mercoledì 29 ottobre 2008

La virgola


La grande manifestazione del 25 ottobre per “salvare l’Italia”


L’imponente manifestazione del Partito Democratico ci ha consegnato una responsabilità: continuare a svolgere con coerenza il ruolo di forza centrale dell’attuale opposizione. Una coerenza che non può venire meno nonostante l’atteggiamento del Governo e di parti della maggioranza. Non basta sostenere – a partire dal Presidente della Camera – che le legittime manifestazioni di protesta vanno ascoltate. Devono aprirsi spazi di dialogo in Parlamento. Le manifestazioni, la piazza, le proteste di questi giorni denotano un forte malessere ma dicono anche alcune cose, indicano delle alternative, propongono un percorso. Le riforme vere, quando riguardano settori importanti per il futuro del Paese come la scuola, debbono partire dall’ascolto dei soggetti interessati e garantire un quadro di modifiche il più possibile condivise per dare stabilità al settore. Che senso ha produrre cambiamenti raggiunti grazie alla logica dello scontro e quindi trasformarli in obiettivo di modifica quando l’opposizione diventerà maggioranza? E quando – soprattutto – la connotazione di base è rappresentata dai tagli? Tagli che riguardano anche gli italiani nel mondo.
Non posso nascondere l’emozione di aver visto l’enorme conca del Circo Massimo e le vie laterali strabordare di persone provenienti da tutta Italia e dall’estero. La presenza dall’estero, con lo slogan “ci tagliano la lingua”, ha aggiunto il contributo degli italiani nel mondo alla manifestazione di protesta. Sebbene non mi interessi la guerra dei numeri, trovo parecchio ridicolo che Berlusconi si dica non preoccupato dalla manifestazione ma poi cada nel più banale dei comportamenti di chi è in difficoltà: negare l’evidenza e sminuire il ruolo della protesta. Quello che più duole sentire è il disprezzo con cui gli esponenti di governo e maggioranza hanno bollato la storica manifestazione del Pd e, in generale, tutte le proteste pacifiche in corso in questi giorni nel Paese, soprattutto quelle del mondo della scuola, attaccato dai tagli del ministro Gelmini.
Occorrerebbe più rispetto verso ogni forma democratica di opposizione, senza demonizzarla o ridicolizzarla, ma al contrario vivendola come stimolo per un confronto. Lo “smemorato” Berlusconi finge di non ricordare di quando, circa due anni fa, manifestò lui a Roma contro il governo Prodi, e quest’ultimo non irrise affatto i cittadini scesi in piazza.
Al di là delle polemiche, ciò che rimane di sabato scorso sono alcuni dati di fatto: un’opposizione più unita (in piazza con noi c’era anche Di Pietro); l’apertura alle alleanze con altre forze di minoranza, parlamentari e non; la riaffermazione della leadership di Veltroni nel Pd; la fine della luna di miele tra governo e italiani (registrata dagli ultimi sondaggi che vedono un primo calo nel sostegno all’esecutivo).
Non è tutto. C’è ancora tantissimo da fare per rendere efficace un’opposizione propositiva alle politiche di un governo poco disposto all’ascolto delle forze vive del Paese. Noi ce la metteremo tutta, come il 25 ottobre ha saputo dimostrare.

Una legge elettorale per le europee troppo partitocratica

È iniziata lunedì scorso in Aula alla Camera la discussione della riforma della legge elettorale per le europee.
Mille volte si è detto che non si dovrebbero mai “cambiare le regole del gioco” poco prima delle elezioni e soprattutto senza il minimo consenso delle minoranze. Ancora una volta il Pdl ha scelto di fare da solo e procedere in maniera autoritaria. La proposta della maggioranza berlusconiana è quella di inserire uno sbarramento al 5% sul piano nazionale, di abolire le preferenze e procedere per liste di candidati bloccate, e di raddoppiare le circoscrizioni elettorali (dalle attuali 5 a 10).
Il Pd ha già annunciato un pacchetto di emendamenti per cambiare questa riforma.
In primo luogo, è nostro obiettivo ridurre lo sbarramento nazionale al 3%: va bene la semplificazione del quadro politico, ma il 5% è una soglia troppo alta e va a limitare l’espressione democratica del pluralismo, soprattutto in un Parlamento come quello europeo che non ha lo scopo di sostenere un governo con una sua maggioranza.
Inoltre, combatteremo contro la rimozione delle preferenze. Sono i cittadini e non gli apparati di partito a dover decidere chi va in Parlamento. Se la maggioranza dimostrerà ancora una volta totale chiusura proveremo a ridurre la dimensione delle circoscrizioni per dare più visibilità ai candidati collocati dalle forze politiche e per favorire il ricorso alle primarie per individuarli. Da parte nostra, il Pd si è impegnato a farle le primarie in ogni caso.
Infine, nell’ottica di una distribuzione degli incarichi rappresentativi e contro la presentazione di leader-specchietti per le allodole che si candidano per incassare voti al proprio partito e si dimettono il giorno dopo, vogliamo impedire il cumolo delle cariche (non facendo eleggere ministri, presidenti di regioni e province, sindaci di città sopra i 15mila abitanti) e le candidature multiple in più collegi elettorali.

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