In questi giorni di confusione politica dobbiamo tutti ringraziare il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per la sua azione pienamente coerente con le prerogative che la Costituzione gli riconosce e in profonda sintonia con le necessità del paese. La maggioranza parlamentare che sarà chiamata a votare la fiducia al Governo Monti dovrà anche misurarsi con il “governo del Paese”, non solo affrontando la drammatica crisi in atto ma pensando alla crescita ed alle riforme. Non basterà, tuttavia, un voto di fiducia se non si tradurrà in coerenti e incisivi atti parlamentari.
Il fallimento del Governo Berlusconi, sancito dalle dimissioni, è stato determinato sia da un quadro di oggettiva ingovernabilità, delineato dai numeri alla Camera, che dall’incapacità di azione del Governo. Questa inadeguatezza si è evidenziata nel ritardo con cui si è preso atto della gravità della situazione economica, nel conseguente ritardo delle misure anticrisi, nell’assenza di una proposta per la crescita e nelle divisioni manifestatesi all’interno della maggioranza.
L’esperienza Berlusconi si è conclusa non per il presunto “tradimento” di una manciata di parlamentari, ma per la provata incapacità di produrre “buon governo”, per il deficit di credibilità internazionale che ci ha accompagnato in questi tre anni e per l’atteggiamento responsabile e moderato delle opposizioni. Il Partito Democratico può rivendicare la serietà di un’azione politica in sintonia con i bisogni del Paese. Le proposte del PD sulla introduzione di una tassa patrimoniale, oltre all’ICI sulla prima casa abolita da Berlusconi, rappresentano elementi di equità e giustizia sociale senza i quali altri sacrifici sarebbero improponibili.
In questo momento - dobbiamo dirlo tutti, anche come comunità italiane nel mondo - abbiamo bisogno di considerare l’emergenza economica e finanziaria una priorità assoluta. Nel delineare un percorso di uscita dalla crisi, dobbiamo essere capaci di pensare alla crescita ma anche a soluzioni che affrontino le contraddizioni prodotte da un sistema economico-finanziario sempre più svincolato dal controllo dei cittadini. La politica italiana, bloccata da una maggioranza parlamentare intenta ad occuparsi d’altro, non è stata in grado nemmeno di avviare il confronto su questo tema essenziale per la nostra democrazia. La politica che verrà dovrà tornare ad occuparsene.
Poi dovremo, insieme, riprendere il percorso delle riforme.
Le comunità italiane nel mondo hanno già dato tutto. L’ultima serie di tagli - complessivamente 206 milioni di euro sottratti prevalentemente alla cooperazione allo sviluppo e agli italiani all’estero - colpisce i corsi di lingua italiana con un abbattimento del 52% e tutti gli altri capitoli, dall’assistenza ai Comites al Cgie, in misura pari al 30%. Credo sia necessario, nel momento in cui si assumono responsabilità di governo ampie e condivise, cercare insieme alle altre forze parlamentari una proposta che miri a ridisegnare la mappa degli interventi e a ridefinire la distribuzione dei tagli, fino ad oggi adottata unilateralmente dalla Farnesina.
In questi giorni si è detto molto sul ruolo della politica e sul rischio di una subalternità alle ragioni dell’economia, dettate oggi da esigenze particolaristiche e contingenti.
L’incarico a Mario Monti rappresenta una grande opportunità. Ma potrebbe anche trasformarsi in una occasione mancata se anche noi, rappresentanti delle comunità italiane nel mondo, non ne cogliessimo appieno la portata.
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