giovedì 3 aprile 2014

FEDI (PD): GLI ELETTI ALL’ESTERO DEVONO SOSTENERE IL CAMMINO DELLE RIFORME

“È possibile perdere la speranza dopo poco più di un mese? Oppure in questo momento abbiamo tutti una responsabilità in più rispetto alla mera rappresentanza di interessi, legittimi, ma specifici e in qualche caso corporativi? Una responsabilità che ci è stata affidata dai nostri elettori, da quel mondo che ci chiede, prima di tutto, un'Italia nuova, che non può non passare attraverso le riforme istituzionali ed elettorale, una diminuzione del peso della burocrazia, la crescita economica e il lavoro. Non ho ancora incontrato, nel mondo, un italiano che chieda unicamente di affrontare il tema dei servizi consolari o della promozione del Made in Italy o della promozione della cultura e lingua italiane senza porsi prima il problema della qualità della nostra economia, della capacità di crescere e quindi di poter competere nel mondo, costruendo opportunità anche per le nostre comunità. E’ la prima cosa che sento di dire rispetto alla notizia del passaggio all’opposizione dei quattro parlamentari del MAIE. Credo anch'io che ci si debba ritenere stanchi del vuoto politico che circonda i temi degli italiani nel mondo. A dire il vero abbiamo anche superato i confini delle chiacchiere e siamo ormai in terra di nessuno. Ma proprio per questo, ribadisco che abbiamo il dovere di continuare a sostenere un Governo del cambiamento chiedendo che in questa fase di rinnovamento istituzionale si salvaguardino la rappresentanza e la qualità della nostra presenza in Parlamento, si facciano le riforme che chiediamo da anni, si evitino altre chiusure consolari e si riveda l'impianto della spesa della Farnesina, privilegiando i servizi ai cittadini. Posizioni ribadite nella mozione presentata al Senato e contenute in una risoluzione che presenteremo alla Camera. Sulle riforme il nostro contributo non mancherà. A partire dalle valutazioni sul Senato e sul collegamento con le comunità nel mondo. Grave errore, invece, quello del testo alternativo di riforma costituzionale, sottoscritto anche da senatori eletti all'estero, che rinuncia preliminarmente ai deputati eletti nella Camera che ha il rapporto fiduciario con il Governo. Sulle deleghe ad un eletto all'estero credo sia opportuno dirci la verità: se non otteniamo il risultato sperato è proprio per le divisioni. Qualcuno dovrà anche spiegare come mai l'unico nome che circolava sui quotidiani nazionali era un nome targato MAIE. Nessuna consultazione, tra noi o per noi o su noi, mi risulta sia stata condotta. Forse neanche è stata richiesta. Ancora una volta è andato in scena la vecchia commedia dello "spero che l'incarico sia mio". Non è da escludere che anche qualche eletto tra le fila del PD possa avere usato una strategia analoga. Preparandosi a sostenere per il futuro la tesi del limite di tre mandati, senza guardare agli anni complessivi, che normalmente per tre mandati sono 15. Ogni mossa è buona per liberarsi di possibili concorrenti nelle elezioni che verranno! Se ci liberassimo di questi trucchetti, se comprendessimo che gli strumenti per contare dobbiamo crearli noi, e se lavorassimo per l'unica soluzione possibile, cioè una bicamerale per gli italiani nel mondo, forse peseremmo di più e otterremmo migliori risultati. A maggior ragione oggi, in qualsiasi ipotesi di riforma del Senato, per collegare la Camera alle autonomie territoriali. Il gruppo unico parlamentare non può essere una soluzione percorribile. Oggi il MAIE vive legittimamente di un sostegno che proviene da varie storie politiche. Credo sia giusto pensare che chi fa politica possa ritrovarsi attorno ad una idea di società, di crescita, di sviluppo sostenibile, di diritti, di partecipazione. Se vogliamo costruire su una base solida, è su questo piano che dobbiamo realizzare anche le riforme per gli italiani nel mondo. E se ci ritrovassimo in una commissione bicamerale, ciascuno con la propria storia, le proprie idee e le proprie proposte, saremmo in grado di trarre con maggiore forza le conclusioni e le strategie per la nostra gente. Questo progetto è condivisibile e possibile. La sfida di Renzi, oggi - e lo dice chi renziano non è, ma sostiene lealmente il suo governo - è proprio quella di conciliare idee e proposte con l'urgenza dell'azione e con la fermezza di alcune richieste. Anche noi dobbiamo dimostrare fermezza, è vero. Lavoreremo per dare spazio di discussione alla mozione Micheloni al Senato, per fermare le attuali chiusure e per evitare che si ripetano in futuro. Credo sia doveroso evitare, però, che l'italianità nel mondo sia percepita come lontana dai bisogni più generali del nostro Paese”.

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