mercoledì 28 gennaio 2009

La virgola,

I primi passi di Obama, la credibilità internazionale ed il rispetto reciproco

L’impressione che si trae dai primi passi della nuova amministrazione americana, targata Obama, è assolutamente positiva. Per le cose dette da Obama, per gli impegni assunti con il popolo americano durante la campagna elettorale e confermati ora nei primi passi concreti della nuova amministrazione. La cerimonia di insediamento del Presidente americano non è stato solo un atto formale. È rinnovare l’impegno comune – del Presidente ma anche di tutti gli americani – ad applicare e proteggere i valori fondativi della Costituzione. La cerimonia di insediamento di Obama mi ha ricordato quanto importante sia per il popolo americano la Costituzione. Ed i primi passi del nuovo Presidente confermano tutto ciò. Anche su Guantanamo si torna alla Costituzione. Tra dodici mesi si chiuderà definitivamente un capitolo buio della storia americana. Si torna a “combattere” il terrore con le armi della legalità. Questo passaggio marca le differenze tra Obama e Bush. Nel suo primo giorno di insediamento alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha chiesto ai vertici militari di "raddoppiare gli sforzi" per arrivare ad un "ritiro responsabile" dalle truppe dall'Iraq. Obama intende quindi impegnarsi nella pianificazione necessaria per arrivare a un ritiro militare responsabile dall'Iraq, esattamente ciò che si era impegnato a fare in campagna elettorale. Il processo di pace in medio oriente può trarre solo benefici da questo ritorno alla legalità, anche internazionale. La tregua tra Israele e Palestina, la ricerca complessa ma necessaria per un percorso che porti ad un cessate il fuco permanente e ad una nuova fase di dialogo. Per essere credibili sulla pace occorre essere credibili sul piano internazionale e credo che Obama stia lavorando bene in questa direzione. Il richiamo alla nuova credibilità internazionale, al ritiro responsabile dall’Iraq “lasciando l’Iraq al suo popolo”, alla necessità di forgiare una pace guadagnata a fatica in Afghanistan, a lavorare per la pace e per ostacolare, fermare, ogni spettro di minaccia nucleare ed ambientale. Importante il richiamo alla grande America, nazione di cristiani e musulmani, ebrei e indù e non credenti, che è riuscita a superare la divisioni religiose, culturali e linguistiche e che non può e non deve tornare indietro ma deve giocare invece un ruolo internazionale fondato su questi elementi positivi. Significativo l’impegno per le nazioni povere, per combattere l’indifferenza verso chi soffre, per contrastare il consumo indiscriminato delle risorse e gli effetti sul nostro pianeta. Obama ha parlato delle sfide economiche che tutti abbiamo di fronte senza nascondere il fallimento collettivo nel compiere le scelte dure per contrastare l’avidità e l’irresponsabilità di pochi. Mi è parso un discorso equilibrato che ha rafforzato in me la convinzione che Obama ha le carte in regola per svolgere bene il ruolo di Presidente degli Stati Uniti d’America. Le aspettative sono tante e sono sempre eccessive. Credo che sia importante ricordare che oggi abbiamo tutti gli strumenti internazionali per svolgere una mediazione su tutti i piani, sia politico che economico. Ritengo che la mediazione internazionale di politica estera non possa che passare attraverso gli organismi internazionali e che – analogamente – la risposta internazionale alla crisi finanziaria ed economica non possa che essere affidata ai momenti di confronto internazionale. La nuova amministrazione Obama garantirà una presenza credibile in questi ambiti internazionali. È evidente che il peso degli Stati Uniti sullo scenario internazionale impone la dovuta attenzione ad una Presidenza che pare “innovatrice” su elementi fondamentali quali la legalità internazionale. Le aspettative quindi non sono eccessive se si ritiene che il buon lavoro – sulla base degli impegni assunti e confermati in questi primi passi – del Presidente Obama avrà conseguenze positive per tutti. Eccessive nella misura in cui si possa pensare che la nuova amministrazione americana possa di per se rappresentare una soluzione ai grandi problemi del nostro tempo. Dobbiamo oggi essere tutti all’altezza delle sfide del nostro tempo. Il Governo italiano deve governare bene in Italia e non lo sta facendo! Ad esempio a livello di contrasto della crisi economica – per quanto attiene alle scelte a sostegno di famiglie, pensionati, fasce sociali più deboli, imprese e sistema economico in generale – occorre essere credibili a livello “domestico” per potersi offrire credibilmente al necessario coordinamento internazionale. Così come a livello internazionale la nostra politica estera deve sapersi “affermare” per i forti richiami alla legalità internazionale ed al multilateralismo. Essere in sostanza parte di una nuova fase “mondiale” della costruzione di pace e di dialogo. In questo senso credo che i rapporti tra Italia e Stati Uniti non subiranno cambiamenti sostanziali. Certamente sarebbe utile – non solo con gli Stati Uniti – avere un rapporto basato sul rispetto reciproco. La mancanza di rispetto del Brasile nei confronti dell’Italia sul caso Battisti – ma è solo un esempio – dimostra quanto sia importante avere, sempre, rapporti chiari basati sulla reciproca “credibilità”.

Sul caso Battisti…

Concordo con quanti – tra le fila della maggioranza e dell’opposizione, in maniera bipartisan – sostengono che le motivazioni con le quali è stata negata l’estradizione siano poco rispettose dello stato di diritto che vige in Italia, delle sentenze della magistratura, dei principi, anche internazionali, che hanno reso possibile, ad esempio, la ratifica di un trattato internazionale per l’estradizione tra Italia e Brasile. Battisti è stato condannato per quattro omicidi e non per reati politici. La valutazione brasiliana secondo cui si tratterebbe di reati politici, esclusi dal trattato di estradizione, è però una valutazione “tecnica” della magistratura brasiliana. Occorre agire a livello politico e diplomatico per fare in modo che la posizione tecnica possa essere rivisitata alla luce di informazioni che probabilmente sono sfuggite all’attenzione della magistratura brasiliana. Occorre affermare che l’Italia ha le proprie ragioni, sono condivise dall’intero Paese e vanno sempre nel pieno rispetto delle sentenze della nostra magistratura. Per dire queste cose, dirle con la dovuta forza, dirle al Presidente ed all’intero popolo brasiliano, occorre davvero essere credibili. Questo compito – attraverso una mozione che mi auguro possa essere bipartisan – se lo assumerà il Parlamento.

Nessun commento: