La segreteria dei deputati Marco Fedi e Gino Bucchino comunica che, con Circolare n. 32 del 13 giugno 2007, il Ministero dell’Interno, dando seguito ad un ordine del giorno accolto dal Governo nella seduta del 16 maggio, ha stabilito che la ricevuta della dichiarazione di presenza, che ha sostituito il permesso di soggiorno, costituisce titolo utile ai fini dell’iscrizione anagrafica di coloro i quali intendono avviare in Italia la procedura per il riconoscimento della cittadinanza “jure sanguinis” in relazione a quanto disposto con la circolare del Ministero dell’Interno n. 29/2002.
La soppressione del permesso di soggiorno per visite, affari, turismo e studio non pregiudicherà quindi la possibilità dei discendenti di cittadini italiani di avviare in Italia, come previsto dalla precedente normativa, la procedura per il riconoscimento della cittadinanza “jure sanguinis”, così come disposto dalla circolare n. 29/2002 del Ministero dell’Interno.
Come si ricorderà la Legge n. 68 del 28 maggio 2007, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 1° giugno 2007, recante “Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio”, all’art. 1 prevede che per soggiorni inferiori a tre mesi non è più richiesto agli stranieri il permesso di soggiorno ma è invece necessaria una dichiarazione di presenza.
Gli stranieri che non provengono da Paesi dall’area di Shengen formulano tale dichiarazione di presenza all’Autorità di frontiera al momento dell’ingresso; mentre gli stranieri che provengono dall’area di Shengen dichiarano la propria presenza al Questore, entro otto giorni dall’ingresso.
Quindi dal 2 giugno 2007 non è più richiesto agli stranieri che entrano in Italia il permesso di soggiorno se si intende rimanere al massimo tre mesi per visite, affari, turismo e studio. Ciò ovviamente non significa che si possono varcare liberamente le frontiere dell’Italia: rimane comunque indispensabile un visto di ingresso (a meno che l’Italia non abbia stipulato accordi bilaterali con il Paese di origine dello straniero).
Tale importante e positiva novità che rende più semplice gli spostamenti delle persone nell’ambito dell’Unione Europea ed in Italia, aveva però creato dei dubbi interpretativi sui diritti di coloro i quali fino ad ora, grazie alla circolare del Ministero dell’Interno K.28.1 del 8.04.1991 (che prendendo atto dei ritardi delle rappresentanze diplomatiche italiane all’estero nel definire la pratiche di riconoscimento della cittadinanza “jure sanguinis” e della necessità di garantire la parità di trattamento dei soggetti interessati e di evitare agli stessi ulteriori disagi, velocizzando la procedura), potevano usufruire di un iter “agile” tramite l’ingresso in Italia con visto turistico, seguito dal rilascio del permesso di soggiorno e dall’iscrizione all’anagrafe e quindi dall’istanza per la cittadinanza e permesso per attesa cittadinanza.
Fino ad oggi, quindi, i soggetti che volevano vedersi riconosciuta la cittadinanza italiana, trasferendosi in Italia, dovevano:
- richiedere il permesso di soggiorno;
- richiedere l’iscrizione in anagrafe esibendo il permesso di soggiorno;
- soltanto dopo aver ottenuto l’iscrizione in anagrafe potevano presentare istanza al Sindaco del Comune di residenza per ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana.Di norma le Questure rilasciavano, in questi casi, un permesso di soggiorno di 90 giorni per motivi di turismo.
Con l’abolizione del permesso di soggiorno per turismo, necessario per ottenere il riconoscimento della cittadinanza, tale procedura sembrava non più percorribile perché senza permesso gli uffici comunali non possono procedere all’iscrizione anagrafica e dunque, in base alla normativa vigente, alla trattazione della richiesta di riconoscimento della cittadinanza “jure sanguinis”.
Su sollecitazione degli interventi del CGIE ed del lavoro dei Parlamentari eletti all’estero – che avevano presentato un apposito ordine del giorno, n. 9/2427/1 nella seduta n. 158 di mercoledì 16 maggio – il Ministero dell’Interno ha emanato la Circolare n. 32 del 13 giugno 2007, che stabilisce che la ricevuta della dichiarazione di presenza, che ha sostituito il permesso di soggiorno, costituisce titolo utile ai fini dell’iscrizione anagrafica di coloro i quali intendono avviare in Italia la procedura per il riconoscimento della cittadinanza “jure sanguinis” in relazione a quanto disposto con la circolare del Ministero dell’Interno n. 29/2002.
Tale dichiarazione deve essere considerata come l’adempimento che consente agli stranieri di soggiornare regolarmente in Italia per un periodo di tre mesi o per il minor periodo eventualmente stabilito nel visto d’ingresso.
La soppressione del permesso di soggiorno per visite, affari, turismo e studio non pregiudicherà quindi la possibilità dei discendenti di cittadini italiani di avviare in Italia, come previsto dalla precedente normativa, la procedura per il riconoscimento della cittadinanza “jure sanguinis”, così come disposto dalla circolare n. 29/2002 del Ministero dell’Interno.
Come si ricorderà la Legge n. 68 del 28 maggio 2007, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 126 del 1° giugno 2007, recante “Disciplina dei soggiorni di breve durata degli stranieri per visite, affari, turismo e studio”, all’art. 1 prevede che per soggiorni inferiori a tre mesi non è più richiesto agli stranieri il permesso di soggiorno ma è invece necessaria una dichiarazione di presenza.
Gli stranieri che non provengono da Paesi dall’area di Shengen formulano tale dichiarazione di presenza all’Autorità di frontiera al momento dell’ingresso; mentre gli stranieri che provengono dall’area di Shengen dichiarano la propria presenza al Questore, entro otto giorni dall’ingresso.
Quindi dal 2 giugno 2007 non è più richiesto agli stranieri che entrano in Italia il permesso di soggiorno se si intende rimanere al massimo tre mesi per visite, affari, turismo e studio. Ciò ovviamente non significa che si possono varcare liberamente le frontiere dell’Italia: rimane comunque indispensabile un visto di ingresso (a meno che l’Italia non abbia stipulato accordi bilaterali con il Paese di origine dello straniero).
Tale importante e positiva novità che rende più semplice gli spostamenti delle persone nell’ambito dell’Unione Europea ed in Italia, aveva però creato dei dubbi interpretativi sui diritti di coloro i quali fino ad ora, grazie alla circolare del Ministero dell’Interno K.28.1 del 8.04.1991 (che prendendo atto dei ritardi delle rappresentanze diplomatiche italiane all’estero nel definire la pratiche di riconoscimento della cittadinanza “jure sanguinis” e della necessità di garantire la parità di trattamento dei soggetti interessati e di evitare agli stessi ulteriori disagi, velocizzando la procedura), potevano usufruire di un iter “agile” tramite l’ingresso in Italia con visto turistico, seguito dal rilascio del permesso di soggiorno e dall’iscrizione all’anagrafe e quindi dall’istanza per la cittadinanza e permesso per attesa cittadinanza.
Fino ad oggi, quindi, i soggetti che volevano vedersi riconosciuta la cittadinanza italiana, trasferendosi in Italia, dovevano:
- richiedere il permesso di soggiorno;
- richiedere l’iscrizione in anagrafe esibendo il permesso di soggiorno;
- soltanto dopo aver ottenuto l’iscrizione in anagrafe potevano presentare istanza al Sindaco del Comune di residenza per ottenere il riconoscimento della cittadinanza italiana.Di norma le Questure rilasciavano, in questi casi, un permesso di soggiorno di 90 giorni per motivi di turismo.
Con l’abolizione del permesso di soggiorno per turismo, necessario per ottenere il riconoscimento della cittadinanza, tale procedura sembrava non più percorribile perché senza permesso gli uffici comunali non possono procedere all’iscrizione anagrafica e dunque, in base alla normativa vigente, alla trattazione della richiesta di riconoscimento della cittadinanza “jure sanguinis”.
Su sollecitazione degli interventi del CGIE ed del lavoro dei Parlamentari eletti all’estero – che avevano presentato un apposito ordine del giorno, n. 9/2427/1 nella seduta n. 158 di mercoledì 16 maggio – il Ministero dell’Interno ha emanato la Circolare n. 32 del 13 giugno 2007, che stabilisce che la ricevuta della dichiarazione di presenza, che ha sostituito il permesso di soggiorno, costituisce titolo utile ai fini dell’iscrizione anagrafica di coloro i quali intendono avviare in Italia la procedura per il riconoscimento della cittadinanza “jure sanguinis” in relazione a quanto disposto con la circolare del Ministero dell’Interno n. 29/2002.
Tale dichiarazione deve essere considerata come l’adempimento che consente agli stranieri di soggiornare regolarmente in Italia per un periodo di tre mesi o per il minor periodo eventualmente stabilito nel visto d’ingresso.
25 giugno 2007
1 commento:
Onorevole,
lei ha ragione, ma ci sono dei comuni che si ostinano a chiedere un permesso di soggiorno che è impossibile ottenere, data la Legge 28 maggio 2007, n. 68.
Come si fa in questo caso, se il comune non vuole adempiere a quanto istruito dalla circolare???
Grazie
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