Il decreto Brunetta che è approdato all’esame della Camera, dopo il voto di dicembre al Senato, presenta luci e ombre, che hanno indotto il Pd all’astensione.
Tra le luci, alcune vittorie dell’opposizione e del Pd in particolare. Una è il recepimento da parte del governo dell’esigenza di precisare gli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati, rispettivamente, alla contrattazione collettiva e alla legge, ferma restando la riserva in favore della contrattazione collettiva sulla determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro. L'Aran sarà riformata ed è previsto, anche, un riordino delle procedure di contrattazione collettiva nazionale e integrativa, rendendola coerente con quanto è più efficiente nel settore privato, ma al contempo salvaguardando le specificità del settore pubblico.
Buona, anche se tardiva, l’approvazione della class action, cioè la possibilità di cause collettive da parte dei cittadini insoddisfatti degli standard dei servizi resi. Si noti che il Pdl aveva tentato di escludere le società quotate in borsa, emendamento poi ritirato grazie all’impegno dell’opposizione. Per il resto, l’organismo di valutazione del personale pubblico creato ad hoc nell’Aran e presunti meccanismi premianti il merito rispondono a un eccesso di retorica e di demagogia – poco concreto in termini di stanziamento di risorse e di autonomia decisionale – da parte del ministro Brunetta. Lo stesso che continua a offendere tutti i dipendenti pubblici, facendo di ogni erba un fascio.
Se è vero, infatti, che sarebbe diminuito l’assenteismo, Brunetta dovrà però convenire che non è aumentata nello stesso periodo la produttività. Inoltre, i superstipendi dei dirigenti sono stati aumentati dal governo Berlusconi senza chiedere conto dei risultati, alla faccia del merito. Il tutto mentre le spese delle pubbliche amministrazioni corrono. Infine, che dire dei 57mila precari della pubblica amministrazione che dal prossimo 1° luglio saranno senza lavoro? Brunetta pensi insomma a lavorare con maggiore concretezza e sobrietà, dando lui per primo l’esempio.
Tra le luci, alcune vittorie dell’opposizione e del Pd in particolare. Una è il recepimento da parte del governo dell’esigenza di precisare gli ambiti della disciplina del rapporto di lavoro pubblico riservati, rispettivamente, alla contrattazione collettiva e alla legge, ferma restando la riserva in favore della contrattazione collettiva sulla determinazione dei diritti e delle obbligazioni direttamente pertinenti al rapporto di lavoro. L'Aran sarà riformata ed è previsto, anche, un riordino delle procedure di contrattazione collettiva nazionale e integrativa, rendendola coerente con quanto è più efficiente nel settore privato, ma al contempo salvaguardando le specificità del settore pubblico.
Buona, anche se tardiva, l’approvazione della class action, cioè la possibilità di cause collettive da parte dei cittadini insoddisfatti degli standard dei servizi resi. Si noti che il Pdl aveva tentato di escludere le società quotate in borsa, emendamento poi ritirato grazie all’impegno dell’opposizione. Per il resto, l’organismo di valutazione del personale pubblico creato ad hoc nell’Aran e presunti meccanismi premianti il merito rispondono a un eccesso di retorica e di demagogia – poco concreto in termini di stanziamento di risorse e di autonomia decisionale – da parte del ministro Brunetta. Lo stesso che continua a offendere tutti i dipendenti pubblici, facendo di ogni erba un fascio.
Se è vero, infatti, che sarebbe diminuito l’assenteismo, Brunetta dovrà però convenire che non è aumentata nello stesso periodo la produttività. Inoltre, i superstipendi dei dirigenti sono stati aumentati dal governo Berlusconi senza chiedere conto dei risultati, alla faccia del merito. Il tutto mentre le spese delle pubbliche amministrazioni corrono. Infine, che dire dei 57mila precari della pubblica amministrazione che dal prossimo 1° luglio saranno senza lavoro? Brunetta pensi insomma a lavorare con maggiore concretezza e sobrietà, dando lui per primo l’esempio.
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