giovedì 27 novembre 2008

La virgola, Un occhio attento alle cose italiane …Parlamentari e non …


Vigilanza Rai: una brutta storia

Bisogna ammetterlo. Sul caso della Commissione di Vigilanza Rai – importante perché sorveglia l’autonomia della televisione pubblica e soprattutto è determinante per la ratifica delle nuove nomine dirigenziali – il mio Partito, il Pd, non ha fatto una bellissima figura.
Dopo aver raggiunto un accordo con l’Italia dei Valori sul nome del loro Leoluca Orlando come presidente (quest’ultimo per prassi spetta all’opposizione parlamentare) e dopo mesi di stallo per il veto irresponsabile del centrodestra, sono accadute molte cose strane.
Un paio di settimane fa, in un programma di La7, il nostro parlamentare Latorre è stato beccato mentre passava un bigliettino di suggerimenti a Bocchino del Pdl e contro l’esponente dell’Idv lì presente, ricordante il veto – sacrosanto questo – posto dall’opposizione sul nome di Pecorella, avvocato del Premier, come membro della Corte Costituzionale. Il comportamento di Latorre ha portato alla luce le legittime resistenze di alcuni nel Pd sul nome di Orlando. Tuttavia, è disdicevole che il rapporto con gli alleati come l’Idv debba avvenire seguendo queste strade tortuose e poco limpide. Noi tutti invochiamo il dialogo con la maggioranza, ma alla luce del sole.
A conferma di questo mio disagio è quindi arrivata, la scorsa settimana, la nomina a sorpresa del senatore Villari del Pd a presidente della Vigilanza. Il parlamentare del Pd è stato eletto Presidente della Vigilanza con i voti della maggioranza, all’insaputa dell’opposizione. Un atto gravissimo, che rompe una prassi consolidata e conferma come Berlusconi e i suoi amino poco le regole delle democrazia, credendo di poter decidere anche per l’opposizione.
Villari ha dichiarato che quella sua nomina sarebbe servita a ricostruire il dialogo. Prendiamolo in parola. Ora che anche Di Pietro ha ritirato il nome di Orlando e che tutti – maggioranza e minoranza – hanno convenuto sul nome prestigioso di Sergio Zavoli, decano del giornalismo italiano, perché Villari non si dimette ? Missione compiuta, la sua, se davvero voleva riaprire il dialogo. Invece, il senatore è ancora al suo posto, ignorando le richieste ufficiali del Pd. Sì, Villari è stato giustamente espulso dal Pd per il suo comportamento e l’opposizione ha scelto di non partecipare ai lavori finché non si dimetterà, ribaltando il gioco del Pdl, che voleva rapidamente procedere a nuove nomine Rai. Però, o a maggior ragione, questa vicenda lascia l’amaro in bocca.
L’Italia degli inciuci è dura a morire. Prendiamone atto per non abbassare la guardia.


Il piano anticrisi del governo è un palliativo

Il Pd si è astenuto sul piano anticrisi del governo Berlusconi. Tutti concordano sul fatto che il sistema bancario e finanziario in grave crisi non debba essere lasciato al tracollo, trascinando con sé le sorti di milioni di onesti risparmiatori. Ma ciò che non convince nel piano del governo è l’aiuto a senso unico e senza contropartite offerto con i soldi dei contribuenti ai gruppi finanziari, responsabili con le loro speculazioni della crisi in atto. Occorrono più regole, più presenza dell’intervento pubblico in economia, più sostegno alla base della piramide e non solo al vertice.
Purtroppo però l’esecutivo ha messo in campo finora solo misure inutili o squilibrate: l’inopportuna abolizione dell’Ici per tutti (compresi coloro che non avevano affatto bisogno di questo regalo) ha disperso risorse ingenti, e di fronte a questo la tessera dei poveri a 40 euro al mese, ispirata a un “capitalismo compassionevole” fuori moda e fuori luogo, è una misura davvero troppo limitata; non c’è nulla per le tredicesime, mentre si insiste, nonostante il parere negativo della stessa Confindustria, sugli straordinari, ininfluenti in questa fase del ciclo economico.
Al contrario, il Pd chiede di discutere insieme alla maggioranza su sostegno a salari e pensioni, sugli ammortizzatori sociali e sulla lotta alla povertà e alla disoccupazione, con misure concrete non demagogiche.

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