senza tessere. Per una forma così rinnovata di dialogo con i propri sostenitori e di assegnazione dei propri incarichi, come quella presupposta da un’organizzazione senza tessere, non c’è bisogno di fare un partito. Sarebbe un ossimoro. È sacrosanto avere una visione nuova, ma bisogna anche avere la forza per sostenerla. Quindi, credo che per questa fase iniziale la soluzione più giusta e realistica sia quella di ricorrere al tesseramento. Proveniamo da esperienze in cui l’organizzazione era al centro del partito e del modo di fare politica con la gente, con i cittadini. Un partito organizzato in modo nuovo rappresenta una sfida e quindi dobbiamo ragionare su percorso per arrivare a questo obiettivo. Il Partito Democratico in sostanza dobbiamo ancora costruirlo.
Prossimo appuntamento il 27 ottobre a Milano per la Costituente. In cosa consiste?
Sarà un primo incontro che investirà Veltroni della leadership del PD e traccerà alcune delle linee guida del nuovo soggetto politico. Poi si terranno altre assise per decidere in materia di organizzazione e statuto del Partito. Anche noi delegati eletti all’estero stiamo scambiandoci opinioni per elaborare una proposta complessiva sia per quanto riguarda lo statuto del partito, sia per l’organizzazione sul territorio.
Va bene. Ma adesso quali sono le prospettive del PD e del suo leader? Come deve muoversi il sindaco di Roma?
Veltroni non è il premier-ombra. Egli è stato eletto segretario con un mandato ben preciso: costruire questo Partito, con un programma di governo che, nella logica delle alleanze, lo renda in grado di vincere le prossime elezioni politiche. Sono certo che Veltroni saprà lavorare bene su un percorso diverso da quello del Presidente del Consiglio. Prodi ha un ruolo di governo poiché è il primo ministro di tutto il Paese, oltre ad essere al contempo il leader di tutta una composita coalizione come l’Unione. Veltroni invece è il leader del Partito maggioritario nella coalizione, cosa ben diversa. È logico pertanto che ci possano essere delle differenze nel quotidiano tra l’operato di Prodi e le dichiarazioni di Veltroni. Tuttavia, aldilà delle malizie di alcuni, rimane scontato il sostegno pieno del PD al governo in carica.
Si parla molto in questi giorni di una caduta a breve dell’esecutivo, sulla Finanziaria ma anche su un qualsiasi provvedimento, vista la sempre più risicata maggioranza del centro-sinistra al Senato. Berlusconi assicura che ci saranno nuove elezioni in primavera, lasciando intendere di aver convinto dei senatori della maggioranza a passare all’opposizione. Il ministro Mastella quasi invoca un voto anticipato e non manca di lanciare moniti alla maggioranza e di polemizzare aspramente con il suo collega Di Pietro. Che cosa ci aspetta?
Intanto vorrei dire che sono profondamente amareggiato dal fatto che, ad un anno e mezzo dall’inizio della legislatura, l’opposizione di centro-destra non riesce ancora ad assumere un atteggiamento costruttivo sulle riforme di cui il Paese ha urgente bisogno, da quella elettorale a quelle istituzionali. A segnali di apertura nei lavori di commissione, stanno seguendo ora nuove chiusure in Aula. Quello che però è ancor più grave è che ancora oggi si metta in discussione il risultato elettorale dello scorso anno e di conseguenza la titolarità di Prodi a governare. Per non parlare del fatto che Berlusconi rifiuta il dialogo anche con il PD, perché sostiene un governo definito illegittimo… Questo spettacolo non è degno di una democrazia matura.
Ma il governo cade o no?
Voglio completare il mio ragionamento. È proprio in virtù di tale atteggiamento irresponsabile dell’opposizione che ogni giorno che passa siamo di fronte a nuovi tentativi di “spallate”, “trappoloni”, “shopping di senatori” e via dicendo. Insomma, così facendo non si cerca, legittimamente, di mettere in crisi la maggioranza sui provvedimenti che giungono nella aule parlamentari. Mi spiego: se il governo cadesse su un voto importante sarebbe giusto fare chiarezza su quali forze politiche debbono assumersene la responsabilità. Quello che non ritengo accettabile è che si lavori nell’ombra per far cadere il governo solo con singole operazioni di trasformismo individuale. Essere senza vincolo di mandato per me vuol dire al servizio di tutta la collettività e non solo del proprio settore o categoria, ma purtroppo da alcuni viene percepito come la possibilità di trasferirsi quando e come si vuole dalla maggioranza all’opposizione per ricattare la prima. Sarà che ho fatto a lungo politica in un altro Paese, ma non posso non notare questo vizio peculiare italiano. Anche per questo sono certo che eventuali imboscate non saranno tese da nessuno degli eletti all’estero.
È a favore, quindi, di norme anti-ribaltone?
Lo ripeto: io trovo che sia innanzitutto una questione etico-politica, che non andrebbe nemmeno normata. Una cosa è spostarsi, in taluni casi circoscritti, da una forza ad un’altra all’interno della stessa alleanza. Altra è trasferirsi, in piena legislatura, dopo aver sottoscritto un programma, dalla maggioranza all’opposizione. Un fenomeno preoccupante.
Lei rimane un fedele sostenitore del governo Prodi. Per quali ragioni?
Date le condizioni che tutti conosciamo – una maggioranza risicata al Senato e una coalizione tanto ricca quanto litigiosa – mi sembra che Prodi sia riuscito a fare un piccolo miracolo. La prima Finanziaria è stata dura per rimettere a posto i disastrosi conti pubblici italiani ereditati dal precedente governo, secondo quanto chiedeva l’Unione europea di cui siamo parte. Ora passiamo ad una manovra come l’attuale in cui si inizia a restituire qualcosa a chi ha avuto di meno. Sono sicuro che se il governo rimarrà in carica fino al termine naturale della legislatura, se ne vedranno appieno i frutti.
Per la sinistra dell’Unione quanto fatto finora non è sufficiente. Un milione di persone sono scese in piazza a Roma per ricordare al governo gli impegni presi nel programma e auspicare una svolta a sinistra, in particolare su precarietà e previdenza sociale.
Ritengo legittime le sollecitazioni di chi pensa che l’asse del governo vada spostato più a sinistra. È giusto dire che, anche dopo l’aumento delle minime, le pensioni di molti anziani sono ancora troppo basse e che, sebbene sia stato varato il nuovo protocollo sul welfare, la precarietà lavorativa dei giovani sia ancora troppo diffusa. Ricordarlo, come fanno i manifestanti di Piazza San Giovanni è positivo e non rischia di far cadere il governo. Ma vorrei ricordare loro che, tenendo conto dei limiti citati, già sia stato fatto molto e che a partire da questa Finanziaria ci sarà un ulteriore passo in avanti. Le condizioni per proseguire, come maggioranza e come governo, ci sono. Bisogna assumersene tutti la piena responsabilità.
Concludiamo tornando sugli italiani all’estero. Cosa c’è di nuovo nell’agenda politica?
Apprezzo molto il nuovo atteggiamento di critica costruttiva del centro-destra, partito proprio dall’Australia. I temi su cui ci giungono sollecitazioni ad andare avanti sono quelli sui quali noi eletti all’estero del centro-sinistra stiamo lavorando dall’inizio della legislatura: la riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza alla sanatoria degli indebiti pensionistici. Del resto, portare a casa risultati come questi sarebbe sì merito nostro, per aver portato avanti tali istanze, ma anche loro, se manterranno tale atteggiamento di apertura. Magari traducendolo in iniziative parlamentari,. Ma soprattutto sarebbe una vittoria della nostra gente, di tutta la comunità italiana all’estero, della quale noi siamo solo dei rappresentati. Voglio essere ancor più chiaro: non sarebbero vittorie individuali, né per un eletto di centro-sinistra né per uno di centro-destra, ma sarebbe un successo degli italiani nel mondo e del sistema politico italiano.
Veniamo nello specifico. Come siamo messi con la sanatoria Inps?
Dopo che l’insuccesso dello scorso anno, dovuto al taglio alle spese previsto nella Finanziaria passata, anche quest’anno stiamo tentando di inserire nella manovra un emendamento che preveda la sanatoria. Essendo questa una Finanziaria diversa rispetto alla precedente, le possibilità che questo emendamento venga accolto sono più ampie. L’emendamento dovrebbe iniziare il suo iter già al Senato, ma qualora non andasse in porto, lo riproporremo alla Camera con forza e determinazione.
E la riforma della cittadinanza quando vedrà la luce?
Vorrei ricordare che questo provvedimento, importante non solo per noi italiani all’estero ma anche per tutti gli immigrati in Italia, ci è fortemente richiesto anche dall’Europa. Stiamo lavorando perché a gennaio, quando riprenderà la discussione sulla riforma, il governo sia in grado di assicurare la disponibilità finanziaria che è mancata in passato.
Intanto, però, nella riapertura del dibattito sulle riforme alcuni hanno rimesso in discussione le circoscrizioni estere.
Ecco, io penso che radicare la rappresentanza eletta all’estero nel sistema istituzionale italiano sarebbe un’operazione politica importante. Serve ribadire le ragioni per cui noi siamo qui, evitando di retrocedere nel numero della nostra rappresentanza o addirittura riguardo alla sua stessa esistenza. Su questi aspetti noi eletti dell’Unione stiamo facendo un lavoro rilevante con la commissione Affari costituzionali, avanzando le nostre proposte nel contesto delle riforme istituzionali. La posizione che abbiamo affermato è quella riportata nel testo unificato 553-A della Commissione che prevede la conferma della rappresentanza della circoscrizione estero in 12 eletti alla Camera e 6 al Senato.
Lorenzo Rossi
Roma, 24 ottobre 2007
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