Non è facile affrontare il popolo dei democratici che all’estero ha sostenuto la scelta del Partito Democratico. Sono amareggiati dal calo di consensi registrato nelle ultime consultazioni elettorali. Sono preoccupati dai sondaggi che danno il PD in ulteriore discesa alle prossime europee. Sono preoccupati dalla lentezza con la quale stiamo costruendo il partito democratico e perplessi dall’incapacità di uscire dal tunnel dell’emergenza nel quale la politica del centro-destra ha trascinato il Paese. Ma non sono delusi. Continuano a credere nel PD, si sentono rappresentati dal lavoro del segretario Franceschini e percepiscono nuovamente tutti gli elementi positivi di una “sfida aperta” fino al congresso d’autunno.
Sono davvero convinti della scelta fatta. Una scelta che non è maturata nel vuoto. Alla costruzione del Partito Democratico hanno dedicato passione, energie e idee centinaia di migliaia di donne e uomini, in Italia e nel mondo. Sono stati in molti a ripeterlo, durante la serie di incontri tenutisi a Melbourne.
Il tesseramento continua con risultati positivi, sia a Melbourne che a Sydney che nelle altre capitali australiane. La data delle primarie – tra maggio e giugno 2009 – sarà concordata nelle prossime settimane: un election day per i circoli PD d’Australia.
Cresce la voglia di impegnarsi, di fare arrivare la voce di protesta contro le scelte del Governo. Sulla politica per le comunità italiane nel mondo, fino ad oggi caratterizzata dalla mancanza di proposta della maggioranza e da meno servizi, meno risorse, meno democrazia. Sulle logiche dell’emergenza che alimentano ancora il dibattito sulla sicurezza, relegandovi la discussione sull’immigrazione e sulle politiche d’integrazione. Sulle ronde cittadine che affiancano la presenza militare e che – insieme – contribuiscono ad aggravare il lavoro delle forze dell’ordine e a rendere le città italiane, di fatto, meno sicure. Maggioranza disattenta anche sulle scelte per fronteggiare la crisi – che hanno escluso i residenti all’estero – a fronte di un “bonus” che invece l’Australia ha corrisposto anche ai residenti in Italia. Una maggioranza che non risponde alla crisi economica e sociale. A un Governo Berlusconi che, mentre si accinge ad accorpare elezioni europee e amministrative, tiene fuori il referendum popolare sulla materia elettorale, che pure dovrà svolgersi, nonostante il risparmio economico e l’ovvia coincidenza elettorale. E non prende impegni per approvare una nuova legge elettorale nazionale che eviti lo svolgersi del referendum stesso. Governo e maggioranza che vorrebbero riformare le regole del confronto parlamentare non per rendere più efficace l’azione del Parlamento, attraverso un migliore funzionamento delle Commissioni, ma per ridurre il ruolo del Parlamento a sede di “ratifica” dei decreti del Governo. Comprende Berlusconi che un sistema dove votino i capigruppo richiede un rapporto tra maggioranza e opposizioni – nel costruire le proprie posizioni e i propri emendamenti sui provvedimenti – che oggi, a causa dell’atteggiamento della maggioranza, non esiste? Esistono solo le battute del Presidente del Consiglio, neanche molto divertenti. Se la maggioranza volesse aprire anche un confronto su una “nuova cultura parlamentare” nel nostro Paese, promuovendo una nuova dimensione nei rapporti con l’opposizione, fatta di rispetto e ascolto, sarebbe doveroso mostrare interesse. Ma non è questo di cui si sta parlando.
Le nostre comunità sono particolarmente interessate ai cambiamenti che avvengono in Italia. E gli iscritti al PD chiedono momenti di confronto su questi temi anche all’estero. Propongono le giornate del PD all’estero per riprendere il filo della discussione avviata con le primarie, continuata con le elezioni politiche e la costruzione del PD all’estero. La nostra gente ci ricorda che la rete consolare è lo strumento di servizio per le comunità all’estero, deve essere dotata di risorse, personale e moderne tecnologie adeguati e in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini italiani. Vergognoso parlarne in toni diversi, come se i cittadini italiani all’estero non avessero eguali diritti e doveri davanti alla nostra Costituzione. Impegni per la cittadinanza ci chiedono i democratici d’Australia, per riaprire i termini per il riacquisto della cittadinanza italiana ma non perdere l’attenzione nei confronti degli immigrati. La grande ricchezza di lavoro, esperienza di vita, lingua e cultura che l’immigrazione porta nel nostro Paese. Riconoscere questi elementi significa valorizzare anche l’esperienza dell’emigrazione.
Il PD ritiene fondamentale anche rafforzare i livelli di rappresentanza – dai Comites, al CGIE, alla presenza nel Parlamento della Repubblica. La loro riforma non può essere un esercizio di potere, percepito con distanza dalle comunità, legato a interessi diversi dalle necessità comunitarie, svincolato da qualsiasi momento di dialogo e consultazione, tendente a ridurre gli spazi di democrazia e di confronto. Possiamo anche avere coraggio e fare riforme ampie e “rivoluzionarie” ma non possiamo nascondere le responsabilità del Governo né nasconderci dietro false prospettive per il futuro. Per “rifondare” un senso di comunità, d’investimento, di partecipazione e protagonismo in questo settore, occorre avere idee, impegno e vero coraggio politico nell’ascolto. Un percorso di riforma con queste caratteristiche interessa il PD Australia.
Sono davvero convinti della scelta fatta. Una scelta che non è maturata nel vuoto. Alla costruzione del Partito Democratico hanno dedicato passione, energie e idee centinaia di migliaia di donne e uomini, in Italia e nel mondo. Sono stati in molti a ripeterlo, durante la serie di incontri tenutisi a Melbourne.
Il tesseramento continua con risultati positivi, sia a Melbourne che a Sydney che nelle altre capitali australiane. La data delle primarie – tra maggio e giugno 2009 – sarà concordata nelle prossime settimane: un election day per i circoli PD d’Australia.
Cresce la voglia di impegnarsi, di fare arrivare la voce di protesta contro le scelte del Governo. Sulla politica per le comunità italiane nel mondo, fino ad oggi caratterizzata dalla mancanza di proposta della maggioranza e da meno servizi, meno risorse, meno democrazia. Sulle logiche dell’emergenza che alimentano ancora il dibattito sulla sicurezza, relegandovi la discussione sull’immigrazione e sulle politiche d’integrazione. Sulle ronde cittadine che affiancano la presenza militare e che – insieme – contribuiscono ad aggravare il lavoro delle forze dell’ordine e a rendere le città italiane, di fatto, meno sicure. Maggioranza disattenta anche sulle scelte per fronteggiare la crisi – che hanno escluso i residenti all’estero – a fronte di un “bonus” che invece l’Australia ha corrisposto anche ai residenti in Italia. Una maggioranza che non risponde alla crisi economica e sociale. A un Governo Berlusconi che, mentre si accinge ad accorpare elezioni europee e amministrative, tiene fuori il referendum popolare sulla materia elettorale, che pure dovrà svolgersi, nonostante il risparmio economico e l’ovvia coincidenza elettorale. E non prende impegni per approvare una nuova legge elettorale nazionale che eviti lo svolgersi del referendum stesso. Governo e maggioranza che vorrebbero riformare le regole del confronto parlamentare non per rendere più efficace l’azione del Parlamento, attraverso un migliore funzionamento delle Commissioni, ma per ridurre il ruolo del Parlamento a sede di “ratifica” dei decreti del Governo. Comprende Berlusconi che un sistema dove votino i capigruppo richiede un rapporto tra maggioranza e opposizioni – nel costruire le proprie posizioni e i propri emendamenti sui provvedimenti – che oggi, a causa dell’atteggiamento della maggioranza, non esiste? Esistono solo le battute del Presidente del Consiglio, neanche molto divertenti. Se la maggioranza volesse aprire anche un confronto su una “nuova cultura parlamentare” nel nostro Paese, promuovendo una nuova dimensione nei rapporti con l’opposizione, fatta di rispetto e ascolto, sarebbe doveroso mostrare interesse. Ma non è questo di cui si sta parlando.
Le nostre comunità sono particolarmente interessate ai cambiamenti che avvengono in Italia. E gli iscritti al PD chiedono momenti di confronto su questi temi anche all’estero. Propongono le giornate del PD all’estero per riprendere il filo della discussione avviata con le primarie, continuata con le elezioni politiche e la costruzione del PD all’estero. La nostra gente ci ricorda che la rete consolare è lo strumento di servizio per le comunità all’estero, deve essere dotata di risorse, personale e moderne tecnologie adeguati e in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini italiani. Vergognoso parlarne in toni diversi, come se i cittadini italiani all’estero non avessero eguali diritti e doveri davanti alla nostra Costituzione. Impegni per la cittadinanza ci chiedono i democratici d’Australia, per riaprire i termini per il riacquisto della cittadinanza italiana ma non perdere l’attenzione nei confronti degli immigrati. La grande ricchezza di lavoro, esperienza di vita, lingua e cultura che l’immigrazione porta nel nostro Paese. Riconoscere questi elementi significa valorizzare anche l’esperienza dell’emigrazione.
Il PD ritiene fondamentale anche rafforzare i livelli di rappresentanza – dai Comites, al CGIE, alla presenza nel Parlamento della Repubblica. La loro riforma non può essere un esercizio di potere, percepito con distanza dalle comunità, legato a interessi diversi dalle necessità comunitarie, svincolato da qualsiasi momento di dialogo e consultazione, tendente a ridurre gli spazi di democrazia e di confronto. Possiamo anche avere coraggio e fare riforme ampie e “rivoluzionarie” ma non possiamo nascondere le responsabilità del Governo né nasconderci dietro false prospettive per il futuro. Per “rifondare” un senso di comunità, d’investimento, di partecipazione e protagonismo in questo settore, occorre avere idee, impegno e vero coraggio politico nell’ascolto. Un percorso di riforma con queste caratteristiche interessa il PD Australia.
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