Agli inizi di luglio, avevo presentato un’interrogazione al Ministro degli Esteri sugli
adeguamenti retributivi del personale a contratto della rete
diplomatico-consolare e sul pagamento delle retribuzioni in euro anziché in valuta locale. La risposta, arrivata in
questi giorni, anziché
dissiparle, conferma le preoccupazioni esposte in molteplici sedi, le stesse che
erano alla base della mia iniziativa parlamentare. Tali preoccupazioni sono
legate sia alle difficoltà che
incontra un’evoluzione normativa su tutta la materia che
alle vertenze in corso in vari Paesi, tra cui India, Giappone e Australia.
La norma che regola le disposizioni contrattuali
contenute nei documenti di lavoro dei dipendenti a contratto è tuttora in essere ed è il DPR 18/67, art. 154, che prevede che il
MAE applichi, oltre alle norme locali imperative, quelle più favorevoli ai lavoratori.
In alcuni Paesi, tra cui l’Australia, cui si faceva riferimento nell’interrogazione, sono in corso vertenze
sindacali molto difficili sia sotto il profilo politico e dell’immagine che sotto quello dell’esito, tuttora incerto, ma che potrebbe
rivelarsi molto pesante per le casse dello Stato. In Australia, infatti, non esiste prescrizione e
sono in vigore norme del lavoro certamente più
favorevoli per i lavoratori, che tuttavia non trovano applicazione nei
contratti di lavoro finora stipulati.
Per quanto riguarda poi l'aspetto economico,
occorre ricordare che gli adeguamenti retributivi del personale a contratto
sono stati congelati nel 2010.
A ottobre dello scorso anno il parere del Consiglio di
Stato ha tuttavia sbloccato tale disposizione prevedendo che il blocco non si estendesse ai
lavoratori con contratto locale e nazionale. Il MAE, dal canto suo, ha disposto
gli aumenti delle retribuzioni, purtroppo selettivamente, solo per un numero limitato
di Paesi e dopo moltissimi anni di blocco delle retribuzioni. In seguito, l'art.14,
comma 24, del Dl.95/2012 ha reintrodotto il blocco fino alla fine dell'anno in
corso. Il blocco, in ogni caso,
non ha riguardato tutti e ne sono stati esclusi i diplomatici. Tra le deroghe
possibili quella per il
personale a contratto locale è la più urgente. Non è
tollerabile, infatti, che per il
personale a contratto, anche in servizio presso la stessa
sede, si registrino puntualmente forti e ingiustificate disparità di trattamento tra lavoratori che svolgono
analoghe mansioni.
Per quanto concerne, infine, il pagamento
delle retribuzioni in valuta locale, il
decreto ministeriale (MAE/MEF) del 2002, che dispone la corresponsione in euro
recependo norme riguardanti il
personale di ruolo, non fa riferimento alcuno all'art.157 del
DPR 18, che dispone invece il pagamento degli stipendi in valuta locale. La
chiarezza e nettezza della richiesta arrivata dal personale a contratto di vari
Paesi conferma l'esigenza di una interpretazione autentica delle norme e
conferma la preoccupazione politica di fondo: l'equiparazione modulata a seconda delle convenienze è una pessima pratica amministrativa e la
politica deve trovare la forza per riformare l'intero settore. Dispiace dirlo,
ma il Governo oggi non produce atti capaci di migliorare la gestione
amministrativa e non sembra avere la forza per portare avanti le riforme.
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