"Se entro luglio non ci saranno passi avanti sostanziali sul fronte del riconoscimento del patrimonio rappresentato dagli italiani all’estero, a partire dal Documento di programmazione economico-finanziaria fino ad un concreto piano di riforme, se sul fronte parlamentare non si partirà con la costituzione dei Comitati per le questioni degli italiani all’estero presso Camera e Senato e, non certo ultima in importanza, non vi saranno segnali positivi sulla riforma della cittadinanza, lascerò l’Ulivo. Credo che, a partire dal DPEF, il Governo debba indicare il percorso che intende adottare per rafforzare il legame con le comunità italiane nel mondo".
Intervistato da Paul Scutti per Il Globo, uno dei due quotidiani italiani d’Australia, Marco Fedi, deputato dell’Ulivo eletto all’estero esprime così la delusione per il rinvio di alcune proposte di legge di interesse per i connazionali all’estero.
"Riconoscerne il valore strategico, attraverso una politica tesa a rafforzare la rete diplomatico-consolare, a migliorare il livello di tutela dei cittadini italiani per quanto concerne la sanità, il fisco e la sicurezza sociale, in particolare rilanciando la politica delle Convenzioni bilaterali e garantendo il pluralismo e la qualità dell’informazione radiotelevisiva e su carta stampata per le comunità italiane all’estero. Oltre a promuovere tutte le iniziative atte a diffondere all’estero la lingua e la cultura italiane ed a promuovere lo studio e l’analisi dell’emigrazione, delle sue radici storiche e dei suoi sviluppi in termini di identità e di livelli d’integrazione. Un segnale importante va infine dato per gli interventi tesi a stimolare l'imprenditoria italiana a cogliere le opportunità di joint ventures e comunque a migliorare il livello di investimenti e di esportazioni verso l’estero creando, nel contempo, opportunità per le imprese straniere che intendano investire e/o esportare in Italia".
L’on. Marco Fedi non usa mezzi termini per esprimere il suo disagio dopo l’ultimo rinvio al progetto di legge che dovrebbe consentire il riacquisto della cittadinanza italiana per coloro che vi rinunciarono per acquisire quella australiana. La proposta sarebbe dovuta arrivare alla Camera dei Deputati alla fine di maggio, ma le resistenze del centrodestra, sommate a quelle di Udeur e Italia dei Valori, hanno imposto un rinvio.
"La speranza è che si possa arrivare ad un testo condiviso che la Camera approvi entro luglio. A quel punto, il Senato potrebbe dare il via libera prima della fine dell’anno”, spiega Fedi.Gli ultimi mesi del 2007 saranno però occupati dalla discussione della legge Finanziaria. Ci sarà spazio al Senato, soprattutto alla luce della risicata maggioranza governativa, anche per la riforma della cittadinanza? "Il rischio esiste – ammette Fedi –. In tal caso, la legge slitterebbe a febbraio, il che significa che per giugno 2008 gli italiani all’estero potranno presentare domanda per riacquistare la cittadinanza". Questa la tempistica, sempre che la maggioranza riesca a trovare l’accordo al suo interno e a superare il difficile passaggio parlamentare. “Si tratta di una riforma delicata perché non riguarda solo gli italiani emigrati all’estero, ma stabilisce i criteri per diventare cittadini anche per gli stranieri che risiedono in Italia. L’opinione pubblica è molto sensibile a tutto ciò che riguarda l’immigrazione, pertanto non sorprende che alcuni settori del centrosinistra abbiano espresso riserve sulla riforma – osserva Fedi –. Sulla cittadinanza si gioca una partita complessa, che, come quella sui Di.Co., deve essere vinta. La riduzione da 10 a 5 anni per diventare cittadini italiani è sacrosanta. Si tratta ovviamente di persone che vivono regolarmente in Italia, lavorando e contribuendo, non solo sotto il profilo economico ma anche quello sociale e culturale, impegnate a far crescere il nostro Paese. Non si aggiunge nulla in termini di costi anche se su questi aspetti, come spesso avviene, si fa tanta demagogia. Per quanto riguarda la nostra comunità all’estero, devo dire che c’è molta disinformazione in giro su quali sono i termini del problema. Prima che intervenissimo presso il governo, molti parlamentari addirittura pensavano che permettere agli italiani all’estero di riacquistare la cittadinanza avrebbe significato dover pagare più pensioni, cosa del tutto falsa ovviamente".
Fedi risponde anche alle critiche di chi considera un errore aver inserito il riacquisto della cittadinanza nella più ampia riforma che stabilirà come le regole generali per diventare un cittadino italiano: "In realtà non potevamo fare diversamente, altrimenti il problema sarebbe stato discusso – nella migliore delle ipotesi – solo a fine legislatura. Già con la scorsa Finanziaria avevamo provato a far passare delle norme estranee alla legge di bilancio, nella peggior tradizione parlamentare, ma non c’erano margini di manovra sufficienti. Accorpando il riacquisto della cittadinanza alle tematiche dell’immigrazione si conferisce la necessaria visibilità ed importanza al problema che interessa tanti italiani all’estero. Abbiamo deciso di scommettere su questa strategia sperando che ci porti al risultato che tutti si auspicano".
E se così non fosse, addio Ulivo?
"Esatto – conferma Fedi –. Se la maggioranza non porterà a casa la riforma e se non vi saranno segnali positivi sul fronte delle riforme, allora non avrò altra scelta se non quella di dare un segnale politico. Continuerò a lavorare all’interno del centrosinistra, ma diventerò una spina nel fianco per il governo. Ho un dovere nei confronti di chi mi ha votato e ho intenzione di rispettarlo fino in fondo".
Le difficoltà di navigare nell’agitata politica italiana spingono Fedi a riflettere sul "clima di contrapposizione ideologica che avvolge il Paese, addirittura quando ormai non vi sono nemmeno più ideologie su cui scontrarsi".
Ha ragione Massimo D’Alema allora, quando mette in guardia sulla crescente disaffezione degli italiani nei confronti della politica?
"La sfiducia della popolazione è alimentata da tanti fattori. Ad esempio, quando si parla dei costi eccessivi della politica, credo che si faccia molta retorica. Il problema non sono i costi, ma i risultati. La classe dirigente dovrebbe essere più trasparente ed efficiente, quindi ha ragione il presidente Napolitano quando esorta il Parlamento a lavorare meglio e di più. Faccio un esempio: per poter svolgere bene il compito affidatogli dagli elettori, un parlamentare deve avere un ufficio elettorale, del personale e poter gestire la rappresentanza. Nei paesi civili questi costi sono riconosciuti e pagati dalle istituzioni. In Italia il sistema del forfetario ha portato a delle storture e, come per gli assistenti parlamentari, a situazioni di vera e propria illegalità. Il sistema politico deve rinnovare se stesso: anche se molti non credono che ciò sia possibile, io credo si debba partire proprio da questa necessità. Occorre avere il coraggio di cambiare. Analogo discorso per le regole, a partire dalla riforma elettorale: occorre fissare le regole insieme, maggioranza ed opposizione. Allora la proposta Chiti è il risultato di un primo confronto tra le forze politiche, non è la volontà perversa di una parte della maggioranza. La legge elettorale è stata cambiata a colpi di maggioranza dal centro-destra, il centro-sinistra ha preso un impegno per quanto concerne il metodo e lo sta rispettando".
"La nascita del Partito democratico – continua Fedi – deve essere vista come un’occasione unica per avvicinare i cittadini alla politica, per renderli davvero partecipi. Per questo motivo ad ottobre, quando ci saranno le primarie, tutti coloro che lo vorranno potranno contribuire fattivamente alla creazione di questo nuovo soggetto politico".
Prima di allora, un altro appuntamento attende Fedi: a luglio, Amanda Vanstone arriverà a Roma per assumere le vesti di nuovo ambasciatore australiano in Italia.
"Mi auguro di poter lavorare proficuamente con la signora Vanstone, anche se non posso fare a meno di notare che ritengo un errore le nomine politiche in diplomazia. Ma a volte anche un ambasciatore di estrazione politica può essere un vantaggio e la Vanstone, con i suoi 20 anni da parlamentare e i tanti incarichi di governo ricoperti, ha sicuramente esperienza da vendere".
28 maggio 2007
2 commenti:
Caro On. Fedi,
vorrei avere dei chiarimenti sulle sue affermazioni riguardo le sue possibili dimissioni, cosa intende effettivamente dicendo che, dopo sue dimissioni, continuera' a lavorare nel centro sinistra diventando una spina nel fianco.
Le sua sua eventuale uscita la porterebbe a perdere la posizione di deputato in parlamento?
Cosi facendo, quale segnale pensa che i suoi elettori percepiranno?
Oltretutto il nuovo partito Democratico che avra' di nuovo?
Sono sempre gli stessi attori e onestamente gli italiani sia in Italia che all'estero sono estremamente disincantati da questi politici di carriera che di nulla sono capaci.
per finire quando si riferisce al pluralismo, intende pluralismo nel senso politico di gruppi di interesse rappresentanti tematiche non esplicitatamente rappresentate nel panorama politico?
la ringrazio per questo spazio messo a disposizione.
Un suo elettore
Sul tema dimissioni intendo dire che i segnali da parte del Governo devono essere inequivocabili a partire dal DPEF per proseguire con le riforme. Nel caso di mie dimissioni dal Gruppo - e non dal Parlamento, cosa di cui non ho mai parlato - passerei in altro gruppo della maggioranza di centrosinistra. Sono stato eletto per l'Unione-Prodi e quindi non tradirei né maggioranza né elettori rimanendo in una formazione politica del centrosinistra o nel gruppo misto dal quale continuerei a sostenere il Governo. La spina nel fianco - forse già lo sono - è un modo per dire che avrei più occasioni per essere costruttivamente critico nei confronti del Governo e della maggioranza. Il PD avrà di nuovo che si aprirà a nuovi soggetti attingendo da esperienze politiche e culturali diverse tra loro ma in grado di costruire un percorso autenticamente riformatore. La novità di questo processo politico è rappresentata dalla candidatura di Walter Veltroni. Su programma, capacità di aggregazione di forze e soggetti nuovi dovremo fare insieme - caro Davide - una valutazione di merito nei prossimi mesi. La politica è bella quando è servizio e quando tutti i cittadini hanno occasione per costruirla, per parteciparla, per rappresentarla. Il pluralismo è dare a tutti la possibilità di essere contati e dire la propria: la politica deve avere la capacità di dare risposte mediate dai bisogni dei cittadini.
Marco Fedi
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