Strange days – strani giorni per Adelaide, Brisbane, Durban e per molti altri Consolati in Africa, in Europa e negli Stati Uniti. Sono i giorni degli incontri, delle riflessioni, delle proposte e delle tante domande. Domande alle quali – con molta umiltà – ho cercato di dare una risposta in questi giorni di presenza in Australia. Anche se le risposte vere non mi competono. Meno ancora gli annunci sulle chiusure di Consolati. Annunci che hanno fatto nascere queste domande e che hanno sconvolto la vita di intere comunità. Comunità che hanno anche dimostrato una inaspettata capacità di azione: proteste per la chiusura di Consolati, richiesta di maggiore attenzione agli sprechi delle nostre pubbliche amministrazioni, inclusi gli Esteri, proposta politica per discutere le vere riforme per gli italiani all’estero. Ringrazio queste comunità. Nuovamente ho imparato molto dalla loro capacità di vedere i problemi distaccandosi dall’immediatezza delle polemiche e dalla confusione delle posizioni di parte. Eppure molti hanno scelto, oggi, da che parte stare e non torneranno più indietro.
La giornata si era aperta con il mio arrivo all’aereoporto di Adelaide e i primi titoli dei quotidiani australiani che parlavano dei problemi del Premier Berlusconi. Ho detto a me stesso che non ne avrei parlato, che mi sarei limitato all’oggetto della mia visita, cioè la rete consolare, le riforme, la ricostruzione in Abruzzo e le pessime scelte del Governo per gli italiani all’estero. Non solo. Intendevo farlo nel modo più razionale possibile ed oltre la mia parte politica di opposizione, targata Partito Democratico.
Non ho il tempo neanche di finire il mio pensiero su una presunta “imparzialità” che arriva la prima domanda: cosa fate voi Parlamentari eletti all’estero, e voi del PD in particolare? Rispondo che mai come in questa occasione, da parte degli eletti all’estero, vi è il totale impegno di tutti, oltre le parti politiche, per modificare questa decisione. Noi del PD facciamo opposizione, forte, alle scelte, sbagliate, del Governo. Lo abbiamo fatto dall’inizio della legislatura contro i tagli, contro le discriminazioni all’esonero ICI, che non riguarda i residenti all’estero, ora anche i contributi per la ricostruzione in Abruzzo escludono i residenti all’estero. Perchè da quando abbiamo i Parlamentari eletti all’estero le nostre condizioni peggiorano? Spiego che non è così. Che con il Governo Prodi eravamo riusciti, nonostante una finanziaria molto dura, a far aumentare le dotazioni dei capitoli per gli italiani all’estero, che avevamo esteso ai residenti all’estero le detrazioni per carichi di famiglia, l’ulteriore detrazione ICI, la “quattordicesima” sulle pensioni. Non è il Parlamento che chiude i Consolati ma il Governo Berlusconi, che potrebbe fare altre scelte. Quello degli italiani all’estero era un mondo per molti anni dimenticato, lasciato ad una sua condizione di stabilità emotiva e culturale, gestita da una rappresentanza – Comites e CGIE – che a momenti era apparsa anche stanca, e che improvvisamente era tornato a parlare, ad essere visibile. Mi rendo conto di questa dimensione mentre parlo! Ed oggi tutti tornano a fare bene il loro dovere di rappresentanza, con una unità di intenti mai registrata prima, contro i tagli, contro le discriminazioni ai danni dei residenti all’estero e contro le chiusure di consolati.
Ma anche nella trascorsa legislatura avete chiuso Consolati – mi chiedono! Il problema qui, infatti, non è chi ha chiuso meno e chi ha chiuso meglio o chi ha utilizzato motivazioni più o meno razionali. Il problema è capire, tutti, che per mantenere la nostra rete diplomatico-consolare, dato un bilancio di partenza del MAE che è largamente insufficiente, date le continue riduzioni di bilancio e data la necessità di aprire le nostre “finestre” in altri Paesi, dobbiamo rivedere il modo in cui siamo rete consolare all’estero oppure tagliare i rami secchi di una spesa da rivedere interamente. Possiamo in altre parole realizzare dei risparmi per poi investire in nuove reti, per migliorare le reti esistenti e posizionarci per il futuro della “cittadinanza elettronica”. Le chiusure sono ingiuste, sempre, se non accompagnate da un progetto di vero rilancio della nostra presenza nel mondo. Lo dicemmo anche al governo di centro-sinistra anche perchè le proteste sono sempre indirizzate ai Governi in carica.
Perchè questa chiusura? Dove rinnoverò il mio passaporto visto che sono solo cittadino italiano.... mi verrebbe voglia di diventare australiano e rinunciare a quella italiana... Dico che reagire in questo modo è sempre sbagliato, anche se capisco le ragioni emotive di una reazione di questo tipo. Penso allo splendido esempio di civiltà che date ogni giorno all’Italia, alle tante disillusioni ed alle attese ancora vive nelle speranze della gente e dico che vale la pena ancora lavorare insieme per modificare questa decisione e per fare le riforme che da tanti anni il mondo degli italiani all’estero attende. Dalla cittadinanza alla riforma dell’insegnamento della lingua italiana nel mondo, sono queste le priorità. Ma oggi Governo e maggioranza le allontanano queste priorità. Non solo. Esiste una visione degli italiani all’estero distorta. Non sei cittadino, non conti, se parli male italiano... dice un anziano “vecchio australiano”, espressione che ricorda a tutti che è qui da una vita. Caro vecchio australiano è proprio così: non solo in Australia ma anche in America Latina, l’Italia si permette oggi il lusso di pretendere l’italianità della purezza, anche linguistico-culturale. È il prezzo che paghiamo per il leghismo nostrano che domina la coalizione di centro-destra e che oggi detta le regole d’ingaggio con le nostre comunità.
Forse ci ripensano – dice speranzoso un giovane che parla delle possibilità di mantenere Detroit per l’arrivo della Fiat. Spero anch’io che questo piccolo miracolo di coincidenze da “very strange days” ci porti buone notizie. E mi viene in mente il titolo di una canzone da scrivere, Noi che non viviamo a Detroit .... di un film-documentario da girare e di una storia comunque da raccontare: il ritorno degli invisibili.
La giornata si era aperta con il mio arrivo all’aereoporto di Adelaide e i primi titoli dei quotidiani australiani che parlavano dei problemi del Premier Berlusconi. Ho detto a me stesso che non ne avrei parlato, che mi sarei limitato all’oggetto della mia visita, cioè la rete consolare, le riforme, la ricostruzione in Abruzzo e le pessime scelte del Governo per gli italiani all’estero. Non solo. Intendevo farlo nel modo più razionale possibile ed oltre la mia parte politica di opposizione, targata Partito Democratico.
Non ho il tempo neanche di finire il mio pensiero su una presunta “imparzialità” che arriva la prima domanda: cosa fate voi Parlamentari eletti all’estero, e voi del PD in particolare? Rispondo che mai come in questa occasione, da parte degli eletti all’estero, vi è il totale impegno di tutti, oltre le parti politiche, per modificare questa decisione. Noi del PD facciamo opposizione, forte, alle scelte, sbagliate, del Governo. Lo abbiamo fatto dall’inizio della legislatura contro i tagli, contro le discriminazioni all’esonero ICI, che non riguarda i residenti all’estero, ora anche i contributi per la ricostruzione in Abruzzo escludono i residenti all’estero. Perchè da quando abbiamo i Parlamentari eletti all’estero le nostre condizioni peggiorano? Spiego che non è così. Che con il Governo Prodi eravamo riusciti, nonostante una finanziaria molto dura, a far aumentare le dotazioni dei capitoli per gli italiani all’estero, che avevamo esteso ai residenti all’estero le detrazioni per carichi di famiglia, l’ulteriore detrazione ICI, la “quattordicesima” sulle pensioni. Non è il Parlamento che chiude i Consolati ma il Governo Berlusconi, che potrebbe fare altre scelte. Quello degli italiani all’estero era un mondo per molti anni dimenticato, lasciato ad una sua condizione di stabilità emotiva e culturale, gestita da una rappresentanza – Comites e CGIE – che a momenti era apparsa anche stanca, e che improvvisamente era tornato a parlare, ad essere visibile. Mi rendo conto di questa dimensione mentre parlo! Ed oggi tutti tornano a fare bene il loro dovere di rappresentanza, con una unità di intenti mai registrata prima, contro i tagli, contro le discriminazioni ai danni dei residenti all’estero e contro le chiusure di consolati.
Ma anche nella trascorsa legislatura avete chiuso Consolati – mi chiedono! Il problema qui, infatti, non è chi ha chiuso meno e chi ha chiuso meglio o chi ha utilizzato motivazioni più o meno razionali. Il problema è capire, tutti, che per mantenere la nostra rete diplomatico-consolare, dato un bilancio di partenza del MAE che è largamente insufficiente, date le continue riduzioni di bilancio e data la necessità di aprire le nostre “finestre” in altri Paesi, dobbiamo rivedere il modo in cui siamo rete consolare all’estero oppure tagliare i rami secchi di una spesa da rivedere interamente. Possiamo in altre parole realizzare dei risparmi per poi investire in nuove reti, per migliorare le reti esistenti e posizionarci per il futuro della “cittadinanza elettronica”. Le chiusure sono ingiuste, sempre, se non accompagnate da un progetto di vero rilancio della nostra presenza nel mondo. Lo dicemmo anche al governo di centro-sinistra anche perchè le proteste sono sempre indirizzate ai Governi in carica.
Perchè questa chiusura? Dove rinnoverò il mio passaporto visto che sono solo cittadino italiano.... mi verrebbe voglia di diventare australiano e rinunciare a quella italiana... Dico che reagire in questo modo è sempre sbagliato, anche se capisco le ragioni emotive di una reazione di questo tipo. Penso allo splendido esempio di civiltà che date ogni giorno all’Italia, alle tante disillusioni ed alle attese ancora vive nelle speranze della gente e dico che vale la pena ancora lavorare insieme per modificare questa decisione e per fare le riforme che da tanti anni il mondo degli italiani all’estero attende. Dalla cittadinanza alla riforma dell’insegnamento della lingua italiana nel mondo, sono queste le priorità. Ma oggi Governo e maggioranza le allontanano queste priorità. Non solo. Esiste una visione degli italiani all’estero distorta. Non sei cittadino, non conti, se parli male italiano... dice un anziano “vecchio australiano”, espressione che ricorda a tutti che è qui da una vita. Caro vecchio australiano è proprio così: non solo in Australia ma anche in America Latina, l’Italia si permette oggi il lusso di pretendere l’italianità della purezza, anche linguistico-culturale. È il prezzo che paghiamo per il leghismo nostrano che domina la coalizione di centro-destra e che oggi detta le regole d’ingaggio con le nostre comunità.
Forse ci ripensano – dice speranzoso un giovane che parla delle possibilità di mantenere Detroit per l’arrivo della Fiat. Spero anch’io che questo piccolo miracolo di coincidenze da “very strange days” ci porti buone notizie. E mi viene in mente il titolo di una canzone da scrivere, Noi che non viviamo a Detroit .... di un film-documentario da girare e di una storia comunque da raccontare: il ritorno degli invisibili.