martedì 5 febbraio 2013

Marco Fedi per la Camera: il linguaggio dei fatti


MARCO FEDI – CAPOLISTA DEL PD PER L’AFRICA, L’ASIA, L’OCEANIA E L’ANTARTIDE

IL LINGUAGGIO DEI FATTI

La Circoscrizione Estero è grande quanto il mondo e le Ripartizioni nelle quali essa si articola grandi quanto e più dei continenti, ma l’ondata della propaganda dei candidati e delle forze politiche è ormai tracimata e sta inondando anche gli angoli più lontani.
Non so quale effetto faccia questo improvviso e confuso frastuono alla maggior parte degli italiani all’estero, abituati a ricevere qualche manifestazione d’interesse molto saltuariamente, soprattutto durante la traversata del deserto degli ultimi cinque anni di legislatura.
Per quanto mi riguarda, come deputato eletto all’estero, ho cercato quasi quotidianamente di trasmettere informazioni e giudizi riguardanti le azioni di governo e l’attività parlamentare. Il primo dovere di un eletto, infatti, è dar conto agli elettori della situazione e del proprio operato. E il contributo che sento di dare in questa confusa campagna elettorale per evitare che diventi, come diceva un filosofo, “la notte in cui tutte le vacche sono nere”, è quello di presentare un rendiconto di attività perché ognuno possa avere una misura concreta di giudizio. Anche per valutare con obiettività come in questa legislatura io, deputato eletto nella Ripartizione Africa-Asia-Oceania-Antartide, abbia onorato il patto con gli elettori e investito la loro fiducia.
Per chi vive in Paesi che hanno un quadro istituzionale diverso, una premessa è necessaria. In Italia, tra Camera e Senato, i parlamentari sono circa mille, francamente troppi. In più, nonostante gli annunci di riforme istituzionali, vige tuttora il bicameralismo perfetto che impone un doppio esame e un doppio voto per ogni provvedimento, con un ovvio prolungamento dei tempi. In una situazione così complessa, l’organizzazione dei lavori d’Aula e di commissione è fatta dalle Presidenze e dalla conferenze dei capigruppo.  In parole povere, i margini di autonomia di ogni parlamentare sono di fatto abbastanza limitati perché necessariamente risentono delle posizioni e degli orientamenti dei gruppi parlamentari. Questo vale per il passato, ma anche per il futuro. Chi dice che nel nuovo Parlamento verrà per fare un’esperienza solitaria distinta dai gruppi politici o mente sapendo di mentire oppure si prepara a cinque anni di isolamento e di ibernazione. Di fatto, poi, l’iniziativa del parlamentare si concretizza nella presentazione di disegni di legge, nelle proposte di emendamenti, nell’uso delle interrogazioni e delle interpellanze al governo su problemi specifici, nella presentazione di ordini del giorno, che non hanno valore vincolante, nel lavoro in commissione. Questa è la realtà vera della vita parlamentare per ogni singolo eletto.
A questi vincoli di ordine istituzionale, nella legislatura trascorsa si sono aggiunti prima pesanti condizionamenti di ordine politico, poi gli effetti di una delicatissima crisi finanziaria che ha determinato un abbattimento verticale degli investimenti e una drastica riduzione della spesa pubblica. Ma già negli anni d’avvio, il governo di centrodestra di Berlusconi aveva provveduto a distruggere in meno di quattro anni quello che il movimento democratico in emigrazione aveva costruito in quaranta.


Con Prodi, infatti, gli investimenti per gli italiani all’estero avevano raggiunto il loro apice: 73 milioni nel 2008; con Berlusconi sono stati ridotti del 71% toccando 21 milioni. Con Monti di un altro 21,5%, attestandosi a 16,5 milioni. Questa la cruda realtà dei fatti.
Ebbene, in questo quadro irto di contraddizioni e difficoltà, il mio primo dovere è stato quello di fare veramente il deputato, assicurando una presenza attiva in Parlamento, nonostante la grande distanza con l’Australia, la lunghezza e la fatica dei viaggi aerei e una seria emergenza di salute che mi ha fermato per alcuni mesi. Nella graduatoria della produttività dei parlamentari, valutato da un istituto specializzato, su 630 deputati sono stato collocato al 141° posto.
In quanto all’iniziativa legislativa, sono 8 i disegni di legge che ho presentato come primo firmatario e poco meno di 190 quelli presentati come cofirmatario. Al di là dei dati numerici, i temi che ho cercato di sollevare con le mie proposte sono stati quello della riapertura dei termini per la richiesta di cittadinanza, quello dell’assistenza fiscale del personale pubblico impegnato all’estero, quello delle modalità di assunzione del personale presso i consolati e gli istituti di cultura e del riconoscimento dei diritti sindacali per questi lavoratori.
La motivazione che mi ha spinto ad assumere queste ultime iniziative sono state da un lato la tutela dei diritti di lavoratori finora discriminati ed emarginati, dall’altro la consapevolezza che dare dignità e sicurezza a queste persone, sulle quali in larga misura si reggono le strutture diplomatico-consolari, significa anche garantire una migliore qualità dei servizi erogati ai nostri connazionali. Se mi è consentito manifestare una soddisfazione, posso dire che l’unica legge presentata da un parlamentare estero e approvata in questa legislatura è stata proprio la mia riguardante l’esercizio dei diritti sindacali del personale a contratto locale. Allo stesso tempo, anche se i governi non hanno ancora acconsentito ad una soluzione permanente da me più volte sollecitata, posso serenamente rivendicare alla mia iniziativa e a quella di qualche altro collega eletto all’estero il prolungamento dell’esenzione per carichi di famiglia ai lavoratori che operano all’estero.

Oltre alla difesa della rete dei servizi per gli italiani all’estero, ho ritenuto di sostenere anche la qualità culturale e scientifica dell’Italia nel mondo proponendo l’istituzione di un Comitato interministeriale per la promozione e il coordinamento della ricerca scientifica italiana all’estero. Non fuga dei cervelli, ma di fronte al continuo sviluppo delle “nuove mobilità” confronto internazionale della nostra ricerca, che ha poco da invidiare a quella di altre realtà. L’esperienza interculturale che è maturata in Australia e che ha fatto di questo Paese un riferimento a livello globale, mi ha stimolato a presentare un disegno di legge per l’istituzione di un Consiglio nazionale per l’integrazione e il multiculturalismo, con l’intenzione di orientare il dibattito sull’immigrazione che si svolge in Italia spesso in forme pregiudiziali e polemiche verso le buone e civili pratiche sperimentate in altre parti del mondo.
Di fronte alla gravità dei tagli alle politiche emigratorie, infine, non mi sono limitato alle proteste e alle lamentele, ma ho cercato di indicare quali modifiche andrebbero introdotte nel meccanismo di ripartizione delle risorse all’interno del MAE perché gli italiani all’estero non siano l’ultima ruota del carro ma siano considerati una leva strategica per l’internazionalizzazione del Paese. Così, attraverso interrogazioni, ordini del giorno e un disegno di legge ho proposto una riparametrazione del trattamento economico del personale diplomatico nella parte che riguarda l’indennità di servizio all’estero perché sia ricondotto a livelli in linea con il momento di crisi che la società italiana attraversa e, soprattutto, per recuperare risorse da redistribuire sugli investimenti.

Il mio impegno parlamentare più fitto si è sviluppato attraverso gli strumenti regolamentari possibili: 57 interrogazioni e interpellanze presentato al governo; 22 ordini del giorno portati all’attenzione dell’Assemblea, di cui 4 in occasione di sessioni di bilancio; 41 interventi in Aula; 20 interventi in Commissione Esteri solo su progetti di legge. Senza contare quelli fatti su altri argomenti o nel Comitato per gli italiani all’estero.
Di essi, evidentemente, non posso dare qui riferimenti analitici per ragioni di spazio. Chi voglia conoscerli e approfondirli può consultare comunque la scheda a mio nome nel sito della camera dei Deputati. Desidero comunque richiamare i temi principali per dare il senso dell’attenzione ai problemi e della vicinanza alle nostre comunità.
Per la cittadinanza, oltre alla riapertura dei termini, ho sollecitato l’accelerazione dei tempi per i permessi di soggiorno per chi voglia riacquistarla con il decorso della residenza e la modifica della norma che consenta di applicare finalmente la sentenza della Cassazione che consente anche alle donne sposate con stranieri prima del 1948 di trasmettere la cittadinanza ai discendenti.
Per la promozione della lingua e della cultura italiana, oltre alle proposte di riforma del sistema condivise con altri colleghi e alle reiterate richieste di risorse aggiuntive, ho contrastato la riduzione dei lettorati, in particolare in Australia, sollecitato il rilancio della formazione professionale nelle aree extraeuropee, richiesto un migliore coordinamento del riconoscimento dei titoli di scuola superiore per l’iscrizione alle università italiane.
Per la comunicazione, essenziale per mantenere i legami e per sostenere la partecipazione democratica mediante il voto per corrispondenza, ho difeso i fondi per l’editoria sotto minaccia di tagli, ho più volte portato all’attenzione di Parlamento e Governo la deriva impressa a RAI Italia, chiedendo la conferma della dotazione finanziaria della convenzione con la RAI e l’istituzione di una Commissione permanente di coordinamento e di una struttura di monitoraggio.
Per i COMITES e il CGIE, mi sono impegnato per il ripristino dei fondi necessari per la loro funzionalità e richiesto il rinnovo entro i tempi di legge, violati sia dal governo Berlusconi che da quello Monti.

Per la rete dei servizi ai connazionali, ho cercato di contrastare la chiusura dei consolati, frutto di cecità strategica del governo e del MAE, con particolare e ripetuta attenzione per il destino di quelli di Durban, Adelaide e Brisbane; ho richiesto i servizi sostitutivi per le nostre comunità e ho spinto per l’assunzione di personale locale e per la modernizzazione dei servizi.

Più volte ho sollecitato la firma degli accordi bilaterali con paesi di storica emigrazione (come il Cile) o di vasta immigrazione (Filippine e Marocco); un leit motif del mio lavoro, inoltre, è stata la lotta contro le doppie imposizioni fiscali, soprattutto per i pensionati ex dipendenti pubblici residenti in Australia, Tunisia, Lussemburgo e in altri Paesi.

Un filo rosso che ha legato questi molteplici interventi è risultato quello della difesa del lavoro, sia di quello prestato da chi ancora è in servizio che da coloro che sono in pensione. Sono intervenuto, come ho già detto, per il personale a contratto di ogni parte del mondo, dall’Australia agli Stati Uniti, dal Giappone al Canada, dal Pakistan alla Slovacchia, sia per il riconoscimento dei diritti sindacali e per l’applicazione della legge che li ha riconosciuti sia per la rivalutazione delle retribuzioni, erose dall’inflazione e dai cambi. Non si contano, poi, gli interventi anche ripetuti a difesa dei pensionati, ad esempio per il pagamento delle centinaia di pensioni sospese in Sud Africa, per la semplificazione delle procedure di accertamento del reddito e dell’esistenza in vita, per l’applicazione delle norme contro la doppia imposizione fiscale, per l’adozione anche all’estero del 730, per le innumerevoli disfunzioni dell’istituto italiano, spesso messe a carico degli interessati senza alcuna loro colpa. Ho posto, infine, una questione di parità di diritti tra gli italiani residenti in Italia e quelli residenti all’estero chiedendo per l’IMU l’equiparazione alla prima casa dell’abitazione posseduta in Italia e l’estensione del trattamento per l’applicazione dell’imposta per il trasferimento di danaro all’estero anche a chi risiede oltre l’Europa.
Questa legislatura, come ho detto all’inizio, è stata di ferro e di fuoco, per gli italiani in Italia e per quelli all’estero. I risultati concreti di tanto lavoro sono stati certo inferiori alle speranze e alle attese di tanti. Ma credo che ad un eletto si debba chiedere se ha onorato il patto con gli elettori, se è stato coerente con le idee che ha messo a base della richiesta di consenso, se ha fatto il suo dovere non a parole ma con gli strumenti che il Parlamento gli mette a disposizione.
Per quanto mi riguarda, ho sentito il dovere di presentare il rendiconto della mia attività perché ciascuno possa esprimere un giudizio obiettivo sulla base dei fatti e decidere serenamente se merito la conferma della fiducia che sento di chiedere agli elettori.

On. Marco Fedi