mercoledì 4 marzo 2009

La virgola, da crisi economica!

I numeri della crisi italiana

Mentre Tremonti e Berlusconi parlano di un’Italia “messa meglio degli altri”, arriva la doccia fredda dei dati inconfutabili.
L'Italia, assieme al Giappone (-0,7%) è l'unico paese industrializzato che ha chiuso i conti del 2008 con una discesa del Pil. Negli altri maggiori paesi, infatti, il prodotto lordo è aumentato dell'1,3% in Germania, dell'1,1% negli Stati Uniti, dello 0,7% nel Regno Unito e in Francia. Nel 2008 il Pil italiano è diminuito dell'1,0%, contro un’errata previsione governativa del -0,6%. Bisogna tornare indietro di 23 anni (al 1975) per trovare una caduta così ampia del prodotto interno lordo. Purtroppo il 2009 andrà anche peggio: secondo tutti i maggiori centri di ricerca il Pil dovrebbe registrare una caduta compresa tra il 2,5 e il 3%.
L’Istat avverte anche che sono in crollo del 3,7% le esportazioni di beni e servizi (quindi la competitività del Paese), mentre le importazioni sono scese del 4,5%, a dimostrazione di una domanda interna che non tira..
Non basta. Il lavoro fatto dal centrosinistra sui conti pubblici è già stato compromesso dal governo delle destre: il rapporto tra deficit e Pil, sempre per il 2008, si è attestato al 2,7, rispetto all’1,5% ereditato l’anno prima.
Di fronte a tutto ciò, inquieta molto la ripresa dell’inflazione: +0,2% nel mese; +1,6% rispetto al febbraio 2008, la stessa variazione di gennaio. L'inflazione al netto dei prodotti energetici si è attestata addirittura al +2,2% (+2,3% a gennaio).
Questi numeri sono pietre. Nonostante ciò il capo del governo continua a vantare sicumere e fare battutacce nei summit internazionali.

Emergenza lavoro (aggravata dal governo)

Gli effetti della recessione non tardano a scaricarsi anche sui livelli occupazionali. Si stima che nel 2009 si perderanno dai 40 ai 75mila posti di lavoro al mese. Il governo nel frattempo stanzia solo 150 milioni di euro degli 8 miliardi annunciati per gli ammortizzatori sociali, mentre da più parti avanza la richiesta di estendere la cassintegrazione a tutti coloro che perdono il lavoro.
E, come se non bastasse, Brunetta annuncia che il governo varerà una norma tale da impedire la stabilizzazione di 60.000 precari del pubblico impiego che avrebbero dovuto essere messi in ruolo a partire dal prossimo 1° luglio. Si tratta di un’idea scriteriata che, oltre a colpire l’efficienza dei servizi pubblici offerti ai cittadini, contribuisce ad approfondire una ferita già aperta, mandando a casa decine di migliaia di precari, spesso giovani. Non resta che sperare che l’esecutivo faccia un passo indietro.

Il Pd ha le idee chiare: l’assegno di disoccupazione

Potrebbe sembrare, di primo acchito, una di quelle uscite a cui ci ha abituato lungo questi anni l’attuale premier Berlusconi. Invece, l’assegno ai disoccupati proposto qualche giorno fa dal nuovo segretario del Pd Dario Franceschini è un’idea concreta e realizzabile per dare sollievo alle vittime della crisi e per rimettere in moto i consumi. Ma forse, è proprio per questa sua fattibilità che Berlusconi, aduso a grandi promesse dagli esiti incerti, l’ha liquidata con una battuta.
Tuttavia, ha fatto bene Franceschini a ricordare al presidente del Consiglio che quel rifiuto a discutere non è “no” al Pd, quanto una porta sbattuta in faccia a chi in questo momento paga le conseguenze più dure della recessione.
Staremo a vedere come il governo si comporterà in parlamento, quando a breve dovrà votare la mozione del Pd che lo impegna a prendere iniziative in tal senso entro fine mese.
Ma veniamo ai dettagli. L’assegno mensile sarebbe pari al 60% dell'ultima retribuzione. Il costo per lo Stato sarebbe di 4 miliardi di euro. Come reperirli? Sono quattro gli strumenti di copertura indicati. In primo luogo, una ripresa della lotta all’evasione fiscale, a cominciare dalla tracciabilità dei corrispettivi, dal limite massimo dei trasferimenti in contanti e dal ripristino delle sanzioni per le imposte evase. Secondariamente, l’introduzione per una centrale unica per gli acquisti della pubblica amministrazione, che risulterebbero così razionalizzati. A ciò si aggiunga la ricostituzione della commissione ministeriale di monitoraggio sulla spesa pubblica. Infine, molto potrebbe essere ottenuto dall’uso immediato di parte delle risorse che lo Stato non impegnerà per la Cassa Integrazione nell’ambito del protocollo sottoscritto dal governo con le regioni. Risorse stimate attorno ai 5 miliardi, altrimenti disponibili solo fra diversi mesi.
Nel frattempo, la Cgil ha avanzato un’altra buona proposta per reperire danaro da usare per la spesa sociale: aumentare le aliquote fiscale ai redditi dei più ricchi (sopra i 150.000 euro), in passato abbassate dai governi di centrodestra. Non è, del resto, ciò che ha fatto anche il neopresidente Obama?

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