martedì 10 febbraio 2015

Andarsene sognando. L’emigrazione nella canzone italiana è il bellissimo libro di Eugenio Marino

Andarsene sognando. L’emigrazione nella canzone italiana è il bellissimo libro di Eugenio Marino, pubblicato recentemente dall’Editore Cosmo Iannone nella collana Quaderni sulle Migrazioni (pp. 390).
Non ho, purtroppo, una bella voce. E’ uno dei crucci della mia vita. Altrimenti direi poche parole con una bella canzone, piena di sentimento e poesia, ed avrei trovato una chiave musicale attraverso la quale raccontarvi un libro che è una … canzone. Anzi, una storia di canzoni.
 
Sarebbe bello dirvi di Eugenio Marino, prima che di Andarsene Sognando, la sua più recente, e speriamo non ultima, fatica letteraria.
Perché l'uomo è la sua esperienza, perché uomo ed esperienza sono qui con noi, perché con noi è il pensiero originale che genera idee, amore per la musica, poesia. Elementi sempre umanamente presenti in Eugenio Marino, che dovrebbero essere presenti e vivi, quasi una condizione di essenzialità, in chi si occupa di italiani nel mondo, perché quegli elementi sono ben presenti nelle genti migranti.
Direi che l'emigrazione ha saldato amore, musica e poesia in un percorso di emancipazione culturale, sociale e politica che non ha eguali. Un’esperienza che racconta povertà e sfruttamento, che ci porta per mano nei vicoli delle downtown del mondo, che ci presenta storie di integrazione e ricchezza come di morti sul lavoro, incomprensione, disattenzione, razzismo e xenofobia. La musica vive accanto a queste realtà, le accompagna, inizia a raccontarle, crea speranza, emancipazione, crescita e, soprattutto, genera passione, partecipazione, emozioni.
Ma è anche la rabbia di chi vorrebbe sbattere la porta, di chi lo ha fatto e se ne è pentito, di chi non l'ha fatto ed avrebbe voluto farlo, di chi oggi lo fa per le delusioni, per la mancanza di speranza, per la mancanza d'amore: poesia e canzoni possono aiutarci a ritrovare la strada, a non sbattere la porta, a ricostruire una storia comune.
Le canzoni ci hanno accompagnato in questo cammino e la poesia della vita in esse ha trovato spazio ed echi. Lo stesso è accaduto quando esse ha trovato accordi e chiavi di lettura dei temi del sociale, della giustizia, del lavoro, dell'emigrazione appunto, arricchendo i motivi tradizionali dell’amore, della passione, della famiglia, dell'amicizia.
E poi nella storia dell’emigrazione ci sono i valori della pace e della libertà quando i migranti si sono trovati coinvolti nei fronti di guerra, nella lotta partigiana, nelle resistenze alle dittature e alle limitazioni dei diritti e delle libertà, contro ogni fascismo. E la lotta per l'integrazione è stata anche affermazione del diritto alla mobilità, all'accoglienza, alla disponibilità umana e alla generosità.
Oggi abbiamo bisogno di canzoni di libertà, di resistere alle spinte xenofobe, di respingere ogni forma di intolleranza e di razzismo.
E chi ha il coraggio su queste cose di scriverci un libro sogna un Paese migliore, dove la rabbia possa trovare spazio in una canzone, dove la poesia si possa fare musica, dove musica e poesia possano migliorare gli animi e le relazioni tra gli uomini e aiutarci a fare un Paese migliore.
 
 
Il "Paese di gente autunnale, con pensieri soltanto autunnali, il cui passo di notte sui marciapiedi ha suono di pioggia", come racconta Ray Bradbury nel suo Paese d'Ottobre, è anche il "Paese di gente che andandosene, sognando, trovi la forza e il coraggio di cantare, di scrivere prosa, di raccontare una parte di se stessa”.
Su un piano di riflessione, il lavoro di Marino è un esempio concreto di come la storia dell’emigrazione italiana possa finalmente trovare spazio e dignità nel dibattito pubblico italiano. Ci sono voluti decenni perché nel nostro paese si parlasse dell’emigrazione come di un elemento costitutivo della storia nazionale. E questo libro è un passo importante in questa direzione.
 
Marino racconta la storia della nostra emigrazione lungo un arco di 120 anni. E lo fa attraverso la canzone italiana, sia quella d’autore che quella popolare. Un viaggio che parte dalle più famose e antiche canzoni, quelle più decisamente melodrammatiche, per arrivare a quelle dei grandi cantautori contemporanei – dalla Scuola genovese ai giorni nostri – attraverso le cui parole è possibile ricostruire l’itinerario lungo e ricco di avvenimenti che ha portato milioni di italiani in tutto il mondo.
E’ un lavoro che utilizza la canzone dell’emigrazione, filone che attraversa la storia della canzone italiana intrecciandosi ai diversi repertori e tradizioni stilistiche musicali, senza essere però un libro sulle canzoni. La storia della diaspora italiana è sempre messa a fuoco e inserita, con puntuale rigore, nell’affresco più complesso e intricato della nostra storia nazionale.
Le oltre 200 canzoni che troviamo nel testo sono, in effetti, segni di interpunzione, vere e proprie dissolvenze incrociate che – come nell’uso comune cinematografico – delimitano un flashback, un fatto accaduto in precedenza.
Nel libro, Marino cita Proust - «le canzoni, anche quelle brutte, servono a conservare la memoria del passato» - per affermare che in esse risiede qualcosa del “tempo perduto”. Aggiungerei del “tempo di tutti”.
Nel leggere il libro, ho avuto l’impressione che le canzoni funzionassero come vere e proprie macchine del tempo. Leggiamo i testi e ne ricordiamo le sonorità per averle incontrate in qualche momento della nostra vita. Sono depositi collettivi – e individuali - di umori, sentimenti, emozioni. Permettono di farci abitare un’epoca ma soprattutto di calarci sulla scena dei protagonisti: di sentire quello che sentono, di vedere quello che vedono, di ricordare quello che ricordano; in una parola, di vivere l’emozione che muove il loro viaggio. E si tratta di viaggi diversi: per epoche, luoghi di partenza, di arrivo e di ritorni, motivazioni…
Gli autori di queste canzoni hanno saputo cogliere – come spesso capita agli artisti - i segni dei tempi e cantato, interpretandola, la diaspora della loro gente in maniera efficace e profonda.
Il merito di questo bellissimo libro – rigoroso scientificamente, ricco di rimandi, di contributi, di apparati bibliografici, discografici, filmici – è quello di raccontare le vicende della nostra emigrazione attraverso la storia della canzone italiana con un linguaggio inclusivo, non specialistico, disponibile a essere strumento aperto, per tutti. Questa attitudine - generosa, militante e autenticamente politica dell’autore -  è preziosa per affermare, ancora una volta e con forza, che i tempi sono ormai maturi per inserire lo studio multidisciplinare delle migrazioni nei programmi scolastici del nostro Paese.
 
Marco Fedi

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