La discussione che ha preceduto e che ora segue il risultato referendario ha dimostrato e dimostra ancora una volta quanto sia immediato il ricorso a inesattezze e strumentalizzazioni – anche da parte di forze politiche a noi vicine – e quanta strada debba ancora essere fatta per definire natura e qualità del rapporto con le istituzioni italiane. Gli italiani all’estero hanno concorso a far raggiungere il quorum e hanno votato in maggioranza SI ai quattro quesiti referendari, dimostrando ancora una volta di voler e saper partecipare.
Sui principi costituzionali
La Costituzione prevede la partecipazione al voto referendario di tutti i cittadini italiani che votano per la Camera dei Deputati, inclusi i residenti all’estero. Il corpo elettorale, infatti, è composto, sempre, non certo da oggi, anche da chi vive oltre i confini nazionali. L’effettiva partecipazione al voto è poi attuata con una legge ordinaria che garantisce “l’esercizio in loco del diritto di voto”, oppure, attraverso l’esercizio dell’opzione, con il voto in Italia. Ai residenti all’estero sono stati aggiunti, non da oggi, anche alcune categorie di temporaneamente all’estero (dipendenti dello Stato e militari impegnati nelle missioni internazionali). Quindi l’impianto complessivo negli anni non è cambiato. Quel che è cambiato è che oggi, grazie proprio all’esercizio in loco del diritto di voto, è più facile raggiungere il quorum. Non il contrario. Perché se il 23,1% dei votanti dall’estero non avesse potuto partecipare al voto in loco, cioè per corrispondenza, sarebbe stato comunque conteggiato ai fini del quorum e vi sarebbe stata una partecipazione al voto, possibile in quel caso solo per chi sarebbe rientrato in Italia, con una percentuale sicuramente inferiore al 23,1%. Naturalmente questo impianto può essere discusso, ridiscusso, modificato. Oggi però, se vogliamo evitare strumentalizzazioni e inesattezze, dobbiamo partire da questa base.
Sulla legge ordinaria
La legge elettorale che regola il voto dei residenti all’estero iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) è la 459 del 2001. Contiene norme che da molto tempo, cioè dal giorno dopo la sua approvazione, abbiamo ritenuto sbagliate. A partire proprio dal corpo elettorale. Abbiamo proposto l’iscrizione volontaria nell’elenco degli elettori che da un lato consente l’aggiornamento dei recapiti postali e dall’altro evita di inviare plichi a coloro i quali non hanno interesse a partecipare al voto politico e referendario. Abbiamo proposto una serie di accorgimenti tecnici per migliorare le garanzie della segretezza e personalità del voto – tra cui la firma sul cedolino del certificato e l’inclusione degli estremi di un documento identificativo. Queste proposte sono depositate in Parlamento e attendono di essere discusse. La proposta del Partito Democratico è stata sottoscritta dai capigruppo di Camera e Senato e da tutti gli eletti all’estero del PD. Se vogliamo sgomberare il campo dalle consuete strumentali polemiche sul voto, affrontiamolo nella sede naturale, cioè il Parlamento.
Sui risultati elettorali
La partecipazione complessiva degli italiani all’estero è stata all’incirca di 16 punti inferiore al massimo registrato per il voto politico, cioè il 39% del 2008. In Italia il calo è stato del 23%. È evidente che questi raffronti non tengono conto della scelta di non partecipare al voto, a mio avviso sbagliata, ma che si è espressa in misura più decisa in Italia che all’estero, dove il plico elettorale è arrivato nelle abitazioni degli elettori.
Ha votato anche l’elettore di centro-destra che avrà scelto il no e quindi anche il risultato vede una maggiore percentuale di NO rispetto all’Italia. Nulla di sorprendente anche per quanto attiene ai risultati elettorali. Sorprendono invece i tentativi di strumentalizzazione sia per quanto attiene al raggiungimento del quorum che sul risultato elettorale. Rimane ora da definire il percorso politico per arrivare in tempi brevi alla modifica della legge elettorale.
Sui principi costituzionali
La Costituzione prevede la partecipazione al voto referendario di tutti i cittadini italiani che votano per la Camera dei Deputati, inclusi i residenti all’estero. Il corpo elettorale, infatti, è composto, sempre, non certo da oggi, anche da chi vive oltre i confini nazionali. L’effettiva partecipazione al voto è poi attuata con una legge ordinaria che garantisce “l’esercizio in loco del diritto di voto”, oppure, attraverso l’esercizio dell’opzione, con il voto in Italia. Ai residenti all’estero sono stati aggiunti, non da oggi, anche alcune categorie di temporaneamente all’estero (dipendenti dello Stato e militari impegnati nelle missioni internazionali). Quindi l’impianto complessivo negli anni non è cambiato. Quel che è cambiato è che oggi, grazie proprio all’esercizio in loco del diritto di voto, è più facile raggiungere il quorum. Non il contrario. Perché se il 23,1% dei votanti dall’estero non avesse potuto partecipare al voto in loco, cioè per corrispondenza, sarebbe stato comunque conteggiato ai fini del quorum e vi sarebbe stata una partecipazione al voto, possibile in quel caso solo per chi sarebbe rientrato in Italia, con una percentuale sicuramente inferiore al 23,1%. Naturalmente questo impianto può essere discusso, ridiscusso, modificato. Oggi però, se vogliamo evitare strumentalizzazioni e inesattezze, dobbiamo partire da questa base.
Sulla legge ordinaria
La legge elettorale che regola il voto dei residenti all’estero iscritti all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) è la 459 del 2001. Contiene norme che da molto tempo, cioè dal giorno dopo la sua approvazione, abbiamo ritenuto sbagliate. A partire proprio dal corpo elettorale. Abbiamo proposto l’iscrizione volontaria nell’elenco degli elettori che da un lato consente l’aggiornamento dei recapiti postali e dall’altro evita di inviare plichi a coloro i quali non hanno interesse a partecipare al voto politico e referendario. Abbiamo proposto una serie di accorgimenti tecnici per migliorare le garanzie della segretezza e personalità del voto – tra cui la firma sul cedolino del certificato e l’inclusione degli estremi di un documento identificativo. Queste proposte sono depositate in Parlamento e attendono di essere discusse. La proposta del Partito Democratico è stata sottoscritta dai capigruppo di Camera e Senato e da tutti gli eletti all’estero del PD. Se vogliamo sgomberare il campo dalle consuete strumentali polemiche sul voto, affrontiamolo nella sede naturale, cioè il Parlamento.
Sui risultati elettorali
La partecipazione complessiva degli italiani all’estero è stata all’incirca di 16 punti inferiore al massimo registrato per il voto politico, cioè il 39% del 2008. In Italia il calo è stato del 23%. È evidente che questi raffronti non tengono conto della scelta di non partecipare al voto, a mio avviso sbagliata, ma che si è espressa in misura più decisa in Italia che all’estero, dove il plico elettorale è arrivato nelle abitazioni degli elettori.
Ha votato anche l’elettore di centro-destra che avrà scelto il no e quindi anche il risultato vede una maggiore percentuale di NO rispetto all’Italia. Nulla di sorprendente anche per quanto attiene ai risultati elettorali. Sorprendono invece i tentativi di strumentalizzazione sia per quanto attiene al raggiungimento del quorum che sul risultato elettorale. Rimane ora da definire il percorso politico per arrivare in tempi brevi alla modifica della legge elettorale.
Nessun commento:
Posta un commento