mercoledì 28 ottobre 2015

FEDI (PD): SULLE DETRAZIONI FAMILIARI VA CORRETTA L’INGIUSTIFICATA DISPARITÀ DI TRATTAMENTO

Tra le motivazioni addotte dal Ministro dell’Economia e delle Finanze nel preambolo del Decreto regolamentare del 21 settembre 2015 che ha esteso le detrazioni per carichi di famiglia ai soggetti residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo SEE, ci sono tutte le leggi finanziarie che a partire dal 2007 e fino al 2014 hanno stabilito che tali detrazioni disciplinate dall’articolo 12 del TUIR spettassero a TUTTI i soggetti non residenti (e quindi anche a quelli residenti nei Paesi extraeuropei) a condizione che gli stessi dimostrino con idonea documentazione i requisiti per il diritto e di non godere nel Paese di residenza di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi familiari.
È singolare quindi che il legislatore pur essendo consapevole dell’esistenza di un diritto già concesso a tutti i non residenti, non si sia preoccupato (ancorché il Decreto sia stato emanato in attuazione del dispositivo di una legge comunitaria) di estendere il diritto alle detrazioni a tutti i non residenti e non solo ai “comunitari”. 
Se da una parte abbiamo accolto positivamente tale parziale (geograficamente) e definitivo riconoscimento ai nostri connazionali residenti nella UE, riteniamo che l’esclusione dei non residenti UE rappresenti  un grave vulnus normativo che ha prodotto un inammissibile ed ingiustificato favor legis per una categoria rispetto ad un'altra. Riteniamo infatti che non ci sia diversità di situazione o particolari interessi statali (vista anche l’esiguità numerica degli aventi diritto) che rendano giustificata l’attuale disparità di trattamento. Allora dobbiamo attivarci, nell’ambito dell’iter parlamentare della legge di stabilità, per assicurare prioritariamente una parità di trattamento giuridica della normativa italiana tra tutti i soggetti, cittadini italiani, che risiedono all’estero in modo che non possa influire su tale basilare postulato di uguaglianza giuridica, la residenza in uno Stato piuttosto che in un altro e che quindi le detrazioni siano garantite a tutti i soggetti aventi diritto residenti all’estero. 

mercoledì 14 ottobre 2015

INCLUDERE I DIPENDENTI PUBBLICI NEGLI ACCORDI DI SICUREZZA SOCIALE: FEDI (PD) INTERROGA POLETTI E GENTILONI

INCLUDERE I DIPENDENTI PUBBLICI NEGLI ACCORDI DI SICUREZZA SOCIALE: FEDI (PD) INTERROGA POLETTI E GENTILONI

FEDI (PD) CHIEDE AL GOVERNO DI INCLUDERE I DIPENDENTI PUBBLICI NEGLI ACCORDI DI SICUREZZA SOCIALE

Con una interrogazione presentata ai Ministeri del Lavoro e degli Affari esteri il deputato del PD Marco Fedi ha chiesto la fine della discriminazione dei dipendenti pubblici finora esclusi da quasi tutte le convenzioni bilaterali di sicurezza sociale stipulate dall’Italia. 
Il pretesto per la richiesta sono state le ratifiche degli accordi con Turchia e Israele, ratificati nel 2015, dove – modificando l’orientamento consolidato nel tempo dello Stato italiano - per la prima volta i dipendenti pubblici sono stati inclusi nel campo di applicazione soggettivo di una convenzione di sicurezza sociale. 
Nella sua interrogazione l’On. Fedi, ricordando che invece tale categoria di lavoratori è da tempo tutelata dai regolamenti comunitari di sicurezza sociale, evidenzia come siano migliaia i lavoratori italiani emigrati i quali hanno versato nei regimi pubblici in Italia numerosi anni di contribuzione che non sono tuttavia sufficienti a far maturare un diritto pensionistico autonomo in Italia e allo stesso tempo non sono utili per attivare il meccanismo della totalizzazione con i contributi versati nel Paese di emigrazione. Migliaia di lavoratori che rivendicano da tempo la considerazione e l’impegno dello Stato italiano verso la giusta tutela dei loro diritti anche al fine di consentire loro di perfezionare così un diritto ad una prestazione previdenziale del Paese estero di residenza.
Il parlamentare eletto nella Circoscrizione Estero chiede quindi al Governo di avviare una verifica per valutare la possibilità di inserire i dipendenti pubblici nel campo di applicazione soggettivo delle convenzioni bilaterali di sicurezza sociale già stipulate dall’Italia tramite uno scambio di note o qualunque altra procedura ritenuta attuabile con gli altri Paesi contraenti, considerato che la stragrande maggioranza delle convenzioni prevede la possibilità di sottoporre a revisione una qualsiasi disposizione delle stesse  convenzioni.