martedì 16 dicembre 2008

Ai partecipanti alla Conferenza mondiale dei giovani

Grazie a tutti i giovani, al CGIE ed ai Comites, per aver realizzato questo appuntamento e per l’importante lavoro svolto: è la migliore risposta a chi non riesce a vedere oltre la cortina della demagogia.
Grazie per la vostra bella presenza, per il lavoro impegnativo che avete svolto, per la vostra stupenda presenza in questo Paese che a volte appare stanco ed ingrigito.
Non avete deluso chi crede in voi e nel futuro della nostra presenza nel mondo.
Perché vedete, si può essere presenti nel mondo – come tanti altri Paesi – oppure si può essere “parte del mondo”, integrati in tante realtà, impegnati, come ha ricordato il Presidente Napolitano, ad essere bravi cittadini di quei Paesi, eppur mantenere, contemporaneamente, un forte legame con la comune matrice italiana. Ecco la grande sfida e la grande opportunità.
Valorizzare questa rete, che è ricca e composita, e per questa ragione deve avere maglie salde e non può lasciar fuori nessuno. Deve includere l’emigrazione storica – per la quale dobbiamo ancora lavorare per avere affermati diritti di cittadinanza, dalle prestazioni pensionistiche alle convenzioni bilaterali, dalla cittadinanza ai servizi consolari, aspetti che riguardano anche i giovani. Deve includere le donne e le nuove generazioni e non deve trascurare le nuove mobilità nel mondo, quelle che arricchiscono il nostro Paese nella sua immagine e nella sua capacità di produrre “originalità”, “pensiero” e “cultura”.
La grande intuizione di una classe politica post-emigrazione di massa, fu proprio quella di promuovere l’integrazione nei paesi di residenza ed allo stesso tempo fissare il quadro di un rapporto con l’Italia a livello politico e sociale e culturale. Quella scelta bipartisan fu saggia poiché abbiamo oggi comunità integrate – costruite grazie al lavoro e sacrificio di tante generazioni di italiani – ma anche con il sostegno e contributo delle leggi dello Stato italiano a sostegno delle nostre comunità: per la diffusione di lingua e cultura italiane, per la tutela dei diritti, per i servizi, per la formazione, per riconoscere a tutti i cittadini italiani, sempre, ovunque essi vivano o lavorino, i diritti sanciti dalla nostra costituzione.
Ma è legittimo anche provare tristezza: la tristezza che si legge – ma occorre vederla, leggerla, comprenderla - negli occhi di un emigrato ogni volta che un diritto viene calpestato. E che leggiamo anche negli occhi di figli e nipoti: un segnale eccezionale di rispetto della propria storia. Provare tristezza per un Paese che cambia lentamente, troppo lentamente, e che ancora non ci conosce.
Disegnare una nuova Italia è anche il vostro impegno: non deve sorprendere questo fatto! Avete compreso bene che l’Italia della moratoria sulla pena di morte, l’Italia che si batte per ampliare la democrazia e per difenderla con le missioni di peacekeeping, in altre parole l’Italia che chiede il rispetto – sempre – dei diritti umani e dei diritti civili, è anche la vostra Italia. Quella dei valori condivisi della pace e della solidarietà.
Ma il compito di cambiare l’Italia con le riforme è un compito delle classi dirigenti di questo Paese, della politica. Allora l’impegno vostro e nostro deve essere quello di partecipare a livello politico, a tutti i livelli. Locale, nazionale ed internazionale.
Dal 2006 anche per il Parlamento della Repubblica italiana. Per Comites e Cgie nel 2009, per i referendum, per le elezioni politiche. Facciamo ripartire una grande azione politica per rinnovare – nella politica – questi organismi. Per avere giovani, donne e uomini eletti ed impegnati a fare squadra, a coordinare le attività comunitarie, a conoscere e relazionare sui cambiamenti in atto, sui livelli di integrazione, sulle emarginazioni, su vecchie e nuove povertà.
Credo che uno dei compiti fondamentali di questa conferenza sia quello di far comprendere alle istituzioni che non è più possibile pensare che l’italianità – da sola – possa essere elemento sufficiente a fare rete. Non è sufficiente limitarsi a riconoscere il valore che ci accomuna nell’italianità. Occorre riconoscere e dare visibilità alle tante identità che si modificano e sono parte di un processo: il processo di crescita delle persone!
Tutte queste ricche identità chiedono un collegamento con l’Italia. Riusciremo, allora, chiediamo al Governo, a costruire una rete, che sarebbe davvero straordinaria, di collegamento e di appoggio per il sistema Italia nel mondo? Nel vuoto di idee e progetto in cui si dimena la maggioranza in questo momento, ho paura di no! Non si tratta esclusivamente di risorse, è vero. Non sarebbe male però, disegnare insieme un percorso che consenta, ad esempio, da un lato di garantire la continuità nell’insegnamento della lingua italiana e nella promozione culturale nel mondo e dall’altro progettare strumenti nuovi, dalla riforma della 153/71 fino alla riforma degli Istituti di cultura.
Non sarebbe male, insieme, disegnare una nuova 'clever Italy', un'Italia che valorizzi il contributo della prima emigrazione, che faccia proprie le potenzialità offerte dalla multiculturalità e dell'integrazione tra i popoli e che costruisca modi nuovi di essere Paese nel Mondo. Occorre un processo di formazione continua che trasformi l’Italia in un paese che attrae intelligenze, non solo per una fase di rientro dei “cervelli in fuga” ma per creare le condizioni affinché l’Italia sia posta al centro di un flusso di scambi nel settore della ricerca scientifica e tecnologica, tenendo conto che si tratta di un settore dinamico in continua evoluzione.
Il Governo ha chiesto una riflessione sulla cittadinanza. Ho capito che i giovani chiedono non solo che si riaprano le opportunità per il riacquisto della cittadinanza italiana ma vi sia una revisione che consenta di superare discriminazioni storiche nei confronti delle donne e del superamento delle anomalie su questo tema, oltre all’idea di una nuova cittadinanza che consenta un miglior processo d’integrazione per gli immigrati in Italia.
Eppure, da questo quadro di impegni condivisi e di soluzioni da costruire insieme o da condividere, da tutte queste riflessioni, l’unico fatto che appare all’orizzonte è un modestissimo recupero di risorse ed un rinvio delle elezioni degli organismi di rappresentanza.
Fare le riforme insieme presuppone alcune condizioni. Partire da una chiarezza di fondo: sulla democrazia non si fanno sconti e quindi sarebbe utile rinnovare alla loro scadenza sia Comites che CGIE.
Contemporaneamente far partire una fase di riflessione e di consultazione per collocare le riforme degli organismi di rappresentanza nel futuro assetto costituzionale, in vista delle riforme istituzionali e della modifica della rappresentanza parlamentare. Tutti sentono questa esigenza. Ma i tempi saranno necessariamente lunghi. Che tempi avrebbe, allora, un’eventuale proroga?
Occorre che tutti insieme facciamo una scelta politica di fondo nella fase di rinnovo di questi organismi: garantire la presenza delle nuove generazioni, delle donne, delle nuove mobilità che, insieme, rappresentano il grande patrimonio di italianità nel mondo.
Noi vi lasciamo con l’impegno di dare continuità a questa conferenza: abbiamo già provato a farlo in finanziaria ma la maggioranza ha bocciato un nostro emendamento teso ad avere maggiori risorse. L’impegno di costruire riforme per dare voce ed opportunità ai giovani ricercatori ed alle nuove mobilità con un’apposita proposta di legge. L’impegno di continuare a rafforzare la nostra presenza nel mondo.
Tra i vostri sogni ed impegni, da domani, ponete anche, forte, il rapporto politico con l’Italia.

Grazie nuovamente per il vostro lavoro.

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