Con il suo passaggio alla Camera si potranno scoprire in maniera inequivocabile le reali intenzioni della maggioranza di governo in merito al problema della crisi economica. Una crisi dalla portata inedita, che il governo italiano tenta ancora di negare nelle sue proporzioni o di confinare alle nostre spalle. Tuttavia, purtroppo, la gravissima situazione di difficoltà economica fa parte del nostro presente, è sotto gli occhi di tutti, e sminuirla – oltre che irrispettoso verso chi ne patisce le maggiori conseguenze – è irresponsabile, perché non aiuta a uscirne. La mozione presentata alla Camera dal leader del Partito Democratico parte da qui. Dalle proposte concrete per iniziare ad uscire dalla crisi. Senza stare a braccia conserte ad aspettare che, a livello internazionale, torni il sereno. Nel frattempo cosa dovranno fare le famiglie italiane? Arrangiarsi? E quale panorama sociale lascerebbe dietro di sé la fine dell'attuale fase depressiva, ammesso che se ne intraveda a breve una conclusione spontanea?
Il testo del PD parte da una costatazione innegabile: l'esistenza, censita dall'Istat di 2 milioni 623 mila famiglie povere e di 7 milioni 537 mila individui poveri. Una condizione particolarmente frequente nel Mezzogiorno d'Italia e nel mondo femminile.
Di fronte a un tale, massiccio disagio economico, aggravato dalla sperequata distribuzione del reddito che contraddistingue il nostro Paese e dall'espulsione dal mondo del lavoro di centinaia di migliaia di persone, cosa fa il nostro governo?
L'Italia è agli ultimi posti in Europa per spesa pro capite destinata al contrasto alla povertà. L'unica misura messa in campo, lo spot propagandistico della social card, è stato finanziato con 450 milioni di euro sottratti ai trasferimenti statali destinati ai servizi sociali dei comuni, nonché al fondo per le politiche sociali di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000. Una beffa celata ai cittadini, che però – purtroppo – in molti casi ne hanno invece sperimentata una palese: tante tessere consegnate erano anche scariche al momento degli acquisti. Il PD propone invece di destinare alle misure anti-crisi soldi nuovi, non derivati da tagli ad altre spese sociali.
Tre sono i punti qualificanti della mozione che impegnano l'esecutivo. La proposta (adottata in forme analoghe in molti altri grandi Paesi, dagli Usa alla Gran Bretagna, passando per la Germania) che chi ha più di 120mila euro di reddito paghi per un anno un contributo straordinario del 2 per cento sull'Irpef per dare 500 milioni di euro alle associazioni che si occupano di povertà e per rifinanziare il fondo sociale dei Comuni.
Lo scopo è costituire un fondo nazionale per il contrasto della grave emarginazione, con l'obiettivo di implementare il sistema dei servizi dedicati all'accoglienza, all'accompagnamento e alla protezione delle persone in stato di grave emarginazione, nonché di contrastare il disagio nelle periferie urbane. In secondo luogo, la mozione chiede di integrare con risorse economiche adeguate il fondo nazionale per le politiche sociali (quello tagliato lo scorso anno dal Governo), in modo da garantire su tutto il territorio nazionale alle persone e alle famiglie una migliore qualità della vita, con la qualificazione e il potenziamento della rete dei servizi degli enti locali.
Infine, per reperire altro danaro non dalle solite tasche di chi è onesto o in difficoltà, la mozione Franceschini reclama di incentivare la lotta all'evasione fiscale attraverso il riavvio delle politiche antievasione, a cominciare dal ripristino della tracciabilità dei corrispettivi e dell'innalzamento del limite massimo dei trasferimenti in contanti, nonché delle sanzioni per le imposte evase, anche al fine di recuperare risorse finanziarie necessarie da poter poi utilizzare per misure di lotta alla povertà. Misure di buon senso. Proposte fattive di collaborazione. Segnali di responsabilità da parte dell'opposizione.
Il Governo lo sa. Un suo “no” alla mozione Franceschini sarebbe incomprensibile. E irresponsabile.
Il testo del PD parte da una costatazione innegabile: l'esistenza, censita dall'Istat di 2 milioni 623 mila famiglie povere e di 7 milioni 537 mila individui poveri. Una condizione particolarmente frequente nel Mezzogiorno d'Italia e nel mondo femminile.
Di fronte a un tale, massiccio disagio economico, aggravato dalla sperequata distribuzione del reddito che contraddistingue il nostro Paese e dall'espulsione dal mondo del lavoro di centinaia di migliaia di persone, cosa fa il nostro governo?
L'Italia è agli ultimi posti in Europa per spesa pro capite destinata al contrasto alla povertà. L'unica misura messa in campo, lo spot propagandistico della social card, è stato finanziato con 450 milioni di euro sottratti ai trasferimenti statali destinati ai servizi sociali dei comuni, nonché al fondo per le politiche sociali di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000. Una beffa celata ai cittadini, che però – purtroppo – in molti casi ne hanno invece sperimentata una palese: tante tessere consegnate erano anche scariche al momento degli acquisti. Il PD propone invece di destinare alle misure anti-crisi soldi nuovi, non derivati da tagli ad altre spese sociali.
Tre sono i punti qualificanti della mozione che impegnano l'esecutivo. La proposta (adottata in forme analoghe in molti altri grandi Paesi, dagli Usa alla Gran Bretagna, passando per la Germania) che chi ha più di 120mila euro di reddito paghi per un anno un contributo straordinario del 2 per cento sull'Irpef per dare 500 milioni di euro alle associazioni che si occupano di povertà e per rifinanziare il fondo sociale dei Comuni.
Lo scopo è costituire un fondo nazionale per il contrasto della grave emarginazione, con l'obiettivo di implementare il sistema dei servizi dedicati all'accoglienza, all'accompagnamento e alla protezione delle persone in stato di grave emarginazione, nonché di contrastare il disagio nelle periferie urbane. In secondo luogo, la mozione chiede di integrare con risorse economiche adeguate il fondo nazionale per le politiche sociali (quello tagliato lo scorso anno dal Governo), in modo da garantire su tutto il territorio nazionale alle persone e alle famiglie una migliore qualità della vita, con la qualificazione e il potenziamento della rete dei servizi degli enti locali.
Infine, per reperire altro danaro non dalle solite tasche di chi è onesto o in difficoltà, la mozione Franceschini reclama di incentivare la lotta all'evasione fiscale attraverso il riavvio delle politiche antievasione, a cominciare dal ripristino della tracciabilità dei corrispettivi e dell'innalzamento del limite massimo dei trasferimenti in contanti, nonché delle sanzioni per le imposte evase, anche al fine di recuperare risorse finanziarie necessarie da poter poi utilizzare per misure di lotta alla povertà. Misure di buon senso. Proposte fattive di collaborazione. Segnali di responsabilità da parte dell'opposizione.
Il Governo lo sa. Un suo “no” alla mozione Franceschini sarebbe incomprensibile. E irresponsabile.
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