martedì 21 luglio 2009

FEDI (PD) su lavori Seminario PD Mondo a Bruxelles

FEDI (PD): Una base comune, programmatica, sulla quale delineare le connotazioni delle singole mozioni e ritrovarsi dopo il Congresso per far partire la fase di attuazione dello Statuto del PD mondo.

“Credo si possa prendere un impegno a ritrovarsi qui, a Bruxelles, città simbolo della nuova Europa e della cittadinanza europea, ed allo stesso tempo città del sacrificio, del lavoro, del contributo di lavoratori e lavoratrici dell’emigrazione, ricordati attraverso il simbolo di Marcinelle, per far partire, dopo il congresso, la fase di attuazione politica delle decisioni congressuali e definire il percorso per l’attuazione piena dello Statuto del PD all’estero” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi durante i lavori del seminario di Bruxelles.
“La proposta politica del Partito Democratico” – ha continuato Fedi – “deve essere forte, non può esitare e soprattutto può essere unitaria, almeno nella sua impostazione di base”. “Ai candidati alla segreteria, insieme, dovremmo far pervenire un appello: sui temi degli italiani nel mondo inserire nelle mozioni congressuali riferimenti che partano da una base unitaria per poi assumere le connotazioni autonome delle singole mozioni”.
“La prima riflessione che vorrei fare con voi riguarda la necessità che le forze progressiste, le forze del rinnovamento, le forze riformiste, il Partito Democratico, siano capaci – da questa fase precongressuale, fino al congresso e poi nella costruzione di una alternativa di Governo credibile e forte – di predisporre una proposta di clever country, in Italy and abroad, una proposta di Paese intelligente, in Italia e nel mondo, che significa anche valorizzare la presenza delle comunità italiane nel mondo. È una valorizzazione che ha bisogno di azioni concrete, di una visione d’insieme che – come mai prima d’ora, con forza e coraggio – ci veda protagonisti di una seria ed articolata riflessione”.
Allegato testo integrale intervento On. Marco Fedi

Seminario del PD del 18 luglio 2009, Bruxelles.

Diritti sociali, tutela previdenziale e rappresentanza

Credo sia indispensabile, in apertura di questo intervento, cercare di fare il punto sulla situazione politica. Abbiamo una maggioranza sempre più arrogante che oggi porta in Parlamento un decreto anticrisi sul quale con molta probabilità apporrà l’ennesimo voto di fiducia e nel quale aveva cercato di far convergere altri provvedimenti – la stessa tecnica delle scatole cinesi adottata in altre occasioni – per comprimere il dibattito ed esautorare il ruolo del Parlamento. Siamo riusciti a stralciare dal decreto economico Tremonti la parte che concerne le missioni internazionali e che si è riproposta in tutta la sua gravità con la morte di un militare in Afghanistan. La nostra opposizione è sempre stata seria, nel merito, forte di una ragionevolezza di fondo: non possiamo portare il Paese allo sfascio istituzionale, coinvolgendo la presidenza della Repubblica nelle polemiche politiche. Lo stesso non può dirsi per altre forze di opposizione. Abbiamo fatto una opposizione forte e seria sul decreto sicurezza: no al reato di immigrazione clandestina, no alle ronde civiche, no alla detenzione illimitata. La maggioranza ha votato il provvedimento – condizionata dalla Lega Nord – ed oggi vorrebbe proporre dei passi indietro, timidi e modesti e discriminatori. Noi abbiamo detto che occorre fare scelte razionali, che in questo contesto i respingimenti – per i quali nessuno dovrebbe gioire - vanno fatti quando necessario, sempre rispettando le regole internazionali, come fatto dal Governo di centrosinistra. Le nostre scelte di politica estera – su alcuni grandi temi – sono state coerenti con il principio della multilateralità, della centralità dell’Unione Europea e della necessità che si adotti una success exit strategy, così è stata giustamente definita da Piero Fassino, non una semplice uscita dalle aree di crisi, Afghanistan, Iraq, ma uscirne dopo il successo di una strategia politica per la pace e la democrazia.
In questo quadro noi abbiamo vissuto la prima fase dei tagli alle comunità italiane nel mondo, dei passi indietro rispetto a tante conquiste sul terreno della parità di trattamento e ai tentativi di delegittimazione della rappresentanza da parte del Governo.
La prima riflessione che vorrei fare con voi riguarda la necessità che le forze progressiste, le forze del rinnovamento, le forze riformiste, il Partito Democratico, siano capaci – da questa fase precongressuale, fino al congresso e poi nella costruzione di una alternativa di Governo credibile e forte – di predisporre una proposta di clever country, in Italy and abroad, una proposta di Paese intelligente, in Italia e nel mondo, che significa anche valorizzare la presenza delle comunità italiane nel mondo. È una valorizzazione che ha bisogno di azioni concrete, di una visione d’insieme che – come mai prima d’ora, con forza e coraggio – ci veda protagonisti di una seria ed articolata riflessione.
Gli italiani nel mondo sono quelli di prima, seconda, terza e quarta generazione dei permanentemente all’estero, bisnonni, nonni, genitori e figli e nipoti che non hanno solo un cognome italiano, che non hanno solo amore e passione per l’Italia, che non intrattengono solo rapporti culturali, sociali, commerciali con l’Italia e con le sue autonomie territoriali, ma che sono titolari di diritti ed hanno doveri, entrambi fissati nella Costituzione e garantiti da leggi della Repubblica. Gli italiani nel mondo sono i ricercatori e gli scienziati, i temporaneamente all’estero, le nuove professionalità e mobilità. Che sono parte della stessa dimensione di presenza italiana nel mondo e che chiedono insieme un impegno delle Istituzioni, del Paese nel suo complesso. Ecco per tutti deve esistere un’Italia pronta all’ascolto, pronta ad interventi di riforma, pronta ad erogare servizi: quei servizi che sono il rapporto con le pubbliche amministrazioni dello Stato italiano.
Diritti e doveri il cui assolvimento dovrebbe essere favorito, sostenuto, dal Governo, con provvedimenti di legge e azioni concrete. Abbiamo invece un Governo che esonera dall’ICI i residenti in Italia ma non i residenti all’estero. Che per la ricostruzione in Abruzzo esclude i residenti all’estero, sicuramente nella forma e probabilmente – se si guarda a ciò che è avvenuto con l’ICI – anche nella sostanza. Che tra le iniziative anticrisi inserisce una social card non esportabile all’estero e non agisce sulle pensioni, attraverso la quale azione avrebbe raggiunto anche i pensionati residenti all’estero. E i tagli alla scuola, all’assistenza, alla rappresentanza. Ed ora la chiusura dei Consolati. Nel dispositivo della risoluzione appena depositata in Commissione Affari esteri, firmata da esponenti di opposizione e maggioranza, a prima firma Narducci-Di Biagio, si chiede di congelare per un periodo di tre anni (2010-12) la manovra di razionalizzazione degli uffici consolari all’estero e di accelerare nel frattempo il processo di revisione e ammodernamento delle procedure amministrative, nonché l’informatizzazione destinata al funzionamento del “consolato digitale”.
Oggi siamo disponibili ad un vero confronto per evitare che questa quarta fase – che non è dettata da vincoli di bilancio – ci consegni una rete diplomatico-consolare debole, iniqua, che ancora spende male. Abbiamo bisogno di una lean-mean consular network.
Credo che le differenze con i 18 mesi del Governo Prodi siano tangibili, reali, davanti agli occhi di tutti. Avevamo dato un vero un contributo, decisivo, alla affermazione di un principio di parità di trattamento, di eguali diritti e doveri, tra italiani, ovunque essi vivano, cosi come prevede la nostra Costituzione.
Ed oggi continua l’azione di “progressiva” distruzione della rete di sostegno delle nostre comunità nel mondo. Lo vediamo con altre norme, quelle della legge 18 giugno 2009 n. 69 che all’art. 46 trasferisce nei tribunali territoriali tutto il contenzioso legale sulla materia previdenziale, prima accentrato a Roma. Si rischia di trasferire ai faccendieri che operano nei territori il contenzioso legale su temi specialistici – soprattutto quando concernono le Convenzioni bilaterali – ed oggi affrontati con conoscenze altamente qualificate a Roma.
Ed esiste oggi una questione urgente relativa alle condizioni di povertà di tanti nostri connazionali nel mondo: non solo la povertà relativa alla sussistenza, ma la distanza dal benessere, dai servizi, accentuata anche dalla possibili chiusure di consolati, dai ritardi nella ratifica di importanti convenzioni bilaterali o dalla loro modifica, dalla lentezza nei rapporti con la nostra burocrazia, dalle ulteriori distanze dalla affermazione piena dei diritti di cittadinanza. Tutto questo è oggi in discussione!
La proposta politica del Partito Democratico deve essere forte, non può esitare e soprattutto può essere unitaria. Ai candidati alla segreteria, insieme, dovremmo far pervenire un appello: inserire nelle mozioni congressuali riferimenti, che partano da una base unitaria per poi assumere le connotazioni autonome delle singole mozioni, relativamente ai temi che riguardano le comunità italiane nel mondo.
Anche al nostro interno abbiamo visioni ridotte e riduttive della italianità nel mondo. Abbiamo il dovere di portare nel congresso una fase di rinnovamento, di innovazione, nel modo stesso in cui facciamo politica, senza perdere incisività e capacità di rappresentare le istanze politiche delle nostre comunità sui temi reali, sulla qualità dei processi di integrazione, sulla risposta politica da dare alle sfide del nostro tempo.
In questo senso si pone la discussione sulla rappresentanza: Comites e Cgie, una volta accomunati da analogo destino e profondamente legati, oggi, grazie all’azione di Governo e maggioranza, con qualche aiuto da alcuni esponenti dell’opposizione, trasformati in “strani oggetti del desiderio”, sopravvalutati in un innaturale ordine di urgenza, relativamente alle riforme, sottovalutati nella necessità, questa vera, di rilancio delle loro potenzialità di rappresentanza delle nostre comunità. Non la rappresentanza politica – che compete ai partiti, alle coalizioni, ai gruppi parlamentari, agli eletti in Parlamento, ma una rappresentanza profondamente legata ai bisogni delle comunità.
Credo infine si possa prendere un impegno a ritrovarsi qui, a Bruxelles – città simbolo della nuova Europa e della cittadinanza europea, ed allo stesso tempo città del sacrificio, del lavoro, del contributo di lavoratori e lavoratrici dell’emigrazione, ricordati attraverso il simbolo di Marcinelle – per far partire, dopo il congresso, la fase di attuazione politica delle decisioni congressuali e definire il percorso per l’attuazione piena dello Statuto del PD all’estero.
On. Marco Fedi (PD)
18 luglio 2009

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