“La situazione dei contrattisti che lavorano presso le strutture della nostra amministrazione all’estero e presso gli Istituti di cultura continua ad essere una giungla confusa ed inestricabile, nella quale i malcapitati che vi si inoltrano sono esposti ai rischi sia delle incertezze nell’applicazioni delle normative italiane che nelle interpretazioni spesso difformi delle normative locali. E questo accade, purtroppo, anche quando esistono accordi bilaterali finalizzati ad evitare le doppie imposizioni fiscali.
E’ questa la considerazione che ho fatto leggendo le risposte date a due mie interrogazioni riguardanti rispettivamente il personale acontratto operante in Marocco e quello in servizio in Australia.
Nel primo caso, i nostri contrattisti sono stati fatti oggetto da parte delle autorità fiscali locali di accertamenti e di ingiunzioni di pagamento di imposte calcolate non solo sui redditi prodotti in loco, come sarebbe giusto fare ove vi fossero, ma anche sulle retribuzioni ricevute dall’amministrazione italiana,sulle quali giàsono applicate le prescritte ritenute alla fonte. Questo accade, per la verità, anche per il ritardo e la resistenza manifestati dall’amministrazione italiana a fungere da sostituto d’imposta verso tutte le parti in causa, cosa che libererebbe i lavoratori da pesanti e penosi contenziosi.
Il MAECI, nella sua risposta, dice di aver proposto alle autorità marocchine, d’accordo con il Ministero per l’Economia e finanze, di considerare le retribuzioni sotto il profilo dello svolgimento di funzioni pubbliche e non come semplice retribuzione di lavoro dipendente, soggetta alle verifiche del fisco locale. Poiché il Marocco non ha dato finora risposta, forse è il caso che il MAECI, più che limitarsi ad illustrare la situazione, intensifichi gli sforzi e arrivi celermente ad una conclusione, tenendo presente che non è giusto che i dipendenti intanto debbano affrontare da soli le pretese di pagamento del fisco marocchino.
Nel secondo, riguardante i contrattisti operanti in Australia, con i quali da qualche tempo si trascina un confronto con le autorità locali e con quelle italiane relativo sia ai versamenti contributivi che agli adempimenti fiscali, il MAECI sottolinea il contrasto di modelli normativi tra i due Paesi applicabili al caso. Per questo, il Ministero propone di addivenire ad una scelta tra un accordo “ad hoc” finalizzato a mantenere il contratto “italiano” e l’applicabilità delle regole previste in Italia per i versamenti previdenziali o una modifica del contratto a legge italiana in uno a legge australiana, con i relativi adempimenti regolati dalle normative locali.
Il nodo si potrà sciogliere solo con un’intesa tra i due Paesi, ma intanto anche in questo caso non si può fare come l’asino di Buridano, che paralizzato dall’incertezza di scegliere tra diverse soluzioni, finì con il restarci secco. In questo caso, i guai sono e continuerebbero ad essere solo dei lavoratori contrattisti. Per questo si faccia presto e si faccia in modo equo, sapendo che al di là dei rapporti diplomatici e delle disquisizioni sulle normative vi sono le persone, con i loro problemi e con le loro urgenze”.
On. Marco Fedi
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