mercoledì 29 febbraio 2012

Intervento On. Marco Fedi ai lavori del Cgie, 29 febbraio 2012

Il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero ha raggiunto, nella sua storia, importanti risultati. Oggi, tuttavia, siamo lontani da un’analoga fase di costruzione “riformista” della nostra presenza nel mondo. Le responsabilità del Governo Berlusconi sono davanti a tutti.
Nel 1992 abbiamo dato un contributo alla riforma della legge sulla cittadinanza, nel 1995 alla introduzione del minimale della pensione INPS, all’esercizio in loco del diritto di voto con norme costituzionali e legge ordinaria, rispettivamente nel 2000 e 2001.
Raggiungemmo insieme obiettivi importanti. Sul riconoscimento della doppia cittadinanza, sul principio parità tra uomo e donna, non ancora raggiunta per tutte le donne, tanto è vero che stiamo lavorando ad altre modifiche di quella legge per superare definitivamente la discriminazione nei confronti delle donne sposatesi con cittadini stranieri, dando risposta anche ad una sentenza della Corte di Cassazione e chiedendo che il Governo faccia partire un tavolo di concertazione MAE/Interno, teso a raggiungere questo importante risultato. Il minimale sulle pensioni INPS, primo segnale di attenzione nei confronti dei pensionati residenti all’estero, a cui, in pieno Governo Prodi, abbiamo fatto seguire la quattordicesima. Il lavoro incessante sia sul fronte del pagamento delle pensioni che sull’esistenza in vita e la sanatoria degli indebiti. E la riforma degli organismi di rappresentanza, i Comites nel 2003 e il Cgie nel 1998, ci consentirono di disegnare una rappresentanza, radicata territorialmente, che aveva forte il senso della consultazione con le aree geografiche, della conoscenza, della proposta politica.
Oggi abbiamo davanti a noi le opportunità offerte dal Governo Monti, che ha una solida maggioranza bipartisan e che potrebbe, se lavoriamo bene insieme, portare avanti un pacchetto di proposte unitarie del mondo dell’emigrazione.
Dobbiamo far ripartire il lavoro unitario, senza rinunciare alle differenze. Credo sia necessario riportare nella sede naturale del confronto politico, i partiti, le associazioni, i sindacati, alcune delle questioni che, da tempo, a volte ci dividono, spesso ci portano a prendere posizioni che appaiono distanti tra loro, quasi mai ci hanno condotto ad una soluzione positiva di un problema. Ecco oggi possiamo lavorare insieme. Dobbiamo farlo per senso di responsabilità nei confronti di chi ci ha eletto.
Uomini e donne di emigrazione renderebbero “onore” al Ministro Tremaglia riconoscendo di aver commesso un errore non ascoltandolo quando chiedeva un luogo parlamentare di incontro e confronto oppure un posto al tavolo del Consiglio dei Ministri, dove vengono prese le decisioni e devi essere ascoltato anche dai sordi.

Il modo migliore per ricordare Mirko Tremaglia è la coerenza. Dobbiamo modificare la legge elettorale, la 459 del 2001, le cui responsabilità sono condivise da tutte le forze politiche che l’approvarono ed i cui difetti erano noti prima ancora che l’approvassero ed i cui rimedi vennero da noi tutti forniti il giorno dopo l’approvazione parlamentare! Il CGIE deve agire oggi. Anche il tempo per la proposta sulle riforme costituzionali è oggi: perché una volta che i saggi avranno consegnato il testo di proposta di riforma costituzionale alle segreterie dei partiti, per la definitiva approvazione politica, proposta che prevede la riduzione del numero dei parlamentari ed anche della rappresentanza dall’estero, ogni intervento di modifica rischierebbe di arrivare fuori tempo massimo. Credo che il CGIE debba chiedere che il Comitato per gli italiani del Mondo della Commissione Affari esteri della Camera dei Deputati, più volte presieduto dal Ministro Tremaglia, torni a riunirsi perché luogo di confronto, incontro, analisi e proposta. Se potessimo evitare di perdere i pochi momenti di confronto parlamentare in questo delicato passaggio, sarebbe utile per tutti.
Un pacchetto di riforme affiancato da momenti di riflessione e discussione. Credo che il CGIE, oltre al tema della promozione e diffusione di lingua e cultura nel mondo, potrebbe sviluppare un’utile discussione sul tema delle mobilità, della integrazione e della cittadinanza. Non solo in vista della discussione sulla riforma della cittadinanza promossa dal Ministro Riccardi, tema sul quale riteniamo che lo jus sanguinis debba affiancare lo jus soli, ma per dare un contributo anche alle ipotesi di riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza.
Credo che il CGIE debba continuare ad esprimersi anche sulle questioni che attengono alla sfera dei diritti delle persone, sostenendo le riforme. Riforme che si debbono fare perché necessarie ma anche perché giuste. Come il definitivo superamento della discriminazione nei confronti del personale a contratto locale che non gode del diritto alla partecipazione elettorale per il rinnovo delle RSU.
Nella relazione del Governo ho colto segnali positivi di ascolto, di attenzione, di predisposizione a fare un lavoro comune. Non basta ma è un buon inizio. Da questo primo inizio passa il graduale recupero del ruolo della Farnesina, che deve tornare ad essere percepita come la casa comune della diplomazia e degli italiani all’estero. Spesso percepita, invece, come “matrigna” dagli italiani nel mondo.
Possiamo avviare insieme una discussione su un nuovo pacchetto di riforme, da far partire subito, da consegnare al nuovo Governo dopo le prossime elezioni. Anzi, potreste pensare ad una piattaforma da presentare ai partiti politici in vista dei prossimi impegni elettorali.

Saremo chiamati, tutti, nei prossimi anni, in ogni paese, a ripensare il modo in cui ogni giorno viviamo, lavoriamo e produciamo, cresciamo e rispondiamo ai doveri di cittadinanza. Saremo chiamati a costruire una possibile via alternativa. Per queste ragioni dobbiamo guardare a ciò che abbiamo, non solo limarne i contorni, non solo la spending review, direi un vero e proprio tagliando: sulle spese di una rete consolare in serie difficoltà, favorendo i servizi; sulla promozione di lingua e cultura italiane nel mondo, favorendo l’integrazione linguistica e culturale nei curriculum locali; sull’informazione radiotelevisiva nel mondo, favorendo le positive esperienze locali e ad esse collegando la presenza di Rai Internazionale; sulla previdenza e sicurezza sociale, ridando credibilità ad un sistema sempre più coercitivo, sempre meno efficiente, sempre più distante dalla gente e restituendo dignità “internazionale” alle convenzioni bilaterali; sulla parità di trattamento che riguarda lavoratrici e lavoratori italiani, ovunque essi vivano, sia per quanto attiene il regime fiscale che per quanto concerne i diritti sindacali.
Promuovere la costituzione di una Fondazione culturale mondiale, o meglio globale, per le nuove generazioni di professionisti, artisti, ricercatori, scienziati, docenti, dirigenti, imprenditori. Affrontare i grandi temi della nostra presenza nel mondo legati all’essere Italia nel mondo.
Sul tema del rinnovo di Comites e Cgie, in epoca remota, indicammo i rischi che derivavano dalla proroga. Bene avremmo fatto a rinnovare gli organismi di rappresentanza e poi, dopo la riforma costituzionale, pensare ad una nuova architettura della rappresentanza. Non è andata così. Credo sia poco utile oggi guardarsi indietro mentre dobbiamo tutti chiedere al Governo di far svolgere le elezioni per il rinnovo dei Comites e del Cgie subito, appena possibile, non consentendo alcuna confusione con il voto politico per il rinnovo del Parlamento italiano. Se il Governo crede di poter presentare una nuova proposta di riforma che tenga conto delle criticità indicate fino ad oggi, recuperando in tempi brevissimi, e con il Cgie, il tempo perduto, lo dica chiaramente. Altrimenti le elezioni subito, senza confusione politica e istituzionale.
Abbiamo bisogno di parole chiare sulla Circoscrizione estero e sull’architettura complessiva della rappresentanza, senza mai dimenticare che il passaggio costituzionalmente ineludibile è quello della partecipazione politica ed elettorale di 4 milioni di iscritti all’AIRE. 4 milioni di cittadini italiani di pieno diritto.

mercoledì 22 febbraio 2012

Fedi (PD): Cambiare le sorti e i destini d'Europa

I Governi nascono per svolgere una piena azione di Governo. Un Governo che agisse solo in campo economico, utilizzando la riconquistata credibilità internazionale, risultando debole sotto il profilo politico o con una maggioranza instabile o incerta, non sarebbe utile all’Italia. In questo senso il Governo Monti ha la forza politica che il Parlamento riesce a esprimere, sia attraverso il confronto istituzionale sia attraverso il dibattito tra maggioranza e opposizione. Per queste motivazioni trovo fuori da ogni logica politica reale svolgere una discussione sull’orientamento politico del Governo Monti in termini tradizionali di destra o sinistra.

Il Governo Monti, nascendo da un’ampia base parlamentare, deve lavorare sul programma con il quale si è presentato alle Camere ma individuare, insieme alle forze politiche che lo sostengono, altri obiettivi urgenti di una necessaria azione riformatrice complessiva. Le riforme in campo economico e fiscale possono produrre positivi risultati solo se, oltre ai cambiamenti settoriali, partono contemporaneamente una serie di riforme complessive del sistema economico, sociale e politico.

Credo che il Governo Monti oggi abbia davanti questa sfida. La sfida di un Paese che deve tornare a credere in se stesso e a crescere. La lotta all’evasione fiscale, creare opportunità per i giovani, tassare le transazioni finanziarie, arrivare alla parità di bilancio, aprire un sistema economico fatto di caste, solo per citare alcune delle questioni più urgenti sulle quali si sta muovendo il Governo Monti, richiede una direzione politica dettata sia dall’emergenza sia dal raziocinio. Abbiamo bisogno di un Governo, pieno nel suo mandato, per guidare l’Italia fino alla scadenza delle prossime elezioni politiche. Ritengo quindi profondamente deleterio per la nostra democrazia fare continui riferimenti a mandati limitati di un Governo tecnico. Sono proprio queste le argomentazioni che indeboliscono le ragioni della politica. La politica oggi ci impone di sostenere un Governo indicando un percorso. In questo percorso dobbiamo, non solo chiedere più Europa, ma indicare anche quale Europa. Alcune delle questioni che siamo chiamati ad affrontare, infatti, possono trovare soluzione unicamente attraverso un’azione comune tra i Paesi dell’Unione Europea.

Chiedere più Europa, concorrendo a determinarne la qualità, richiede Governi forti e credibili: questa è la sfida dell'oggi. Il problema non è la continuità o la discontinuità con i precedenti Governi, in politica economica o estera, ma avere la forza per caratterizzare la proposta italiana in Europa. Quale maggioranza parlamentare ha sostenuto un Governo che è stato tanto credibile quanto forte e ascoltato per cambiare le sorti e i destini dell'Europa? Quale sinistra europea, oggi, sarebbe in grado di sconfiggere la destra sul piano delle politiche economiche, del lavoro, del welfare se non ritrova un percorso comune per le riforme? Il vero rischio, in questo momento, è una forzatura con le parti sociali che allontani la necessaria condivisione di un progetto riformista. In questo senso la discussione sull’art. 18 è indicativa di un forte bisogno di chiarezza. Tra le forze politiche, incluso il PD, per decidere se i simboli sono prioritari rispetto alle vere strategie per la ripresa economica e se i simboli, appunto perché tali, meritano un’attenzione maggiore nelle sedi preposte alla discussione anziché sulle prime pagine dei giornali.

Cambiare le sorti e i destini delle comunità italiane nel mondo

La prima riflessione deve riguardare la genesi dei tagli. Inaugurati nel 2008 dal Governo Berlusconi, nascono in un clima politico fatto di disattenzione e da una scelta politica che faceva della disattenzione nei confronti degli italiani all’estero la strategia dominate del Governo. Con la disattenzione hanno cercato di “cavarsela”, facendo finta che i tagli non fossero una scelta ma una strada obbligata. Non solo. Non affrontando il tema riforme, il Governo Berlusconi è riuscito, in tre anni, a erodere un patrimonio di risorse ma anche di storia e di presenza italiana nel mondo. Una lenta e graduale erosione. Il Governo Monti ha dimostrato ascolto. Vedremo, valuteremo, misureremo e risponderemo. Esistono le condizioni per fare partire un percorso comune sulle riforme, come la cittadinanza, la rete diplomatico-consolare, la promozione e diffusione di lingua e cultura italiane nel mondo e le questioni legate alle nuove mobilità giovanili e professionali nel mondo. Accanto a questi temi ritengo assolutamente prioritario aprire un tavolo di confronto con i partiti politici, le forze sociali e del lavoro, le associazioni e i nuovi soggetti che si affacciano in emigrazione, per rilanciare un pacchetto di proposte, alcune anche a costo zero, per riconsegnare alla storia e alla politica il contributo di un patrimonio di intelligenze e sensibilità non ancora interamente disperso.

Cambiare le sorti e i destini della rappresentanza parlamentare per gli italiani all’estero

L’esercizio in loco del diritto di voto è garantito dalla Costituzione. Questo elemento di verità dovrebbe guidare l’azione delle forze politiche che si accingono a ridisegnare la rappresentanza parlamentare per le comunità italiane nel mondo. I cittadini italiani iscritti all’AIRE sono elettori e tutti gli effetti e quindi partecipano alla vita politica del Paese attraverso gli strumenti normativi di cui ci siamo dotati nel rispetto del dettato costituzionale. La Costituzione impegna lo Stato a mettere i propri cittadini in grado di esercitare il diritto-dovere di voto e per quelli residenti all’estero a garantirne “l’effettività”. Il problema oggi non è più “mettere in sicurezza” il voto ma rendere il sistema della rappresentanza coerente con riforma costituzionale ed elettorale. Per raggiungere questo scopo non è assolutamente necessario iniziare un fuoco di “copertura” ma è invece auspicabile guardare ai dati oggettivi. Non è vero, ad esempio, che gli eletti all’estero sono poco affidabili, espressione smentita dai fatti degli ultimi sei anni. Non hanno bisogno di tutori, balie o badanti. La discussione sulla riforma non può partire da valutazioni qualitative sul lavoro dei parlamentari poiché sarebbe fuorviante, giacché le candidature sono state decise dalle forze politiche. Abbiamo invece bisogno di parole chiare sulla circoscrizione estero e sull’architettura complessiva della rappresentanza. Abolendo la circoscrizione estero, come taluni chiedono e auspicano, verrebbe a mancare lo strumento attraverso il quale si realizza il voto in loco. Con la circoscrizione estero era nata un’idea di rappresentanza collegata con le comunità italiane nel mondo. Ripensarla è possibile. Ripensarla nella qualità, nella composizione numerica e nelle regole, ma con razionalità e coerenza, tenendo presente che comunque occorre dare risposta al tema centrale della partecipazione politica ed elettorale di 4 milioni di cittadini italiani iscritti all’AIRE.

Fedi (PD): Italiani si nasce. Ius Soli e Sanguinis debbono convivere. La “convivenza” nasce anche dalla costruzione di uno Stato sovranazionale

Particolarmente significativo dedicare un incontro-dibattito del Circolo Raffaello Carboni di Melbourne al tema della cittadinanza. Una scelta opportuna poiché abbiamo il dovere di impegnarci per una riforma della legislazione sulla cittadinanza che introduca il principio dello ius soli riconoscendo la cittadinanza italiana a chi nasce in Italia. È l'impegno politico del PD con la campagna "Italiani si nasce" ma rappresenta anche una straordinariamente opportunità per rilanciare i temi legati alla cittadinanza per gli italiani all'estero: dal superamento della discriminazione nei confronti delle donne alla possibilità del riacquisto.
Il tema della cittadinanza, dello ius soli, cioè la possibilità che la legislazione italiana riconosca la cittadinanza ai nati in Italia è un fatto di civiltà. È vero. Ma attraverso lo ius soli si determina una convergenza con i principi della nazionalità contenuti nello ius sanguinis. La dimostrazione tangibile che, non solo i due principi possono e debbono convivere, ma che questa “convivenza” nasce anche da un’idea di costruzione di uno Stato sovranazionale.
L’aspirazione autenticamente europeista di uomini e donne che in questi anni si sono impegnati per rafforzare la visione sovranazionale dell’Unione Europea, dotata di politiche e di strumenti d’intervento da Stato sovranazionale più che da semplice organizzazione di raccordo tra Stati, comportava il passaggio a una dimensione di cittadinanza attiva che, rispondendo a quel progetto, ne determinava anche la crescita qualitativa. Quel progetto è oggi in crisi? A causa della crisi economica e finanziaria, e quindi per il riemergere di nazionalismi, oppure per il ritardo nella costruzione europea? Oggi i cittadini europei sono meno europeisti e la tendenza al “nazionalismo”, anche per i Paesi in crisi, metterà in discussione l’intero progetto europeo. Questa discussione politica è importante anche nell’affrontare il tema della cittadinanza e del rapporto con la nazionalità.
I più europeisti speravano che con la costruzione di organismi sovranazionali, come Unione Europea e Nazioni Unite, con il loro potenziamento politico oltre che culturale, i concetti di nazionalità e cittadinanza potessero fondersi, realizzando da un lato un senso di appartenenza sovranazionale e dall’altro una partecipazione civica effettiva, non solo traducibile nella cittadinanza di uno Stato-Nazione ma anche nella partecipazione attiva e piena, nel riconoscimento di diritti e doveri, nei confronti di uno Stato sovranazionale.
La globalizzazione avrebbe potuto accelerare questo processo ma alla base avremmo dovuto collocare un progetto di crescita politica delle nazioni e culturale dei popoli. La globalizzazione invece si è realizzata unicamente come rafforzamento dello scambio di merci e degli scambi economico-finanziari, e un effettivo rallentamento della costruzione di organismi sovranazionali. In questo senso i nazionalismi, gli egoismi nazionali, hanno rallentato la costruzione di un’Unione Europea più forte sul piano politico come hanno rallentato la costruzione di una cittadinanza sovranazionale.
Le moderne legislazioni sulla cittadinanza favoriscono il fondersi di questi principi attraverso il riconoscimento dello ius soli accanto al principio dello ius sanguinis. La legislazione italiana ha negli anni rafforzato i principi dello ius sanguinis. Le forze politiche e di Governo, particolarmente negli ultimi anni, hanno allontanato ogni possibile modifica legislativa che aprisse al diritto alla cittadinanza italiana in base alla nascita in Italia. Le forze politiche di centro-destra, particolarmente la Lega Nord nel Governo Berlusconi, sostengono tesi contrarie all’Europa sovranazionale così come si oppongono al riconoscimento della cittadinanza legata al diritto di suolo. La convergenza tra antieuropeismo e anti diritto di suolo, in materia di cittadinanza, dimostra la continuità culturale tra nazionalismo e nazionalità. Credo, invece, che la nazionalità sia un modo di appartenere che, quando affiancato alla cittadinanza piena, rende la persona in grado di partecipare alla vita civica e meglio preparata alle sfide della modernità, tra cui riconoscere che il mondo è comunque più vicino perché i popoli crescono, si muovono, chiedono riconoscimento, sia a livello economico che culturale e sociale, indipendentemente dalla globalizzazione intesa come libero scambio. Le risposte nazionali, dello Stato Nazione, non sono più sufficienti perché comunque parziali e comunque non più in grado di affrontare il futuro del pianeta. Anche in tema di partecipazione e diritti dobbiamo riconoscere questa convergenza tra nazionalità e cittadinanza e quindi dare sostanza giuridica e normativa allo ius soli senza abbandonare lo ius sanguinis.

martedì 7 febbraio 2012

FEDI (PD): In una nota alla Farnesina chiedo attenzione al tema dei diritti del personale a contratto e rete consolare in Australia

Nella nota inviata al Direttore Generale del Personale ed al Ministro Terzi ho inteso richiamare il licenziamento ingiusto di Amor Khediri, impiegato a contratto locale presso la cancelleria consolare di Tunisi. Una vicenda sulla quale il precedente Governo ha fornito una risposta del tutto inadeguata, purtroppo indicativa di un clima che rischia di trasformare una questione relativa a diritti di lavoro in vera e propria discriminazione.
Quella del personale a contratto è materia complessa, che auspichiamo di vedere affrontata e risolta in Parlamento, con una regolamentazione più efficace tesa a garantire il diritto ad una giusta protezione di questa particolare categoria di lavoratori.
Per Amor Khediri torniamo a chiedere il reintegro nelle sue mansioni a Tunisi. Lo facciamo per senso di responsabilità, con l’intento di limitare i danni di immagine al nostro Paese in Tunisia e di ristabilire la credibilità del personale di ruolo e della nostra diplomazia nell’affrontare i temi del lavoro e del rispetto di alcune garanzie di base del personale a contratto.
Il personale a contratto locale merita maggiore rispetto da parte della nostra rete diplomatico-consolare. In primo luogo perché esso assolve ad un ruolo di supplenza rispetto alle obiettive carenze di una rete che non può più adeguatamente sostenersi con il personale di ruolo inviato da Roma. In secondo luogo perché esso riesce a svolgere mansioni utili e importanti, nonostante la collocazione professionale di livello basso e condizioni di lavoro in progressivo peggioramento.
Non è comprensibile, ad esempio, come alcune Ambasciate e Consolati non forniscano, in tempo utile e in base alle attuali disposizioni regolamentari, i dati per l’adeguamento dei contratti di lavoro e delle retribuzioni del personale assunto in loco. Come appare sorprendente, dopo il ritardo e le inadempienze da parte dell’amministrazione, il ricorso a forme di minacce nei confronti di personale assunto localmente, che non ha altro rimedio per far valere i propri diritti se non quello di appellarsi alle legislazioni locali, sia in termini sindacali che legali.
Ho segnalato la situazione del Consolato di Adelaide dove l’attuale reggenza, in mancanza del Console non ancora nominato, non è in grado di assicurare un adeguato livello di rappresentanza al nostro Paese in uno Stato, il South Australia, che ha sempre avuto forti legami con l’Italia. Credo sia interesse di tutti che siano evitate situazioni, anche pubbliche, come quelle verificatesi nel recente passato, di difficoltà nei rapporti con esponenti politici e di Governo locali. Ricordo - ha proseguito Fedi - che Brisbane è colpita da una carenza di personale che, di fatto, rende impossibile gestire le ordinarie attività consolari.
Non è stata affrontata, infine, la carenza endemica di personale del Consolato Generale di Melbourne, nonostante le ripetute richieste di intervento sollecitate all’amministrazione degli esteri.

Fedi (PD): I nostri connazionali in Sudafrica senza pensione da oltre tre mesi

Ritengo di aver segnalato il problema del fortissimo ritardo nei pagamenti di pensione verso il Sudafrica con la dovuta forza e precisione. Speravo l’INPS comprendesse la gravità del problema e si attivasse per darvi soluzione immediata. Invece la situazione tende ad aggravarsi.
Non riusciamo a comprendere le ragioni di un tale ingiustificato ritardo. Chiediamo di capire se l’ICBPI, Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane, che ha condotto la verifica di esistenza in vita a novembre 2011, ha completato l’inserimento delle pratiche e se quindi la Citibank ha potuto avviare le procedure di verifica 2012 per tutte le pensioni in pagamento. Sul tema ovviamente stiamo predisponendo una interrogazione parlamentare.
Nel frattempo chiediamo all’INPS di effettuare i pagamenti del mese in corso e di verificare automaticamente che tutti i nominativi di residenti in Sudafrica abbiano ricevuto le richieste di verifica 2012 e, una volta accertata l’esistenza in vita, si proceda automaticamente ad emettere i pagamenti delle mensilità non riscosse. Con assoluta urgenza e grande senso di responsabilità.

Fedi (PD): Il tema dei diritti sindacali del personale a contratto attende ancora una risposta dal Senato

Credo sia utile ricordare che in questa delicata fase abbiamo ottenuto ascolto da parte del Governo Monti e stiamo lavorando verso un percorso condiviso per le riforme. Sarebbe davvero un segnale positivo se il Senato della Repubblica completasse l'iter di approvazione della legge sui diritti di rappresentanza sindacale dei lavoratori a contratto, approvata dalla Camera dei Deputati in sede legislativa, in Commissione Lavoro, il 28 ottobre 2009 - ha dichiarato l'On. Marco Fedi.
La questione è particolarmente urgente poiché si svolgeranno a breve le elezioni per il rinnovo delle rappresentanze sindacali e nuovamente molti lavoratori saranno esclusi dalla partecipazione al voto: un diritto sindacale e costituzionale. Si tratta di lavoratori che, oltre a non avere rappresentanza sindacale di base, hanno condizioni di lavoro e trattamenti economici che richiedono attenzione e miglioramenti significativi. Se oggi prevalessero buon senso e responsabilità, ed anche civiltà, ogni ostacolo potrebbe essere superato e potremmo avere la legge approvata in poco tempo. Il tempo per agire e dare una risposta positiva al tema dei diritti sindacali si sta esaurendo, con esso anche la speranza che il Senato possa approvare una riforma utile a dare impeto al percorso unitario appena iniziato.

mercoledì 1 febbraio 2012

FEDI (PD): Migliorare pagamento pensioni estero e verifica esistenza in vita  

Da oggi la Citibank assume la responsabilità dei pagamenti all’estero. Molti pensionati all’estero, particolarmente in Sudafrica, non hanno ricevuto le mensilità di dicembre 2011 e gennaio 2012.

Ora sono chiamati ad una nuova verifica di esistenza in vita da parte della Citibank.

Dovranno poi inviare copia della certificazione – che deve essere inviata a Citibank entro il 2 aprile – alla sede INPS che ha in carico la pensione per chiedere il ripristino delle mensilità non riscosse.

Molti pensionati risiedono poi in realtà nelle quali non è più presente un Consolato d’Italia ed è quindi necessario – ricorda l’On. Fedi – indicare tutti i pubblici ufficiali abilitati alla certificazione, dai funzionari comunali ai notai, ai magistrati, ad altre tipologie professionali come i giudici di pace.

Dobbiamo mettere a regime un sistema efficiente di verifica dell’esistenza in vita e di pagamento delle pensioni all’estero.

On. Marco Fedi

FEDI (PD): Un tavolo di concertazione per far partire le riforme

Positivo incontro con il sottosegretario Catricalà. Credo sia stato utile fare insieme una riflessione, partendo dall’emergenza per cercare di comporre un percorso di riforma condiviso – questo in sintesi il contenuto dell’incontro presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Massima attenzione e disponibilità al dialogo da parte del sottosegretario, oltre ad una serie di impegni su Rai Internazionale e sull'insieme delle politiche del Governo.
Rai Internazionale e l'editoria di lingua italiana fanno parte della nostra storia, raccontano l'Italia di oggi e gli italiani nel mondo e la loro voglia di essere parte dell'Italia nel mondo. Dobbiamo trovare risorse aggiuntive per consentirne la sopravvivenza – ha ricordato Fedi.
Lingua e cultura italiane nel mondo sono il nostro futuro e raccontano momenti delle tappe di un processo d’integrazione. Dobbiamo, non solo evitare altri possibili tagli, ma recuperare risorse per gli enti gestori.
Pensioni e sicurezza sociale, con le questioni ancora aperte per quanto riguarda le convenzioni bilaterali e l’impatto delle nuove disposizioni di legge. La riforma fiscale va affrontata pensando anche alle conseguenze sugli italiani all’estero. Su questi temi occorre istituire un tavolo permanente di discussione e concertazione con il Governo. Credo sia la questione più importante da porre alla attenzione del Governo e per questa ragione - ricorda l'On. Marco Fedi - ho voluto sottolinearne l'urgenza.
Dobbiamo evitare altri tagli e riduzioni di bilancio e cercare di ripristinare le risorse indispensabili per consentire a Rai Internazionale di continuare a rappresentare l'immagine dell'Italia nel mondo. Credo sia necessario avere risorse per svolgere adeguatamente quelle politiche per le comunità italiane nel mondo, a cominciare dalla scuola, drasticamente ridimensionate dai tagli lineari del Governo Berlusconi. Credo sia necessario pensare ad una rete efficace di servizi all'estero attraverso la rete diplomatico-consolare. Siamo fiduciosi sulle fasi successive all'esame della spesa, spending review. Per queste ragioni ritengo urgente pensare ad un tavolo di concertazione presso la Presidenza del Consiglio per non disperdere questa grande opportunità di rilancio delle politiche a favore delle nostre comunità nel mondo e predisporre un piano di riforme, alcune anche a costo zero, su cui lavorare e comunque da lasciare in eredità ai futuri Governi. Temi come la cittadinanza, la riforma fiscale ed i suoi effetti sugli italiani all'estero, i diritti di cittadinanza ed in particolare le questioni legate ai diritti del lavoro del personale a contratto della rete consolare.
Il Governo Monti ha restituito al nostro Paese credibilità internazionale.
Le comunità italiane nel mondo sono parte di questo grande patto universale d’italianità, d’impegno morale, civile e politico.