Abbiamo bisogno di momenti di
riflessione comune come quello organizzato dal Centro Altreitalie in occasione
della presentazione del volume collettaneo Il voto degli altri. Rappresentanza e scelte
elettorali sul voto degli italiani all’estero, a cura di Guido
Tintori. In un precedente appuntamento, nel 2006 con la Fondazione Agnelli
individuammo un percorso di riforma che oggi è ancora attuale poiché in larga
misura praticamente inattuato. La discussione su questi temi procede a tentoni,
rallentata dal confronto tra i partiti sui futuri assetti costituzionali e sulla
legge elettorale. Mai noi eletti all’estero del PD abbiamo presentato delle
proposte serie su nuove modalità di esercizio del voto che ne garantiscano
meglio sicurezza, personalità e segretezza. E tuttavia, non siamo
soddisfatti.
Prima di tutto, per i troppi luoghi
comuni che spesso opacizzano la discussione. Per le inesattezze e le lentezze.
Per la pretesa che serpeggia, anche se inespressa, di non riconoscere agli
italiani all’estero il diritto ad un’autonoma rappresentanza. Eppure, essi sono
soggetti d'imposta, a tutti gli effetti; spesso e volentieri, come dimostrano
ICI, IMU, Tarsu e canone Rai, essi sono chiamati a pagare se non residenti ed
assenti dal territorio e dai servizi.
Una discussione seria, che concerne
un diritto di cittadinanza garantito dalla Costituzione, anche quando è critica
della Circoscrizione estero, deve comunque prevedere soluzioni alternative. In
altre parole, chi ne auspica e chiede l'abrogazione dovrebbe anche dirci come
intenda far esercitare il diritto di voto senza dover rientrare in
Italia.
La discussione politica sulle
riforme costituzionali - già satura di veti incrociati, è resa ancora più
improbabile dalla tempistica della doppia lettura e dall'ampia maggioranza
richiesta per evitare il referendum e dall'azione del PDL che dopo aver
raggiunto un accordo politico per le riforme ne ha smentito i contenuti
modificando gli obiettivi in chiave presidenzialista. Questa discussione ha ben
evidenziato le lacune culturali che ancora oggi bloccano il nostro Paese. Ne
bloccano le riforme strutturali, l'apertura verso le nuove generazioni, la sua
indispensabile modernizzazione.
Siamo un'idea, rappresentiamo
un'idea, non siamo una propaggine, una diramazione, un'appendice - dei partiti,
dei sindacati, della associazioni -. Che pure svolgono un ruolo
importante.
Siamo una grande idea positiva per
costruire l'altra Italia, l'Italia delle aperture, dell'efficienza, del merito,
della valorizzazione della presenza italiana nel
mondo.
Ecco, dobbiamo riuscire ad essere
una grande idea di cambiamento, rimanendo allo stesso tempo fedeli alla nostra
storia, alle nostre lotte, alla nostra identità. Per far questo abbiamo il
dovere, la responsabilità di portare avanti le istanze degli italiani nel mondo.
Anche in un momento di limitatezza delle risorse, facendo magari delle
scelte.
Non possiamo né vogliamo più
difendere posizioni precostituite, rendite di posizione, caste e interessi
corporativi. Rischieremmo di indebolirci, di fronte alle difficoltà dell’oggi ma
anche alle possibilità del domani. Per questa ragione, sul futuro assetto della
rappresentanza, come sul destino della rete consolare o dell’insegnamento della
lingua e della cultura italiane nel mondo, commetteremmo un errore se puntassimo
alla conservazione. Con la convinzione di mantenere tutto inalterato perché per
anni ha funzionato. Non è più così. Non sarà più
così.
Siamo una grande idea, irrealizzata,
a causa di chiusure ideali e progettuali, resistenze, analisi spesso
irresponsabili.
Ed oggi, che abbiamo nuovi flussi di
emigrazione nel mondo, con una politica che non si interroga sul come e dove e
quando, come non si interroga sui temi dell’integrazione dei nuovi italiani
immigrati in Italia; oggi che avremmo bisogno di una presenza nel mondo
coordinata, anche se in modo diverso, per misurare nuovi bisogni, nuovi livelli
di integrazione, nuove politiche per l’emigrazione; ogg che abbiamo bisogno di
intelligenza, passione, impegno politico ed esperienza, rischiamo di rimanere in
ritardo sui grandi temi della globalizzazione e sugli strumenti per affermare
politiche transnazionali.
Il Centro Altreitalie è per noi un
importante interlocutore: nella ricerca, nell'analisi e nello studio può
contribuire ad arricchire la discussione politica che da tempo è aperta su
queste cose.
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