Le elezioni anticipate, non a giugno ma ad aprile, appaiono, in questi giorni convulsi, sempre più probabili. I mandati esplorativi per governi istituzionali sortiscono effetti risolutivi solo quando si manifesta una volontà politica chiara delle forze politiche della ex-maggioranza e della ex-opposizione. Non solo questa volontà politica sembra non manifestarsi, ma si rafforza una vocazione alla vittoria che prende la mano, ed anche il cervello, di coloro che vedono l’osso del ritorno al governo come unico vero obiettivo da addentare e… dimenticano, ahimè, il passato, le cose dette e fatte solo alcuni mesi fa e sicuramente trascurano quel bene comune che dovrebbe essere il fine ultimo della politica.
Ricordate le divisioni interne alla ex-opposizione rispetto al lancio dell’idea berlusconiana del nuovo partito unico delle libertà? Le posizioni pro-referendum di AN? Quindi l’esigenza di fare la riforma elettorale. Non dimentichiamo queste cose. Eppure ora l’osso elettorale scatena la corsa alle elezioni senza riformare “la porcata” – senza padre e madre, perché rinnegata da tutti – eppure legge vigente con la quale si deciderà il futuro della governabilità del Paese.
Faccio questa riflessione solo per la storia: le elezioni anticipate sono un male perché in questo momento – insieme – era possibile, forse lo è ancora, contribuire a sbloccare l’Italia. Il ricorso anticipato alle urne – in ultima analisi – è un’affermazione di una democrazia con regole sbagliate. Chi insiste su questa strada afferma sì uno dei percorsi della democrazia – alla pari del formarsi di nuove maggioranze in Parlamento – ma in questo caso conferma anche gli errori delle attuali regole che la sottendono. E la democrazia è fatta anche di regole.
Si dirà: meglio avere la vocazione alla vittoria che quella a perdere! Forse è vero, come è vero che il centro-sinistra soffre della sindrome da sconfitta tanto che non riesce a stare insieme alla guida del Paese. Su un punto però occorre riflettere: la richiesta di fare le riforme che possono fare uscire l’Italia dalla instabilità politica e della situazione di blocco istituzionale in cui si trova – per cui il sistema non è riformabile perché c’è sempre qualcuno che blocca i cambiamenti – questa richiesta fino a ieri era sentita da tutti. Da chi rispondeva con equilibrio e ragionevolezza a Grillo e all’antipolitica, da chi riteneva che il danno causato dalla situazione di “stallo” fosse anche economico, che i ritardi nel rendere la politica efficace ed efficiente, capace di decidere, sono ritardi che bloccano il “sistema Italia” anche come sistema economico e produttivo. Questa richiesta è oggi del Partito Democratico, di Rifondazione Comunista, di pochi altri partiti e di donne e uomini di buona volontà.
Sarebbe davvero interessante che l’osso di oggi si trasformasse nel prezzo politico elettorale da pagare per aver voluto questa corsa verso le elezioni anticipate. Allora anche le aspirazioni a fare opposizione e a fare maggioranza risponderebbero ad una visione un tantino più alta della politica e del fare il bene comune.
Ricordate le divisioni interne alla ex-opposizione rispetto al lancio dell’idea berlusconiana del nuovo partito unico delle libertà? Le posizioni pro-referendum di AN? Quindi l’esigenza di fare la riforma elettorale. Non dimentichiamo queste cose. Eppure ora l’osso elettorale scatena la corsa alle elezioni senza riformare “la porcata” – senza padre e madre, perché rinnegata da tutti – eppure legge vigente con la quale si deciderà il futuro della governabilità del Paese.
Faccio questa riflessione solo per la storia: le elezioni anticipate sono un male perché in questo momento – insieme – era possibile, forse lo è ancora, contribuire a sbloccare l’Italia. Il ricorso anticipato alle urne – in ultima analisi – è un’affermazione di una democrazia con regole sbagliate. Chi insiste su questa strada afferma sì uno dei percorsi della democrazia – alla pari del formarsi di nuove maggioranze in Parlamento – ma in questo caso conferma anche gli errori delle attuali regole che la sottendono. E la democrazia è fatta anche di regole.
Si dirà: meglio avere la vocazione alla vittoria che quella a perdere! Forse è vero, come è vero che il centro-sinistra soffre della sindrome da sconfitta tanto che non riesce a stare insieme alla guida del Paese. Su un punto però occorre riflettere: la richiesta di fare le riforme che possono fare uscire l’Italia dalla instabilità politica e della situazione di blocco istituzionale in cui si trova – per cui il sistema non è riformabile perché c’è sempre qualcuno che blocca i cambiamenti – questa richiesta fino a ieri era sentita da tutti. Da chi rispondeva con equilibrio e ragionevolezza a Grillo e all’antipolitica, da chi riteneva che il danno causato dalla situazione di “stallo” fosse anche economico, che i ritardi nel rendere la politica efficace ed efficiente, capace di decidere, sono ritardi che bloccano il “sistema Italia” anche come sistema economico e produttivo. Questa richiesta è oggi del Partito Democratico, di Rifondazione Comunista, di pochi altri partiti e di donne e uomini di buona volontà.
Sarebbe davvero interessante che l’osso di oggi si trasformasse nel prezzo politico elettorale da pagare per aver voluto questa corsa verso le elezioni anticipate. Allora anche le aspirazioni a fare opposizione e a fare maggioranza risponderebbero ad una visione un tantino più alta della politica e del fare il bene comune.
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