mercoledì 17 dicembre 2008

La virgola


Sconfitta in Abruzzo, passi indietro sulla scuola e piano auto

La sconfitta alle regionali in Abruzzo era annunciata. Ma le sue proporzioni per il Pd sono drammatiche, è inutile negarlo. Siamo rimasti fermi alla soglia del 20%, crollando di 13 punti, mentre Di Pietro – abile nello sfruttare il clima attuale – è balzato al 15%.
Dopo che un nostro esponente, l’ex presidente della Regione Del Turco, era stato coinvolto in uno scandalo di grandi proporzioni (e ora si dice “felice” della vittoria della destra), altre vicende giudiziarie avevano riguardato nell’ultima settimana esponenti del Pd in Campania e a Firenze. Il giorno stesso dello scrutinio abruzzese, il sindaco di Pescara e un altro deputato del Pd sono stati arrestati. Il giorno successivo è stata la volta di due assessori del Pd a Napoli, con il coinvolgimento nelle indagini di due parlamentari, uno di Alleanza Nazionale e l’altro del Pd.
La questione morale esiste. Noi democratici dobbiamo affrontarla con severità e decisione, intervenendo severamente sulle gestioni locali del partito, spesso troppo autonome dal progetto nazionale. Bisogna farlo urgentemente, prima che in troppi rimangano delusi dal Pd, oggi nell’occhio del ciclone. Occorre essere garantisti ed allo stesso tempo fermi nel sostenere l’azione della giustizia.
Nonostante ciò, rimaniamo convinti che i giudici debbano fare il loro lavoro. In questo – non dimentichiamolo mai – siamo differenti da Berlusconi e dalla sua maggioranza.
La scorsa settimana, infatti, il premier ha annunciato di voler cambiare la Costituzione italiana, ed è stato subito stoppato dal presidente Napolitano. In particolare, Berlusconi punta a riscrivere la parte sulla giustizia, riducendo e indebolendo i contropoteri che – come ovunque in Occidente – bilanciano l’esecutivo e il legislativo.
Ancor più paradossale è il fatto che il premier fa la voce grossa e irride le minoranze, ma poi ne ricerca il consenso in Parlamento per approvare queste “riforme”, le uniche non necessarie, anzi dannose, per il Paese.
Lo stesso atteggiamento mistificatorio da parte del governo si riscontra sulla riforma Gelmini dell’istruzione, tutta incentrata sui tagli (8 miliardi di euro in tre anni, 87mila insegnanti e 45 addetti in esubero). La maggioranza l’ha approvata con grossi cambiamenti in meglio: ha reso non obbligatori il maestro unico alle scuole primarie (un passo indietro enorme dal punto di vista didattico) e l’abbandono del tempo pieno, necessario alle famiglie che lavorano. Tutto ciò grazie alle mobilitazioni che nel Paese si sono sollevate in questi mesi. Ebbene, Berlusconi ha avuto il coraggio di dire che non è cambiato nulla…
Va bene che dare l’impressione di essere vincenti aiuta a vincere. Ma certi eccessi vanno chiamati con il loro nome: menzogne.
Infine, il piano-auto. Nel panorama di recessione che riguarda il mondo intero e che si fa sentire particolarmente in un Paese che poco ha investito in innovazione come l’Italia (la Confindustria stessa stima per il 2009 ben 600.000 posti di lavoro persi), un settore che è entrato in una profonda crisi è quello della produzione automobilistica.
Di fronte a un governo inadeguato a dare risposte all’altezza degli altri Paesi europei e degli Usa, Veltroni, ha spiegato che se gli altri Paesi interverranno si "altererà la concorrenza e l'Italia pagherà di più". Per questo, ha detto, "se lo faranno gli altri invito a mettere in campo, anche noi, incentivi al settore delle auto". Su questo il leader del Pd si è detto ancora una volta disponibile a dialogare.
Il timore è sempre lo stesso. Mentre l’opposizione si mostra responsabile per il bene del Paese, il governo Berlusconi e la sua maggioranza vogliono “la botte piena e la moglie ubriaca”: l’appoggio parlamentare del Pd e al contempo il solo merito delle soluzioni messe in campo. Urlare contro l’opposizione salvo poi cercarne il sostegno nelle aule parlamentari. Il dialogo deve prevedere l’ascolto, caro Berlusconi, altrimenti è solamente impartire ordini, istruzioni per l’uso, direttive: la maggioranza è abituata a questi strumenti ma sono poco utili se si vuole un aperto confronto con l’opposizione.

martedì 16 dicembre 2008

Confermate tutte le critiche alla finanziaria 2009… con qualche peggioramento!

“La finanziaria 2009 è tornata alla Camera, dopo le modifiche apportate dal Senato, ed il mio giudizio negativo, già espresso in prima lettura, è stato confermato in sede consultiva alla Commissione Affari esteri della Camera” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi.
“Il testo licenziato dal Senato è ulteriormente peggiorativo per il Ministero degli Affari esteri con una decurtazione delle risorse destinate alla politica estera di 41,5 milioni di euro”. “Si tratta di nuovi tagli che avranno conseguenze molto negative per l’amministrazione degli esteri e su tutta l’attività del Ministero degli esteri, inclusa la nostra politica estera ed internazionale” – ha ribadito l’On. Marco Fedi.
“Non ci riteniamo soddisfatti neanche per il recupero di 8 milioni di euro per la missione italiani nel mondo, da destinare ai capitoli assistenza (6 milioni) e scuola (2 milioni), non solo perché lo riteniamo insignificante rispetto alla dimensione dei tagli apportati (circa 50 milioni di euro) ma perché la dotazione proviene dai capitoli per il rinnovo, alle scadenze di legge, dei Comitati degli italiani all’estero (Com.It.Es.) e del Consiglio degli italiani all’estero (C.G.I.E.), per le cui elezioni il Governo ha annunciato il rinvio”– ha concluso l’On. Marco Fedi.

Ai partecipanti alla Conferenza mondiale dei giovani

Grazie a tutti i giovani, al CGIE ed ai Comites, per aver realizzato questo appuntamento e per l’importante lavoro svolto: è la migliore risposta a chi non riesce a vedere oltre la cortina della demagogia.
Grazie per la vostra bella presenza, per il lavoro impegnativo che avete svolto, per la vostra stupenda presenza in questo Paese che a volte appare stanco ed ingrigito.
Non avete deluso chi crede in voi e nel futuro della nostra presenza nel mondo.
Perché vedete, si può essere presenti nel mondo – come tanti altri Paesi – oppure si può essere “parte del mondo”, integrati in tante realtà, impegnati, come ha ricordato il Presidente Napolitano, ad essere bravi cittadini di quei Paesi, eppur mantenere, contemporaneamente, un forte legame con la comune matrice italiana. Ecco la grande sfida e la grande opportunità.
Valorizzare questa rete, che è ricca e composita, e per questa ragione deve avere maglie salde e non può lasciar fuori nessuno. Deve includere l’emigrazione storica – per la quale dobbiamo ancora lavorare per avere affermati diritti di cittadinanza, dalle prestazioni pensionistiche alle convenzioni bilaterali, dalla cittadinanza ai servizi consolari, aspetti che riguardano anche i giovani. Deve includere le donne e le nuove generazioni e non deve trascurare le nuove mobilità nel mondo, quelle che arricchiscono il nostro Paese nella sua immagine e nella sua capacità di produrre “originalità”, “pensiero” e “cultura”.
La grande intuizione di una classe politica post-emigrazione di massa, fu proprio quella di promuovere l’integrazione nei paesi di residenza ed allo stesso tempo fissare il quadro di un rapporto con l’Italia a livello politico e sociale e culturale. Quella scelta bipartisan fu saggia poiché abbiamo oggi comunità integrate – costruite grazie al lavoro e sacrificio di tante generazioni di italiani – ma anche con il sostegno e contributo delle leggi dello Stato italiano a sostegno delle nostre comunità: per la diffusione di lingua e cultura italiane, per la tutela dei diritti, per i servizi, per la formazione, per riconoscere a tutti i cittadini italiani, sempre, ovunque essi vivano o lavorino, i diritti sanciti dalla nostra costituzione.
Ma è legittimo anche provare tristezza: la tristezza che si legge – ma occorre vederla, leggerla, comprenderla - negli occhi di un emigrato ogni volta che un diritto viene calpestato. E che leggiamo anche negli occhi di figli e nipoti: un segnale eccezionale di rispetto della propria storia. Provare tristezza per un Paese che cambia lentamente, troppo lentamente, e che ancora non ci conosce.
Disegnare una nuova Italia è anche il vostro impegno: non deve sorprendere questo fatto! Avete compreso bene che l’Italia della moratoria sulla pena di morte, l’Italia che si batte per ampliare la democrazia e per difenderla con le missioni di peacekeeping, in altre parole l’Italia che chiede il rispetto – sempre – dei diritti umani e dei diritti civili, è anche la vostra Italia. Quella dei valori condivisi della pace e della solidarietà.
Ma il compito di cambiare l’Italia con le riforme è un compito delle classi dirigenti di questo Paese, della politica. Allora l’impegno vostro e nostro deve essere quello di partecipare a livello politico, a tutti i livelli. Locale, nazionale ed internazionale.
Dal 2006 anche per il Parlamento della Repubblica italiana. Per Comites e Cgie nel 2009, per i referendum, per le elezioni politiche. Facciamo ripartire una grande azione politica per rinnovare – nella politica – questi organismi. Per avere giovani, donne e uomini eletti ed impegnati a fare squadra, a coordinare le attività comunitarie, a conoscere e relazionare sui cambiamenti in atto, sui livelli di integrazione, sulle emarginazioni, su vecchie e nuove povertà.
Credo che uno dei compiti fondamentali di questa conferenza sia quello di far comprendere alle istituzioni che non è più possibile pensare che l’italianità – da sola – possa essere elemento sufficiente a fare rete. Non è sufficiente limitarsi a riconoscere il valore che ci accomuna nell’italianità. Occorre riconoscere e dare visibilità alle tante identità che si modificano e sono parte di un processo: il processo di crescita delle persone!
Tutte queste ricche identità chiedono un collegamento con l’Italia. Riusciremo, allora, chiediamo al Governo, a costruire una rete, che sarebbe davvero straordinaria, di collegamento e di appoggio per il sistema Italia nel mondo? Nel vuoto di idee e progetto in cui si dimena la maggioranza in questo momento, ho paura di no! Non si tratta esclusivamente di risorse, è vero. Non sarebbe male però, disegnare insieme un percorso che consenta, ad esempio, da un lato di garantire la continuità nell’insegnamento della lingua italiana e nella promozione culturale nel mondo e dall’altro progettare strumenti nuovi, dalla riforma della 153/71 fino alla riforma degli Istituti di cultura.
Non sarebbe male, insieme, disegnare una nuova 'clever Italy', un'Italia che valorizzi il contributo della prima emigrazione, che faccia proprie le potenzialità offerte dalla multiculturalità e dell'integrazione tra i popoli e che costruisca modi nuovi di essere Paese nel Mondo. Occorre un processo di formazione continua che trasformi l’Italia in un paese che attrae intelligenze, non solo per una fase di rientro dei “cervelli in fuga” ma per creare le condizioni affinché l’Italia sia posta al centro di un flusso di scambi nel settore della ricerca scientifica e tecnologica, tenendo conto che si tratta di un settore dinamico in continua evoluzione.
Il Governo ha chiesto una riflessione sulla cittadinanza. Ho capito che i giovani chiedono non solo che si riaprano le opportunità per il riacquisto della cittadinanza italiana ma vi sia una revisione che consenta di superare discriminazioni storiche nei confronti delle donne e del superamento delle anomalie su questo tema, oltre all’idea di una nuova cittadinanza che consenta un miglior processo d’integrazione per gli immigrati in Italia.
Eppure, da questo quadro di impegni condivisi e di soluzioni da costruire insieme o da condividere, da tutte queste riflessioni, l’unico fatto che appare all’orizzonte è un modestissimo recupero di risorse ed un rinvio delle elezioni degli organismi di rappresentanza.
Fare le riforme insieme presuppone alcune condizioni. Partire da una chiarezza di fondo: sulla democrazia non si fanno sconti e quindi sarebbe utile rinnovare alla loro scadenza sia Comites che CGIE.
Contemporaneamente far partire una fase di riflessione e di consultazione per collocare le riforme degli organismi di rappresentanza nel futuro assetto costituzionale, in vista delle riforme istituzionali e della modifica della rappresentanza parlamentare. Tutti sentono questa esigenza. Ma i tempi saranno necessariamente lunghi. Che tempi avrebbe, allora, un’eventuale proroga?
Occorre che tutti insieme facciamo una scelta politica di fondo nella fase di rinnovo di questi organismi: garantire la presenza delle nuove generazioni, delle donne, delle nuove mobilità che, insieme, rappresentano il grande patrimonio di italianità nel mondo.
Noi vi lasciamo con l’impegno di dare continuità a questa conferenza: abbiamo già provato a farlo in finanziaria ma la maggioranza ha bocciato un nostro emendamento teso ad avere maggiori risorse. L’impegno di costruire riforme per dare voce ed opportunità ai giovani ricercatori ed alle nuove mobilità con un’apposita proposta di legge. L’impegno di continuare a rafforzare la nostra presenza nel mondo.
Tra i vostri sogni ed impegni, da domani, ponete anche, forte, il rapporto politico con l’Italia.

Grazie nuovamente per il vostro lavoro.

In rete, anziché di ritorno… e senza dover fuggire

“Cervelli in rete, anziché di ritorno dopo la fuga, evitando che qualcuno sia costretto ancora a fuggire. Mi pare questa un’ipotesi di lavoro coerente con la globalizzazione e le nuove mobilità delle persone, delle idee, delle risorse, delle specializzazioni e quindi anche dei ricercatori” – ha sottolineato l’On. Marco Fedi a proposito della discussione sul ritorno dei cervelli.
“Ho avuto modo di dire che il processo di trasformazione del nostro Paese in un clever country è tanto necessario quanto lungo e richiederà una serie di interventi mirati a superare ritardi storici, sia di organizzazione della ricerca che di finanziamento, oltre alla disattenzione verso il merito e l’eccellenza. Pensare che incentivi, peraltro senza controlli di qualità, possano risolvere questa situazione è profondamente sbagliato. Occorre creare le condizioni affinché la ricerca in Italia ottenga attenzione e finanziamenti. Successivamente saranno i parametri di qualità a fare la differenza. E l’Italia dovrà competere. Fare riforme condivise su questo tema è fondamentale” – ha ribadito l’On. Marco Fedi.
“Nel frattempo noi proponiamo la realizzare di una mappatura dei docenti universitari e ricercatori italiani residenti all’estero per ragioni di lavoro o di formazione, in maniera da conoscerne collocazione geografica, impiego professionale e accademico, settore di specializzazione, pubblicazioni, brevetti e dati sul loro lavoro di ricerca. Primo significativo passo di costruzione della rete” – ha ricordato l’On. Marco Fedi.
“Nella nostra proposta punteremo in direzione di mantenere costantemente operante un sistema di comunicazione e di interscambio tra le università e i centri di ricerca italiani ed esteri poiché riteniamo che la ricerca italiana debba attrarre anche i ricercatori di altri Paesi. Pensiamo ad esempio ad incrementare il numero dei corsi universitari di dottorato in collaborazione internazionale e ad appositi accordi multilaterali e bilaterali in materia di ricerca scientifica e di collaborazione e interscambio tra università e istituti di ricerca italiani e stranieri. “Non ultima la questione del riconoscimento delle qualifiche e dei titoli posseduti o conseguiti all’estero” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

Solidale con la protesta del CGIE, positivo il richiamo del Presidente della Repubblica Napolitano, bene il Presidente Fini su anticorpi razzismo

“Solidale con il CGIE che protesta davanti a Montecitorio contro i tagli in Finanziaria – anche se le decisioni sui tagli sono state prese a Palazzo Chigi ed alla Farnesina” – ha ricordato l’On. Marco Fedi durante i lavori di apertura della Conferenza mondiale dei giovani a Montecitorio.
“Tagli che avvengono in questo momento politico ed istituzionale e che non sono un buon auspicio per questo evento importante per l’Italia. Una Conferenza dei giovani italiani nel mondo realizzata grazie allo stanziamento previsto nella finanziaria Prodi e dimezzato dall’attuale Governo. Una Conferenza che vedrà impegnati tanti giovani a disegnare una nuova “clever Italy”, un’Italia che valorizzi il contributo della prima emigrazione, che faccia proprie le potenzialità offerte dalla multiculturalità e dell’integrazione tra i popoli e che costruisca modi nuovi di essere Paese nel mondo”. “I giovani, sono certo, sapranno rispondere a questa sfida”. “Valuteremo, anche dopo alcuni segnali molto negativi, l’azione del Governo, la capacità di ascolto, l’impegno a passare ai fatti” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi.
“Positivo il richiamo del Capo dello Stato all’essere bravi cittadini del mondo, in ogni Paese e con qualsivoglia cittadinanza, essere portatori di valori condivisi di pace e solidarietà”. “Valori profondamente riconoscibili nella comune matrice di italianità”.
“Molto bene anche il Presidente della Camera Fini che ha voluto ricordare la nostra storia di emigrazione ed immigrazione. Una storia che deve vedere tutti impegnati a combattere ogni forma di razzismo e xenofobia. E costruire in modo condiviso un percorso per far entrare l’Italia ed il sistema Italia – a pieno titolo – tra i paesi che attraggono intelligenze, che promuovo e fanno ricerca. Una “clever country” targata Italia da costruire insieme, maggioranza ed opposizione”.
“Misureremo la capacità della maggioranza di rispondere a questi continui appelli bipartisan anche perché i segnali finora sopraggiunti, in particolare la bocciatura di un emendamento del PD finalizzato a dare un seguito alla Conferenza, non sono incoraggianti” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

giovedì 4 dicembre 2008

La virgola

Decreto “famiglie” o elemosina di Stato?

Il decreto presentato dal governo allo scopo di sostenere le famiglie italiane non è un esempio di buona politica, poiché sceglie di procedere ancora una volta per annunci roboanti e spot propagandistici e non realizza invece il necessario e duraturo intervento di sostegno a favore delle famiglie italiane vessate dalla crisi economica.
Si prenda il bonus di 1000 euro. Un’unica e solitaria mancia che non verrà percepita da molti prima di febbraio e che non darà prospettive continuative per il rilancio dell’economia italiana a partire dalle spese dei ceti medi.
Lo stesso vale per la social card. Una tessera prepagata per acquisti nei supermercati da 40 euro al mese (un cappuccino al giorno) riservata ad anziani e genitori con bimbi sotto i 3 anni, che però devono avere meno di 6.000 euro di Isee. In totale: solo 1milione 300mila beneficiari su oltre 8 milioni di famiglie che vedono esaurire il loro reddito alla terza settimana (dati Swg). Per non parlare poi dell’annunciato blocco delle tariffe di gas e elettricità e dei pedaggi autostradali, che il governo voleva vantare come suo merito, ma che è in verità competenza dell’Authority preposta.
Questa è miopia. Occorre invece lavorare, per esempio, a interventi strutturali come la detassazione della tredicesima e la sostituzione delle detrazioni con le deduzioni fiscali, più corpose e più eque. Tra l’altro, l’insieme delle risorse messe in campo dal governo non arriva a metà di quello che finiremo di spendere per Alitalia, come ha osservato il ministro ombra dell’Economia del Pd, Pierluigi Bersani.
Il governo continua a spostare soldi da una parte all’altra, fingendo di averne reperiti e spesi di nuovi, perché si ostina a non modificare i saldi della Finanziaria che Tremonti ha elaborato a luglio. Cioè molto prima dell’esplosione della crisi finanziaria e dell’allarme recessione, e molto prima che l’Europa consentisse come fa ora qualche margine di manovra in più. Quest’ultima possibilità è rinviata al mittente dal governo con il pretesto del nostro debito pubblico enorme. È vero il debito è un grave problema - che tra l’altro solo i governi di centrosinistra hanno affrontato mentre quelli berlusconiani hanno peggiorato – ma non si può pensare di non rivedere i conti come fa il resto dell’Ue. Sarebbe un handicap pesante per l’Italia.
È il tempo di più fondi per gli ammortizzatori sociali per proteggere i lavoratori, soprattutto quelli precari, che potrebbero essere i primi a pagare le conseguenze della crisi. E si deve intervenire in sostegno di chi vive di stipendio, perché chi non spende, non lo fa per mancanza di volontà, ma per mancanza di soldi.
A chi conviene abolire le Province?

È di questi ultimi tempi la ripresa di una polemica che inserisce a pieno titolo nel filone delle discussioni sui cosiddetti “costi della politica”. Si tratta della campagna per l’abolizione delle Province, rilanciata dal quotidiano di destra “Libero” e da tempo supportata da Confindustria. L’assunto è molto semplice: le Province costerebbero troppo e, data la loro scarsa utilità, andrebbero abolite.
Il problema è che le cose non sono così semplici. Se immaginassimo di abolire questo ente, si dovrà riconoscere che le competenze da esso oggi ricoperte dovrebbero essere svolte da qualcuno altro a livello locale. La prima domanda è: chi? Le Regioni? Al di là del fatto che il personale provinciale andrebbe devoluto alle Regioni, magari tramite uffici distaccati, è davvero così corretto operare un’ulteriore centralizzazione dei poteri, in controtendenza rispetto a ogni democrazia evoluta? La verità è che in una nazione come la nostra, nella quale ci sono poco più di 8.100 Comuni di cui oltre 5.800 sono sotto i 5.000 abitanti, occorrono ancora enti di coordinamento dell’area vasta come sono le Province.
Infatti, chi ha il coraggio di dire che le funzioni della Provincia sono inutili? Oltre alle note e riconosciute competenze in materia di edilizia scolastica e di realizzazione e gestione di strade e di sistemi di viabilità sul territorio – impegni capillari difficilmente gestibili da una Regione – dalla riforma del titolo V della Costituzione in poi, sono molte le Regioni che hanno delegato alle Province le competenze in materia di lavoro e formazione professionale. Un partita non da poco, che forse qualcuno preferirebbe risolvere ai piani alti, lontano dai territori interessati e dai loro attori sul campo.
Ma non finisce qui. Quando si parla di coordinamento dell’area vasta, si intende che ci debbono essere istituzioni in grado di tessere i rapporti tra municipi più o meno grandi, costruendo strutture e servizi in rete che altrimenti molte realtà, da sole, non avrebbero. Pensiamo al lavoro che le Province possono svolgere su temi come la tutela dell’ambiente e del territorio paesaggistico, sulla promozione turistica, sull’edilizia pubblica, sull’enogastronomia, sull’offerta culturale integrata o sulla protezione civile, tutti settori che hanno peculiarità territoriali più ampie di un singolo Comune e più strette di una Regione.
Infine, torniamo ai costi. Abolire le Province - posto che non se ne possono abolire le competenze e quindi le spese per servizi, appalti, personale e uffici – vorrebbe dire solo tagliare il costo dei gettoni di presenza dei consiglieri (circa 60 euro a seduta del Consiglio) e le indennità di Presidente e Assessori (comunque inferiori a quelle dei dirigenti del loro stesso ente). Per carità si può fare tutto, ma – lasciatemelo dire – puzza tanto di demagogia, senza preoccuparsi realmente se le cose possono funzionare meglio. Non vorrei che questo tormentone fosse il solito modo interessato per delegittimare l’istituzione di turno, in modo da approfittarne per avere meno regole da rispettare, maggiore vuoto politico, più centralismo.

martedì 2 dicembre 2008

Avanti il prossimo!

“Lento ma inesorabile continua lo smantellamento del rapporto tra Italia ed italiani all’estero. I segnali sono preoccupanti, anche oltre i tagli apportati in Finanziaria ai capitoli di bilancio degli italiani all’estero” – è quanto dichiara l’On. Marco Fedi.
“Abbiamo un Governo che opera tagli che non sono parte di una nuova visione del sistema Italia all’estero. Abbiamo un Governo che opera in un vuoto assoluto di idee. Un Governo ed una maggioranza che sostituiscono ad un vuoto progettuale una demagogica azione di screditamento di tutto ciò che esiste all’estero o opera per l’estero. Un tentativo di giustificare i tagli di oggi e di predisporre quelli di domani” – dichiara l’On. Fedi.
“Viviamo una situazione di assenza di riforme, assenza di una proposta politica seria, assenza di un’azione coordinata. Eppure non mancano le dichiarazioni di esponenti politici della maggioranza che tentano di giustificare i tagli e mettono in campo anche un’azione tesa ad incrinare il livello della rappresentanza politica. Comites e Cgie oggi, parlamentare domani”.
“Tocca ora a Rai Italia, per la quale si scopre che trasmette brutta Rai e quando trasmette il meglio è di parte! Basterebbe ripercorrere la storia di Rai International per verificare che abbiamo avuto direttori e redazioni di grande livello e di grandi capacità ma alcuni problemi sono rimasti gli stessi – guarda caso quelli su cui si concentrano le critiche. Anche in questo settore – in riferimento alla convenzione con la Presidenza del Consiglio – sono forse previsti dei tagli?”.
“Credo che sia necessario, in questo momento, dare un contributo a disegnare un nuovo quadro di riferimento, cosa che dall’opposizione stiamo facendo con le innumerevoli proposte di riforma depositate in Parlamento. Attendiamo segnali concreti dalla maggioranza. I tagli – non smetterò di ricordarlo – allontanano le riforme” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

giovedì 27 novembre 2008

La virgola, Un occhio attento alle cose italiane …Parlamentari e non …


Vigilanza Rai: una brutta storia

Bisogna ammetterlo. Sul caso della Commissione di Vigilanza Rai – importante perché sorveglia l’autonomia della televisione pubblica e soprattutto è determinante per la ratifica delle nuove nomine dirigenziali – il mio Partito, il Pd, non ha fatto una bellissima figura.
Dopo aver raggiunto un accordo con l’Italia dei Valori sul nome del loro Leoluca Orlando come presidente (quest’ultimo per prassi spetta all’opposizione parlamentare) e dopo mesi di stallo per il veto irresponsabile del centrodestra, sono accadute molte cose strane.
Un paio di settimane fa, in un programma di La7, il nostro parlamentare Latorre è stato beccato mentre passava un bigliettino di suggerimenti a Bocchino del Pdl e contro l’esponente dell’Idv lì presente, ricordante il veto – sacrosanto questo – posto dall’opposizione sul nome di Pecorella, avvocato del Premier, come membro della Corte Costituzionale. Il comportamento di Latorre ha portato alla luce le legittime resistenze di alcuni nel Pd sul nome di Orlando. Tuttavia, è disdicevole che il rapporto con gli alleati come l’Idv debba avvenire seguendo queste strade tortuose e poco limpide. Noi tutti invochiamo il dialogo con la maggioranza, ma alla luce del sole.
A conferma di questo mio disagio è quindi arrivata, la scorsa settimana, la nomina a sorpresa del senatore Villari del Pd a presidente della Vigilanza. Il parlamentare del Pd è stato eletto Presidente della Vigilanza con i voti della maggioranza, all’insaputa dell’opposizione. Un atto gravissimo, che rompe una prassi consolidata e conferma come Berlusconi e i suoi amino poco le regole delle democrazia, credendo di poter decidere anche per l’opposizione.
Villari ha dichiarato che quella sua nomina sarebbe servita a ricostruire il dialogo. Prendiamolo in parola. Ora che anche Di Pietro ha ritirato il nome di Orlando e che tutti – maggioranza e minoranza – hanno convenuto sul nome prestigioso di Sergio Zavoli, decano del giornalismo italiano, perché Villari non si dimette ? Missione compiuta, la sua, se davvero voleva riaprire il dialogo. Invece, il senatore è ancora al suo posto, ignorando le richieste ufficiali del Pd. Sì, Villari è stato giustamente espulso dal Pd per il suo comportamento e l’opposizione ha scelto di non partecipare ai lavori finché non si dimetterà, ribaltando il gioco del Pdl, che voleva rapidamente procedere a nuove nomine Rai. Però, o a maggior ragione, questa vicenda lascia l’amaro in bocca.
L’Italia degli inciuci è dura a morire. Prendiamone atto per non abbassare la guardia.


Il piano anticrisi del governo è un palliativo

Il Pd si è astenuto sul piano anticrisi del governo Berlusconi. Tutti concordano sul fatto che il sistema bancario e finanziario in grave crisi non debba essere lasciato al tracollo, trascinando con sé le sorti di milioni di onesti risparmiatori. Ma ciò che non convince nel piano del governo è l’aiuto a senso unico e senza contropartite offerto con i soldi dei contribuenti ai gruppi finanziari, responsabili con le loro speculazioni della crisi in atto. Occorrono più regole, più presenza dell’intervento pubblico in economia, più sostegno alla base della piramide e non solo al vertice.
Purtroppo però l’esecutivo ha messo in campo finora solo misure inutili o squilibrate: l’inopportuna abolizione dell’Ici per tutti (compresi coloro che non avevano affatto bisogno di questo regalo) ha disperso risorse ingenti, e di fronte a questo la tessera dei poveri a 40 euro al mese, ispirata a un “capitalismo compassionevole” fuori moda e fuori luogo, è una misura davvero troppo limitata; non c’è nulla per le tredicesime, mentre si insiste, nonostante il parere negativo della stessa Confindustria, sugli straordinari, ininfluenti in questa fase del ciclo economico.
Al contrario, il Pd chiede di discutere insieme alla maggioranza su sostegno a salari e pensioni, sugli ammortizzatori sociali e sulla lotta alla povertà e alla disoccupazione, con misure concrete non demagogiche.

mercoledì 26 novembre 2008

I costi della politica e la politica onesta

Il dibattito sui costi della politica riprende vigore e ripartono i più patetici tentativi di strumentalizzazione. Nella trascorsa legislatura proprio dai Parlamentari eletti all’estero era partita la proposta – fatta propria oggi dal Presidente Fini – di una diversa articolazione dei lavori di Montecitorio: lavorare di più, per tre settimane al mese e la quarta settimana da dedicare al collegio. Nella trascorsa legislatura era partita anche una proposta di modifica costituzionale con al centro, una forte riduzione del numero dei parlamentari ed un diverso ruolo per il Senato. In quella discussione avevamo dato il nostro contributo, salvo poi vederla bloccata prima dalle contrapposizioni sul numero di senatori da assegnare alle Regioni e poi dalla crisi del Governo Prodi.
Da un lato, quindi, abbiamo un impegno da parte di tutte le forze politiche a fare le riforme istituzionali e ridurre il numero dei parlamentari, riducendo i costi della politica, e dall’altro non abbiamo ancora una chiara manifestazione di volontà dell’attuale maggioranza a far avanzare un progetto serio di riforma ed un confronto con l’opposizione. Anzi. Dal capo del Governo arrivano solo attacchi all’opposizione quando invece dal sano confronto tra maggioranza e minoranza possono arrivare le autentiche riforme di sistema, quelle che non sono messe in discussione la legislatura successiva alla loro approvazione, quelle riforme che danno stabilità e sicurezza al paese.
Invece di occuparsi del ritardo nella maggioranza nel riprendere la discussione sulle riforme, alcuni preferiscono attaccare i parlamentari eletti all’estero per il loro costo.
Ricordo, tra l’altro, che il costo degli eletti all’estero non è aggiuntivo poiché i 18 sono stati sottratti al numero complessivo dei parlamentari previsto dalla Costituzione. Non costiamo nulla in più, quindi. Abbiamo solo sottratto il posto ad altri. Sulla questione risultati, poi, ne stiamo ascoltando delle belle. Sentiamo le più astruse considerazioni su ministro, vice ministro o sottosegretario, come se fossimo ancora agli inizi, come se questo Governo non avesse già scelto in proposito, come se non avesse già provveduto a fare tagli per 50 milioni di euro su scuola, cultura e democrazia. Si, per la prima volta questo Governo intende tagliare anche sulla democrazia! Con un Ministro, quello degli Esteri, ed un sottosegretario, anche lui agli Esteri.
Il problema allora è ciò che fanno i Governi e ciò che tace la maggioranza e ciò che tacciono agenzie, giornali e mondo dell’informazione. Mi spiego: gli emendamenti bocciati dalla maggioranza a Montecitorio riguardavano temi importanti per gli italiani nel mondo, o no? ICI, detrazioni fiscali per carichi di famiglia, capitoli di bilancio per gli italiani all’estero, assegno sociale. Sono stati bocciati dalla maggioranza, con la forza dei numeri. Poi ciascuno guardi in casa propria. Noi del PD abbiamo fatto il nostro dovere. Perché non dirlo?
Perché non ricordare che durante i 18 mesi del Governo Prodi avevamo ottenuto non solo maggiori risorse per i capitoli del Ministero degli affari esteri ma anche l’estensione delle detrazioni per carichi di famiglia e dell’ulteriore detrazione ICI ai residenti all’estero?
Se i commentatori, gli opinionisti, i giornalisti ed anche i semplici osservatori qualche volta cercassero di comprendere la realtà dei fatti, avremmo già risolto un problema fondamentale: la correttezza dell’informazione.

venerdì 14 novembre 2008

L'ordine del giorno sugli italiani nel mondo alla Finanziaria 2009

“Abbiamo davvero utilizzato tutti gli strumenti parlamentari che avevamo a disposizione. La finanziaria è stata approvata con il nostro voto contrario. La maggioranza ha bocciato tutti gli emendamenti presentati dal PD ed arrivati in aula. Altri si erano fermati in Commissione perché non si erano trovate le compensazioni finanziarie” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi subito dopo i lavori dell’aula di Montecitorio che ha concluso l’iter della finanziaria, con l’approvazione del bilancio, a tarda serata nella giornata di ieri.
“È stato accolto l’ordine del giorno che impegna il Governo a recuperare risorse per le comunità italiane nel mondo, per i cittadini italiani all’estero, per chi ha pari dignità davanti alla nostra Carta Costituzionale e deve poter accedere a servizi, a tutele, al diritto alla scuola, alla formazione e all’assistenza sociale. Il centro destra si è presentato con una prima finanziaria di tagli. I tagli più gravi nella storia del Parlamento repubblicano sono stati approvati grazie ad un Governo che ha blindato il provvedimento e grazie ad una maggioranza che ha respinto tutti gli emendamenti proposti dall’opposizione” – ha proseguito Fedi.
“Nel mio intervento di ieri ho indicato anche un altro danno. Non aver disegnato un nuovo progetto, non avere progettato riforme, aver fatto tagli lineari su tutti i capitoli dopo aver fatto la scelta tutta politica di far pesare tagli ai ministeri del 22% in misura pari al 60% sui capitoli di tre direzione generali in particolare: la direzione italiani all’estero e politiche migratorie, la direzione per la promozione culturale e la direzione per la cooperazione allo sviluppo. Dietro i tagli si cela quindi un pericoloso vuoto di idee e di progetti”.
“In assenza di una nuova visione del rapporto tra Italia e italiani all’estero, nonostante il fatto che grazie al lavoro del CGIE e grazie alle risorse del Governo Prodi tra due settimane si aprirà proprio qui a Montecitorio la Prima Conferenza dei giovani italiani nel mondo, rischiamo di dare segnali contraddittori proprio a quelle nuove generazioni sulle quali, insieme, diciamo si debba puntare per un rinnovamento del rapporto tra Italia ed italiani all’estero”.
“Il Partito Democratico crede nel rapporto con le nostre comunità nel mondo. Il nostro ordine del giorno chiede un impegno a recuperare risorse già dal 2009 e poi successivamente per il 2010 e 2011, sia per la diffusione e promozione della lingua italiana nel mondo che per l’assistenza dei nostri connazionali all’estero, questione importantissima questa per coloro che sono emigrati in tante parti del mondo, particolarmente in America latina, ed oggi vivono nell’indigenza. “Ma l’accoglimento di un ordine del giorno non può essere considerato dal Governo come un generico impegno. Ne abbiamo avuti tanti di impegni. Anche sulle detrazioni per carichi di famiglia. Tanti impegni in tanti comparti. Ma gli impegni generici non ci soddisfano. Chiediamo un impegno vero che si trasformi in atti concreti. Non un impegno della serie: problema noto, da risolversi a data da definire, un trend questi imbarazzante anche per il Governo, un modus operandi sperimentato in tanti provvedimenti, affinato, e che però rischia di produrre ulteriori delusioni, in questo caso per l’Italia fuori d’Italia” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

Perché reprimere le potenzialità dell’immigrazione regolare?

E’ in discussione in queste ore al Senato il ddl “Sicurezza” approvato mercoledì scorso in Commissione Sicurezza e Affari Costituzionali alla Camera. Rispetto al già restrittivo disegno di legge 733, si aggiungono ora una serie di emendamenti, prevalentemente leghisti, che contengono propositi a dir poco xenofobi e che ci auguriamo – se c’è ancora qualche persona responsabile nella maggioranza – non vengano approvati. Facciamo alcuni esempi.
Si conferiscono maggiori poteri agli Enti locali per “avvalersi di associazioni di cittadini per segnalare eventi a danno della sicurezza e cooperare al presidio del territorio”: in altre parole, si legittimano le ronde padane e simili, prefigurando un futuro nel quale esse saranno tranquille anche se agiranno abusi contro i presunti individui pericolosi. Magari verranno anche finanziate da qualche Comune, indebolendo tra l’altro il ruolo dei corpi preposti alla pubblica sicurezza.
Si propone di denunciare i senzacasa in un apposito registro a cura del Viminale. Di espellere entro 5 giorni e con una multa fino a 10mila euro (come la pagheranno?) i clandestini. I quali non potranno neanche sposarsi, secondo un emendamento che vuole vietare i matrimoni a chi non ha il permesso di soggiorno. Quest’ultimo a sua volta diventerà più difficile da ottenere sia in termini di burocrazia (soprattutto garanzie sul domicilio e severi test di lingua, anche per gli studenti) che di costi (tra tutte le pratiche si arriva a circa 200 euro).
I campi rom – chiede un altro emendamento - saranno ospitati dai Comuni solo dopo un referendum cittadino: è facile immaginare, con tutta la disinformazione sul tema che ci è valsa un richiamo ufficiale dell’Europa, che nessuno accoglierà neanche nella peggiore periferia questi campi, in un rimpallo continuo di responsabilità. Ma soprattutto: quale Comune vorrà spendere soldi per fare un referendum sul tema?
La Lega Nord ha poi dato il peggio presentando emendamenti come i seguenti, che si commentano da soli. Blocco dei flussi di ingresso per 2 anni. Pagamento delle prestazioni sanitarie pubbliche (quindi anche l'accesso al pronto soccorso) per gli immigrati irregolari. Per i medici obbligo di segnalazione degli irregolari. Per accedere agli alloggi pubblici, cioè alle case popolari, occorrano almeno 10 anni di residenza in Italia. E, ancora, la proposta di stop ai ricongiungimenti familiari per procura e il divieto di girare nei luoghi pubblici a volto coperto in modo che la persona sia sempre riconoscibile (su questo il Carroccio chiede che venga applicata in maniera più rigorosa la norma già esistente).
Viene proposto infine anche il permesso di soggiorno a punti, del quale avevo già parlato con amarezza. “Contestualmente alla presentazione della domanda per il permesso di soggiorno”, dice il testo, bisogna sottoscrivere un “accordo di integrazione articolato per crediti”, il quale prevede il certificato di conoscenza dell’italiano, l’adesione alla “Carta dei valori della cittadinanza italiana”, le “conoscenze basilari del sistema giuridico”, l’attestato di frequenza ad un corso di “integrazione sociale e culturale”, e la dimostrazione di “un livello adeguato di partecipazione economica e sociale alla vita della comunità”. Insomma, una specie di patente a punti, decurtabili a chi commette illeciti amministrativi (come le multe) o tributari (come le tasse).
Quello dell’integrazione diventa sempre più un percorso a ostacoli, figlio di un contesto culturale in cui lo straniero è un diverso da allontanare dalla vista, ma che va bene finché bada ai nostri anziani o coltiva i nostri campi clandestinamente.
Reprimere le potenzialità dell’immigrazione regolare è un errore. Il PdL dovrebbe riflettere sulle ragioni politiche che spingono la Lega ad elevare l’asticella su questi temi in questo momento. Dopo il trattato di Lisbona, immigrati e politiche d‘integrazione si trasformeranno in merce di scambio per l’ingresso della Turchia nell’Unione europea? Scelta questa importante, che sostengo, ma che deve essere autentico atto di politica internazionale.
Mentre gli Usa eleggono presidente un cittadino multietnico come Obama, noi reprimiamo le potenzialità dell’immigrazione regolare. Non possiamo continuare su questa strada, lo credo fermamente. Per questo ho presentato una proposta di legge in controtendenza, volta a istituire il Consiglio nazionale per l’Integrazione e la Multiculturalità. Un organismo che promuova, coordini e monitori le politiche dell’integrazione sociale e culturale degli immigrati in Italia, sia a livello periferico che centrale, attraverso il contributo plurale di operatori del settore, organizzazioni di immigrati, associazioni delle categorie produttive e pubblica amministrazione. Visti i tempi la strada sarà dura, ma potrebbe diventare anche una partecipata battaglia di civiltà.


La maggioranza boccia tutti gli emendamenti del PD e… ritira l’unico emendamento sui carichi di famiglia

Davvero l’avremmo votato l’emendamento presentato dai deputati eletti all’estero del PdL. Avremmo aggiunto la nostra firma ed avremmo potuto votarlo insieme. Le cose sono andate in modo diverso. Dopo aver bocciato tutti gli emendamenti presentati dal PD su scuola, assistenza, Comites, CGIE, cultura, la maggioranza ha ritirato l’unico emendamento concernente le detrazioni per carichi di famiglia che avrebbe esteso questa detrazione per chi risiede all’estero e produce reddito soggetto ad imposizione fiscale in Italia. Avremmo dimostrato per una volta un atteggiamento bipartisan su un tema importante per chi vive all’estero, nonostante la nostra richiesta di rendere permanente questa detrazione per i residenti all’estero attraverso la presentazione di un emendamento dichiarato inammissibile per carenza di copertura finanziaria. Il Governo ha assunto un generico impegno a risolvere – ma non sappiamo in che modo – la questione delle detrazioni per carichi di famiglia per i residenti all’estero. Di impegni questo Governo ne ha assunti tanti e su tanti temi, anche in questa finanziaria. Il Governo ha già accolto numerosi ordini del giorno su questo aspetto specifico ed ancora non accade nulla. Nel frattempo la scadenza del 2009 si avvicina – ricordiamo infatti che le detrazioni per carichi di famiglia, introdotte dal Governo Prodi anche per i residenti all’estero, furono introdotte per il triennio 2007-2009.

giovedì 13 novembre 2008

La maggioranza boccia tutti gli emendamenti del PD e… ritira l’unico emendamento sui carichi di famiglia

“Davvero l’avremmo votato l’emendamento presentato dai deputati eletti all’estero del PdL. Avremmo aggiunto la nostra firma ed avremmo potuto votarlo insieme. Le cose sono andate in modo diverso. Dopo aver bocciato tutti gli emendamenti presentati dal PD su scuola, assistenza, Comites, CGIE, cultura, la maggioranza ha ritirato l’unico emendamento concernente le detrazioni per carichi di famiglia che avrebbe esteso questa detrazione per chi risiede all’estero e produce reddito soggetto ad imposizione fiscale in Italia” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi.
“Avremmo dimostrato per una volta un atteggiamento bipartisan su un tema importante per chi vive all’estero, nonostante la nostra richiesta di rendere permanente questa detrazione per i residenti all’estero e l’emendamento in tal senso presentato e dichiarato inammissibile per carenza di copertura finanziaria. Il Governo ha assunto un generico impegno a risolvere – ma non sappiamo in che modo – la questione delle detrazioni per carichi di famiglia per i residenti all’estero. Di impegni questo Governo ne ha assunti tanti e su tanti temi, anche in questa finanziaria. Il Governo ha già accolto numerosi ordini del giorno su questo aspetto specifico ed ancora non accade nulla. Nel frattempo la scadenza del 2009 si avvicina – ricordiamo infatti che le detrazioni per carichi di famiglia, introdotte dal Governo Prodi anche per i residenti all’estero, furono introdotte per il triennio 2007-2009” – ha concluso l’On. Fedi.

venerdì 7 novembre 2008

Intervento nella discussione sulla Finanziaria 2009

Colleghe e colleghi, la prima finanziaria del nuovo governo Berlusconi arriva oggi al suo epilogo. Un passaggio obbligato, dopo il provvedimento di bilancio approvato prima dell’estate con il più breve passaggio in Consiglio dei Ministri che sia mai stato registrato. Non solo il più breve ma anche decisamente il più brutto. Ed anche il più drastico in termini di tagli.
L’azione di risanamento dei conti pubblici svolta dal Governo Prodi avrebbe consentito a questo Governo di anticipare gli effetti della crisi finanziaria internazionale sull’economia reale prevedendo un intervento di riduzione delle tasse per i redditi da lavoro e da pensione. Un intervento che noi riteniamo necessario per sostenere il potere d’acquisto di decine di milioni di famiglie italiane.
Tremonti ha scelto diversamente.
La finanziaria Berlusconi si traduce oggi in atti concreti: tagli e riduzioni alle opportunità di sviluppo del Paese.
In Commissione affari esteri il gruppo del Partito Democratico ha votato contro la manovra economica e contro le scelte del Governo, presentando un documento alternativo.
A fronte di una riduzione del 22% nei trasferimenti ai Ministeri ed alle Pubbliche amministrazioni, le Direzioni generali per gli italiani all’estero e politiche migratorie, per la promozione culturale e per la cooperazione allo sviluppo hanno subito riduzioni che, su alcuni capitoli, vanno oltre il 60%. In alcuni casi si tratta dell’azzeramento delle dotazioni.
La Direzione generale italiani all'estero e politiche migratorie è particolarmente colpita con un taglio complessivo di 50 milioni di euro. Per citare solo alcuni esempi: il capitolo 3153, relativo ai contributi per gli enti gestori i corsi di lingua italiana nel mondo, passa da 34 milioni di euro a 14 milioni e 500 mila euro. Più che dimezzato. Il contributo per l'assistenza diretta ai connazionali indigenti, capitolo 3121, particolarmente importante per gli italiani residenti in America Latina, anche in assenza di altre forme di assistenza come l’assegno di solidarietà, passa da 28 milioni e 500 mila euro a 10 milioni e 777 mila euro. Una sottrazione di risorse che non ha eguali e che produrrà vittime. E via dicendo, per tanti altri capitoli. Con la prospettiva di un 2010 e 2011 ancora più duri.
Analoghi drastici tagli vengono operati anche per quanto riguarda gli organismi di rappresentanza degli italiani all'estero Comites e Cgie. Per i quali, in assenza di una proposta di riforma che abbia tempi certi, e che comunque a nostro avviso dovrebbe riguardare unicamente il Cgie, crediamo si debbano rispettare le scadenze elettorali previste dalla legge.
La gravità dei tagli è tale che rischia di compromettere la politica estera italiana. La Direzione generale per la promozione e la cooperazione culturale è decurtata di 92 milioni di euro mentre quella per la cooperazione allo sviluppo subisce un taglio complessivo di 479 milioni di euro.
Sui tagli abbiamo proposto una serie di emendamenti. Emendamenti che vanno anche oltre i tagli proponendo investimenti: in particolare verso i giovani – considerato che si celebrerà a dicembre la prima Conferenza mondiale dei giovani – con la previsione di un fondo per proseguire il lavoro fin qui svolto. Ed il museo delle migrazioni – importante momento di ricostruzione storica, ma anche di racconto del cammino comune con i migranti nel mondo.
Abbiamo presentato emendamenti che chiedono la modifica delle nuove norme restrittive sull’assegno sociale – che colpiscono gli immigrati e gli italiani all’estero, introducendo la condizione dei 10 anni di residenza continuativa. Crediamo che sia una norma ingiusta e continueremo a lavorare per modificarla.
Sulle detrazioni per carichi di famiglia abbiamo chiesto serietà. Gli ordini del giorno accolti dal Governo impegnano a trovare una soluzione per estenderle definitivamente.
C’era una volta un mondo, che non avremo più. La prima finanziaria del nuovo Governo Berlusconi cambierà per sempre il rapporto con gli italiani nel mondo. Per molti anni quel mondo era stato oggetto di attenzione bipartisan – quel tipo di attenzione, da parte delle istituzioni e della politica, che aveva posto al centro dei rapporti con le comunità italiane nel mondo l’investimento strategico, la valorizzazione del patrimonio rappresentato da tanti connazionali all’estero, un pacchetto di riforme condivise da realizzare. Per molti anni questa dimensione ha funzionato. Abbiamo costruito ambiziosi livelli di rappresentanza, inclusa la rappresentanza in Parlamento. Quando altri Paesi – europei ed extra-europei – iniziano a pensare a modelli di rappresentanza territoriale, come i Comites, internazionale come il Consiglio generale degli italiani all’estero, e Parlamentare, - quando questi livelli di rappresentanza sono pronti ad uno straordinario passaggio qualitativo, come con la Conferenza mondiale dei giovani – pensata, voluta, costruita, e finanziata nella trascorsa legislatura dal Governo prodi e dal CGIE, qualcuno vorrebbe “smantellarli”, senza riflettere sul futuro del rapporto con l’Italia fuori d’Italia.
Ecco, da oggi i fischi di Berna e le proteste di Rosario o Melbourne saranno un nuovo elemento nei rapporti con le comunità italiane nel mondo. Credo che sia doveroso per il Parlamento interrogarsi sul futuro di questo rapporto.
Grazie.

La virgola


Riparte il sogno americano


Saranno i miei venticinquenni di Australia oppure l’insofferenza per Porta a Porta ma anch’io non ho apprezzato – come Matilda Cuomo – il termine “nero”. Trovo assolutamente odioso riferirsi a persone utilizzando caratteristiche fisiche. Non è solo un “politically correct” di maniera. Ho imparato che le persone sono libere di esprimere la propria identità – quindi Obama può anche definirsi “black man” – ma è sempre grave e sbagliato definire gli altri secondo stereotipi, peggio quando questi si riferiscono al colore della pelle.
Spesso si dice che un’elezione presidenziale negli Stati Uniti è epocale. Non è generalmente vero.
Questa volta sì, però. Perché la vittoria di Obama non è stato un semplice arrivare primo. È stata una di quelle vittorie che cambia le regole del gioco. Obama è il primo presidente afroamericano a entrare alla Casa Bianca, anzi è il primo presidente multietnico e multiculturale, date le sue origini miste e le sue migrazioni esistenziali. Storica è anche l’ampiezza del suo successo che travolge la soglia dei 270 grandi elettori necessari all’elezione alla presidenza, arrivando addirittura a quota 349 contro i 147 di McCain e vincendo in stati impensati come Florida e Ohio.
Obama ha vinto perché ha incarnato il cambiamento (“change”, il suo slogan) e la determinazione a voler cambiare corso (yes, we can). Cambiare un’America che ha visto arrivare al capolinea non solo l’era Bush, fatta di guerre e impoverimento del Paese, ma l’intero trentennio apertosi con Reagan: l’epoca del cosiddetto neoliberismo, cioè la deregulation dell’economia e la supremazia della finanza sulla politica.
Molte speranza ha acceso il nuovo presidente. Più diritti civili in un Paese che negli ultimi anni li ha limitati, l’estensione dei servizi sociali come sanità e istruzione per i più deboli negli stessi Stati Uniti che hanno li hanno trascurati a vantaggio dei miliardari, il ritiro dell’Iraq, rapporti internazionali più diplomatici e meno muscolari, e tanto altro. I numeri ce li ha: anche in Senato la maggioranza democratica è solida, con 54 senatori su 100. Le riforme sono possibili.
Ma non illudiamoci troppo. L’era Clinton con tutte le sue speranze aveva in parte deluso e aveva aperto la strada all’era Bush, la peggiore della storia recente degli Usa. Questo perché le resistenze alla riforme dei poteri forti americani sono tante e molto forti.
Ma, al tempo stesso, non smettiamo di sperare nel cambiamento. Sostenere Obama è contribuire, fin dal nostro lavoro nell’opinione pubblica, anche fuori dagli Usa, anche in Italia, perché la politica possa tornare a dare voce a chi sta lontano dai riflettori.

Dall’Unione Europea proposte condivisibili

La Commissione europea, tramite il suo presidente Barroso, ha definito la scorsa settimana la strategia per affrontare la crisi economica conseguente al crollo finanziario e passare alla ripresa sostenibile. Un quadro di politiche che verranno sviluppate ulteriormente nei prossimi mesi.
L’obiettivo naturalmente è di portare i Paesi dell’Unione ad adottare linee di politica economica, fiscale e di sostegno alle famiglie che rispettino le scelte adottate dalla Commissione. Con alcune interessanti proposte concrete, sulle quali possiamo riscontrare una convergenza con le posizioni già espresse dal Partito Democratico.
Priorità assoluta va data allo sforzo di rendere minimo l’impatto negativo sull’occupazione, sul potere di acquisto e sul livello di benessere dei cittadini dell’Unione. La crisi economica deve essere affrontata con analoga energia e con un approccio coordinato come per la crisi finanziaria. Non è giusto e soprattutto non è economicamente saggio salvare il vertice (i grandi gruppi) senza occuparsi della base della nostra realtà economica (i comuni cittadini).
Concordiamo con Barroso quando afferma che, se gli strumenti principali per stimolare la domanda e l’occupazione rimangono ovviamente nelle mani dei Paesi dell’Unione (lo ricordi bene il governo italiano!), è tuttavia certo che per avere successo è necessario lavorare insieme, anche al fine di costruire una volta per tutte una vera governance globale dell’economia, che metta regole ai mercati finanziari e che tuteli i risparmiatori.
Il compito dell’Europa dovrà essere quello di adottare politiche per far crescere la domanda. Al contempo, bisogna impegnarsi per far scendere l’inflazione e nel supporto al reddito della parte più vulnerabile della popolazione. Investire in nuove tecnologie, trasporti ed autonomia energetica, fissando un’agenda sul tema dell’efficienza energetica e della tutela ambientale.

Sulle detrazioni per carichi di famiglia occorre maggiore serietà

“La materia delle detrazioni per carichi di famiglia richiede attenzione e serietà” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi, deputato PD eletto nella ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide. “Le detrazioni per carichi di famiglia, introdotte dal Governo Prodi, furono estese anche ai residenti all’estero per il triennio 2007-2008 e 2009. Dopo la necessaria fase di monitoraggio la nostra richiesta era e rimane di estendere questo diritto permanentemente, insieme a tutto il regime delle detrazioni di base che ha sostituito la “no tax area” e che riguarda tutti i contribuenti”.
“La maggioranza aveva introdotto un emendamento che prevedeva l’estensione delle detrazioni per carichi di famiglia unicamente per l’anno 2010. Questa soluzione ci lasciava comunque perplessi”. “Ora tutti gli emendamenti fatti propri dal relatore in Commissione bilancio rischiano di non avere corso“. “Noi abbiamo presentato un emendamento bocciato in Commissione che proponeva altri tre anni di estensione ed un emendamento in aula per l’estensione definitiva delle detrazioni per carichi di famiglia ai residenti all’estero“. “In questo momento sarebbe utile se, a proposito dei risultati delle fasi di monitoraggio e di prima applicazione, ci venissero forniti dati ed informazioni, oltre che possibili soluzioni ai tanti problemi procedurali già individuati”. “Sicuramente sarebbe altrettanto utile se la maggioranza manifestasse le reali intenzioni su questa materia, oggetto di numerosi ordini del giorno accolti dal Governo” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

Presentata la proposta di legge per istituire il Consiglio Nazionale per l'Integrazione e il Multiculturalismo

Nei giorni scorsi l’On. Marco Fedi, deputato del Partito Democratico eletto nella circoscrizione estero, ha presentato, insieme all’On. Gino Bucchino, una proposta di legge volta a istituire il Consiglio Nazionale per l’Integrazione e il Multiculturalismo (CNIM).
Il Consiglio Nazionale per l’Integrazione e il Multiculturalismo, ispirandosi ad analoghe strutture esistenti in molti Paesi europei e occidentali, è pensato come un organismo di coordinamento e di monitoraggio del fenomeno dell’integrazione sociale e civile dei cittadini immigrati e dello stato della diversità culturale nel nostro Paese. Esso è composto di trenta membri più un presidente che provengono dai vari livelli della pubblica amministrazione, dalle associazioni riconosciute degli immigrati e dalle organizzazioni sociali più rappresentative che operano per l’integrazione, tra cui anche sindacati e sigle imprenditoriali.
Il CNIM ha tra le sue funzioni quella di recepire informazioni sui programmi e le attività svolte dalla pubblica amministrazione e dalle organizzazioni operanti nel settore dell’integrazione, formulando quindi proposte concrete di intervento e di coordinamento della governance dell’immigrazione. “Abbiamo riscontrato – afferma l’On. Fedi – che l’Italia soffre di una forte mancanza di omogeneità e di confronto reale tra le varie strutture che lavorano per l’integrazione dei soggetti immigrati, sia a livello centrale che periferico. Un organismo che nasce per garantire questo coordinamento , fondandosi sull’ascolto dei problemi e dei suggerimenti posti dai soggetti operanti sul territorio, è quindi uno strumento per ridurre gli sprechi e per ottimizzare le risorse, al fine di favorire un virtuoso processo integrativo”.
Nell’ottica di facilitare la convivenza tra i soggetti immigrati e la società che li ospita e di tutelare e promuovere la diversità culturale, il CNIM esprime pareri e osservazioni su richiesta del Parlamento o di propria iniziativa, contribuendo all’ elaborazione della legislazione. Inoltre, Il Consiglio si dota di un proprio Osservatorio che redige ogni anno un rapporto nazionale, oltre a specifici studi e analisi in materia di integrazione e multiculturalismo. Quest’ultimo tema è ancora poco sentito in Italia, secondo il parlamentare del PD: “gli episodi di razzismo che hanno incontrato l’attenzione di molti osservatori e media italiani e stranieri, e non ultimo l’invito del Presidente della Camera Fini a lavorare perché non si ripetano, sono a nostro parere il frutto di una mancanza di confronto e di conoscenza tra le culture dei vari gruppi etnici che partecipano ormai stabilmente alla vita del nostro Paese. Anche per questa ragione – continua il deputato eletto all’estero – occorre un organismo istituzionale che implementi il dibattito pubblico sul tema”.
Fedi auspica infine che un organismo come il CNIM possa vedere la luce in tempi brevi perché “in Italia c’è necessità urgente di un intervento serio, capillare e strutturale per favorire l’integrazione sociale, la partecipazione civile e il confronto culturale tra gli italiani autoctoni e i nuovi italiani. Il CNIM – conclude – è una struttura leggera in grado di farlo, per l’elasticità della sua composizione, per le sue autonome capacità di studio e per la sua proiezione decisionale”.

I pensionati all’estero: colpiti più volte

Intervento all’incontro con i sindacati dei pensionati Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uil-Pensionati

Desidero innanzitutto ringraziarvi. Non ci sfugge il significato etico e morale, prima che politico, di questa iniziativa in un momento in cui il tradizionale rapporto con le comunità italiane nel mondo viene messo in discussione dai tagli della prima finanziaria del nuovo Governo Berlusconi, nel momento in cui la crisi finanziaria internazionale, con i suoi effetti sulle economie di tutti i Paesi, inevitabilmente, peserà sull’economia reale, sulle famiglie e sui soggetti più deboli. E non dobbiamo sorprenderci se tra questi soggetti deboli vi sono i pensionati e se – in modo particolare – i pensionati all’estero rischiano di essere colpite più volte. Colpiti direttamente nei Paesi in cui vivono da una fase recessiva che rischia di essere durissima e molto lunga, colpiti nel potere di acquisto localmente e dai ritardi in molti Paesi – tra cui l’Australia ad esempio – nell’adeguamento delle pensioni al costo della vita, colpiti dai mancati adeguamenti di molte prestazioni pensionistiche italiane e di altri Paesi dell’Unione europea, colpiti indirettamente dai tagli in finanziaria che riguarderanno importanti capitoli di assistenza e tutela, oltre che per quanto riguarda la rete consolare e l’accesso ai servizi consolari. Colpiti dai ritardi e dalla inefficienza nei rapporti con la pubblica amministrazione dello Stato italiano che potrà solo peggiorare con i tagli introdotti. Colpiti dai ritardi nella ratifica di importanti convenzioni internazionali.
I sindacati dei pensionati, i patronati, le associazioni che si occupano di italiani all’estero e di tutela del mondo dell’emigrazione hanno dato prova negli anni di essere davvero complementari al ruolo dello Stato. Un principio di sussidiarietà che vi ha visti, ci ha visti, protagonisti della crescita sociale, economica e politica delle comunità italiane nel mondo. Pensare – come spesso fa un certo centra destra – che i livelli di presenza politico-economica dell’emigrazione italiana nel mondo non siano anche il frutto del lavoro, dell’impegno e della nostra presenza organizzata nel mondo, significa non conoscere la nostra storia, non comprendere la situazione attuale e non avere alcuna possibilità di costruire il futuro. Altro che indirizzare il consenso elettorale!
Sono convinto che la nostra storia e le nostre idee dimostrino che non sono mai venuti meno coerenza, solidarietà, impegno.
Oggi, la proposta dei sindacati dei pensionati di Cgil, Cisl e Uil deve essere più che una piattaforma propositiva e rivendicativa, deve rappresentare un impegno di legislatura, deve segnare i tempi di un’azione di rappresentanza sindacale per i pensionati e gli anziani che oggi all’estero subiscono l’aumentato divario tra ricchi e poveri – divario che pone l’Italia tra i peggiori paesi al mondo ma che è lecito presumere incida analogamente nelle realtà di altri paesi di emigrazione.
Ecco, questa giornata deve entrare a far parte dei nostri riferimenti temporali e politici dei prossimi anni. Un impegno per l’introduzione dell’assegno di solidarietà per i cittadini italiani ultra sessantacinquenni residenti all’estero, provvedimento il cui iter è iniziato nella trascorsa legislatura che dobbiamo riprendere con decisione. La modifica delle nuove norme restrittive sull’assegno sociale – che colpiscono gli immigrati e gli italiani all’estero, introducendo la condizione dei 10 anni di residenza continuativa – anche se a livello interpretativo questa continuità può essere avvenuta in un qualsiasi momento della propria vita. L’adeguamento delle pensioni erogate dall’INPS con prestazioni come l’importo aggiuntivo – negato senza motivazione a nostro avviso ai titolari di pensioni detassate in virtù di convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni e non certo per evasione fiscale! La sanatoria degli indebiti pensionistici – che noi senza remora alcuna insistiamo deve riguardare i pensionati residenti all’estero poiché è proprio in questo caso che vi è stato, e c’è ancora, il ritardo nella campagna di verifica dei redditi – ritardo tutto addebitabile all’INPS ed all’assenza di procedure annuali concordate con i Patronati.
Le convenzioni bilaterali in attesa di ratifica. Da quelle di sicurezza sociale, che riguardano il Canada (secondo accordo), il Cile, le Filippine e il Marocco in attesa di prima ratifica, a quelle in attesa di una ripresa della discussione – come Israele – a quelle contro le doppie imposizioni fiscali. O al rispetto delle norme previste dalle Convenzioni, come nel caso dell’accordo con la Thailandia che prevede la tassazione nel Paese di residenza e non viene applicata dall’INPS. Oppure l’adeguamento delle Convenzioni bilaterali con alcuni Paesi – tra cui Lussemburgo e Francia - in modo da uniformarle alla maggioranza delle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall'Italia, e soprattutto al modello standard dell'OCSE, che, per evitare la doppia imposizione fiscale delle pensioni private, prevedono la detassazione della pensione nel Paese di erogazione e la tassazione nel Paese di residenza.
Il nuovo sistema di pagamento delle pensioni INPS – che dovrebbe essere ora a regime – che prevede nuovi istituti di credito e la possibilità dell’accredito diretto su conto corrente, necessita una verifica ed un costante monitoraggio. Ancor più in questo momento sia per quanto concerne gli istituti di credito stessi che gli effetti del valore di cambio sulle pensioni in pagamento.
Analogamente, continuiamo a porre la questione del pagamento delle pensioni di guerra e di un sistema di pagamento analogo a quello previsto dal «pagamento unico» per le pensioni INPS e le rendite INAIL, effettuato dall'INPS attraverso istituti di credito convenzionati» anziché attraverso l’ufficio italiano cambi e la nostra rete consolare all’estero. Fino all’uso del 730 per i cittadini italiani residenti all'estero che producono un reddito soggetto ad imposizione fiscale in Italia, sulla base della normativa nazionale o in base a convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni fiscali, che – a nostro avviso – debbono godere degli stessi doveri e degli stessi diritti e quindi poter accedere a procedure semplificate e ad operazioni di conguaglio in sede di versamenti IRPEF da parte del sostituto d'imposta.
Concludo auspicando che si individui un percorso comune per stimolare l’azione parlamentare sui temi degli italiani all’estero, a partire dalle forme di “resistenza” ai tagli fino al piano di riforme, per sensibilizzare l’opinione pubblica italiana sull’autentico valore rappresentato dalle comunità italiane nel mondo, per presentare al Governo una serie di richieste forti e coerenti rispetto alle esigenze, ai bisogni dei pensionati e degli anziani residenti all’estero. Come Parlamentari eletti all’estero ci impegneremo con voi. L’azione bipartisan deve nascere da un sentire comune su alcuni temi nevralgici per il Paese: gli italiani all’estero hanno rappresentato per molti anni un terreno sul quale esprimere un sentire comune del nostro Paese. Oggi la maggioranza rimette in discussione tutti principi e le basi di quel sentire comune.
Dovremo lavorare tutti intensamente per modificare questa situazione.

Roma, 4 novembre 2008

martedì 4 novembre 2008

La maggioranza sia disponibile al confronto

“Abbiamo lavorato con coerenza e senso di responsabilità cercando di individuare le coperture necessarie a dare possibilità di successo agli emendamenti presentati in Commissione bilancio” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi. “Altri emendamenti saranno presentati direttamente in aula così come saranno ripresentati gli emendamenti giudicati dalla Commissione ammissibili ma con insufficiente copertura” – ha proseguito il deputato PD.
“Il successo degli emendamenti presuppone una disponibilità del Governo e della maggioranza – in Commissione bilancio ed in aula – a consentire il recupero di risorse in alcuni settori ed a proseguire la discussione senza porre la questione di fiducia: vedremo se almeno in questo secondo momento – rispetto alla conversione del decreto 112 avvenuto prima dell’estate – la maggioranza sarà disponibile ad un aperto confronto in Parlamento” – ha ricordato Fedi.
“Gli emendamenti presentati in Commissione bilancio riguardano il capitolo 3153 per i contributi in denaro, libri e materiale didattico ad enti, associazioni e comitati per l’assistenza scolastica, il capitolo 3103 per i contributi ai Comitati degli Italiani all’estero e per le riunioni dei loro Presidenti, il capitolo 3106 per il contributo per le riunioni annuali dei comitati dei Presidenti dei Com.It.Es., il capitolo 2761 per gli assegni agli istituti italiani di cultura all’estero, oltre ad un emendamento che prevede l’istituzione di un fondo integrativo di 40milioni di euro per il programma italiani nel mondo e politiche migratorie e sociali. In aula presenteremo gli emendamenti relativi al capitolo 3105 sull’assistenza indiretta ed al 3121 sull’assistenza diretta, al capitolo 3131 relativo al funzionamento del CGIE oltre ad emendamenti miranti a garantire continuità sia al progetto per la realizzazione di un museo delle migrazioni che alla conferenza mondiale dei giovani” – ha ribadito l’On. Fedi. “Ripresenteremo anche l’emendamento sulle detrazioni per carichi di famiglia giudicato ammissibile ma con insufficiente copertura”. “Importante infine segnalare l’iniziativa dei sindacati pensionati di Cgil, Cisl e Uil, che domani discuteranno con i parlamentari eletti all’estero una serie di questioni – dall’assegno di solidarietà, alla residenza per l’assegno sociale a chi rientra in Italia, dalle convenzioni bilaterali in attesa di ratifica all’ICI, dagli indebiti al rapporto con le pubbliche amministrazioni – sulla base delle quali far partire una ampia discussione politica in Italia ed all’estero” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

venerdì 31 ottobre 2008

Per un Comitato che funzioni

“Il comitato per gli italiani nel mondo della Commissione affari esteri della Camera ha un ruolo importante. Dobbiamo garantirne il funzionamento. D’accordo quindi sulle riforme e sul percorso per arrivarvi. Ma il comitato deve funzionare anche in questa situazione di emergenza con i tagli apportati ai capitoli per gli italiani nel mondo” – ha sottolineato l’On. Marco Fedi durante i lavori del Comitato. “Lavorare sugli emendamenti presentati da opposizione e maggioranza per sostenerli, ad esempio, o proporre ordini del giorno alla commissione affari esteri, ad esempio. Come sarebbe stato utile svolgere la discussione sull’ordine del giorno che propone il rinvio dei Comites e del Cgie nella sede del Comitato prima che in Commissione” – ha ribadito l’On. Fedi. “Rinvio che continuo a ritenere sbagliato poiché siamo in assenza di proposte di riforma, non vi sono impegni per recuperare le risorse destinate allo svolgimento delle elezioni sui capitoli degli italiani all’estero e non si sono indicati i tempi del rinvio stesso, a fronte invece di Comitati che attendono il necessario rinnovamento”. “Occorre avviare un lavoro razionale: fare il punto della situazione sulle proposte di riforma già presentate, svolgere audizioni e discutere delle riforme, dalla scuola alla cultura. Ma abbiamo anche il compito di approfondire temi come quelli legati alla sicurezza sociale, o ai diritti sindacali, anche se questi temi fanno riferimento ad altre commissioni di merito” – ha dichiarato Fedi. “Bene quindi con il Cgie ma propongo anche i sindacati per la sicurezza sociale, per i diritti sindacali, per la scuola”.
“Il Comitato può fare un lavoro di sintesi e di approfondimento utile alla Commissione affari esteri ed a tutto il Parlamento: dobbiamo evitare che si trasformi unicamente nel luogo delle tensioni e della critica che comunque – particolarmente in questi momenti – sono forti e giuste” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

mercoledì 29 ottobre 2008

La virgola


La grande manifestazione del 25 ottobre per “salvare l’Italia”


L’imponente manifestazione del Partito Democratico ci ha consegnato una responsabilità: continuare a svolgere con coerenza il ruolo di forza centrale dell’attuale opposizione. Una coerenza che non può venire meno nonostante l’atteggiamento del Governo e di parti della maggioranza. Non basta sostenere – a partire dal Presidente della Camera – che le legittime manifestazioni di protesta vanno ascoltate. Devono aprirsi spazi di dialogo in Parlamento. Le manifestazioni, la piazza, le proteste di questi giorni denotano un forte malessere ma dicono anche alcune cose, indicano delle alternative, propongono un percorso. Le riforme vere, quando riguardano settori importanti per il futuro del Paese come la scuola, debbono partire dall’ascolto dei soggetti interessati e garantire un quadro di modifiche il più possibile condivise per dare stabilità al settore. Che senso ha produrre cambiamenti raggiunti grazie alla logica dello scontro e quindi trasformarli in obiettivo di modifica quando l’opposizione diventerà maggioranza? E quando – soprattutto – la connotazione di base è rappresentata dai tagli? Tagli che riguardano anche gli italiani nel mondo.
Non posso nascondere l’emozione di aver visto l’enorme conca del Circo Massimo e le vie laterali strabordare di persone provenienti da tutta Italia e dall’estero. La presenza dall’estero, con lo slogan “ci tagliano la lingua”, ha aggiunto il contributo degli italiani nel mondo alla manifestazione di protesta. Sebbene non mi interessi la guerra dei numeri, trovo parecchio ridicolo che Berlusconi si dica non preoccupato dalla manifestazione ma poi cada nel più banale dei comportamenti di chi è in difficoltà: negare l’evidenza e sminuire il ruolo della protesta. Quello che più duole sentire è il disprezzo con cui gli esponenti di governo e maggioranza hanno bollato la storica manifestazione del Pd e, in generale, tutte le proteste pacifiche in corso in questi giorni nel Paese, soprattutto quelle del mondo della scuola, attaccato dai tagli del ministro Gelmini.
Occorrerebbe più rispetto verso ogni forma democratica di opposizione, senza demonizzarla o ridicolizzarla, ma al contrario vivendola come stimolo per un confronto. Lo “smemorato” Berlusconi finge di non ricordare di quando, circa due anni fa, manifestò lui a Roma contro il governo Prodi, e quest’ultimo non irrise affatto i cittadini scesi in piazza.
Al di là delle polemiche, ciò che rimane di sabato scorso sono alcuni dati di fatto: un’opposizione più unita (in piazza con noi c’era anche Di Pietro); l’apertura alle alleanze con altre forze di minoranza, parlamentari e non; la riaffermazione della leadership di Veltroni nel Pd; la fine della luna di miele tra governo e italiani (registrata dagli ultimi sondaggi che vedono un primo calo nel sostegno all’esecutivo).
Non è tutto. C’è ancora tantissimo da fare per rendere efficace un’opposizione propositiva alle politiche di un governo poco disposto all’ascolto delle forze vive del Paese. Noi ce la metteremo tutta, come il 25 ottobre ha saputo dimostrare.

Una legge elettorale per le europee troppo partitocratica

È iniziata lunedì scorso in Aula alla Camera la discussione della riforma della legge elettorale per le europee.
Mille volte si è detto che non si dovrebbero mai “cambiare le regole del gioco” poco prima delle elezioni e soprattutto senza il minimo consenso delle minoranze. Ancora una volta il Pdl ha scelto di fare da solo e procedere in maniera autoritaria. La proposta della maggioranza berlusconiana è quella di inserire uno sbarramento al 5% sul piano nazionale, di abolire le preferenze e procedere per liste di candidati bloccate, e di raddoppiare le circoscrizioni elettorali (dalle attuali 5 a 10).
Il Pd ha già annunciato un pacchetto di emendamenti per cambiare questa riforma.
In primo luogo, è nostro obiettivo ridurre lo sbarramento nazionale al 3%: va bene la semplificazione del quadro politico, ma il 5% è una soglia troppo alta e va a limitare l’espressione democratica del pluralismo, soprattutto in un Parlamento come quello europeo che non ha lo scopo di sostenere un governo con una sua maggioranza.
Inoltre, combatteremo contro la rimozione delle preferenze. Sono i cittadini e non gli apparati di partito a dover decidere chi va in Parlamento. Se la maggioranza dimostrerà ancora una volta totale chiusura proveremo a ridurre la dimensione delle circoscrizioni per dare più visibilità ai candidati collocati dalle forze politiche e per favorire il ricorso alle primarie per individuarli. Da parte nostra, il Pd si è impegnato a farle le primarie in ogni caso.
Infine, nell’ottica di una distribuzione degli incarichi rappresentativi e contro la presentazione di leader-specchietti per le allodole che si candidano per incassare voti al proprio partito e si dimettono il giorno dopo, vogliamo impedire il cumolo delle cariche (non facendo eleggere ministri, presidenti di regioni e province, sindaci di città sopra i 15mila abitanti) e le candidature multiple in più collegi elettorali.

venerdì 24 ottobre 2008

La somma delle contraddizioni, il quoziente politico e ... la sottrazione di risorse

“La somma delle contraddizioni non potrà mai produrre un risultato diverso dalla somma delle azioni negative compiute: credo che questa regola valga anche in politica. I tagli, senza autentiche riforme, producono danni irreversibili, producono unicamente distruzione” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi. “I tagli che colpiranno le politiche a favore delle comunità italiane nel mondo avranno come unico effetto la chiusura del rapporto con l’italianità fuori dei nostri confini nazionali: perché il Governo Berlusconi colpirà lingua e cultura, editoria, investimenti, solidarietà – tra i quali anche diritti costituzionali, come quello alla formazione e all’assistenza sociale. Colpirà gli strumenti del dialogo, i contenuti di accordi bilaterali e multilaterali, colpirà il centro nevralgico della nostra presenza nel mondo. Colpirà anche la rappresentanza. Non esistono giustificazioni alla scelta chirurgica di operare un taglio complessivo di 50 milioni di euro ai capitoli tradizionalmente rivolti alle nostre comunità nel mondo” – ha ribadito Marco Fedi. “È contraddittorio allora parlare di lingua italiana nel mondo, di investimento culturale, di lingua italiana negli ordinamenti scolastici di altri Paesi, quando l’unica prospettiva è rappresentata dai tagli. È una contraddizione parlare di fase temporanea, ipotizzando un futuro ritorno di investimenti, quando componenti dello stesso esecutivo parlano di tagli per tre finanziarie consecutive. Viviamo, almeno nelle dichiarazioni, una serie costante di contraddizioni, anche sulle motivazioni dei tagli. Non vi è crisi finanziaria internazionale che tenga per una scelta di finanza pubblica che è maturata prima dell’estate, per una decisione politica gravissima che fa pesare su alcune Direzioni Generali del Ministero degli Affari esteri riduzioni del sessanta per cento, per una deliberata e mirata azione di delegittimazione degli organismi di rappresentanza” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi.
“La manovra economica colpisce pesantemente Ministeri, Regioni ed Enti locali e non abbiamo ancora valutato tutte le conseguenze negative che ne deriveranno per gli italiani all’estero, anche in relazione al buon lavoro svolto da alcune Regioni italiane che potrebbe essere compromesso proprio dai tagli. Il quoziente politico non cambia, quindi, anche tirando in ballo altri soggetti. Siamo testimoni, invece, di una sottrazione di risorse che non ha eguali, che non può essere giustificata né rappezzata con ipotesi di rimedio come l’intervento delle Regioni o dei privati”.
“Come parlamentari del Partito Democratico eletti all’estero, abbiamo presentato degli emendamenti che propongono il ripristino integrale dei tagli previsti per i capitoli degli italiani all’estero. Non solo. In aggiunta proponiamo uno stanziamento per le nuove generazioni, in modo che possa continuare il percorso che inizierà con la conferenza mondiale dei giovani ed uno stanziamento per il museo delle migrazioni, progetto in cui crediamo e per il quale siamo convinti si debbano investire risorse”. “Abbiamo poi presentato un emendamento tendente a superare definitivamente la questione dell’esonero ICI, in modo che avvenga per tutti, con trasparenza ed in base ad una norma di legge, piuttosto che sulla base di interpretazioni o semplici equiparazioni. Un emendamento sul diritto all’assegno sociale, per consentire che il requisito dei 10 anni si possa raggiungere con i periodi di residenza storica, vale a dire verificatasi in un qualsiasi momento della vita di un emigrato o immigrato. Ed abbiamo presentato un emendamento che renda permanente il diritto alle detrazioni fiscali per carichi di famiglia per i lavoratori italiani all’estero” – ha sottolineato l’On. Marco Fedi.
“Non ci siamo limitati a presentare emendamenti a questa finanziaria così negativa per gli italiani nel mondo o a votare contro i tagli introdotti con il decreto sulla salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie. Abbiamo presentato proposte di riforma, dal settore scolastico a quello culturale, dalla cittadinanza fino ai diritti sindacali, dai diritti delle donne all’assegno di solidarietà. Stiamo lavorando ad una proposta sull’informazione che punti ad un riordino complessivo del sistema e preveda, sin dall’inizio, criteri nuovi per l’accesso ai contributi, per i mezzi d’informazione elettronici ed audiovisivi, oltre che per la carta stampata. Abbiamo le carte in regola per progettare, attraverso le riforme, un rapporto nuovo tra Italia e comunità all’estero. Siamo pronti al confronto, anche se ci rendiamo conto delle difficoltà dell’attuale maggioranza ad affrontare il tema delle riforme” – ha concluso Marco Fedi.

giovedì 16 ottobre 2008

La virgola

Sulla prostituzione…

Non basta dire che da oltre cinquanta anni in Italia non si riesce a discutere di prostituzione – con tutte le conseguenze che da questo fenomeno derivano – per essere automaticamente nel giusto. Ne mi pare giusto semplificare il problema e riportarlo nella sfera di una semplice questione di ordine pubblico o di sicurezza delle città. Un sindaco di una grande città – prendiamo ad esempio Roma – è nel giusto se si pone il problema di restituire ai cittadini, ai turisti, agli immigrati, parti della città che sono state “espropriate” dalle attività che ruotano attorno alla prostituzione. Ma il sindaco di una grande città deve porsi anche il problema delle conseguenze delle proprie azioni. Spostare il problema da Roma a fuori le mura, oppure trasferirlo in luoghi dove non vi è pubblica esposizione ma può esservi analogo sfruttamento, con un peggioramento delle condizioni, deve interessare il primo cittadino di una grande città e tutti i cittadini. Altrimenti – come per la proposta del Ministro Carfagna – la logica deduzione è che si tratti di un provvedimento bigotto, che vuole evitare di affrontare il problema semplicemente portandolo lontano dagli occhi dei cittadini. In questo modo – come sempre – il rischio e di fomentare l’illegalità e favorire le attività illecite organizzate.
Sono convinto che la prostituzione debba essere regolata. La regola fondamentale della domanda e dell’offerta mi porta a pensare che non basti agire sull’offerta spostandola in altri luoghi e sulla domanda applicando le sanzioni. Solo una volta che sarà stato regolato il fenomeno, sarà giusto applicare tutti gli strumenti della legge per punire chi non sta nelle regole.
In molti Stati d’Australia la prostituzione è regolata. Dove non è regolata viene tollerata quando si svolge in luoghi “privati”ma spesso è gestita dalla criminalità organizzata ed è stata al centro di scandali che hanno coinvolto anche le forze dell’ordine.
In una società moderna abbiamo il dovere di proteggere tutti. Fare in modo che nessuno debba prostituirsi per necessità, evitare che questa attività umana venga gestita dalla criminalità comune ed organizzata, evitare che lo Stato, nel tentativo di non promuovere il fenomeno lo trasformi in un pericoloso boomerang sociale.

Dalla residenza a punti…

Come per la patente, anche il permesso di soggiorno per gli immigrati dovrebbe essere a punti. Ecco la vergognosa proposta della Lega Nord, inserita in un emendamento al ddl sulla sicurezza in discussione al Senato.
Il partito di Bossi non finisce mai di stupire in negativo. L’idea che si venga espulsi dopo un tot di reati corrispondenti ognuno a un dato punteggio fissato dal Viminale, è molto più che “bizzarra”, come l’ha definita qualche loro alleato del PDL.
È una vera e propria ingiuria allo Stato di diritto e all’uguaglianza dei cittadini, che fa il paio con un altro emendamento presentato sempre dalla Lega nel quale si prospettano referendum locali per decidere se si vuole o meno un campo rom o una moschea nel proprio Comune, con cui si limita l’accesso per gli immigrati ai servizi sanitari e sociali, istruzione compresa, e con cui si richiede il permesso di soggiorno per chi vuole sposarsi con un cittadino italiano. Permesso di soggiorno che dovrebbe passare da 70 a 200 euro di costo.
Proporre tutto ciò – anche se ci sono speranze che non si traduca in legge – è già un danno. Infatti la Lega Nord, con la complicità dell’intera maggioranza, continua ad alimentare la xenofobia, dimostrando che non è interessata a governare il fenomeno dell’immigrazione ma soltanto a rinfocolare la paura.

… alle classi differenziali…

La mozione sulla introduzione delle classi “ponte”, presentata dalla Lega Nord ma sostenuta e votata dall’intera maggioranza, nonostante l’accesso dibattito svolto dall’opposizione alla Camera, rappresenta un’ennesima dimostrazione della scelta leghista di alzare il livello dello scontro. La mozione prevede l’inserimento degli scolari figli di immigrati in classi differenziali per “facilitare” l’inserimento nella scuola italiana, dal punto di vista linguistico, culturale e delle conoscenze di base. Mentre da un lato è positivo che una forza parlamentare e di governo come la Lega si preoccupi dell’inserimento scolastico dei figli degli immigrati, è meno nobile prevedere uno strumento di inserimento come le classi differenziali.
Isolare una condizione, non renderla partecipe del mondo circostante, non consentire lo scambio culturale e linguistico è proprio ciò che blocca l’integrazione. Maggiormente quando parliamo degli anni formativi. Insisto nella tesi che il “multiculturalismo” – che non va ricercato nei modelli inglese o del melting pot americano ma nella capacità di una società di valorizzare le diversità per sviluppare modelli originali di integrazione che debbono riguardare tutti, anche i cittadini italiani – rappresenti una via percorribile per l’Italia e per l’intera Europa.

martedì 14 ottobre 2008

Tagli, ordini del giorno e … democrazia

La discussione sulla legge finanziaria 2009 è stata affrontata in sede consultiva in Commissione Affari esteri della Camera dove abbiamo colto una prima, chiara, indicazione sulla volontà della maggioranza rispetto alle scelte operate dal Governo. La maggioranza sostiene i tagli a tutto il Ministero degli affari esteri ed in particolare a tre direzioni generali – che risultano fortemente penalizzate: la Direzione italiani all’estero e politiche migratorie, la Direzione per la promozione culturale e la Direzione per la cooperazione allo sviluppo.
In Commissione affari esteri il gruppo del Partito Democratico (PD) ha votato contro la manovra economica e contro le scelte del Governo presentando un proprio parere. “In quella sede” – sottolinea l’On. Marco Fedi – “ho dichiarato il mio appoggio alla proposta di relazione illustrata dal capogruppo PD Maran, sottolineando che nel corso del dibattito è stato dato nel complesso poco rilievo ai drastici tagli che sono stati apportati ai capitoli di spesa afferenti al tema degli italiani nel mondo. Ho segnalato il fatto che a fronte di una riduzione del 22% nei trasferimenti ai Ministeri ed alle Pubbliche amministrazioni, in alcuni settori, come gli Esteri, ed in alcune Direzioni generali come quelle citate, si assiste a riduzioni del 60%, quando va bene al 50% ed in alcuni casi all’azzeramento delle dotazioni”. “La Direzione generale italiani all'estero e politiche migratorie è particolarmente colpita con tagli al capitolo n. 3153, relativo ai contributi degli enti gestori i corsi di lingua italiana nel mondo, che passa da 34 milioni di euro a 14 milioni e 500 mila euro, con una riduzione pari a 19 milioni e 626 mila euro. Il contributo per l'assistenza diretta ai connazionali indigenti, ovvero il capitolo n. 3121, passa da 28 milioni e 500 mila euro a 10 milioni e 777 mila euro, con una riduzione pari a 17 milioni e 722 mila euro. Il capitolo n. 3105 per l'assistenza indiretta passa da 2 milioni e 450 mila euro a 1 milione, con una riduzione di 1 milione e 274 mila euro. Il capitolo per le attività culturali, gestito dalla rete diplomatico-consolare, passa da 3 milioni e 450 mila euro a 996 mila euro, con una riduzione di 2 milioni e 454 mila euro. Analoghi drastici tagli vengono operati anche per quanto riguarda gli organismi di rappresentanza degli italiani all'estero: il contributo per il CGIE passa da 2 milioni e 14 mila a 1 milione e 550 mila euro (-464 mila euro), mentre per i COMITES il contributo passa da 3 milioni e 74 mila a 2 milioni e 540 mila euro (-534 mila euro)”. “La gravità dei tagli è tale che rischia di compromettere la politica estera italiana”. “Il taglio apportato alla Direzione generale italiani all'estero e politiche migratorie ammonta a 50 milioni di euro, mentre le dotazioni della Direzione generale per la promozione e la cooperazione culturale sono decurtate di 92 milioni di euro e quelle della Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo subiscono un taglio complessivo di 479 milioni di euro”.
“In sede di discussione sulla legge di bilancio è stato presentato dall’On. Zacchera un ordine del giorno che propone il rinvio delle elezioni per il rinnovo dei Comites e del Cgie” – ha ricordato Fedi – passato con il voto contrario del gruppo PD – che sostiene alcune tesi molto “pericolose”. “Si parte dalla difficoltà di reperire risorse – ma questa analisi non tiene conto del fatto che esiste già una previsione di bilancio per il rinnovo di Comites e Cgie – per arrivare ad una ipotesi sul possibile utilizzo delle risorse da destinare ad altri capitoli. “Non vi è però da parte del Governo alcuna indicazione sul possibile recupero dello stanziamento complessivo di 7milioni di euro (6 per i Comites e 1 per il Cgie) che comunque rappresenterebbe davvero una goccia rispetto all’entità dei tagli. Non solo. Il Governo prospetta tagli anche nel 2010 e 2011: fino a quando il Governo intende prorogare i Comites se la logica per chiedere il rinvio è quella dei tagli? Se la logica fosse invece politica, da quando l’esercizio della democrazia è sotteso ai tagli? Che riforma dei Comites si vuole introdurre, visto che sono stati modificati dal Governo Berlusconi nel 2003 con corsia privilegiata, in sede deliberante, ed un ampio consenso parlamentare? Dov’è la proposta di cui discutere? “Abbiamo votato contro l’ordine del giorno poiché lo riteniamo errato nella forma poiché parte da una irreperibilità di fondi che invece è previsione di bilancio. Sostiene poi una tesi sul possibile utilizzo dello stanziamento che il Governo non conferma e l’ordine del giorno non indica poi un percorso politico – nei contenuti e nei tempi – per arrivare alla riforma” – ha ricordato l’On. Marco Fedi.
“Infine il capitolo 3123 – spese per le consultazioni elettorali e referendarie all’estero” – sul quale il sottosegretario Mantica aveva chiesto una nostra riflessione in sede di prima audizione del Comitato per gli italiani nel mondo. La decisione era già stata presa poiché nella tabella 6 del MAE questa voce – che comporta una previsione di 23milioni di euro – è stata soppressa. Ne consegue che non vi sarà la possibilità – in occasione del rinnovo del Parlamento europeo – di votare sui collegi italiani: comunque gli elettori potranno optare per il voto in loco verso i candidati europei della circoscrizione in cui risiedono, e vi sarebbe anche una logica politica in questa scelta, ma sarà preclusa ai cittadini italiani che vivono fuori dai confini nazionali la possibilità di votare per il referendum sulla legge elettorale ed eventualmente sul lodo Alfano. Con la contraddizione che gli iscritti AIRE sono elettori ma la impossibilità di esprimere un voto renderà più difficile raggiungere il quorum necessario affinché il referendum produca effetti. Forse Governo e maggioranza dovrebbero rispondere anche a questi dubbi” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

giovedì 9 ottobre 2008




Viviamo un momento amaro della storia d’Italia

Qualcuno di noi – incluso il sottoscritto – si era illuso che tra maggioranza ed opposizione, tra chi sostiene il Governo Berlusconi e chi invece sta dalla parte di Walter Veltroni, cioè di un’opposizione seria, sempre fatta nel merito delle proposte, vi potesse essere un autentico dialogo. Una verifica cioè delle priorità per il Paese, dei punti di accordo e di un piano di riforme: a partire da quelle istituzionali. Veltroni lo ha dimostrato sulla vicenda Alitalia: nonostante la nostra avversione ad un piano costruito tardi e male, ad un uso propagandistico di tutta la vicenda iniziato con la campagna elettorale, al no ad una proposta seria di Air France, parte del piano Prodi, nonostante quindi questi argomenti solidi per dire no al piano Cai, di fronte all’ipotesi peggiore, cioè il fallimento Alitalia, Veltroni facilita una ripresa del dialogo tra la Cgil, i sindacati di categoria e la Cai.
La maggioranza invece di prendere atto di un atteggiamento costruttivo dell’opposizione che fa? Attacca ed offende il leader dell’opposizione. Attacchi che continuano ancora oggi a rete unificate Rai e Mediaset.
Il dialogo tra maggioranza ed opposizione non può essere percepito come una sudditanza o peggio come uno tentativo di limitare il dibattito ai micro-aggiustamenti.
Deve esserci un confronto generale sui grandi temi, anche in Parlamento, poi è possibile guardare anche ad emendamenti migliorativi – senza il capestro del voto di fiducia.
Se è legittimo – infatti – procedere a colpi di decreto quando vi è un’emergenza, non è certo ragionevole evitare la discussione sulla finanziaria o sulla riforma della scuola o sulla prostituzione. Finora il ricorso al voto di fiducia vi è stato su finte emergenze: la giustizia con il lodo Alfano e l’immunità per le più alte cariche dello Stato, la sicurezza con il reato di immigrazione clandestina e l’esercito nelle strade. Danni gravissimi all’Italia ed alla sua immagine nel mondo.
Il Governo Berlusconi continua su questa strada: mette mano alla scuola per tornare al maestro unico nelle scuole elementari e far tornare l’Italia indietro nel tempo e nelle metodologie e modificando ciò che già va bene – anche secondo gli organismi di monitoraggio internazionale! Che senso ha riformare ciò che altri ci invidiano?
E poi vi è la grande questione degli italiani all’estero. È iniziata male con la conversione del decreto 93 sulla salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie – che ha sottratto al Ministero degli affari esteri oltre 17milioni di euro destinati alle iniziative per gli italiani nel mondo – ed è continuata malissimo con il mancato recupero in sede di aggiustamento di bilancio e continua nel peggiore dei modi con un taglio prospettato di altri 50 milioni euro per il 2009. Non solo. Anche la promessa di altri tagli nel 2010 e 2011. Con questi tagli si annientano le iniziative per gli italiani nel mondo! Non è possibile parlare in altro modo.
È un fatto grave di cui questo Governo e questa maggioranza debbono assumersi tutte le responsabilità. Noi faremo del nostro meglio in Parlamento per lottare contro i tagli, per fare in modo di affrontare in modo coerente altre questioni come le detrazioni per carichi di famiglie, l’assegno sociale, la cittadinanza, l’esonero dall’ICI, i diritti sindacali del personale a contratto dei consolati, la rete consolare ed altre riforme che ci attendono, a partire dagli istituti di cultura fino alla 153 del 1971 sulla promozione e diffusione dell’italiano all’estero fino alla legge elettorale per il voto all’estero. Ed abbiamo oggi i dati precisi sui tagli proposti (dalla tabella 6 del Ministero degli Affari esteri) che rappresenterebbero, ove confermati, l’annientamento del buon lavoro svolto nella trascorsa legislatura e la fine delle politiche a sostegno delle comunità italiane nel mondo.
Il capitolo 3153 sui contributi agli enti gestori i corsi di lingua italiana nel mondo passerebbe da 34milioni di euro a 14milioni e 500mila (meno 19milioni 626mila). Il contributo per l’assistenza diretta ai connazionali indigenti, capitolo 3121, da 28milioni e 500mila a 10milioni e 777mila (meno 17milioni e 722mila). Il capitolo per l’assistenza indiretta, 3105, passa da 2milioni e 274mila a 1milione (meno 1milione e 274mila)
Il capitolo per le attività culturali, gestito dalla rete diplomatico-consolare, passa da 3milioni e 450mila a 996mila (meno 2milioni e 454mila).
Il contributo al CGIE passa da 2milioni e 14mila a 1milione e 550mila (meno 464mila).
Il contributo ai Comites passa da 3milioni e 74mila a 2milioni e 540mila (meno 534mila). Il capitolo 3106 per le riunione dei Comitati dei presidenti subisce un taglio da 226mila a 170mila euro (meno 56mila).
Lo stanziamento previsto, per questi capitoli per le comunità italiane nel mondo, è pari a 31milioni 553mila euro, i tagli ammonterebbero invece a 41milioni 596mila.

E sulla scuola…

Il decreto sulla scuola elaborato dal ministro dell’Istruzione Gelmini è legge. Il governo ha posto per la sesta volta la questione di fiducia, pur avendo dalla sua una larga maggioranza, palesando così tutto il suo disinteresse per le prerogative e il ruolo del Parlamento. Qualcuno ha definito questo ddl il decreto Gelmini-Tremonti, perché ha l’aspetto di una mannaia sui conti della scuola italiana. Contiene infatti la cifra record di 8 miliardi di euro di tagli da realizzarsi nei prossimi tre anni.
Per l’esattezza salteranno 81mila insegnanti (moltissimi di sostegno ai disabili) e 47mila tra personale tecnico e amministrativo. Vuol dire 150mila posti di lavoro in meno, attraverso il mancato reintegro di chi va in pensione e il blocco delle Ssis (costose ma ormai inevitabili scuole di specializzazione per insegnare). Di concorsi neanche a parlarne…
Diminuendo i docenti le classi supereranno abbondantemente i 30 alunni: altro che qualità dell’insegnamento! Molti plessi scolastici verranno chiusi costringendo le famiglie dei comuni più piccoli ha fare più strada. Sarà inoltre compromesso il tempo pieno, sempre più necessario alle famiglie che lavorano.
E poi il ritorno del maestro unico alle elementari. In un sol colpo si torna indietro di vent’anni. I bambini perderanno una pluralità di stimoli nell’apprendimento e una prima occasione di confrontarsi con la complessità della vita, oltre a rischiare di essere penalizzati: se si ha un cattivo rapporto con l’unica maestra, non si hanno altre chance per essere valorizzati.
Il PDL ha anche presentato un disegno di legge (Aprea) per trasformare gli istituti scolastici in fondazioni: con il pretesto di più introiti e più legame con il mondo del lavoro, in realtà le scuole saranno consegnate alle imprese, le quali versando qualche euro guideranno i nuovi consigli di amministrazione, sostitutivi di quelli di istituto. Al posto di presidi, insegnanti, personale, genitori e alunni, a decidere su un programma, una gita o l’orario settimanale saranno gli imprenditori.
L’impressione è che questa destra che privatizza la scuola pubblica e favorisce quella privata, è capace soltanto di fare il solito muso duro: rimettere il grembiule e il 7 in condotta, addirittura secondo qualche esponente del PDL anche l’Inno di Mameli, l’alzabandiera e la religione cattolica obbligatoria per tutti (alla faccia di oltre mezzo milione di alunni figli di stranieri e della laicità del nostro Stato).
Piuttosto di occuparsi di problemi reali come classi sovraffollate, edifici spesso fatiscenti o non attrezzati, continue revisione delle edizioni dei testi scolastici, obbligo scolastico a soli 16 anni (con il governo Prodi era arrivato a 18), si punta sulla propaganda e sulla demagogia.