giovedì 27 novembre 2008

La virgola, Un occhio attento alle cose italiane …Parlamentari e non …


Vigilanza Rai: una brutta storia

Bisogna ammetterlo. Sul caso della Commissione di Vigilanza Rai – importante perché sorveglia l’autonomia della televisione pubblica e soprattutto è determinante per la ratifica delle nuove nomine dirigenziali – il mio Partito, il Pd, non ha fatto una bellissima figura.
Dopo aver raggiunto un accordo con l’Italia dei Valori sul nome del loro Leoluca Orlando come presidente (quest’ultimo per prassi spetta all’opposizione parlamentare) e dopo mesi di stallo per il veto irresponsabile del centrodestra, sono accadute molte cose strane.
Un paio di settimane fa, in un programma di La7, il nostro parlamentare Latorre è stato beccato mentre passava un bigliettino di suggerimenti a Bocchino del Pdl e contro l’esponente dell’Idv lì presente, ricordante il veto – sacrosanto questo – posto dall’opposizione sul nome di Pecorella, avvocato del Premier, come membro della Corte Costituzionale. Il comportamento di Latorre ha portato alla luce le legittime resistenze di alcuni nel Pd sul nome di Orlando. Tuttavia, è disdicevole che il rapporto con gli alleati come l’Idv debba avvenire seguendo queste strade tortuose e poco limpide. Noi tutti invochiamo il dialogo con la maggioranza, ma alla luce del sole.
A conferma di questo mio disagio è quindi arrivata, la scorsa settimana, la nomina a sorpresa del senatore Villari del Pd a presidente della Vigilanza. Il parlamentare del Pd è stato eletto Presidente della Vigilanza con i voti della maggioranza, all’insaputa dell’opposizione. Un atto gravissimo, che rompe una prassi consolidata e conferma come Berlusconi e i suoi amino poco le regole delle democrazia, credendo di poter decidere anche per l’opposizione.
Villari ha dichiarato che quella sua nomina sarebbe servita a ricostruire il dialogo. Prendiamolo in parola. Ora che anche Di Pietro ha ritirato il nome di Orlando e che tutti – maggioranza e minoranza – hanno convenuto sul nome prestigioso di Sergio Zavoli, decano del giornalismo italiano, perché Villari non si dimette ? Missione compiuta, la sua, se davvero voleva riaprire il dialogo. Invece, il senatore è ancora al suo posto, ignorando le richieste ufficiali del Pd. Sì, Villari è stato giustamente espulso dal Pd per il suo comportamento e l’opposizione ha scelto di non partecipare ai lavori finché non si dimetterà, ribaltando il gioco del Pdl, che voleva rapidamente procedere a nuove nomine Rai. Però, o a maggior ragione, questa vicenda lascia l’amaro in bocca.
L’Italia degli inciuci è dura a morire. Prendiamone atto per non abbassare la guardia.


Il piano anticrisi del governo è un palliativo

Il Pd si è astenuto sul piano anticrisi del governo Berlusconi. Tutti concordano sul fatto che il sistema bancario e finanziario in grave crisi non debba essere lasciato al tracollo, trascinando con sé le sorti di milioni di onesti risparmiatori. Ma ciò che non convince nel piano del governo è l’aiuto a senso unico e senza contropartite offerto con i soldi dei contribuenti ai gruppi finanziari, responsabili con le loro speculazioni della crisi in atto. Occorrono più regole, più presenza dell’intervento pubblico in economia, più sostegno alla base della piramide e non solo al vertice.
Purtroppo però l’esecutivo ha messo in campo finora solo misure inutili o squilibrate: l’inopportuna abolizione dell’Ici per tutti (compresi coloro che non avevano affatto bisogno di questo regalo) ha disperso risorse ingenti, e di fronte a questo la tessera dei poveri a 40 euro al mese, ispirata a un “capitalismo compassionevole” fuori moda e fuori luogo, è una misura davvero troppo limitata; non c’è nulla per le tredicesime, mentre si insiste, nonostante il parere negativo della stessa Confindustria, sugli straordinari, ininfluenti in questa fase del ciclo economico.
Al contrario, il Pd chiede di discutere insieme alla maggioranza su sostegno a salari e pensioni, sugli ammortizzatori sociali e sulla lotta alla povertà e alla disoccupazione, con misure concrete non demagogiche.

mercoledì 26 novembre 2008

I costi della politica e la politica onesta

Il dibattito sui costi della politica riprende vigore e ripartono i più patetici tentativi di strumentalizzazione. Nella trascorsa legislatura proprio dai Parlamentari eletti all’estero era partita la proposta – fatta propria oggi dal Presidente Fini – di una diversa articolazione dei lavori di Montecitorio: lavorare di più, per tre settimane al mese e la quarta settimana da dedicare al collegio. Nella trascorsa legislatura era partita anche una proposta di modifica costituzionale con al centro, una forte riduzione del numero dei parlamentari ed un diverso ruolo per il Senato. In quella discussione avevamo dato il nostro contributo, salvo poi vederla bloccata prima dalle contrapposizioni sul numero di senatori da assegnare alle Regioni e poi dalla crisi del Governo Prodi.
Da un lato, quindi, abbiamo un impegno da parte di tutte le forze politiche a fare le riforme istituzionali e ridurre il numero dei parlamentari, riducendo i costi della politica, e dall’altro non abbiamo ancora una chiara manifestazione di volontà dell’attuale maggioranza a far avanzare un progetto serio di riforma ed un confronto con l’opposizione. Anzi. Dal capo del Governo arrivano solo attacchi all’opposizione quando invece dal sano confronto tra maggioranza e minoranza possono arrivare le autentiche riforme di sistema, quelle che non sono messe in discussione la legislatura successiva alla loro approvazione, quelle riforme che danno stabilità e sicurezza al paese.
Invece di occuparsi del ritardo nella maggioranza nel riprendere la discussione sulle riforme, alcuni preferiscono attaccare i parlamentari eletti all’estero per il loro costo.
Ricordo, tra l’altro, che il costo degli eletti all’estero non è aggiuntivo poiché i 18 sono stati sottratti al numero complessivo dei parlamentari previsto dalla Costituzione. Non costiamo nulla in più, quindi. Abbiamo solo sottratto il posto ad altri. Sulla questione risultati, poi, ne stiamo ascoltando delle belle. Sentiamo le più astruse considerazioni su ministro, vice ministro o sottosegretario, come se fossimo ancora agli inizi, come se questo Governo non avesse già scelto in proposito, come se non avesse già provveduto a fare tagli per 50 milioni di euro su scuola, cultura e democrazia. Si, per la prima volta questo Governo intende tagliare anche sulla democrazia! Con un Ministro, quello degli Esteri, ed un sottosegretario, anche lui agli Esteri.
Il problema allora è ciò che fanno i Governi e ciò che tace la maggioranza e ciò che tacciono agenzie, giornali e mondo dell’informazione. Mi spiego: gli emendamenti bocciati dalla maggioranza a Montecitorio riguardavano temi importanti per gli italiani nel mondo, o no? ICI, detrazioni fiscali per carichi di famiglia, capitoli di bilancio per gli italiani all’estero, assegno sociale. Sono stati bocciati dalla maggioranza, con la forza dei numeri. Poi ciascuno guardi in casa propria. Noi del PD abbiamo fatto il nostro dovere. Perché non dirlo?
Perché non ricordare che durante i 18 mesi del Governo Prodi avevamo ottenuto non solo maggiori risorse per i capitoli del Ministero degli affari esteri ma anche l’estensione delle detrazioni per carichi di famiglia e dell’ulteriore detrazione ICI ai residenti all’estero?
Se i commentatori, gli opinionisti, i giornalisti ed anche i semplici osservatori qualche volta cercassero di comprendere la realtà dei fatti, avremmo già risolto un problema fondamentale: la correttezza dell’informazione.

venerdì 14 novembre 2008

L'ordine del giorno sugli italiani nel mondo alla Finanziaria 2009

“Abbiamo davvero utilizzato tutti gli strumenti parlamentari che avevamo a disposizione. La finanziaria è stata approvata con il nostro voto contrario. La maggioranza ha bocciato tutti gli emendamenti presentati dal PD ed arrivati in aula. Altri si erano fermati in Commissione perché non si erano trovate le compensazioni finanziarie” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi subito dopo i lavori dell’aula di Montecitorio che ha concluso l’iter della finanziaria, con l’approvazione del bilancio, a tarda serata nella giornata di ieri.
“È stato accolto l’ordine del giorno che impegna il Governo a recuperare risorse per le comunità italiane nel mondo, per i cittadini italiani all’estero, per chi ha pari dignità davanti alla nostra Carta Costituzionale e deve poter accedere a servizi, a tutele, al diritto alla scuola, alla formazione e all’assistenza sociale. Il centro destra si è presentato con una prima finanziaria di tagli. I tagli più gravi nella storia del Parlamento repubblicano sono stati approvati grazie ad un Governo che ha blindato il provvedimento e grazie ad una maggioranza che ha respinto tutti gli emendamenti proposti dall’opposizione” – ha proseguito Fedi.
“Nel mio intervento di ieri ho indicato anche un altro danno. Non aver disegnato un nuovo progetto, non avere progettato riforme, aver fatto tagli lineari su tutti i capitoli dopo aver fatto la scelta tutta politica di far pesare tagli ai ministeri del 22% in misura pari al 60% sui capitoli di tre direzione generali in particolare: la direzione italiani all’estero e politiche migratorie, la direzione per la promozione culturale e la direzione per la cooperazione allo sviluppo. Dietro i tagli si cela quindi un pericoloso vuoto di idee e di progetti”.
“In assenza di una nuova visione del rapporto tra Italia e italiani all’estero, nonostante il fatto che grazie al lavoro del CGIE e grazie alle risorse del Governo Prodi tra due settimane si aprirà proprio qui a Montecitorio la Prima Conferenza dei giovani italiani nel mondo, rischiamo di dare segnali contraddittori proprio a quelle nuove generazioni sulle quali, insieme, diciamo si debba puntare per un rinnovamento del rapporto tra Italia ed italiani all’estero”.
“Il Partito Democratico crede nel rapporto con le nostre comunità nel mondo. Il nostro ordine del giorno chiede un impegno a recuperare risorse già dal 2009 e poi successivamente per il 2010 e 2011, sia per la diffusione e promozione della lingua italiana nel mondo che per l’assistenza dei nostri connazionali all’estero, questione importantissima questa per coloro che sono emigrati in tante parti del mondo, particolarmente in America latina, ed oggi vivono nell’indigenza. “Ma l’accoglimento di un ordine del giorno non può essere considerato dal Governo come un generico impegno. Ne abbiamo avuti tanti di impegni. Anche sulle detrazioni per carichi di famiglia. Tanti impegni in tanti comparti. Ma gli impegni generici non ci soddisfano. Chiediamo un impegno vero che si trasformi in atti concreti. Non un impegno della serie: problema noto, da risolversi a data da definire, un trend questi imbarazzante anche per il Governo, un modus operandi sperimentato in tanti provvedimenti, affinato, e che però rischia di produrre ulteriori delusioni, in questo caso per l’Italia fuori d’Italia” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

Perché reprimere le potenzialità dell’immigrazione regolare?

E’ in discussione in queste ore al Senato il ddl “Sicurezza” approvato mercoledì scorso in Commissione Sicurezza e Affari Costituzionali alla Camera. Rispetto al già restrittivo disegno di legge 733, si aggiungono ora una serie di emendamenti, prevalentemente leghisti, che contengono propositi a dir poco xenofobi e che ci auguriamo – se c’è ancora qualche persona responsabile nella maggioranza – non vengano approvati. Facciamo alcuni esempi.
Si conferiscono maggiori poteri agli Enti locali per “avvalersi di associazioni di cittadini per segnalare eventi a danno della sicurezza e cooperare al presidio del territorio”: in altre parole, si legittimano le ronde padane e simili, prefigurando un futuro nel quale esse saranno tranquille anche se agiranno abusi contro i presunti individui pericolosi. Magari verranno anche finanziate da qualche Comune, indebolendo tra l’altro il ruolo dei corpi preposti alla pubblica sicurezza.
Si propone di denunciare i senzacasa in un apposito registro a cura del Viminale. Di espellere entro 5 giorni e con una multa fino a 10mila euro (come la pagheranno?) i clandestini. I quali non potranno neanche sposarsi, secondo un emendamento che vuole vietare i matrimoni a chi non ha il permesso di soggiorno. Quest’ultimo a sua volta diventerà più difficile da ottenere sia in termini di burocrazia (soprattutto garanzie sul domicilio e severi test di lingua, anche per gli studenti) che di costi (tra tutte le pratiche si arriva a circa 200 euro).
I campi rom – chiede un altro emendamento - saranno ospitati dai Comuni solo dopo un referendum cittadino: è facile immaginare, con tutta la disinformazione sul tema che ci è valsa un richiamo ufficiale dell’Europa, che nessuno accoglierà neanche nella peggiore periferia questi campi, in un rimpallo continuo di responsabilità. Ma soprattutto: quale Comune vorrà spendere soldi per fare un referendum sul tema?
La Lega Nord ha poi dato il peggio presentando emendamenti come i seguenti, che si commentano da soli. Blocco dei flussi di ingresso per 2 anni. Pagamento delle prestazioni sanitarie pubbliche (quindi anche l'accesso al pronto soccorso) per gli immigrati irregolari. Per i medici obbligo di segnalazione degli irregolari. Per accedere agli alloggi pubblici, cioè alle case popolari, occorrano almeno 10 anni di residenza in Italia. E, ancora, la proposta di stop ai ricongiungimenti familiari per procura e il divieto di girare nei luoghi pubblici a volto coperto in modo che la persona sia sempre riconoscibile (su questo il Carroccio chiede che venga applicata in maniera più rigorosa la norma già esistente).
Viene proposto infine anche il permesso di soggiorno a punti, del quale avevo già parlato con amarezza. “Contestualmente alla presentazione della domanda per il permesso di soggiorno”, dice il testo, bisogna sottoscrivere un “accordo di integrazione articolato per crediti”, il quale prevede il certificato di conoscenza dell’italiano, l’adesione alla “Carta dei valori della cittadinanza italiana”, le “conoscenze basilari del sistema giuridico”, l’attestato di frequenza ad un corso di “integrazione sociale e culturale”, e la dimostrazione di “un livello adeguato di partecipazione economica e sociale alla vita della comunità”. Insomma, una specie di patente a punti, decurtabili a chi commette illeciti amministrativi (come le multe) o tributari (come le tasse).
Quello dell’integrazione diventa sempre più un percorso a ostacoli, figlio di un contesto culturale in cui lo straniero è un diverso da allontanare dalla vista, ma che va bene finché bada ai nostri anziani o coltiva i nostri campi clandestinamente.
Reprimere le potenzialità dell’immigrazione regolare è un errore. Il PdL dovrebbe riflettere sulle ragioni politiche che spingono la Lega ad elevare l’asticella su questi temi in questo momento. Dopo il trattato di Lisbona, immigrati e politiche d‘integrazione si trasformeranno in merce di scambio per l’ingresso della Turchia nell’Unione europea? Scelta questa importante, che sostengo, ma che deve essere autentico atto di politica internazionale.
Mentre gli Usa eleggono presidente un cittadino multietnico come Obama, noi reprimiamo le potenzialità dell’immigrazione regolare. Non possiamo continuare su questa strada, lo credo fermamente. Per questo ho presentato una proposta di legge in controtendenza, volta a istituire il Consiglio nazionale per l’Integrazione e la Multiculturalità. Un organismo che promuova, coordini e monitori le politiche dell’integrazione sociale e culturale degli immigrati in Italia, sia a livello periferico che centrale, attraverso il contributo plurale di operatori del settore, organizzazioni di immigrati, associazioni delle categorie produttive e pubblica amministrazione. Visti i tempi la strada sarà dura, ma potrebbe diventare anche una partecipata battaglia di civiltà.


La maggioranza boccia tutti gli emendamenti del PD e… ritira l’unico emendamento sui carichi di famiglia

Davvero l’avremmo votato l’emendamento presentato dai deputati eletti all’estero del PdL. Avremmo aggiunto la nostra firma ed avremmo potuto votarlo insieme. Le cose sono andate in modo diverso. Dopo aver bocciato tutti gli emendamenti presentati dal PD su scuola, assistenza, Comites, CGIE, cultura, la maggioranza ha ritirato l’unico emendamento concernente le detrazioni per carichi di famiglia che avrebbe esteso questa detrazione per chi risiede all’estero e produce reddito soggetto ad imposizione fiscale in Italia. Avremmo dimostrato per una volta un atteggiamento bipartisan su un tema importante per chi vive all’estero, nonostante la nostra richiesta di rendere permanente questa detrazione per i residenti all’estero attraverso la presentazione di un emendamento dichiarato inammissibile per carenza di copertura finanziaria. Il Governo ha assunto un generico impegno a risolvere – ma non sappiamo in che modo – la questione delle detrazioni per carichi di famiglia per i residenti all’estero. Di impegni questo Governo ne ha assunti tanti e su tanti temi, anche in questa finanziaria. Il Governo ha già accolto numerosi ordini del giorno su questo aspetto specifico ed ancora non accade nulla. Nel frattempo la scadenza del 2009 si avvicina – ricordiamo infatti che le detrazioni per carichi di famiglia, introdotte dal Governo Prodi anche per i residenti all’estero, furono introdotte per il triennio 2007-2009.

giovedì 13 novembre 2008

La maggioranza boccia tutti gli emendamenti del PD e… ritira l’unico emendamento sui carichi di famiglia

“Davvero l’avremmo votato l’emendamento presentato dai deputati eletti all’estero del PdL. Avremmo aggiunto la nostra firma ed avremmo potuto votarlo insieme. Le cose sono andate in modo diverso. Dopo aver bocciato tutti gli emendamenti presentati dal PD su scuola, assistenza, Comites, CGIE, cultura, la maggioranza ha ritirato l’unico emendamento concernente le detrazioni per carichi di famiglia che avrebbe esteso questa detrazione per chi risiede all’estero e produce reddito soggetto ad imposizione fiscale in Italia” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi.
“Avremmo dimostrato per una volta un atteggiamento bipartisan su un tema importante per chi vive all’estero, nonostante la nostra richiesta di rendere permanente questa detrazione per i residenti all’estero e l’emendamento in tal senso presentato e dichiarato inammissibile per carenza di copertura finanziaria. Il Governo ha assunto un generico impegno a risolvere – ma non sappiamo in che modo – la questione delle detrazioni per carichi di famiglia per i residenti all’estero. Di impegni questo Governo ne ha assunti tanti e su tanti temi, anche in questa finanziaria. Il Governo ha già accolto numerosi ordini del giorno su questo aspetto specifico ed ancora non accade nulla. Nel frattempo la scadenza del 2009 si avvicina – ricordiamo infatti che le detrazioni per carichi di famiglia, introdotte dal Governo Prodi anche per i residenti all’estero, furono introdotte per il triennio 2007-2009” – ha concluso l’On. Fedi.

venerdì 7 novembre 2008

Intervento nella discussione sulla Finanziaria 2009

Colleghe e colleghi, la prima finanziaria del nuovo governo Berlusconi arriva oggi al suo epilogo. Un passaggio obbligato, dopo il provvedimento di bilancio approvato prima dell’estate con il più breve passaggio in Consiglio dei Ministri che sia mai stato registrato. Non solo il più breve ma anche decisamente il più brutto. Ed anche il più drastico in termini di tagli.
L’azione di risanamento dei conti pubblici svolta dal Governo Prodi avrebbe consentito a questo Governo di anticipare gli effetti della crisi finanziaria internazionale sull’economia reale prevedendo un intervento di riduzione delle tasse per i redditi da lavoro e da pensione. Un intervento che noi riteniamo necessario per sostenere il potere d’acquisto di decine di milioni di famiglie italiane.
Tremonti ha scelto diversamente.
La finanziaria Berlusconi si traduce oggi in atti concreti: tagli e riduzioni alle opportunità di sviluppo del Paese.
In Commissione affari esteri il gruppo del Partito Democratico ha votato contro la manovra economica e contro le scelte del Governo, presentando un documento alternativo.
A fronte di una riduzione del 22% nei trasferimenti ai Ministeri ed alle Pubbliche amministrazioni, le Direzioni generali per gli italiani all’estero e politiche migratorie, per la promozione culturale e per la cooperazione allo sviluppo hanno subito riduzioni che, su alcuni capitoli, vanno oltre il 60%. In alcuni casi si tratta dell’azzeramento delle dotazioni.
La Direzione generale italiani all'estero e politiche migratorie è particolarmente colpita con un taglio complessivo di 50 milioni di euro. Per citare solo alcuni esempi: il capitolo 3153, relativo ai contributi per gli enti gestori i corsi di lingua italiana nel mondo, passa da 34 milioni di euro a 14 milioni e 500 mila euro. Più che dimezzato. Il contributo per l'assistenza diretta ai connazionali indigenti, capitolo 3121, particolarmente importante per gli italiani residenti in America Latina, anche in assenza di altre forme di assistenza come l’assegno di solidarietà, passa da 28 milioni e 500 mila euro a 10 milioni e 777 mila euro. Una sottrazione di risorse che non ha eguali e che produrrà vittime. E via dicendo, per tanti altri capitoli. Con la prospettiva di un 2010 e 2011 ancora più duri.
Analoghi drastici tagli vengono operati anche per quanto riguarda gli organismi di rappresentanza degli italiani all'estero Comites e Cgie. Per i quali, in assenza di una proposta di riforma che abbia tempi certi, e che comunque a nostro avviso dovrebbe riguardare unicamente il Cgie, crediamo si debbano rispettare le scadenze elettorali previste dalla legge.
La gravità dei tagli è tale che rischia di compromettere la politica estera italiana. La Direzione generale per la promozione e la cooperazione culturale è decurtata di 92 milioni di euro mentre quella per la cooperazione allo sviluppo subisce un taglio complessivo di 479 milioni di euro.
Sui tagli abbiamo proposto una serie di emendamenti. Emendamenti che vanno anche oltre i tagli proponendo investimenti: in particolare verso i giovani – considerato che si celebrerà a dicembre la prima Conferenza mondiale dei giovani – con la previsione di un fondo per proseguire il lavoro fin qui svolto. Ed il museo delle migrazioni – importante momento di ricostruzione storica, ma anche di racconto del cammino comune con i migranti nel mondo.
Abbiamo presentato emendamenti che chiedono la modifica delle nuove norme restrittive sull’assegno sociale – che colpiscono gli immigrati e gli italiani all’estero, introducendo la condizione dei 10 anni di residenza continuativa. Crediamo che sia una norma ingiusta e continueremo a lavorare per modificarla.
Sulle detrazioni per carichi di famiglia abbiamo chiesto serietà. Gli ordini del giorno accolti dal Governo impegnano a trovare una soluzione per estenderle definitivamente.
C’era una volta un mondo, che non avremo più. La prima finanziaria del nuovo Governo Berlusconi cambierà per sempre il rapporto con gli italiani nel mondo. Per molti anni quel mondo era stato oggetto di attenzione bipartisan – quel tipo di attenzione, da parte delle istituzioni e della politica, che aveva posto al centro dei rapporti con le comunità italiane nel mondo l’investimento strategico, la valorizzazione del patrimonio rappresentato da tanti connazionali all’estero, un pacchetto di riforme condivise da realizzare. Per molti anni questa dimensione ha funzionato. Abbiamo costruito ambiziosi livelli di rappresentanza, inclusa la rappresentanza in Parlamento. Quando altri Paesi – europei ed extra-europei – iniziano a pensare a modelli di rappresentanza territoriale, come i Comites, internazionale come il Consiglio generale degli italiani all’estero, e Parlamentare, - quando questi livelli di rappresentanza sono pronti ad uno straordinario passaggio qualitativo, come con la Conferenza mondiale dei giovani – pensata, voluta, costruita, e finanziata nella trascorsa legislatura dal Governo prodi e dal CGIE, qualcuno vorrebbe “smantellarli”, senza riflettere sul futuro del rapporto con l’Italia fuori d’Italia.
Ecco, da oggi i fischi di Berna e le proteste di Rosario o Melbourne saranno un nuovo elemento nei rapporti con le comunità italiane nel mondo. Credo che sia doveroso per il Parlamento interrogarsi sul futuro di questo rapporto.
Grazie.

La virgola


Riparte il sogno americano


Saranno i miei venticinquenni di Australia oppure l’insofferenza per Porta a Porta ma anch’io non ho apprezzato – come Matilda Cuomo – il termine “nero”. Trovo assolutamente odioso riferirsi a persone utilizzando caratteristiche fisiche. Non è solo un “politically correct” di maniera. Ho imparato che le persone sono libere di esprimere la propria identità – quindi Obama può anche definirsi “black man” – ma è sempre grave e sbagliato definire gli altri secondo stereotipi, peggio quando questi si riferiscono al colore della pelle.
Spesso si dice che un’elezione presidenziale negli Stati Uniti è epocale. Non è generalmente vero.
Questa volta sì, però. Perché la vittoria di Obama non è stato un semplice arrivare primo. È stata una di quelle vittorie che cambia le regole del gioco. Obama è il primo presidente afroamericano a entrare alla Casa Bianca, anzi è il primo presidente multietnico e multiculturale, date le sue origini miste e le sue migrazioni esistenziali. Storica è anche l’ampiezza del suo successo che travolge la soglia dei 270 grandi elettori necessari all’elezione alla presidenza, arrivando addirittura a quota 349 contro i 147 di McCain e vincendo in stati impensati come Florida e Ohio.
Obama ha vinto perché ha incarnato il cambiamento (“change”, il suo slogan) e la determinazione a voler cambiare corso (yes, we can). Cambiare un’America che ha visto arrivare al capolinea non solo l’era Bush, fatta di guerre e impoverimento del Paese, ma l’intero trentennio apertosi con Reagan: l’epoca del cosiddetto neoliberismo, cioè la deregulation dell’economia e la supremazia della finanza sulla politica.
Molte speranza ha acceso il nuovo presidente. Più diritti civili in un Paese che negli ultimi anni li ha limitati, l’estensione dei servizi sociali come sanità e istruzione per i più deboli negli stessi Stati Uniti che hanno li hanno trascurati a vantaggio dei miliardari, il ritiro dell’Iraq, rapporti internazionali più diplomatici e meno muscolari, e tanto altro. I numeri ce li ha: anche in Senato la maggioranza democratica è solida, con 54 senatori su 100. Le riforme sono possibili.
Ma non illudiamoci troppo. L’era Clinton con tutte le sue speranze aveva in parte deluso e aveva aperto la strada all’era Bush, la peggiore della storia recente degli Usa. Questo perché le resistenze alla riforme dei poteri forti americani sono tante e molto forti.
Ma, al tempo stesso, non smettiamo di sperare nel cambiamento. Sostenere Obama è contribuire, fin dal nostro lavoro nell’opinione pubblica, anche fuori dagli Usa, anche in Italia, perché la politica possa tornare a dare voce a chi sta lontano dai riflettori.

Dall’Unione Europea proposte condivisibili

La Commissione europea, tramite il suo presidente Barroso, ha definito la scorsa settimana la strategia per affrontare la crisi economica conseguente al crollo finanziario e passare alla ripresa sostenibile. Un quadro di politiche che verranno sviluppate ulteriormente nei prossimi mesi.
L’obiettivo naturalmente è di portare i Paesi dell’Unione ad adottare linee di politica economica, fiscale e di sostegno alle famiglie che rispettino le scelte adottate dalla Commissione. Con alcune interessanti proposte concrete, sulle quali possiamo riscontrare una convergenza con le posizioni già espresse dal Partito Democratico.
Priorità assoluta va data allo sforzo di rendere minimo l’impatto negativo sull’occupazione, sul potere di acquisto e sul livello di benessere dei cittadini dell’Unione. La crisi economica deve essere affrontata con analoga energia e con un approccio coordinato come per la crisi finanziaria. Non è giusto e soprattutto non è economicamente saggio salvare il vertice (i grandi gruppi) senza occuparsi della base della nostra realtà economica (i comuni cittadini).
Concordiamo con Barroso quando afferma che, se gli strumenti principali per stimolare la domanda e l’occupazione rimangono ovviamente nelle mani dei Paesi dell’Unione (lo ricordi bene il governo italiano!), è tuttavia certo che per avere successo è necessario lavorare insieme, anche al fine di costruire una volta per tutte una vera governance globale dell’economia, che metta regole ai mercati finanziari e che tuteli i risparmiatori.
Il compito dell’Europa dovrà essere quello di adottare politiche per far crescere la domanda. Al contempo, bisogna impegnarsi per far scendere l’inflazione e nel supporto al reddito della parte più vulnerabile della popolazione. Investire in nuove tecnologie, trasporti ed autonomia energetica, fissando un’agenda sul tema dell’efficienza energetica e della tutela ambientale.

Sulle detrazioni per carichi di famiglia occorre maggiore serietà

“La materia delle detrazioni per carichi di famiglia richiede attenzione e serietà” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi, deputato PD eletto nella ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide. “Le detrazioni per carichi di famiglia, introdotte dal Governo Prodi, furono estese anche ai residenti all’estero per il triennio 2007-2008 e 2009. Dopo la necessaria fase di monitoraggio la nostra richiesta era e rimane di estendere questo diritto permanentemente, insieme a tutto il regime delle detrazioni di base che ha sostituito la “no tax area” e che riguarda tutti i contribuenti”.
“La maggioranza aveva introdotto un emendamento che prevedeva l’estensione delle detrazioni per carichi di famiglia unicamente per l’anno 2010. Questa soluzione ci lasciava comunque perplessi”. “Ora tutti gli emendamenti fatti propri dal relatore in Commissione bilancio rischiano di non avere corso“. “Noi abbiamo presentato un emendamento bocciato in Commissione che proponeva altri tre anni di estensione ed un emendamento in aula per l’estensione definitiva delle detrazioni per carichi di famiglia ai residenti all’estero“. “In questo momento sarebbe utile se, a proposito dei risultati delle fasi di monitoraggio e di prima applicazione, ci venissero forniti dati ed informazioni, oltre che possibili soluzioni ai tanti problemi procedurali già individuati”. “Sicuramente sarebbe altrettanto utile se la maggioranza manifestasse le reali intenzioni su questa materia, oggetto di numerosi ordini del giorno accolti dal Governo” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

Presentata la proposta di legge per istituire il Consiglio Nazionale per l'Integrazione e il Multiculturalismo

Nei giorni scorsi l’On. Marco Fedi, deputato del Partito Democratico eletto nella circoscrizione estero, ha presentato, insieme all’On. Gino Bucchino, una proposta di legge volta a istituire il Consiglio Nazionale per l’Integrazione e il Multiculturalismo (CNIM).
Il Consiglio Nazionale per l’Integrazione e il Multiculturalismo, ispirandosi ad analoghe strutture esistenti in molti Paesi europei e occidentali, è pensato come un organismo di coordinamento e di monitoraggio del fenomeno dell’integrazione sociale e civile dei cittadini immigrati e dello stato della diversità culturale nel nostro Paese. Esso è composto di trenta membri più un presidente che provengono dai vari livelli della pubblica amministrazione, dalle associazioni riconosciute degli immigrati e dalle organizzazioni sociali più rappresentative che operano per l’integrazione, tra cui anche sindacati e sigle imprenditoriali.
Il CNIM ha tra le sue funzioni quella di recepire informazioni sui programmi e le attività svolte dalla pubblica amministrazione e dalle organizzazioni operanti nel settore dell’integrazione, formulando quindi proposte concrete di intervento e di coordinamento della governance dell’immigrazione. “Abbiamo riscontrato – afferma l’On. Fedi – che l’Italia soffre di una forte mancanza di omogeneità e di confronto reale tra le varie strutture che lavorano per l’integrazione dei soggetti immigrati, sia a livello centrale che periferico. Un organismo che nasce per garantire questo coordinamento , fondandosi sull’ascolto dei problemi e dei suggerimenti posti dai soggetti operanti sul territorio, è quindi uno strumento per ridurre gli sprechi e per ottimizzare le risorse, al fine di favorire un virtuoso processo integrativo”.
Nell’ottica di facilitare la convivenza tra i soggetti immigrati e la società che li ospita e di tutelare e promuovere la diversità culturale, il CNIM esprime pareri e osservazioni su richiesta del Parlamento o di propria iniziativa, contribuendo all’ elaborazione della legislazione. Inoltre, Il Consiglio si dota di un proprio Osservatorio che redige ogni anno un rapporto nazionale, oltre a specifici studi e analisi in materia di integrazione e multiculturalismo. Quest’ultimo tema è ancora poco sentito in Italia, secondo il parlamentare del PD: “gli episodi di razzismo che hanno incontrato l’attenzione di molti osservatori e media italiani e stranieri, e non ultimo l’invito del Presidente della Camera Fini a lavorare perché non si ripetano, sono a nostro parere il frutto di una mancanza di confronto e di conoscenza tra le culture dei vari gruppi etnici che partecipano ormai stabilmente alla vita del nostro Paese. Anche per questa ragione – continua il deputato eletto all’estero – occorre un organismo istituzionale che implementi il dibattito pubblico sul tema”.
Fedi auspica infine che un organismo come il CNIM possa vedere la luce in tempi brevi perché “in Italia c’è necessità urgente di un intervento serio, capillare e strutturale per favorire l’integrazione sociale, la partecipazione civile e il confronto culturale tra gli italiani autoctoni e i nuovi italiani. Il CNIM – conclude – è una struttura leggera in grado di farlo, per l’elasticità della sua composizione, per le sue autonome capacità di studio e per la sua proiezione decisionale”.

I pensionati all’estero: colpiti più volte

Intervento all’incontro con i sindacati dei pensionati Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uil-Pensionati

Desidero innanzitutto ringraziarvi. Non ci sfugge il significato etico e morale, prima che politico, di questa iniziativa in un momento in cui il tradizionale rapporto con le comunità italiane nel mondo viene messo in discussione dai tagli della prima finanziaria del nuovo Governo Berlusconi, nel momento in cui la crisi finanziaria internazionale, con i suoi effetti sulle economie di tutti i Paesi, inevitabilmente, peserà sull’economia reale, sulle famiglie e sui soggetti più deboli. E non dobbiamo sorprenderci se tra questi soggetti deboli vi sono i pensionati e se – in modo particolare – i pensionati all’estero rischiano di essere colpite più volte. Colpiti direttamente nei Paesi in cui vivono da una fase recessiva che rischia di essere durissima e molto lunga, colpiti nel potere di acquisto localmente e dai ritardi in molti Paesi – tra cui l’Australia ad esempio – nell’adeguamento delle pensioni al costo della vita, colpiti dai mancati adeguamenti di molte prestazioni pensionistiche italiane e di altri Paesi dell’Unione europea, colpiti indirettamente dai tagli in finanziaria che riguarderanno importanti capitoli di assistenza e tutela, oltre che per quanto riguarda la rete consolare e l’accesso ai servizi consolari. Colpiti dai ritardi e dalla inefficienza nei rapporti con la pubblica amministrazione dello Stato italiano che potrà solo peggiorare con i tagli introdotti. Colpiti dai ritardi nella ratifica di importanti convenzioni internazionali.
I sindacati dei pensionati, i patronati, le associazioni che si occupano di italiani all’estero e di tutela del mondo dell’emigrazione hanno dato prova negli anni di essere davvero complementari al ruolo dello Stato. Un principio di sussidiarietà che vi ha visti, ci ha visti, protagonisti della crescita sociale, economica e politica delle comunità italiane nel mondo. Pensare – come spesso fa un certo centra destra – che i livelli di presenza politico-economica dell’emigrazione italiana nel mondo non siano anche il frutto del lavoro, dell’impegno e della nostra presenza organizzata nel mondo, significa non conoscere la nostra storia, non comprendere la situazione attuale e non avere alcuna possibilità di costruire il futuro. Altro che indirizzare il consenso elettorale!
Sono convinto che la nostra storia e le nostre idee dimostrino che non sono mai venuti meno coerenza, solidarietà, impegno.
Oggi, la proposta dei sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil deve essere più che una piattaforma propositiva e rivendicativa, deve rappresentare un impegno di legislatura, deve segnare i tempi di un’azione di rappresentanza sindacale per i pensionati e gli anziani che oggi all’estero subiscono l’aumentato divario tra ricchi e poveri – divario che pone l’Italia tra i peggiori paesi al mondo ma che è lecito presumere incida analogamente nelle realtà di altri paesi di emigrazione.
Ecco, questa giornata deve entrare a far parte dei nostri riferimenti temporali e politici dei prossimi anni. Un impegno per l’introduzione dell’assegno di solidarietà per i cittadini italiani ultra sessantacinquenni residenti all’estero, provvedimento il cui iter è iniziato nella trascorsa legislatura che dobbiamo riprendere con decisione. La modifica delle nuove norme restrittive sull’assegno sociale – che colpiscono gli immigrati e gli italiani all’estero, introducendo la condizione dei 10 anni di residenza continuativa – anche se a livello interpretativo questa continuità può essere avvenuta in un qualsiasi momento della propria vita. L’adeguamento delle pensioni erogate dall’INPS con prestazioni come l’importo aggiuntivo – negato senza motivazione a nostro avviso ai titolari di pensioni detassate in virtù di convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni e non certo per evasione fiscale! La sanatoria degli indebiti pensionistici – che noi senza remora alcuna insistiamo deve riguardare i pensionati residenti all’estero poiché è proprio in questo caso che vi è stato, e c’è ancora, il ritardo nella campagna di verifica dei redditi – ritardo tutto addebitabile all’INPS ed all’assenza di procedure annuali concordate con i Patronati.
Le convenzioni bilaterali in attesa di ratifica. Da quelle di sicurezza sociale, che riguardano il Canada (secondo accordo), il Cile, le Filippine e il Marocco in attesa di prima ratifica, a quelle in attesa di una ripresa della discussione – come Israele – a quelle contro le doppie imposizioni fiscali. O al rispetto delle norme previste dalle Convenzioni, come nel caso dell’accordo con la Thailandia che prevede la tassazione nel Paese di residenza e non viene applicata dall’INPS. Oppure l’adeguamento delle Convenzioni bilaterali con alcuni Paesi – tra cui Lussemburgo e Francia - in modo da uniformarle alla maggioranza delle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia, e soprattutto al modello standard dell'OCSE, che, per evitare la doppia imposizione fiscale delle pensioni private, prevedono la detassazione della pensione nel Paese di erogazione e la tassazione nel Paese di residenza.
Il nuovo sistema di pagamento delle pensioni INPS – che dovrebbe essere ora a regime – che prevede nuovi istituti di credito e la possibilità dell’accredito diretto su conto corrente, necessita una verifica ed un costante monitoraggio. Ancor più in questo momento sia per quanto concerne gli istituti di credito stessi che gli effetti del valore di cambio sulle pensioni in pagamento.
Analogamente, continuiamo a porre la questione del pagamento delle pensioni di guerra e di un sistema di pagamento analogo a quello previsto dal «pagamento unico» per le pensioni INPS e le rendite INAIL, effettuato dall'INPS attraverso istituti di credito convenzionati» anziché attraverso l’ufficio italiano cambi e la nostra rete consolare all’estero. Fino all’uso del 730 per i cittadini italiani residenti all'estero che producono un reddito soggetto ad imposizione fiscale in Italia, sulla base della normativa nazionale o in base a convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali, che – a nostro avviso – debbono godere degli stessi doveri e degli stessi diritti e quindi poter accedere a procedure semplificate e ad operazioni di conguaglio in sede di versamenti IRPEF da parte del sostituto d'imposta.
Concludo auspicando che si individui un percorso comune per stimolare l’azione parlamentare sui temi degli italiani all’estero, a partire dalle forme di “resistenza” ai tagli fino al piano di riforme, per sensibilizzare l’opinione pubblica italiana sull’autentico valore rappresentato dalle comunità italiane nel mondo, per presentare al Governo una serie di richieste forti e coerenti rispetto alle esigenze, ai bisogni dei pensionati e degli anziani residenti all’estero. Come Parlamentari eletti all’estero ci impegneremo con voi. L’azione bipartisan deve nascere da un sentire comune su alcuni temi nevralgici per il Paese: gli italiani all’estero hanno rappresentato per molti anni un terreno sul quale esprimere un sentire comune del nostro Paese. Oggi la maggioranza rimette in discussione tutti principi e le basi di quel sentire comune.
Dovremo lavorare tutti intensamente per modificare questa situazione.

Roma, 4 novembre 2008

martedì 4 novembre 2008

La maggioranza sia disponibile al confronto

“Abbiamo lavorato con coerenza e senso di responsabilità cercando di individuare le coperture necessarie a dare possibilità di successo agli emendamenti presentati in Commissione bilancio” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi. “Altri emendamenti saranno presentati direttamente in aula così come saranno ripresentati gli emendamenti giudicati dalla Commissione ammissibili ma con insufficiente copertura” – ha proseguito il deputato PD.
“Il successo degli emendamenti presuppone una disponibilità del Governo e della maggioranza – in Commissione bilancio ed in aula – a consentire il recupero di risorse in alcuni settori ed a proseguire la discussione senza porre la questione di fiducia: vedremo se almeno in questo secondo momento – rispetto alla conversione del decreto 112 avvenuto prima dell’estate – la maggioranza sarà disponibile ad un aperto confronto in Parlamento” – ha ricordato Fedi.
“Gli emendamenti presentati in Commissione bilancio riguardano il capitolo 3153 per i contributi in denaro, libri e materiale didattico ad enti, associazioni e comitati per l’assistenza scolastica, il capitolo 3103 per i contributi ai Comitati degli Italiani all’estero e per le riunioni dei loro Presidenti, il capitolo 3106 per il contributo per le riunioni annuali dei comitati dei Presidenti dei Com.It.Es., il capitolo 2761 per gli assegni agli istituti italiani di cultura all’estero, oltre ad un emendamento che prevede l’istituzione di un fondo integrativo di 40milioni di euro per il programma italiani nel mondo e politiche migratorie e sociali. In aula presenteremo gli emendamenti relativi al capitolo 3105 sull’assistenza indiretta ed al 3121 sull’assistenza diretta, al capitolo 3131 relativo al funzionamento del CGIE oltre ad emendamenti miranti a garantire continuità sia al progetto per la realizzazione di un museo delle migrazioni che alla conferenza mondiale dei giovani” – ha ribadito l’On. Fedi. “Ripresenteremo anche l’emendamento sulle detrazioni per carichi di famiglia giudicato ammissibile ma con insufficiente copertura”. “Importante infine segnalare l’iniziativa dei sindacati pensionati di Cgil, Cisl e Uil, che domani discuteranno con i parlamentari eletti all’estero una serie di questioni – dall’assegno di solidarietà, alla residenza per l’assegno sociale a chi rientra in Italia, dalle convenzioni bilaterali in attesa di ratifica all’ICI, dagli indebiti al rapporto con le pubbliche amministrazioni – sulla base delle quali far partire una ampia discussione politica in Italia ed all’estero” – ha concluso l’On. Marco Fedi.