Contributo concorrente a formare il sistema Italia nel mondo. È questo per l’On. Marco Fedi, eletto nella ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide, il compito delle Regioni italiane in un quadro di coordinamento tra Stato e Regioni.
Le Regioni italiane dovrebbero essere sempre molto attente a gestire la propria presenza nel mondo nel complesso della presenza “italiana” nel mondo, senza ghettizzazioni o limitazioni e quindi riconoscendo ai propri corregionali all’estero piena titolarità a una cittadinanza fatta di lingua, cultura, rapporti commerciali e promozione del sistema Italia all’estero. In questo senso forse alcune comunità regionali all’estero hanno percepito qualche distanza dalle inziative tradizionali che svolgono alcune Regioni. Devo dire che in questi ultimi anni la presenza regionale italiana nel mondo sta facendo meglio e di più, senza perdere tuttavia la sua originalità anche nel modo di presentarsi all’estero: promuovendo, insieme, capacità produttiva, cultura, turismo.
Le forme migliori sono quelle che mettono radici, che si trasformano in iniziative importanti per la Regione, per l’Italia, per la comunità locale e per il Paese di residenza. Dalla formazione al turismo, dal commercio alla cultura, tutto assume un significato importante se avviene attraverso strumenti di collaborazione bilaterali e multilaterali, se avviene con il concorso di enti, istituti e gruppi locali, se avviene anche attraverso accordi con i Governi locali. Questa scelta è sempre più difficile da perseguire, è una strategia più complessa da realizzare, ma offre opportunità e risultati decisamente superiori e di lungo periodo invece di pochi, sporadici, momenti di incontro. È questo il contributo alla riflessione – anche in vista della Conferenza Stato-Regioni-PA-CGIE – che l’On. Marco Fedi ha portato all’incontro sul tema promosso dalla Federazione lucana di Melbourne.
In questi giorni – ha proseguito l’On. Fedi nel suo intervento – guardando alle proposte di chiusura di Consolati, dopo i tagli a scuola, cultura e assistenza, dopo l’esclusione dei residenti all’estero dai contributi per la ricostruzione in Abruzzo, dopo l’altra l’esclusione dall’esonero ICI – insieme alla totale disattenzione del Governo Berlusconi per gli italiani all’estero – è forte il rischio che gli italiani all’estero diventino invisibili. La loro ricchezza non è stata ancora compresa e tantomeno utilizzata. È un peccato che non si utilizzi il patrimonio di intelligenze e creatività presente tra gli italiani all’estero per arricchire Italia e Europa. Sbagliamo a non utilizzare la presenza italiana all’estero per rendere più efficace la rete di scambi commerciali, culturali, economici e nel campo scientifico-tecnologico. L’Italia appare oggi incapace di costruire un moderno percorso di accoglimento, integrazione e riconoscimento di diritti agli immigrati che arrivano regolarmente in Italia. L’esperienza di altri Paesi può essere utile. Le esperienze multiculturali e i processi di integrazione di altri Paesi possono essere utili. L’esperienza dell’emigrazione italiana nel mondo è portatrice di questa ricchezza. Le Regioni italiane hanno contributo a formarla e oggi possono anch’esse valorizzarla.
Le Regioni italiane dovrebbero essere sempre molto attente a gestire la propria presenza nel mondo nel complesso della presenza “italiana” nel mondo, senza ghettizzazioni o limitazioni e quindi riconoscendo ai propri corregionali all’estero piena titolarità a una cittadinanza fatta di lingua, cultura, rapporti commerciali e promozione del sistema Italia all’estero. In questo senso forse alcune comunità regionali all’estero hanno percepito qualche distanza dalle inziative tradizionali che svolgono alcune Regioni. Devo dire che in questi ultimi anni la presenza regionale italiana nel mondo sta facendo meglio e di più, senza perdere tuttavia la sua originalità anche nel modo di presentarsi all’estero: promuovendo, insieme, capacità produttiva, cultura, turismo.
Le forme migliori sono quelle che mettono radici, che si trasformano in iniziative importanti per la Regione, per l’Italia, per la comunità locale e per il Paese di residenza. Dalla formazione al turismo, dal commercio alla cultura, tutto assume un significato importante se avviene attraverso strumenti di collaborazione bilaterali e multilaterali, se avviene con il concorso di enti, istituti e gruppi locali, se avviene anche attraverso accordi con i Governi locali. Questa scelta è sempre più difficile da perseguire, è una strategia più complessa da realizzare, ma offre opportunità e risultati decisamente superiori e di lungo periodo invece di pochi, sporadici, momenti di incontro. È questo il contributo alla riflessione – anche in vista della Conferenza Stato-Regioni-PA-CGIE – che l’On. Marco Fedi ha portato all’incontro sul tema promosso dalla Federazione lucana di Melbourne.
In questi giorni – ha proseguito l’On. Fedi nel suo intervento – guardando alle proposte di chiusura di Consolati, dopo i tagli a scuola, cultura e assistenza, dopo l’esclusione dei residenti all’estero dai contributi per la ricostruzione in Abruzzo, dopo l’altra l’esclusione dall’esonero ICI – insieme alla totale disattenzione del Governo Berlusconi per gli italiani all’estero – è forte il rischio che gli italiani all’estero diventino invisibili. La loro ricchezza non è stata ancora compresa e tantomeno utilizzata. È un peccato che non si utilizzi il patrimonio di intelligenze e creatività presente tra gli italiani all’estero per arricchire Italia e Europa. Sbagliamo a non utilizzare la presenza italiana all’estero per rendere più efficace la rete di scambi commerciali, culturali, economici e nel campo scientifico-tecnologico. L’Italia appare oggi incapace di costruire un moderno percorso di accoglimento, integrazione e riconoscimento di diritti agli immigrati che arrivano regolarmente in Italia. L’esperienza di altri Paesi può essere utile. Le esperienze multiculturali e i processi di integrazione di altri Paesi possono essere utili. L’esperienza dell’emigrazione italiana nel mondo è portatrice di questa ricchezza. Le Regioni italiane hanno contributo a formarla e oggi possono anch’esse valorizzarla.
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