Sulla legge elettorale e oltre…
Certamente abbiamo qualche difficoltà nel rapporto con la sinistra. Dico subito che anch’io spero davvero che anche a sinistra il processo di aggregazione utile – non voto utile – continui. Per il bene della politica e dell’Italia. Ma questo è solo un auspicio perché è giusto che ciascuno sia libero di fare le proprie scelte. Credo che il principio di semplificazione politica sia stato ben illustrato durante la campagna per le politiche e quindi non torno su argomenti validi sempre, anche quando non si elegge un esecutivo. Non siamo stati capaci di svolgere, sul tema delle regole, una riflessione più ampia, più articolata, internamente al partito democratico e fuori.
Il voto del gruppo PD, che ha anticipato la votazione in aula, è stato un buon esempio di discussione e consultazione ma certamente non è stato sufficiente. Non abbiamo ben spiegato perché, a quattro mesi dal voto per il rinnovo del Parlamento Europeo, vi sia stata un’accelerazione sulla riforma della legge elettorale, introducendo uno sbarramento del 4% e le preferenze. La posizione iniziale del PD – mantenere le preferenze e sbarramento al 3% - va detto – non era molto distante dalle norme introdotte con la riforma. Possiamo dire che il PD, in fondo, ha fatto un percorso molto breve rispetto alle posizioni espresse già nella trascorsa legislatura – e sulle quali vi era un “possibile” accordo anche di alcune forze della sinistra – un percorso dell’1%, dal 3 al 4% di quota di sbarramento. Il Popolo delle Libertà – rispetto alle posizioni iniziali – ha dovuto rinunciare a un “no” alle preferenze oltre che a 1 punto percentuale in senso opposto. Tutti sanno che se si vogliono riforme condivise in Parlamento e nel Paese, se si vuole evitare che, sulle regole e sulle grandi riforme strutturali, dalla Costituzione alla giustizia, ogni maggioranza faccia e disfaccia, occorrono convergenze ampie. Non inciuci. Le analisi introspettive, psicologiche e politiche che si fanno in questi giorni m’interessano poco. Per fare le riforme fondamentali per il paese serve condivisione, ed è ancora più evidente come per riforme di questo tipo servano i due partiti più grandi. Meglio forse sarebbe stato partire da una riforma della legge elettorale nazionale per arrivare poi a quella europea, ma i tempi non lo permettevano e alla fine abbiamo fatto la scelta giusta. Non abbiamo rinunciato a una piccola e breve opportunità di dialogo e abbiamo fatto una riforma insieme.
Le intercettazioni non sono il Grande Fratello
Sulle intercettazioni è in corso da alcuni giorni una polemica molto bizzarra. Il premier Berlusconi e la sua maggioranza stanno palesemente agendo per confondere le acque, sparando numeri grossolani (350.000 intercettati in Italia) e costruendo presunti “nemici pubblici” (l’agente Genchi).
In realtà lo scopo del governo è di produrre una contro-riforma che proibisca l’uso dello strumento delle intercettazioni per le indagini giudiziarie. Lo dimostrano le parole dello stesso Berlusconi quando afferma candidamente di non volere fermare le intercettazioni, ma di circoscriverle “ai casi di reato già provato, per aumentare le prove a carico”. In pratica le intercettazioni non potranno più essere utilizzate per accertare un reato, ma solo per incrementare le accuse a carico dell’imputato.
Il Partito Democratico ha presentato un ddl che include tutti i gravi reati per i quali il ddl del ministro Alfano non prevede l'uso di intercettazioni: sequestro di persona, violenza sessuale e atti sessuali con minorenni, prostituzione, rapina, estorsione, truffa ai danni dello Stato, circonvenzione di incapaci, usura, ricettazione, traffico illecito di rifiuti, associazione per delinquere, adulterazione contraffazione e commercio di sostanze alimentari, incendio e incendio boschivo, bancarotta fraudolenta.
Il ministro, poi, vuole impedire del tutto la pubblicazione dei testi delle intercettazioni. Il PD ha proposto invece che quelle irrilevanti vengano distrutte, eliminando all’origine la materia del contendere, e che tutte possano essere pubblicate solo dopo le indagini preliminari.
Inoltre, il governo vuole limitarne l’uso fino a un massimo di 45 giorni. Che un limite debba esserci, siamo tutti concordi. Ma se fosse così basso condannerebbe le intercettazioni all’inutilità. È bene ricordare che se fosse stata in vigore la riforma del centro-destra un criminale come Bernardo Provenzano sarebbe ancora latitante.
Dai primi di gennaio, le misure anticrisi del Governo australiano hanno raggiunto anche i residenti in Italia … e l’Italia?
Il decreto anticrisi del governo Berlusconi, passato con il ricorso all’undicesimo voto di fiducia in meno di dieci mesi di governo, al fine di blindare il testo evitando qualsiasi modifica, è un provvedimento che abbiamo giudicato inadeguato. 5 miliardi di euro che per il Partito Democratico sono largamente insufficienti di fronte all’entità della crisi economica in atto tanto che chiedevamo un impegno per 15 miliardi di euro, pari a un punto percentuale di Pil. Era possibile farlo, in primo luogo perché grazie alle contro-proposte del PD – volte a far muovere investimenti e a redistribuire la ricchezza, e non a incoraggiare il risparmio e a lasciare intatto lo status quo sociale - il Pil sarebbe cresciuto producendo maggiori entrate per lo Stato. Inoltre, sarebbe necessario tornare a innescare, come avvenne durante il governo Prodi, quella virtuosa lotta all’evasione tributaria del tutto abbandonata dal governo Berlusconi, accompagnando ciò con una seria battaglia contro gli sprechi della pubblica amministrazione. Il giudizio sul provvedimento era ed è quindi negativo. Ora arriva dal Governo un impegno per 40 miliardi di euro. Quanto arriverà direttamente a famiglie, pensionati e ceti sociali più deboli? E quanto arriverà, o sarà recuperato rispetto ai tagli, a favore dei residenti all’estero?
Ogni giorno ascoltiamo dichiarazioni contrastanti di esponenti dell’esecutivo e della maggioranza che propongono soluzioni protezionistiche e iniziative che allontanano qualsiasi prospettiva di coordinamento internazionale e di nuova governance economica. Non solo. Viene prospettata una rinuncia preventiva alla sfida globale in campo economico e sociale.
Il Governo australiano ha intanto introdotto misure urgenti per contrastare la crisi economica. Un pacchetto di misure introdotte a metà ottobre e scattate a dicembre del valore complessivo di 10.4 billion dollars (circa l’1.35% del PIL) e pari a circa 5.4 miliardi di euro. Accompagnate da importanti dichiarazioni del Primo Ministro Rudd, in suo articolo sul Financial Times, il quale ritiene che tutte queste misure richiederanno una cooperazione senza precedenti tra i governi. Se falliamo le conseguenze saranno serie. Se siamo all’altezza della sfida non solo ridurremo l’impatto a lungo termine della disoccupazione, ma avremo anche iniziato a sviluppare una nuova forma di governance economica che gli imperativi della globalizzazione da lungo tempo ci spingono ad adottare.
Il pacchetto di misure, annunciate dal Primo Ministro Kevin Rudd, fa parte dell’Economic Security Strategy e prevede interventi per i pensionati, per le famiglie a basso reddito, per l’acquisto della prima casa e per la creazione di 56,000 nuove opportunità di prima occupazione.
Tra le misure introdotte segnaliamo un intervento straordinario sulle pensioni, un bonus di dollari australiani $1,050 per ciascuno i componenti una coppia o di dollari australiani $1400 per il pensionato singolo – erogato anche a tanti pensionati residenti in Italia.
Un pagamento unico ai pensionati per un valore di 2.4 miliardi, 1.95 per le famiglie, 750 milioni per la prima casa e 93 milioni per 56,000 nuove opportunità occupazionali. Oltre ad accelerare l’attuazione del programma Nation Building, uno dei più impegnativi piani nazionali per la realizzazione di infrastrutture. Interventi mirati nel settore auto per 3 miliardi di euro nei prossimi 13 anni sia con finanziamenti diretti che con la riduzione al 5%, a partire dal 2010, delle tariffe.
Certamente abbiamo qualche difficoltà nel rapporto con la sinistra. Dico subito che anch’io spero davvero che anche a sinistra il processo di aggregazione utile – non voto utile – continui. Per il bene della politica e dell’Italia. Ma questo è solo un auspicio perché è giusto che ciascuno sia libero di fare le proprie scelte. Credo che il principio di semplificazione politica sia stato ben illustrato durante la campagna per le politiche e quindi non torno su argomenti validi sempre, anche quando non si elegge un esecutivo. Non siamo stati capaci di svolgere, sul tema delle regole, una riflessione più ampia, più articolata, internamente al partito democratico e fuori.
Il voto del gruppo PD, che ha anticipato la votazione in aula, è stato un buon esempio di discussione e consultazione ma certamente non è stato sufficiente. Non abbiamo ben spiegato perché, a quattro mesi dal voto per il rinnovo del Parlamento Europeo, vi sia stata un’accelerazione sulla riforma della legge elettorale, introducendo uno sbarramento del 4% e le preferenze. La posizione iniziale del PD – mantenere le preferenze e sbarramento al 3% - va detto – non era molto distante dalle norme introdotte con la riforma. Possiamo dire che il PD, in fondo, ha fatto un percorso molto breve rispetto alle posizioni espresse già nella trascorsa legislatura – e sulle quali vi era un “possibile” accordo anche di alcune forze della sinistra – un percorso dell’1%, dal 3 al 4% di quota di sbarramento. Il Popolo delle Libertà – rispetto alle posizioni iniziali – ha dovuto rinunciare a un “no” alle preferenze oltre che a 1 punto percentuale in senso opposto. Tutti sanno che se si vogliono riforme condivise in Parlamento e nel Paese, se si vuole evitare che, sulle regole e sulle grandi riforme strutturali, dalla Costituzione alla giustizia, ogni maggioranza faccia e disfaccia, occorrono convergenze ampie. Non inciuci. Le analisi introspettive, psicologiche e politiche che si fanno in questi giorni m’interessano poco. Per fare le riforme fondamentali per il paese serve condivisione, ed è ancora più evidente come per riforme di questo tipo servano i due partiti più grandi. Meglio forse sarebbe stato partire da una riforma della legge elettorale nazionale per arrivare poi a quella europea, ma i tempi non lo permettevano e alla fine abbiamo fatto la scelta giusta. Non abbiamo rinunciato a una piccola e breve opportunità di dialogo e abbiamo fatto una riforma insieme.
Le intercettazioni non sono il Grande Fratello
Sulle intercettazioni è in corso da alcuni giorni una polemica molto bizzarra. Il premier Berlusconi e la sua maggioranza stanno palesemente agendo per confondere le acque, sparando numeri grossolani (350.000 intercettati in Italia) e costruendo presunti “nemici pubblici” (l’agente Genchi).
In realtà lo scopo del governo è di produrre una contro-riforma che proibisca l’uso dello strumento delle intercettazioni per le indagini giudiziarie. Lo dimostrano le parole dello stesso Berlusconi quando afferma candidamente di non volere fermare le intercettazioni, ma di circoscriverle “ai casi di reato già provato, per aumentare le prove a carico”. In pratica le intercettazioni non potranno più essere utilizzate per accertare un reato, ma solo per incrementare le accuse a carico dell’imputato.
Il Partito Democratico ha presentato un ddl che include tutti i gravi reati per i quali il ddl del ministro Alfano non prevede l'uso di intercettazioni: sequestro di persona, violenza sessuale e atti sessuali con minorenni, prostituzione, rapina, estorsione, truffa ai danni dello Stato, circonvenzione di incapaci, usura, ricettazione, traffico illecito di rifiuti, associazione per delinquere, adulterazione contraffazione e commercio di sostanze alimentari, incendio e incendio boschivo, bancarotta fraudolenta.
Il ministro, poi, vuole impedire del tutto la pubblicazione dei testi delle intercettazioni. Il PD ha proposto invece che quelle irrilevanti vengano distrutte, eliminando all’origine la materia del contendere, e che tutte possano essere pubblicate solo dopo le indagini preliminari.
Inoltre, il governo vuole limitarne l’uso fino a un massimo di 45 giorni. Che un limite debba esserci, siamo tutti concordi. Ma se fosse così basso condannerebbe le intercettazioni all’inutilità. È bene ricordare che se fosse stata in vigore la riforma del centro-destra un criminale come Bernardo Provenzano sarebbe ancora latitante.
Dai primi di gennaio, le misure anticrisi del Governo australiano hanno raggiunto anche i residenti in Italia … e l’Italia?
Il decreto anticrisi del governo Berlusconi, passato con il ricorso all’undicesimo voto di fiducia in meno di dieci mesi di governo, al fine di blindare il testo evitando qualsiasi modifica, è un provvedimento che abbiamo giudicato inadeguato. 5 miliardi di euro che per il Partito Democratico sono largamente insufficienti di fronte all’entità della crisi economica in atto tanto che chiedevamo un impegno per 15 miliardi di euro, pari a un punto percentuale di Pil. Era possibile farlo, in primo luogo perché grazie alle contro-proposte del PD – volte a far muovere investimenti e a redistribuire la ricchezza, e non a incoraggiare il risparmio e a lasciare intatto lo status quo sociale - il Pil sarebbe cresciuto producendo maggiori entrate per lo Stato. Inoltre, sarebbe necessario tornare a innescare, come avvenne durante il governo Prodi, quella virtuosa lotta all’evasione tributaria del tutto abbandonata dal governo Berlusconi, accompagnando ciò con una seria battaglia contro gli sprechi della pubblica amministrazione. Il giudizio sul provvedimento era ed è quindi negativo. Ora arriva dal Governo un impegno per 40 miliardi di euro. Quanto arriverà direttamente a famiglie, pensionati e ceti sociali più deboli? E quanto arriverà, o sarà recuperato rispetto ai tagli, a favore dei residenti all’estero?
Ogni giorno ascoltiamo dichiarazioni contrastanti di esponenti dell’esecutivo e della maggioranza che propongono soluzioni protezionistiche e iniziative che allontanano qualsiasi prospettiva di coordinamento internazionale e di nuova governance economica. Non solo. Viene prospettata una rinuncia preventiva alla sfida globale in campo economico e sociale.
Il Governo australiano ha intanto introdotto misure urgenti per contrastare la crisi economica. Un pacchetto di misure introdotte a metà ottobre e scattate a dicembre del valore complessivo di 10.4 billion dollars (circa l’1.35% del PIL) e pari a circa 5.4 miliardi di euro. Accompagnate da importanti dichiarazioni del Primo Ministro Rudd, in suo articolo sul Financial Times, il quale ritiene che tutte queste misure richiederanno una cooperazione senza precedenti tra i governi. Se falliamo le conseguenze saranno serie. Se siamo all’altezza della sfida non solo ridurremo l’impatto a lungo termine della disoccupazione, ma avremo anche iniziato a sviluppare una nuova forma di governance economica che gli imperativi della globalizzazione da lungo tempo ci spingono ad adottare.
Il pacchetto di misure, annunciate dal Primo Ministro Kevin Rudd, fa parte dell’Economic Security Strategy e prevede interventi per i pensionati, per le famiglie a basso reddito, per l’acquisto della prima casa e per la creazione di 56,000 nuove opportunità di prima occupazione.
Tra le misure introdotte segnaliamo un intervento straordinario sulle pensioni, un bonus di dollari australiani $1,050 per ciascuno i componenti una coppia o di dollari australiani $1400 per il pensionato singolo – erogato anche a tanti pensionati residenti in Italia.
Un pagamento unico ai pensionati per un valore di 2.4 miliardi, 1.95 per le famiglie, 750 milioni per la prima casa e 93 milioni per 56,000 nuove opportunità occupazionali. Oltre ad accelerare l’attuazione del programma Nation Building, uno dei più impegnativi piani nazionali per la realizzazione di infrastrutture. Interventi mirati nel settore auto per 3 miliardi di euro nei prossimi 13 anni sia con finanziamenti diretti che con la riduzione al 5%, a partire dal 2010, delle tariffe.
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