L’Unione europea, l’Unione dei cittadini e delle nazioni, ha oggi bisogno di ritrovarsi attorno ad un’idea forte di cittadinanza, di appartenenza, di impegno comune.
La ratifica del trattato di Lisbona non è solamente un passaggio intermedio dopo il tentativo di approdare ad una Costituzione europea, dopo il tentativo di approvare un singolo atto politico costituente che disegnasse in maniera inequivocabile chi siamo e dove andiamo come cittadini dell’Unione.
La ratifica del trattato di Lisbona non è solo un compromesso possibile dopo bocciature referendarie, una presa d’atto delle nostre paure, dei nostri dubbi, delle nostre ritrosie nazionalistiche, localistiche e protezionistiche. Il Trattato di Lisbona è una nuova opportunità di crescita per tutti i Paesi dell’Unione. Per Paesi che possono ritrovarsi in un ambizioso progetto costituente, nonostante il momento di incertezze e di paure. Paesi che possono evitare il rischio di chiudersi ed allo stesso tempo essere più. Essere più che sole regole comuni, essere più che la somma dei singoli Paesi. Il trattato di Lisbona recepisce lo spirito e talvolta la lettera dei precedenti trattati istitutivi dell’unificazione europea e della stessa Costituzione. Rappresenta una seconda via verso il completamento del percorso di unificazione, non meno impervia, dopo l’Irlanda, ma ancora foriera di positivi sviluppi e di nuove opportunità.
Tutto ciò nonostante sia stato tolto ogni riferimento esplicito alla natura costituzionale nel testo e siano stati eliminati i simboli europei. E nonostante si sia tornati a parlare di regolamenti e direttive per gli atti dell’Unione.
Non esisterà un solo trattato (come sarebbe stato per la Costituzione europea), ma saranno riformati i vecchi trattati. Il Trattato di riforma modificherà quindi il Trattato sull'Unione europea (TUE) e il trattato che istituisce l’Unione europea che diventerà il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Ad essi vanno aggiunti la Carta dei diritti fondamentali e il Trattato Euratom.
Con un preambolo che si ispira “alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili, dei diritti della persona, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e dello stato di diritto”.
I diritti inviolabili della persona sono anche i diritti di chi arriva sulle nostre sponde o di coloro che hanno bisogno di essere salvati dal mare o di chi ogni giorno ci chiede speranza e di chi ogni giorno ci chiede di essere protetti e tutelati.
Anche quando non sono cittadini comunitari.
E la risposta dell’Unione europea, anche quando potrebbe essere unitaria, e spesso non lo è,
e noi dobbiamo continuare a lavorare affinché lo sia sempre più,
non può comunque mai venir meno ai principi che torniamo ad affermare con nettezza nel trattato di Lisbona.
Un trattato che all’Articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali, allegata al trattato, recita: “E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore della pelle, o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione, le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale”; ed esprime in questo modo più che un semplice orientamento ma un forte impianto etico che ci impegna nell’affermare sempre i valori dell’uguaglianza.
Anche quando si tratta di questioni legate alla sicurezza, anche quando vogliamo catalogare le persone.
Un trattato che all’Articolo 167 prescrive: “L’Unione contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune”; evidenziare il comune retaggio e valorizzare le diversità culturali. Un progetto di integrazione culturale che è sempre più necessario, anche per favorire l’integrazione di altre culture.
Un trattato che, respingendo il concetto di “Fortezza Europa”, apre in sempre più ampia misura l’Unione al mondo e propone la figura di un ministro degli Esteri che avrà il titolo di “Alto rappresentante per la politica estera e sicurezza comune” e sarà anche vicepresidente della Commissione. Una politica estera multilaterale ed una politica internazionale aperta, rafforzate nel ruolo importante assegnato in seno alla Commissione.
Ecco, il trattato di Lisbona riprende e rafforza tutti i principi e le funzioni dell’Unione Europea adattandoli alla dinamicità dei tempi senza mortificare le identità nazionali.
Anzi, lasciando maggiori spazi alle iniziative dei parlamenti nazionali sui meccanismi delle decisioni comunitarie.
Il Trattato di Lisbona contempla diritti civili, politici, economici e sociali. Mantiene, dunque, i diritti esistenti e ne introduce di nuovi.
In particolare garantisce le libertà e i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali, rendendoli giuridicamente vincolanti. Il Trattato, che prevede nuovi meccanismi di solidarietà e garantisce una migliore protezione dei cittadini europei, integra la Carta dei diritti fondamentali nel diritto primario europeo.
Vengono meglio delimitate le competenze dell'UE e degli stati membri, esplicitando che il "travaso di sovranità" può avvenire nei due sensi. Quindi maggiore democrazia e partecipazione da parte dei cittadini. Viene introdotto il metodo decisionale della doppia maggioranza, a pieno regime dal 2017. Aumentano i poteri dei Parlamenti nazionali che hanno più tempo per esaminare le leggi comunitarie e rimandare alla Commissione. Fino alle questioni ambientali e delle politiche migratorie.
Ecco, il voto di ratifica del Parlamento italiano deve essere un autentico atto politico che vuole affermare – in ogni momento – la nostra passione per un’Unione europea impegnata ad integrare i propri popoli e a tutelarne i diritti civili, sociali e politici. L’Unione europea rappresenta un’opportunità di crescita politica ed economica: sarebbe necessario crederci sempre, anche recependone le direttive e dimostrando serietà anche rispetto ai rischi di attivazione di procedure d’infrazione. Il Governo su questi temi deve essere convincente e coerente. Lo misureremo nei prossimi mesi. Lavoreremo affinché, insieme, si possa brindare alla piena adozione del trattato di Lisbona.
La ratifica del trattato di Lisbona non è solamente un passaggio intermedio dopo il tentativo di approdare ad una Costituzione europea, dopo il tentativo di approvare un singolo atto politico costituente che disegnasse in maniera inequivocabile chi siamo e dove andiamo come cittadini dell’Unione.
La ratifica del trattato di Lisbona non è solo un compromesso possibile dopo bocciature referendarie, una presa d’atto delle nostre paure, dei nostri dubbi, delle nostre ritrosie nazionalistiche, localistiche e protezionistiche. Il Trattato di Lisbona è una nuova opportunità di crescita per tutti i Paesi dell’Unione. Per Paesi che possono ritrovarsi in un ambizioso progetto costituente, nonostante il momento di incertezze e di paure. Paesi che possono evitare il rischio di chiudersi ed allo stesso tempo essere più. Essere più che sole regole comuni, essere più che la somma dei singoli Paesi. Il trattato di Lisbona recepisce lo spirito e talvolta la lettera dei precedenti trattati istitutivi dell’unificazione europea e della stessa Costituzione. Rappresenta una seconda via verso il completamento del percorso di unificazione, non meno impervia, dopo l’Irlanda, ma ancora foriera di positivi sviluppi e di nuove opportunità.
Tutto ciò nonostante sia stato tolto ogni riferimento esplicito alla natura costituzionale nel testo e siano stati eliminati i simboli europei. E nonostante si sia tornati a parlare di regolamenti e direttive per gli atti dell’Unione.
Non esisterà un solo trattato (come sarebbe stato per la Costituzione europea), ma saranno riformati i vecchi trattati. Il Trattato di riforma modificherà quindi il Trattato sull'Unione europea (TUE) e il trattato che istituisce l’Unione europea che diventerà il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea. Ad essi vanno aggiunti la Carta dei diritti fondamentali e il Trattato Euratom.
Con un preambolo che si ispira “alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili, dei diritti della persona, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e dello stato di diritto”.
I diritti inviolabili della persona sono anche i diritti di chi arriva sulle nostre sponde o di coloro che hanno bisogno di essere salvati dal mare o di chi ogni giorno ci chiede speranza e di chi ogni giorno ci chiede di essere protetti e tutelati.
Anche quando non sono cittadini comunitari.
E la risposta dell’Unione europea, anche quando potrebbe essere unitaria, e spesso non lo è,
e noi dobbiamo continuare a lavorare affinché lo sia sempre più,
non può comunque mai venir meno ai principi che torniamo ad affermare con nettezza nel trattato di Lisbona.
Un trattato che all’Articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali, allegata al trattato, recita: “E’ vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata in particolare sul sesso, la razza, il colore della pelle, o l’origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione, le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l’appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale”; ed esprime in questo modo più che un semplice orientamento ma un forte impianto etico che ci impegna nell’affermare sempre i valori dell’uguaglianza.
Anche quando si tratta di questioni legate alla sicurezza, anche quando vogliamo catalogare le persone.
Un trattato che all’Articolo 167 prescrive: “L’Unione contribuisce al pieno sviluppo delle culture degli Stati membri nel rispetto delle loro diversità nazionali e regionali, evidenziando nel contempo il retaggio culturale comune”; evidenziare il comune retaggio e valorizzare le diversità culturali. Un progetto di integrazione culturale che è sempre più necessario, anche per favorire l’integrazione di altre culture.
Un trattato che, respingendo il concetto di “Fortezza Europa”, apre in sempre più ampia misura l’Unione al mondo e propone la figura di un ministro degli Esteri che avrà il titolo di “Alto rappresentante per la politica estera e sicurezza comune” e sarà anche vicepresidente della Commissione. Una politica estera multilaterale ed una politica internazionale aperta, rafforzate nel ruolo importante assegnato in seno alla Commissione.
Ecco, il trattato di Lisbona riprende e rafforza tutti i principi e le funzioni dell’Unione Europea adattandoli alla dinamicità dei tempi senza mortificare le identità nazionali.
Anzi, lasciando maggiori spazi alle iniziative dei parlamenti nazionali sui meccanismi delle decisioni comunitarie.
Il Trattato di Lisbona contempla diritti civili, politici, economici e sociali. Mantiene, dunque, i diritti esistenti e ne introduce di nuovi.
In particolare garantisce le libertà e i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali, rendendoli giuridicamente vincolanti. Il Trattato, che prevede nuovi meccanismi di solidarietà e garantisce una migliore protezione dei cittadini europei, integra la Carta dei diritti fondamentali nel diritto primario europeo.
Vengono meglio delimitate le competenze dell'UE e degli stati membri, esplicitando che il "travaso di sovranità" può avvenire nei due sensi. Quindi maggiore democrazia e partecipazione da parte dei cittadini. Viene introdotto il metodo decisionale della doppia maggioranza, a pieno regime dal 2017. Aumentano i poteri dei Parlamenti nazionali che hanno più tempo per esaminare le leggi comunitarie e rimandare alla Commissione. Fino alle questioni ambientali e delle politiche migratorie.
Ecco, il voto di ratifica del Parlamento italiano deve essere un autentico atto politico che vuole affermare – in ogni momento – la nostra passione per un’Unione europea impegnata ad integrare i propri popoli e a tutelarne i diritti civili, sociali e politici. L’Unione europea rappresenta un’opportunità di crescita politica ed economica: sarebbe necessario crederci sempre, anche recependone le direttive e dimostrando serietà anche rispetto ai rischi di attivazione di procedure d’infrazione. Il Governo su questi temi deve essere convincente e coerente. Lo misureremo nei prossimi mesi. Lavoreremo affinché, insieme, si possa brindare alla piena adozione del trattato di Lisbona.
30 luglio 2008
Nessun commento:
Posta un commento