mercoledì 28 gennaio 2009

La virgola,

I primi passi di Obama, la credibilità internazionale ed il rispetto reciproco

L’impressione che si trae dai primi passi della nuova amministrazione americana, targata Obama, è assolutamente positiva. Per le cose dette da Obama, per gli impegni assunti con il popolo americano durante la campagna elettorale e confermati ora nei primi passi concreti della nuova amministrazione. La cerimonia di insediamento del Presidente americano non è stato solo un atto formale. È rinnovare l’impegno comune – del Presidente ma anche di tutti gli americani – ad applicare e proteggere i valori fondativi della Costituzione. La cerimonia di insediamento di Obama mi ha ricordato quanto importante sia per il popolo americano la Costituzione. Ed i primi passi del nuovo Presidente confermano tutto ciò. Anche su Guantanamo si torna alla Costituzione. Tra dodici mesi si chiuderà definitivamente un capitolo buio della storia americana. Si torna a “combattere” il terrore con le armi della legalità. Questo passaggio marca le differenze tra Obama e Bush. Nel suo primo giorno di insediamento alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha chiesto ai vertici militari di "raddoppiare gli sforzi" per arrivare ad un "ritiro responsabile" dalle truppe dall'Iraq. Obama intende quindi impegnarsi nella pianificazione necessaria per arrivare a un ritiro militare responsabile dall'Iraq, esattamente ciò che si era impegnato a fare in campagna elettorale. Il processo di pace in medio oriente può trarre solo benefici da questo ritorno alla legalità, anche internazionale. La tregua tra Israele e Palestina, la ricerca complessa ma necessaria per un percorso che porti ad un cessate il fuco permanente e ad una nuova fase di dialogo. Per essere credibili sulla pace occorre essere credibili sul piano internazionale e credo che Obama stia lavorando bene in questa direzione. Il richiamo alla nuova credibilità internazionale, al ritiro responsabile dall’Iraq “lasciando l’Iraq al suo popolo”, alla necessità di forgiare una pace guadagnata a fatica in Afghanistan, a lavorare per la pace e per ostacolare, fermare, ogni spettro di minaccia nucleare ed ambientale. Importante il richiamo alla grande America, nazione di cristiani e musulmani, ebrei e indù e non credenti, che è riuscita a superare la divisioni religiose, culturali e linguistiche e che non può e non deve tornare indietro ma deve giocare invece un ruolo internazionale fondato su questi elementi positivi. Significativo l’impegno per le nazioni povere, per combattere l’indifferenza verso chi soffre, per contrastare il consumo indiscriminato delle risorse e gli effetti sul nostro pianeta. Obama ha parlato delle sfide economiche che tutti abbiamo di fronte senza nascondere il fallimento collettivo nel compiere le scelte dure per contrastare l’avidità e l’irresponsabilità di pochi. Mi è parso un discorso equilibrato che ha rafforzato in me la convinzione che Obama ha le carte in regola per svolgere bene il ruolo di Presidente degli Stati Uniti d’America. Le aspettative sono tante e sono sempre eccessive. Credo che sia importante ricordare che oggi abbiamo tutti gli strumenti internazionali per svolgere una mediazione su tutti i piani, sia politico che economico. Ritengo che la mediazione internazionale di politica estera non possa che passare attraverso gli organismi internazionali e che – analogamente – la risposta internazionale alla crisi finanziaria ed economica non possa che essere affidata ai momenti di confronto internazionale. La nuova amministrazione Obama garantirà una presenza credibile in questi ambiti internazionali. È evidente che il peso degli Stati Uniti sullo scenario internazionale impone la dovuta attenzione ad una Presidenza che pare “innovatrice” su elementi fondamentali quali la legalità internazionale. Le aspettative quindi non sono eccessive se si ritiene che il buon lavoro – sulla base degli impegni assunti e confermati in questi primi passi – del Presidente Obama avrà conseguenze positive per tutti. Eccessive nella misura in cui si possa pensare che la nuova amministrazione americana possa di per se rappresentare una soluzione ai grandi problemi del nostro tempo. Dobbiamo oggi essere tutti all’altezza delle sfide del nostro tempo. Il Governo italiano deve governare bene in Italia e non lo sta facendo! Ad esempio a livello di contrasto della crisi economica – per quanto attiene alle scelte a sostegno di famiglie, pensionati, fasce sociali più deboli, imprese e sistema economico in generale – occorre essere credibili a livello “domestico” per potersi offrire credibilmente al necessario coordinamento internazionale. Così come a livello internazionale la nostra politica estera deve sapersi “affermare” per i forti richiami alla legalità internazionale ed al multilateralismo. Essere in sostanza parte di una nuova fase “mondiale” della costruzione di pace e di dialogo. In questo senso credo che i rapporti tra Italia e Stati Uniti non subiranno cambiamenti sostanziali. Certamente sarebbe utile – non solo con gli Stati Uniti – avere un rapporto basato sul rispetto reciproco. La mancanza di rispetto del Brasile nei confronti dell’Italia sul caso Battisti – ma è solo un esempio – dimostra quanto sia importante avere, sempre, rapporti chiari basati sulla reciproca “credibilità”.

Sul caso Battisti…

Concordo con quanti – tra le fila della maggioranza e dell’opposizione, in maniera bipartisan – sostengono che le motivazioni con le quali è stata negata l’estradizione siano poco rispettose dello stato di diritto che vige in Italia, delle sentenze della magistratura, dei principi, anche internazionali, che hanno reso possibile, ad esempio, la ratifica di un trattato internazionale per l’estradizione tra Italia e Brasile. Battisti è stato condannato per quattro omicidi e non per reati politici. La valutazione brasiliana secondo cui si tratterebbe di reati politici, esclusi dal trattato di estradizione, è però una valutazione “tecnica” della magistratura brasiliana. Occorre agire a livello politico e diplomatico per fare in modo che la posizione tecnica possa essere rivisitata alla luce di informazioni che probabilmente sono sfuggite all’attenzione della magistratura brasiliana. Occorre affermare che l’Italia ha le proprie ragioni, sono condivise dall’intero Paese e vanno sempre nel pieno rispetto delle sentenze della nostra magistratura. Per dire queste cose, dirle con la dovuta forza, dirle al Presidente ed all’intero popolo brasiliano, occorre davvero essere credibili. Questo compito – attraverso una mozione che mi auguro possa essere bipartisan – se lo assumerà il Parlamento.

giovedì 15 gennaio 2009

La virgola

Cessate il fuoco subito, per riprendere il percorso di Pace con al primo posto la sicurezza di Israele
“Cessate il fuoco per permettere l'accesso degli aiuti umanitari, lotta al terrorismo per la sicurezza di Israele, sostegno, dialogo e legittimazione dello forze arabe moderate e invio di una forza di interposizione internazionale sul modello di quanto sperimentato e successo in Libano”, sono queste le proposte emerse dal convegno organizzato dal Partito Democratico. Un chiaro invito al dialogo per riprendere il cammino verso una pace troppo spesso sembrata a “portata di mano” e poi scippata dal terrore. Ho voluto rassicurare il Presidente del Comites d’Israele e tutti i suoi componenti circa la mia posizione sulla questione della Pace in Medio Oriente e della sicurezza dello Stato di Israele, temi che sono al centro delle mie preoccupazioni e dell’azione di politica estera di tutto il Partito Democratico, a partire dal suo segretario Walter Veltroni e dal suo ministro-ombra degli Esteri Piero Fassino. La tregua tra le parti è l’unica strada per rimettere in cammino il percorso arduo ma inevitabile della Pace, isolando le posizioni degli elementi più estremi ed evitando spargimenti di sangue innocente. Il recente appello alla Pace ci unisce ad un coro di “umanità” che vorrebbe che il dialogo riprenda subito, dopo che si cessi ogni ostilità. Al Presidente ed ai membri del Comites Israele ho ricordato che nei giorni in cui il Sen. Randazzo ed io portammo loro la nostra prima visita – esperienza che vorremmo ripetere – nei nostri colloqui ed incontri, affrontammo più volte i temi medio orientali, sia come questioni di politica estera, quindi concernenti il ruolo dell’Italia e dell’UE nei confronti dello Stato d’Israele e dell’ANP – nel mezzo di una crisi che riguardava il Libano – sia come questione che atteneva ed attiene alla vita della nostra gente, della nostra comunità. Abbiamo capito molto dalle cose che gli italiani in Israele ci hanno detto e raccontato e non abbiamo perso la fiducia verso un processo di Pace che deve prevedere, al primo posto, la sicurezza di Israele. Capisco che quando una tregua viene interrotta da altri, da chi non vuole la Pace, si possa pensare che non vi sarà mai sicurezza per nessuno. Ma è un sentimento che non porta ad una soluzione. Ascoltare la parte di Palestina che chiede la Pace e vuole la Pace significa ostacolare il disegno di chi, dentro Hamas, non vuole “negoziati” e “cambiamenti” ma solo la distruzione di ogni speranza.
La crisi economica ed i saldi della finanziaria Tremonti che non cambiano
La finanziaria triennale del Ministro Tremonti ci ha consegnato una serie di tagli – pesantissimi per gli italiani all’estero – ed un impegno per saldi immodificabili. Una finanziaria triennale che nella sua struttura non poteva prevedere gli effetti – che oggi appaiono devastanti – della crisi economica che è già con noi. Modificare i saldi, in vista di un 2009 che tutte le previsioni ci dicono sarà particolarmente duro per le famiglie, per le imprese, per i lavoratori ed i pensionati, sarebbe invece una strada percorribile. Tenendo conto anche degli errori – questi sì, strategici – commessi da Governo e maggioranza. Dall’esonero ICI per i benestanti fino al costo per l’operazione Alitalia, Governo e maggioranza hanno creato le condizioni per indebolire il Paese ed utilizzare preziose risorse in direzione sbagliata.
La rinuncia preventiva al dialogo …
A ciò si aggiunge una strategia da “rinuncia preventiva” al dialogo, per cui prima ancora di affrontare nel merito le misure previste dai provvedimenti all’esame si rinuncia al confronto con le ragioni dell’opposizione. Si cerca di evitare il confronto in aula ad ogni costo. La fiducia sul provvedimento anti-crisi, anche con la forte riduzione degli emendamenti presentati dal gruppo del PD, poteva essere evitata. Perdere occasioni per riforme o per un provvedimenti le cui finalità sono condivise, è una “rinuncia preventiva” agli spazi di dialogo auspicati dallo stesso Capo dello Stato. È evidente che la contrarietà di fondo alla impostazione complessiva del provvedimento non è ragione sufficiente per limitare la discussione. La conclusione è che si intenda evitare anche un confronto parlamentare internamente alla maggioranza.
I mille decreti di una finanziaria infinita
L’assalto alle diligenza – secondo Tremonti evitato nella finanziaria triennale – si sta puntualmente verificando sui tanti decreti che fanno da corollario alla manovra economica “infinita” a cui ci ha condannato il Governo Berlusconi. Nel decreto anti-crisi sono infatti apparsi strani emendamenti che nulla hanno a che vedere con un provvedimento che ha l’aspirazione di contrastare la crisi economica e che è stato definito un “piano strategico nazionale” a sostegno delle famiglie, dell’occupazione e delle imprese. Invece contiene misure che non sono interventi strutturali, che sono largamente insufficienti, che trasformano l’assistenzialismo in “intervento per i poveri” e che si occupano di “interessi particolari” o in qualche caso “strategie diversive”. Il bonus di 1000 euro è ad esempio un solitario intervento – profondamente assistenzialista – che non darà prospettive continuative per il rilancio dell’economia italiana. Lo stesso vale per la social card, la carta acquisti. Anche rispetto a questa misura il Governo sta creando le condizioni per un sua “oggettiva” collocazione tra misure assistenziali, non all’altezza di una seria politica di contrasto alla povertà che deve partire dai diritti di cittadinanza che ci appartengono perché garantiti dalla Costituzione. Ed abbiamo già oggi denunce di ritardi, inefficienze, complicazioni amministrative, mancanza di chiarezza e di informazione.

E le mille provocazioni …
Dai 50 euro di tassa per il rilascio e rinnovo del permesso di soggiorno alla fideiussione per le attività commerciali ed imprenditoriali, continuano le provocazioni che hanno lo scopo di “mascherare” l’azione inefficace del Governo sul fronte del contrasto alla crisi economica. Dimostrazione di come si cerchi di “confondere” natura e merito dei provvedimenti. Per quale ragione inserire una proposta con un forte carattere amministrativo – anche se si apre a valutazioni politiche – in un decreto anti-crisi oppure, come la Lega Nord intende fare, nel decreto sicurezza in discussione al Senato? Perché non affrontare, nel merito, questo tema separatamente? Perché non valutarne le conseguenze, con attenzione e senza strumentalizzazioni? La doppia azione di Governo e maggioranza, con al centro le posizioni della Lega Nord, continua: utilizzare la logica della paura per mascherare l’inefficacia dell’azione del Governo, utilizzare la logica delle emergenze per giustificare gli errori della maggioranza, da Alitalia, alla scuola e all’università fino alle misure sulla giustizia ed ora sulle misure anti-crisi.

mercoledì 14 gennaio 2009

Intervento aula On. Marco Fedi su decreto anti-crisi

Grazie Presidente.
avevamo un’altra opportunità, un’altra importante occasione per impostare, discutere e realizzare un provvedimento serio per affrontare la crisi economica, per sostenere davvero le famiglie, per l’occupazione, per le imprese. Governo e maggioranza non hanno saputo e voluto coglierla.
Perdere occasioni per riforme o per un provvedimenti condivisi, le cui finalità sono condivise, è una “rinuncia preventiva” agli spazi di dialogo auspicati dallo stesso Capo dello Stato.
Ecco Presidente, ogni volta che in Parlamento vengono meno le opportunità di confronto e dialogo, ogni volta che non riusciamo a pensare – insieme – al futuro del nostro sistema universitario e formativo, come avvenuto la settimana scorsa, o al futuro per il lavoro o per le famiglie, oppure per l’economia del Paese – ogni volta che ciò avviene – rinunciamo al ruolo della politica, rinunciamo a fare le riforme di sistema, quelle che garantiscono al Paese di progredire, di guardare con serenità al futuro. Ed proprio del futuro di questo Paese che ci dovremmo occupare!
È questa la dimensione di cui stiamo parlando: non stiamo discutendo di misure territoriali, come la carta acquisti di Modena – sicuramente importante come misura territoriale – ma stiamo discutendo di un “piano strategico nazionale”. Volevo ricordarlo all’On. Cazzola.
Ecco perché la scelta di Governo e maggioranza non può continuare ad essere quella dello scontro, in Parlamento e nel Paese. Lo abbiamo visto con la finanziaria, con la scuola, con l’Università ed ora con famiglie, lavoro, imprese. E quando prevale la logica dello scontro non vi sono più spazi per il dialogo. Se una maggioranza è convinta delle proprie scelte deve avere il coraggio di confrontarsi in Parlamento. Quando mancano coraggio e capacità di ascolto, quando mancano impegno e visione d’insieme per dare continuità ed organicità alle riforme, si imbocca un percorso che è senza “speranza”.
Quale altra lettura possiamo dare della proposta che tende ad inserire in questo provvedimento una tariffa di 50 euro per il rinnovo del permesso di soggiorno per gli immigrati regolarmente residenti in Italia o della fideiussione di 10.000 euro per le attività imprenditoriali? Quale altra lettura, se non l’ennesimo tentativo di “confondere” natura e merito dei provvedimenti. Quale altra lettura se non la continuazione della doppia azione: utilizzare la logica della paura per mascherare l’inefficacia dell’azione del Governo, utilizzare la logica delle emergenze per giustificare gli errori della maggioranza, da Alitalia, alla scuola e all’università fino alle misure sulla giustizia ed ora sulle misure anti-crisi.
Quale altra lettura, se non la nostra lettura, che è stata anche del Presidente della Camera, cioè di forte preoccupazione per una nuova deriva razzista?
Credo sia evidente come la percezione del significato di dialogo e condivisione – richiamate dal Capo dello Stato come esigenze imprescindibili per le riforme istituzionali e per modificare la Costituzione – sia molto diversa tra maggioranza ed opposizione. Tra chi continua a porre la questione di fiducia su provvedimenti che riguardano le “strategie nazionali del nostro Paese” che richiederebbero invece “condivisione” per combattere la povertà, per favorire le sviluppo, per sostenere i cittadini e le famiglie.
Questo decreto presentato dal governo allo scopo di sostenere le famiglie italiane non è un esempio di buona politica, poiché sceglie di procedere ancora una volta per annunci roboanti e spot propagandistici e non realizza invece il necessario e duraturo intervento di sostegno a favore delle famiglie italiane vessate dalla crisi economica.
Si prenda il bonus di 1000 euro. Un solitario intervento – profondamente assistenzialista – che non darà prospettive continuative per il rilancio dell’economia italiana a partire dalle spese dei ceti medi.
Lo stesso vale per la social card, la carta acquisti. Una tessera prepagata per l’acquisto di servizi o per la spesa nei supermercati, da 40 euro al mese, riservata ad anziani e genitori con bimbi sotto i 3 anni, che però devono possedere un reddito ISEE inferiore ai 6.000 euro annuali. 8.000 per gli ultrasettantenni. Una misura rivolta ad un bacino potenziale di 1milione 300mila beneficiari, rispetto invece ad oltre 8 milioni di famiglie che vedono esaurire il loro reddito alla terza settimana.
Ma anche per la carta acquisti, abbiamo già oggi denunce di ritardi, inefficienze, complicazioni amministrative, mancanza di chiarezza e di informazione. Anche la carta acquisti poteva essere gestita considerando la platea dei pensionati il cui reddito e stato patrimoniale sono noti, ed avreste semplificato, di molto, le procedure. Anche rispetto a questa misura che riteniamo sbagliata state creando le condizioni per un sua “oggettiva” collocazione tra misure assistenziali, non all’altezza di una seria politica di contrasto alla povertà che deve partire dai diritti di cittadinanza che ci appartengono perché garantiti dalla Costituzione.
Presidente, le alternative esistono. Sono presenti nel pacchetto di proposte del Partito Democratico. Avremmo potuto fare interventi sulle pensioni e sui redditi. Occorre lavorare in direzione di interventi strutturali che mancano in questo provvedimento.
È il tempo di più fondi per gli ammortizzatori sociali per proteggere i lavoratori, soprattutto quelli precari, che saranno i primi a pagare le conseguenze della crisi. E si deve intervenire in sostegno di chi vive di stipendio, perché chi non spende, non lo fa per mancanza di volontà, ma per mancanza di soldi.
Infine, Presidente, segnalo un emendamento importante che chiede la definitiva estensione delle detrazioni per carichi di famiglia, introdotte dal Governo Prodi, ai residenti all’estero e che auspichiamo trovi il necessario consenso tra le fila della maggioranza. Un aperto confronto in aula ci consentirebbe di verificare – su alcuni importanti emendamenti – la reale volontà della maggioranza.

L’On. Marco Fedi sul decreto anti-crisi

“Credo sia un errore adottare una strategia da “rinuncia preventiva” per cui prima ancora di affrontare nel merito le misure previste dai provvedimenti all’esame si rinuncia al confronto con le ragioni dell’opposizione. Si cerca di evitare il confronto in aula ad ogni costo. La fiducia sul provvedimento anti-crisi, anche con la forte riduzione degli emendamenti presentati dal gruppo del PD, può essere evitata. Perdere occasioni per riforme o per un provvedimenti le cui finalità sono condivise, è una “rinuncia preventiva” agli spazi di dialogo auspicati dallo stesso Capo dello Stato. È evidente che la nostra contrarietà alla impostazione complessiva del provvedimento rimane” – ha sottolineato l’On. Fedi.
“Si tratta di un provvedimento che ha l’aspirazione di contrastare la crisi economica definendo un “piano strategico nazionale” a sostegno delle famiglie, dell’occupazione e delle imprese. Invece contiene misure che non sono interventi strutturali, che sono largamente insufficienti e che trasformano l’assistenzialismo in “intervento per i poveri”. Non solo. Il tentativo di inserire in questo provvedimento il pagamento di una tassa di 50 euro per il rinnovo del permesso di soggiorno per gli immigrati regolarmente residenti in Italia e della fideiussione di 10.000 euro per le attività imprenditoriali è la dimostrazione di come si cerchi di “confondere” natura e merito dei provvedimenti. Quale altra lettura se non la continuazione della doppia azione: utilizzare la logica della paura per mascherare l’inefficacia dell’azione del Governo, utilizzare la logica delle emergenze per giustificare gli errori della maggioranza, da Alitalia, alla scuola e all’università fino alle misure sulla giustizia ed ora sulle misure anti-crisi” – ha dichiarato Fedi intervenendo in aula in sede di discussione generale sul provvedimento.
“Il bonus di 1000 euro è ad esempio un solitario intervento – profondamente assistenzialista – che non darà prospettive continuative per il rilancio dell’economia italiana. Lo stesso vale per la social card, la carta acquisti. Anche rispetto a questa misura, che riteniamo sbagliata, il Governo sta creando le condizioni per un sua “oggettiva” collocazione tra misure assistenziali, non all’altezza di una seria politica di contrasto alla povertà che deve partire dai diritti di cittadinanza che ci appartengono perché garantiti dalla Costituzione. Ed abbiamo già oggi denunce di ritardi, inefficienze, complicazioni amministrative, mancanza di chiarezza e di informazione”.
“Infine la questione delle detrazioni per carichi di famiglia e la definitiva estensione di questa misura, introdotta dal Governo Prodi, ai cittadini italiani residenti all’estero. Un nostro emendamento in tal senso è stato presentato in Commissione bilancio. Attendiamo di capire dalla maggioranza – con o senza voto di fiducia – come intende dare risposta a questo tema sollevato innumerevoli volte da esponenti dell’opposizione e della stessa maggioranza. In ogni caso – conclude l’On. Fedi – l’eventuale proroga di un anno ci impone di continuare a lavorare insieme per raggiungere l’obiettivo della definitiva estensione delle detrazioni per carichi di famiglia ai residenti all’estero”.

La virgola d’auguri e d’inizio 2009

Il dialogo è fatto anche di ascolto.
Non vi sono alternative al dialogo ed alla costruzione di Pace.
Perdere un’occasione di riforma condivisa è un po’ come rinunciare alla Pace, come perdere la speranza che in medio oriente possa tornare a prevalere la scelta del dialogo rispetto a quella delle armi, la scelta del dialogo invece della violenza. Ogni volta che in Parlamento vengono meno le opportunità di confronto e dialogo, ogni volta che non riusciamo a pensare – insieme – al futuro del nostro sistema universitario e formativo, o al futuro per il lavoro o per le famiglie oppure per l’economia del Paese, rinunciamo al ruolo della politica, rinunciamo a fare le riforma di sistema, quelle che garantiscono al Paese di progredire, di guardare con serenità a riforme di ampio respiro, condivise, che costituiscano l’ossatura del nostro futuro. La scelta della maggioranza e del Governo è quella dura dello scontro, in Parlamento e nel Paese. Lo abbiamo visto con la finanziaria, con la scuola ed ora con l’Università. Quando prevale la logica dello scontro non vi sono più spazi per il dialogo. Se una maggioranza è convinta delle proprie scelte deve avere il coraggio di confrontarsi in Parlamento. Quando mancano coraggio e capacità di ascolto, quando mancano impegno e visione d’insieme per dare continuità ed organicità alle riforme, si imbocca un percorso che è senza “speranza”. Il 2009 non è iniziato bene: l’Italia appare rinunciataria davanti alla drammatica situazione di Gaza. Rinunciare ad una forte azione per la cessazione delle ostilità e per gli aiuti umanitari alle popolazioni palestinesi significa rinunciare alla Pace. L’unica scelta possibile è la Pace. Da costruire con inesorabile persistenza.
Credo sia evidente come la percezione del significato di dialogo e condivisione – richiamate dal Capo dello Stato come esigenza imprescindibile per le riforme istituzionali e per modificare la Costituzione – sia molto diversa tra maggioranza ed opposizione. La ricerca del dialogo è una necessità della politica, avviene nella costruzione di grandi riforme di sistema – quelle riforme che durano più legislature e che segnano i grandi cambiamenti, come potrebbe avvenire per la riforma della Costituzione in senso federalista, per un nuovo assetto istituzionale, per un Parlamento più funzionale – ed avviene ogni giorno anche in Parlamento, nel confronto, che comunque non viene mai meno, tra maggioranza ed opposizione.
Per le grandi riforme, però, abbiamo bisogno di qualche marcia in più nel dialogo e nelle scelte condivise, non è sufficiente il dialogo quotidiano. Ecco perché il Presidente del Consiglio non può trincerarsi dietro i richiami all’ordinario dialogo parlamentare e continuare a dichiararsi avversario di forme di confronto più avanzate ed articolate.
Questa premessa è fondamentale se si vuole da un lato aprire una fase costruttiva e dall’altro garantire che questa non si trasformi in antiche pratiche consociative: anticorpi indispensabili per far crescere la democrazia in questo Paese.
Il 2009 sarà quindi un anno durissimo. Anche per gli italiani all’estero. I tagli arriveranno ora a destinazione, non più numeri di una finanziaria alla quale ci siamo opposti in tutti i modi, ma diminuzione degli investimenti per la scuola e la cultura, diminuzione della nostra capacità di assistere i più deboli, diminuzione della nostra capacità di offrire servizi. Le riforme non sono ancora state annunciate dal Governo e dalla maggioranza: un pericoloso vuoto di idee e proposte. Il Partito Democratico ha presentato proposte d’iniziativa parlamentare in tutti i settori – dalla sfera dei diritti sindacali, alla riforma delle carriere professionali dei contrattisti, dalla cittadinanza per riaprire i termini per il riacquisto, alle detrazioni per carichi di famiglia che vanno definitivamente estese ai residenti all’estero con l’esonero ICI, dalla riforma della 153 sulla scuola fino agli istituti di cultura. Saremmo pronti anche a presentare una riforma del Cgie – lungamente discussa anche con lo stesso Consiglio Generale degli Italiani all’estero. Ma avremmo preferito che il Governo, all’atto di un rinvio delle elezioni di Comites e Cgie, previsto dall’articolo 10 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207 “Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti” che prevede il rinnovo entro il 31 dicembre 2010, si fosse presentato con una propria proposta, almeno di contenuto.Invece, ancora il vuoto.Siamo pronti a fare la nostra parte per riempire il vuoto. Maggioranza e Governo devono dimostrare di avere un progetto che vada oltre la serie interminabile di tagli.