Viviamo un momento amaro della storia d’Italia
Qualcuno di noi – incluso il sottoscritto – si era illuso che tra maggioranza ed opposizione, tra chi sostiene il Governo Berlusconi e chi invece sta dalla parte di Walter Veltroni, cioè di un’opposizione seria, sempre fatta nel merito delle proposte, vi potesse essere un autentico dialogo. Una verifica cioè delle priorità per il Paese, dei punti di accordo e di un piano di riforme: a partire da quelle istituzionali. Veltroni lo ha dimostrato sulla vicenda Alitalia: nonostante la nostra avversione ad un piano costruito tardi e male, ad un uso propagandistico di tutta la vicenda iniziato con la campagna elettorale, al no ad una proposta seria di Air France, parte del piano Prodi, nonostante quindi questi argomenti solidi per dire no al piano Cai, di fronte all’ipotesi peggiore, cioè il fallimento Alitalia, Veltroni facilita una ripresa del dialogo tra la Cgil, i sindacati di categoria e la Cai.
La maggioranza invece di prendere atto di un atteggiamento costruttivo dell’opposizione che fa? Attacca ed offende il leader dell’opposizione. Attacchi che continuano ancora oggi a rete unificate Rai e Mediaset.
Il dialogo tra maggioranza ed opposizione non può essere percepito come una sudditanza o peggio come uno tentativo di limitare il dibattito ai micro-aggiustamenti.
Deve esserci un confronto generale sui grandi temi, anche in Parlamento, poi è possibile guardare anche ad emendamenti migliorativi – senza il capestro del voto di fiducia.
Se è legittimo – infatti – procedere a colpi di decreto quando vi è un’emergenza, non è certo ragionevole evitare la discussione sulla finanziaria o sulla riforma della scuola o sulla prostituzione. Finora il ricorso al voto di fiducia vi è stato su finte emergenze: la giustizia con il lodo Alfano e l’immunità per le più alte cariche dello Stato, la sicurezza con il reato di immigrazione clandestina e l’esercito nelle strade. Danni gravissimi all’Italia ed alla sua immagine nel mondo.
Il Governo Berlusconi continua su questa strada: mette mano alla scuola per tornare al maestro unico nelle scuole elementari e far tornare l’Italia indietro nel tempo e nelle metodologie e modificando ciò che già va bene – anche secondo gli organismi di monitoraggio internazionale! Che senso ha riformare ciò che altri ci invidiano?
E poi vi è la grande questione degli italiani all’estero. È iniziata male con la conversione del decreto 93 sulla salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie – che ha sottratto al Ministero degli affari esteri oltre 17milioni di euro destinati alle iniziative per gli italiani nel mondo – ed è continuata malissimo con il mancato recupero in sede di aggiustamento di bilancio e continua nel peggiore dei modi con un taglio prospettato di altri 50 milioni euro per il 2009. Non solo. Anche la promessa di altri tagli nel 2010 e 2011. Con questi tagli si annientano le iniziative per gli italiani nel mondo! Non è possibile parlare in altro modo.
È un fatto grave di cui questo Governo e questa maggioranza debbono assumersi tutte le responsabilità. Noi faremo del nostro meglio in Parlamento per lottare contro i tagli, per fare in modo di affrontare in modo coerente altre questioni come le detrazioni per carichi di famiglie, l’assegno sociale, la cittadinanza, l’esonero dall’ICI, i diritti sindacali del personale a contratto dei consolati, la rete consolare ed altre riforme che ci attendono, a partire dagli istituti di cultura fino alla 153 del 1971 sulla promozione e diffusione dell’italiano all’estero fino alla legge elettorale per il voto all’estero. Ed abbiamo oggi i dati precisi sui tagli proposti (dalla tabella 6 del Ministero degli Affari esteri) che rappresenterebbero, ove confermati, l’annientamento del buon lavoro svolto nella trascorsa legislatura e la fine delle politiche a sostegno delle comunità italiane nel mondo.
Il capitolo 3153 sui contributi agli enti gestori i corsi di lingua italiana nel mondo passerebbe da 34milioni di euro a 14milioni e 500mila (meno 19milioni 626mila). Il contributo per l’assistenza diretta ai connazionali indigenti, capitolo 3121, da 28milioni e 500mila a 10milioni e 777mila (meno 17milioni e 722mila). Il capitolo per l’assistenza indiretta, 3105, passa da 2milioni e 274mila a 1milione (meno 1milione e 274mila)
Il capitolo per le attività culturali, gestito dalla rete diplomatico-consolare, passa da 3milioni e 450mila a 996mila (meno 2milioni e 454mila).
Il contributo al CGIE passa da 2milioni e 14mila a 1milione e 550mila (meno 464mila).
Il contributo ai Comites passa da 3milioni e 74mila a 2milioni e 540mila (meno 534mila). Il capitolo 3106 per le riunione dei Comitati dei presidenti subisce un taglio da 226mila a 170mila euro (meno 56mila).
Lo stanziamento previsto, per questi capitoli per le comunità italiane nel mondo, è pari a 31milioni 553mila euro, i tagli ammonterebbero invece a 41milioni 596mila.
Qualcuno di noi – incluso il sottoscritto – si era illuso che tra maggioranza ed opposizione, tra chi sostiene il Governo Berlusconi e chi invece sta dalla parte di Walter Veltroni, cioè di un’opposizione seria, sempre fatta nel merito delle proposte, vi potesse essere un autentico dialogo. Una verifica cioè delle priorità per il Paese, dei punti di accordo e di un piano di riforme: a partire da quelle istituzionali. Veltroni lo ha dimostrato sulla vicenda Alitalia: nonostante la nostra avversione ad un piano costruito tardi e male, ad un uso propagandistico di tutta la vicenda iniziato con la campagna elettorale, al no ad una proposta seria di Air France, parte del piano Prodi, nonostante quindi questi argomenti solidi per dire no al piano Cai, di fronte all’ipotesi peggiore, cioè il fallimento Alitalia, Veltroni facilita una ripresa del dialogo tra la Cgil, i sindacati di categoria e la Cai.
La maggioranza invece di prendere atto di un atteggiamento costruttivo dell’opposizione che fa? Attacca ed offende il leader dell’opposizione. Attacchi che continuano ancora oggi a rete unificate Rai e Mediaset.
Il dialogo tra maggioranza ed opposizione non può essere percepito come una sudditanza o peggio come uno tentativo di limitare il dibattito ai micro-aggiustamenti.
Deve esserci un confronto generale sui grandi temi, anche in Parlamento, poi è possibile guardare anche ad emendamenti migliorativi – senza il capestro del voto di fiducia.
Se è legittimo – infatti – procedere a colpi di decreto quando vi è un’emergenza, non è certo ragionevole evitare la discussione sulla finanziaria o sulla riforma della scuola o sulla prostituzione. Finora il ricorso al voto di fiducia vi è stato su finte emergenze: la giustizia con il lodo Alfano e l’immunità per le più alte cariche dello Stato, la sicurezza con il reato di immigrazione clandestina e l’esercito nelle strade. Danni gravissimi all’Italia ed alla sua immagine nel mondo.
Il Governo Berlusconi continua su questa strada: mette mano alla scuola per tornare al maestro unico nelle scuole elementari e far tornare l’Italia indietro nel tempo e nelle metodologie e modificando ciò che già va bene – anche secondo gli organismi di monitoraggio internazionale! Che senso ha riformare ciò che altri ci invidiano?
E poi vi è la grande questione degli italiani all’estero. È iniziata male con la conversione del decreto 93 sulla salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie – che ha sottratto al Ministero degli affari esteri oltre 17milioni di euro destinati alle iniziative per gli italiani nel mondo – ed è continuata malissimo con il mancato recupero in sede di aggiustamento di bilancio e continua nel peggiore dei modi con un taglio prospettato di altri 50 milioni euro per il 2009. Non solo. Anche la promessa di altri tagli nel 2010 e 2011. Con questi tagli si annientano le iniziative per gli italiani nel mondo! Non è possibile parlare in altro modo.
È un fatto grave di cui questo Governo e questa maggioranza debbono assumersi tutte le responsabilità. Noi faremo del nostro meglio in Parlamento per lottare contro i tagli, per fare in modo di affrontare in modo coerente altre questioni come le detrazioni per carichi di famiglie, l’assegno sociale, la cittadinanza, l’esonero dall’ICI, i diritti sindacali del personale a contratto dei consolati, la rete consolare ed altre riforme che ci attendono, a partire dagli istituti di cultura fino alla 153 del 1971 sulla promozione e diffusione dell’italiano all’estero fino alla legge elettorale per il voto all’estero. Ed abbiamo oggi i dati precisi sui tagli proposti (dalla tabella 6 del Ministero degli Affari esteri) che rappresenterebbero, ove confermati, l’annientamento del buon lavoro svolto nella trascorsa legislatura e la fine delle politiche a sostegno delle comunità italiane nel mondo.
Il capitolo 3153 sui contributi agli enti gestori i corsi di lingua italiana nel mondo passerebbe da 34milioni di euro a 14milioni e 500mila (meno 19milioni 626mila). Il contributo per l’assistenza diretta ai connazionali indigenti, capitolo 3121, da 28milioni e 500mila a 10milioni e 777mila (meno 17milioni e 722mila). Il capitolo per l’assistenza indiretta, 3105, passa da 2milioni e 274mila a 1milione (meno 1milione e 274mila)
Il capitolo per le attività culturali, gestito dalla rete diplomatico-consolare, passa da 3milioni e 450mila a 996mila (meno 2milioni e 454mila).
Il contributo al CGIE passa da 2milioni e 14mila a 1milione e 550mila (meno 464mila).
Il contributo ai Comites passa da 3milioni e 74mila a 2milioni e 540mila (meno 534mila). Il capitolo 3106 per le riunione dei Comitati dei presidenti subisce un taglio da 226mila a 170mila euro (meno 56mila).
Lo stanziamento previsto, per questi capitoli per le comunità italiane nel mondo, è pari a 31milioni 553mila euro, i tagli ammonterebbero invece a 41milioni 596mila.
E sulla scuola…
Il decreto sulla scuola elaborato dal ministro dell’Istruzione Gelmini è legge. Il governo ha posto per la sesta volta la questione di fiducia, pur avendo dalla sua una larga maggioranza, palesando così tutto il suo disinteresse per le prerogative e il ruolo del Parlamento. Qualcuno ha definito questo ddl il decreto Gelmini-Tremonti, perché ha l’aspetto di una mannaia sui conti della scuola italiana. Contiene infatti la cifra record di 8 miliardi di euro di tagli da realizzarsi nei prossimi tre anni.
Per l’esattezza salteranno 81mila insegnanti (moltissimi di sostegno ai disabili) e 47mila tra personale tecnico e amministrativo. Vuol dire 150mila posti di lavoro in meno, attraverso il mancato reintegro di chi va in pensione e il blocco delle Ssis (costose ma ormai inevitabili scuole di specializzazione per insegnare). Di concorsi neanche a parlarne…
Diminuendo i docenti le classi supereranno abbondantemente i 30 alunni: altro che qualità dell’insegnamento! Molti plessi scolastici verranno chiusi costringendo le famiglie dei comuni più piccoli ha fare più strada. Sarà inoltre compromesso il tempo pieno, sempre più necessario alle famiglie che lavorano.
E poi il ritorno del maestro unico alle elementari. In un sol colpo si torna indietro di vent’anni. I bambini perderanno una pluralità di stimoli nell’apprendimento e una prima occasione di confrontarsi con la complessità della vita, oltre a rischiare di essere penalizzati: se si ha un cattivo rapporto con l’unica maestra, non si hanno altre chance per essere valorizzati.
Il PDL ha anche presentato un disegno di legge (Aprea) per trasformare gli istituti scolastici in fondazioni: con il pretesto di più introiti e più legame con il mondo del lavoro, in realtà le scuole saranno consegnate alle imprese, le quali versando qualche euro guideranno i nuovi consigli di amministrazione, sostitutivi di quelli di istituto. Al posto di presidi, insegnanti, personale, genitori e alunni, a decidere su un programma, una gita o l’orario settimanale saranno gli imprenditori.
L’impressione è che questa destra che privatizza la scuola pubblica e favorisce quella privata, è capace soltanto di fare il solito muso duro: rimettere il grembiule e il 7 in condotta, addirittura secondo qualche esponente del PDL anche l’Inno di Mameli, l’alzabandiera e la religione cattolica obbligatoria per tutti (alla faccia di oltre mezzo milione di alunni figli di stranieri e della laicità del nostro Stato).
Piuttosto di occuparsi di problemi reali come classi sovraffollate, edifici spesso fatiscenti o non attrezzati, continue revisione delle edizioni dei testi scolastici, obbligo scolastico a soli 16 anni (con il governo Prodi era arrivato a 18), si punta sulla propaganda e sulla demagogia.
Il decreto sulla scuola elaborato dal ministro dell’Istruzione Gelmini è legge. Il governo ha posto per la sesta volta la questione di fiducia, pur avendo dalla sua una larga maggioranza, palesando così tutto il suo disinteresse per le prerogative e il ruolo del Parlamento. Qualcuno ha definito questo ddl il decreto Gelmini-Tremonti, perché ha l’aspetto di una mannaia sui conti della scuola italiana. Contiene infatti la cifra record di 8 miliardi di euro di tagli da realizzarsi nei prossimi tre anni.
Per l’esattezza salteranno 81mila insegnanti (moltissimi di sostegno ai disabili) e 47mila tra personale tecnico e amministrativo. Vuol dire 150mila posti di lavoro in meno, attraverso il mancato reintegro di chi va in pensione e il blocco delle Ssis (costose ma ormai inevitabili scuole di specializzazione per insegnare). Di concorsi neanche a parlarne…
Diminuendo i docenti le classi supereranno abbondantemente i 30 alunni: altro che qualità dell’insegnamento! Molti plessi scolastici verranno chiusi costringendo le famiglie dei comuni più piccoli ha fare più strada. Sarà inoltre compromesso il tempo pieno, sempre più necessario alle famiglie che lavorano.
E poi il ritorno del maestro unico alle elementari. In un sol colpo si torna indietro di vent’anni. I bambini perderanno una pluralità di stimoli nell’apprendimento e una prima occasione di confrontarsi con la complessità della vita, oltre a rischiare di essere penalizzati: se si ha un cattivo rapporto con l’unica maestra, non si hanno altre chance per essere valorizzati.
Il PDL ha anche presentato un disegno di legge (Aprea) per trasformare gli istituti scolastici in fondazioni: con il pretesto di più introiti e più legame con il mondo del lavoro, in realtà le scuole saranno consegnate alle imprese, le quali versando qualche euro guideranno i nuovi consigli di amministrazione, sostitutivi di quelli di istituto. Al posto di presidi, insegnanti, personale, genitori e alunni, a decidere su un programma, una gita o l’orario settimanale saranno gli imprenditori.
L’impressione è che questa destra che privatizza la scuola pubblica e favorisce quella privata, è capace soltanto di fare il solito muso duro: rimettere il grembiule e il 7 in condotta, addirittura secondo qualche esponente del PDL anche l’Inno di Mameli, l’alzabandiera e la religione cattolica obbligatoria per tutti (alla faccia di oltre mezzo milione di alunni figli di stranieri e della laicità del nostro Stato).
Piuttosto di occuparsi di problemi reali come classi sovraffollate, edifici spesso fatiscenti o non attrezzati, continue revisione delle edizioni dei testi scolastici, obbligo scolastico a soli 16 anni (con il governo Prodi era arrivato a 18), si punta sulla propaganda e sulla demagogia.
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