Congelare la decisione di declassare e chiudere 22 consolati nel mondo ed attivare un tavolo di discussione con il Parlamento. Un tavolo di discussione che consenta anche ai parlamentari di conoscere e di approfondire adeguatamente il progetto per la realizzazione del consolato elettronico. Questa è la proposta avanzata dall’On. Marco Fedi in sede di audizione del Sottosegretario di Stato agli Affari esteri, Sen. Alfredo Mantica, davanti alle Commissioni Esteri di Camera e Senato.
Da Adelaide a Brisbane fino a Durban, dall’America del Nord all’Europa, le annunciate chiusure di Consolati hanno sollevato forti proteste e manifestazioni di dissenso rispetto alla scelta del Governo e forti preoccupazioni sollevate anche dai Governi locali. Nella capitale dello Stato del South Australia, Adelaide, la voce di protesta è arrivata in Parlamento.
La preoccupazione si ritrova nelle parole di una mozione, nelle posizioni unitarie di parlamentari di maggioranza e opposizione e nel comunicato del Premier statale Mike Rann. La forte richiesta di invertire il senso di marcia, di non adottare questa decisione annunciata, di mantenere inalterati i rapporti con gli Stati, rappresentano una aperta critica al Governo ma, allo stesso tempo, paradossalmente, anche un apprezzamento per il lavoro svolto negli anni dalla nostra rappresentanza e dal personale consolare”.
Su questi temi sarebbe necessario unirci nell’affermazione di principi, fare squadra attorno all’idea di servizio per le comunità e di azione diplomatica con gli Stati – che negli anni ci hanno consentito di raggiungere importanti traguardi bilaterali – piuttosto che dividerci tra interessi geografici, tra personale di ruolo e a contratto, tra chi pensa si possa spendere meglio, eliminando il superfluo, e chi vede solo le urgenze ed i buchi da tappare con i tagli. Credo questo sia il momento dell’azione comune. Dobbiamo lavorare affinché il Governo fornisca elementi di chiarezza su come intende gestire i servizi. Condivida le strategie di medio e lungo corso, la politica di investimenti, le soluzioni per sopperire alla chiusura di sedi nel mondo. Non ci sono vincitori e vinti, ma solo un Governo che appare sempre più disperato nel racimolare risorse che andranno a tante cose fuorché quella rete consolare, che invece chiede investimenti proprio per essere adeguatamente riorganizzata. Ora la logica non può essere quella della distanza: forse in Europa un ragionamento strettamente “podistico” può essere adottato. Oggi abbiamo un secondo compito: dire chiaramente che tipo di Paese vogliamo essere e che tipo di organizzazione vogliamo darci, per esserlo anche all’estero.
Ci dica il Governo come intende realizzare una vera riorganizzazione. Ci presenti un programma serio di lavoro e su quello – anche da posizioni diverse – potremo discutere e confrontarci. Ciò che abbiamo davanti è l’ennesima manovra di riduzione dei costi, peraltro anche minimi se a regime, nel 2012, si parla di un risparmio di 8 milioni di euro. Nei prossimi giorni e mesi ciascuno con le proprie responsabilità dovrà operare per invertire questo metodo di lavoro, per non arrivare alle emergenze e per garantire ai cittadini italiani i servizi che meritano – e non solo quelli che lo Stato italiano è in grado di fornire – e per rafforzare la nostra presenza diplomatica all’estero anziché indebolirla.
Noi crediamo sia possibile realizzare i risparmi necessari da investire nel rafforzamento e nell’ampliamento della rete consolare - che deve poter arrivare anche in quelle nuove realtà in cui è richiesta la presenza della nostra diplomazia e della nostra rete di servizi - sia attraverso tagli alle spese amministrative che attraverso l’utilizzo dei consolati onorari e degli sportelli di servizio.
Da Adelaide a Brisbane fino a Durban, dall’America del Nord all’Europa, le annunciate chiusure di Consolati hanno sollevato forti proteste e manifestazioni di dissenso rispetto alla scelta del Governo e forti preoccupazioni sollevate anche dai Governi locali. Nella capitale dello Stato del South Australia, Adelaide, la voce di protesta è arrivata in Parlamento.
La preoccupazione si ritrova nelle parole di una mozione, nelle posizioni unitarie di parlamentari di maggioranza e opposizione e nel comunicato del Premier statale Mike Rann. La forte richiesta di invertire il senso di marcia, di non adottare questa decisione annunciata, di mantenere inalterati i rapporti con gli Stati, rappresentano una aperta critica al Governo ma, allo stesso tempo, paradossalmente, anche un apprezzamento per il lavoro svolto negli anni dalla nostra rappresentanza e dal personale consolare”.
Su questi temi sarebbe necessario unirci nell’affermazione di principi, fare squadra attorno all’idea di servizio per le comunità e di azione diplomatica con gli Stati – che negli anni ci hanno consentito di raggiungere importanti traguardi bilaterali – piuttosto che dividerci tra interessi geografici, tra personale di ruolo e a contratto, tra chi pensa si possa spendere meglio, eliminando il superfluo, e chi vede solo le urgenze ed i buchi da tappare con i tagli. Credo questo sia il momento dell’azione comune. Dobbiamo lavorare affinché il Governo fornisca elementi di chiarezza su come intende gestire i servizi. Condivida le strategie di medio e lungo corso, la politica di investimenti, le soluzioni per sopperire alla chiusura di sedi nel mondo. Non ci sono vincitori e vinti, ma solo un Governo che appare sempre più disperato nel racimolare risorse che andranno a tante cose fuorché quella rete consolare, che invece chiede investimenti proprio per essere adeguatamente riorganizzata. Ora la logica non può essere quella della distanza: forse in Europa un ragionamento strettamente “podistico” può essere adottato. Oggi abbiamo un secondo compito: dire chiaramente che tipo di Paese vogliamo essere e che tipo di organizzazione vogliamo darci, per esserlo anche all’estero.
Ci dica il Governo come intende realizzare una vera riorganizzazione. Ci presenti un programma serio di lavoro e su quello – anche da posizioni diverse – potremo discutere e confrontarci. Ciò che abbiamo davanti è l’ennesima manovra di riduzione dei costi, peraltro anche minimi se a regime, nel 2012, si parla di un risparmio di 8 milioni di euro. Nei prossimi giorni e mesi ciascuno con le proprie responsabilità dovrà operare per invertire questo metodo di lavoro, per non arrivare alle emergenze e per garantire ai cittadini italiani i servizi che meritano – e non solo quelli che lo Stato italiano è in grado di fornire – e per rafforzare la nostra presenza diplomatica all’estero anziché indebolirla.
Noi crediamo sia possibile realizzare i risparmi necessari da investire nel rafforzamento e nell’ampliamento della rete consolare - che deve poter arrivare anche in quelle nuove realtà in cui è richiesta la presenza della nostra diplomazia e della nostra rete di servizi - sia attraverso tagli alle spese amministrative che attraverso l’utilizzo dei consolati onorari e degli sportelli di servizio.
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