mercoledì 5 marzo 2014
Fedi (PD): Nella transizione verso il sistema previdenziale australiano rispettare i diritti dei contrattisti. Non sguarnire l’insegnamento dell’italiano a livello universitario.
Il rapporto dell’Italia con le nostre comunità richiede, per così dire, una manutenzione continua per evitare che saltino alcuni tasselli indispensabili per la tenuta di un quadro che finora ha molto aiutato la proiezione dell’Italia nel mondo. Questo vale, naturalmente per tutte le nostre comunità, a iniziare da quella in Australia, per la quale in questi ultimi giorni sono dovuto intervenire con due interrogazioni.
La prima, indirizzata alla Ministro degli Esteri e a quello del Lavoro, riguarda, ancora una volta, i lavoratori a contratto operanti presso le nostre strutture. Si tratta, come più volte ho ripetuto, di un sostegno prezioso per la nostra amministrazione all’estero, che però stenta a essere riconosciuto e valorizzato per l’apporto effettivo che è capace di dare. Il rapporto giuridico con questo personale è di duplice natura, nel senso che può essere regolato da norme di diritto locale o da norme di diritto italiano.
Nel contesto australiano, da parte italiana si è deciso di dare applicazione dal 1° gennaio 2013 alla convenzione bilaterale diretta ad evitare le doppie imposizioni e l’evasione fiscale. Secondo la legge locale, il soggetto che fa da sostituto d’imposta deve preoccuparsi non solo di fare le ritenute fiscali ma anche di provvedere ai versamenti previdenziali.
L’amministrazione italiana ha deciso unilateralmente di uniformare tutti i contratti alle norme locali e sembra intenzionata a convertire anche i contratti di diritto italiano. Non era quello che i lavoratori si attendevano né si tratta di un orientamento uniforme, tant’è che per il Canada si è deciso di rispettare le due tipologie di contratto.
Ho interrogato i ministri competenti, dunque, per sollecitare un immediato e organico passaggio dal regime previdenziale dell’INPS a quello australiano. Nello stesso tempo, ho chiesto che nella transizione siano rispettati i diritti e le garanzie assicurati dai contratti di diritto italiano che si vogliono convertire.
La seconda interrogazione, rivolta al Ministro degli Esteri, riguarda la situazione dell’insegnamento della lingua e della cultura italiane in Australia e, in particolare, nel South Australia. Nel recente passato ci sono state dolorose riduzioni di finanziamenti che hanno destabilizzato un sistema ben funzionante. A questi effetti critici della riduzione delle risorse, si aggiunge il progressivo contenimento dell’invio di personale docente all’estero, compresi i “lettori” che finora hanno svolto una positiva funzione di integrazione e sostegno dell’insegnamento a livello universitario.
Ho chiesto dunque di fare ogni sforzo affinché la proiezione e l’immagine culturale del nostro Paese possa essere indebolita in un’area strategica come quella australiana, e del South Australia in particolare, e di assumere decisioni chiare in ordine di mantenimento dell’insegnamento a livello universitario, che rappresenta il naturale coronamento del lavoro svolto agli altri livelli di istruzione e di formazione.
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