Intervengo volentieri nel merito delle molte cose dette in questi giorni a proposito della rappresentanza degli italiani all’estero, del lavoro svolto dai parlamentari eletti all’estero, del rapporto con i partiti e con l’Italia nel suo complesso.
Partirei, per semplicità, con la questione centrale, pare ancora non superata da tutti: è giusto avere dei parlamentari della diaspora italiana nel mondo nel Parlamento della Repubblica italiana? E per fare cosa?
Sono convinto che sia giusto esserci perché il mondo richiede oggi il superamento delle barriere e le diaspore sono elemento di congiunzione tra lingue, culture, religioni: un modo nuovo di vedere il mondo, di discuterlo, di rappresentarlo. Anche se è vero che non tutti ne sono convinti, a partire da alcuni partiti come la Lega Nord, Rifondazione comunista ed i socialisti italiani, che, legittimamente, la pensano diversamente. Ed è necessario esserci in applicazione del dettato costituzionale, che abbiamo contribuito a scrivere.
I parlamentari eletti all’estero sono stati sempre e tutti in grado di rappresentare questa novità? Forse non sempre e forse non tutti, ma il potenziale è ancora tutto da utilizzare e, come in ogni sperimentazione, occorre avere un periodo di tempo ragionevole per provare una tesi o quella opposta. Per fare gli interessi di comunità che a lungo sono state trascurate e che chiedono, sostanzialmente, di avere gli stessi diritti e doveri degli italiani in Italia: una ragionevole rete di sicurezza sociale e di tutela, pensioni giuste, una pubblica amministrazione efficiente, programmi linguistici e culturali e scambi e rapporti con l’Italia. Costruire rapporti più forti con l’Italia e con l’Unione europea è utile a tutti perché in questo modo si rafforzano i livelli di cooperazione che consentono il progresso, la crescita, la solidarietà ed anche i percorsi verso la pace. Ed i parlamentari eletti all’estero possono essere veicolo per una migliore conoscenza di realtà all’estero costruite anche con il lavoro, l’intelligenza e le idee degli italiani. Gli italiani che oggi vanno all’estero, ricercatori, professionisti, imprenditori e lavoratori, dimostrano ancora oggi
Perché questa prima esperienza è stata particolarmente dura? Lo scontro politico particolarmente aspro, l’opposizione che non ha accettato di aver perso le elezioni, la risicata maggioranza al Senato e la litigiosità tra gli alleati, anche nel centro sinistra, non hanno consentito, in meno di 21mesi, di portare a compimento l’opera di comunicazione alla società italiana. I partiti non sono stati sempre all’altezza del compito, è vero. Ma l’antipolitica, il dibattito sui costi della politica e sul ruolo dei partiti, ha condizionato la capacità di dare una risposta innovativa. Il Partito Democratico sta cercando di farlo: superando gli schematismi del passato, innovando sotto il profilo delle alleanze, delle scelte dei candidati e dei programmi, di metodi di consultazione e di partecipazione. Un partito che è aperto e che non intende occupare spazi di società civile.
Questo modello di partito ascolterà anche gli italiani all’estero. Ecco perché la discussione su candidati rischia – a mio avviso – di non farci vedere la soluzione. Tutto ciò che abbiamo ottenuto, dall’estensione della 14esima ai pensionati all’estero fino alla ulteriore detrazione ICI per i residenti all’estero, dai 14 milioni euro aggiuntivi per le politiche a favore degli italiani all’estero fino alle iniziative per l’assistenza sanitaria, dai 5,5 milioni di euro in più per la scuola fino all’estensione delle detrazioni per carichi di famiglia ai residenti all’estero, ci ha visto protagonisti di un lavoro incessante con il Governo e con i partiti. Dobbiamo riuscire ad integrare una sana logica di rappresentanza territoriale con le esigenze complessive del sistema Italia. Per far questo occorrono, è vero, sensibilità politica, partiti aperti ed impegnati davvero anche all’estero. Ecco perché vogliamo costruire all’estero – ed anche in Australia – un PD forte ed autentico.
Anche il rapporto con il territorio – penalizzante per tutti ma ancor più per la nostra ripartizione – sarà rafforzato dalla presenza organizzata dei partiti. I parlamentari – bloccati a Roma da un’attività parlamentare che è intensa e continua – attraverso i partiti potranno essere vicini agli elettori e potranno continuare a fare il loro dovere. In attesa che anche il Parlamento italiano vari le necessarie riforme – a partire da quelle costituzionale ed elettorale – per favorire la governabilità e rendere i processi legislativi più semplici ed efficienti.
Partirei, per semplicità, con la questione centrale, pare ancora non superata da tutti: è giusto avere dei parlamentari della diaspora italiana nel mondo nel Parlamento della Repubblica italiana? E per fare cosa?
Sono convinto che sia giusto esserci perché il mondo richiede oggi il superamento delle barriere e le diaspore sono elemento di congiunzione tra lingue, culture, religioni: un modo nuovo di vedere il mondo, di discuterlo, di rappresentarlo. Anche se è vero che non tutti ne sono convinti, a partire da alcuni partiti come la Lega Nord, Rifondazione comunista ed i socialisti italiani, che, legittimamente, la pensano diversamente. Ed è necessario esserci in applicazione del dettato costituzionale, che abbiamo contribuito a scrivere.
I parlamentari eletti all’estero sono stati sempre e tutti in grado di rappresentare questa novità? Forse non sempre e forse non tutti, ma il potenziale è ancora tutto da utilizzare e, come in ogni sperimentazione, occorre avere un periodo di tempo ragionevole per provare una tesi o quella opposta. Per fare gli interessi di comunità che a lungo sono state trascurate e che chiedono, sostanzialmente, di avere gli stessi diritti e doveri degli italiani in Italia: una ragionevole rete di sicurezza sociale e di tutela, pensioni giuste, una pubblica amministrazione efficiente, programmi linguistici e culturali e scambi e rapporti con l’Italia. Costruire rapporti più forti con l’Italia e con l’Unione europea è utile a tutti perché in questo modo si rafforzano i livelli di cooperazione che consentono il progresso, la crescita, la solidarietà ed anche i percorsi verso la pace. Ed i parlamentari eletti all’estero possono essere veicolo per una migliore conoscenza di realtà all’estero costruite anche con il lavoro, l’intelligenza e le idee degli italiani. Gli italiani che oggi vanno all’estero, ricercatori, professionisti, imprenditori e lavoratori, dimostrano ancora oggi
Perché questa prima esperienza è stata particolarmente dura? Lo scontro politico particolarmente aspro, l’opposizione che non ha accettato di aver perso le elezioni, la risicata maggioranza al Senato e la litigiosità tra gli alleati, anche nel centro sinistra, non hanno consentito, in meno di 21mesi, di portare a compimento l’opera di comunicazione alla società italiana. I partiti non sono stati sempre all’altezza del compito, è vero. Ma l’antipolitica, il dibattito sui costi della politica e sul ruolo dei partiti, ha condizionato la capacità di dare una risposta innovativa. Il Partito Democratico sta cercando di farlo: superando gli schematismi del passato, innovando sotto il profilo delle alleanze, delle scelte dei candidati e dei programmi, di metodi di consultazione e di partecipazione. Un partito che è aperto e che non intende occupare spazi di società civile.
Questo modello di partito ascolterà anche gli italiani all’estero. Ecco perché la discussione su candidati rischia – a mio avviso – di non farci vedere la soluzione. Tutto ciò che abbiamo ottenuto, dall’estensione della 14esima ai pensionati all’estero fino alla ulteriore detrazione ICI per i residenti all’estero, dai 14 milioni euro aggiuntivi per le politiche a favore degli italiani all’estero fino alle iniziative per l’assistenza sanitaria, dai 5,5 milioni di euro in più per la scuola fino all’estensione delle detrazioni per carichi di famiglia ai residenti all’estero, ci ha visto protagonisti di un lavoro incessante con il Governo e con i partiti. Dobbiamo riuscire ad integrare una sana logica di rappresentanza territoriale con le esigenze complessive del sistema Italia. Per far questo occorrono, è vero, sensibilità politica, partiti aperti ed impegnati davvero anche all’estero. Ecco perché vogliamo costruire all’estero – ed anche in Australia – un PD forte ed autentico.
Anche il rapporto con il territorio – penalizzante per tutti ma ancor più per la nostra ripartizione – sarà rafforzato dalla presenza organizzata dei partiti. I parlamentari – bloccati a Roma da un’attività parlamentare che è intensa e continua – attraverso i partiti potranno essere vicini agli elettori e potranno continuare a fare il loro dovere. In attesa che anche il Parlamento italiano vari le necessarie riforme – a partire da quelle costituzionale ed elettorale – per favorire la governabilità e rendere i processi legislativi più semplici ed efficienti.
Marco Fedi è deputato
del Gruppo Partito Democratico - L’Ulivo
Nessun commento:
Posta un commento