mercoledì 3 febbraio 2010

Intervista all'On. Marco Fedi

Il deputato eletto in Australia, contattato telefonicamente da ItaliachiamaItalia.com durante la votazione alla Camera sul legittimo impedimento, dà in diretta la notizia della vittoria della maggioranza. "E’ uno strano governo - commenta - quello che da un lato vuole risolvere i mali della giustizia e dall’altro gli taglia i fondi". E ancora di soldi si torna a parlare, se si tocca l’argomento Rai Italia. "Il 9 febbraio incontreremo il direttore Renzoni per mettere in campo un’azione comune per recuperare risorse in vista del taglio finanziario, finora solo ipotizzato ma probabile".

di Barbara Laurenzi

Roma - "Ora il nostro compito è quello di risolvere il problema giustizia, che non è solo del cittadino Berlusconi ma di tutti”. Sono parole in presa diretta quelle pronunciate da Marco Fedi, deputato Pd eletto oltreconfine, a colloquio dalla Camera dei deputati con Italiachiamaitalia.com, nel corso delle votazioni sul legittimo impedimento.

Onorevole, qual è la situazione alla Camera? Come procede la votazione?
Procede bene, ma per la maggioranza. Tutti i nostri emendamenti sono stati bocciati, come era prevedibile vista anche posizione individuale dell’Udc, che non condivido ma che va rispettata. Ora abbiamo di fronte a noi un compito importante: fare in modo che si trovi una soluzione ai problemi della giustizia del Paese. Una soluzione che coinvolga tutti, non solo Berlusconi ma tutti i cittadini. Bisogna evitare i percorsi personali.

A proposito di processo breve e legittimo impedimento, lei ha parlato di uno “strano governo”. Più strano della lentezza della giustizia in Italia?
No, assolutamente. In un paese moderno e civile, è vergognoso che la giustizia abbia questi problemi. La politica è consapevole che questa tematica va affrontata, ma non con leggi ad personam da un lato e, dall’altro, con tagli al sistema giudiziario. Lo “strano” del governo sta proprio in questo: mentre si dichiara di voler risolvere la lentezza giudiziaria, si tagliano le risorse economiche. Così si parte nel peggiore dei modi.

Il premier Berlusconi è tornato proprio oggi a parlare della stampa italiana, definendola “iniqua”. Questo clima sempre più avvelenato è causato solo dalle dichiarazioni di Berlusconi o anche dagli attacchi di certa informazione, sia televisiva che su carta?
Quello dell’informazione è un mondo che, visto attraverso gli occhi dei canali televisivi, è fortemente controllato dal presidente del Consiglio e anche la situazione della stampa è analoga. Il vero nodo della questione è che, in questo paese, il giornalismo investigativo non esiste più, esistono solo opinionisti che parlano di tutto senza dire nulla.

La sua soluzione è ‘più giornalismo puro e meno opinionismo’?
Sì, il giornalismo dovrebbe porre quesiti e cercare risposte e fatti oggettivi. Se il Tg1 non riporta alcune notizie c’è un problema nel Paese. Ormai pochi giornalisti veri fanno le domande giuste rispetto ai problemi del paese.

Il Tg1 e la Rai sono faziosi?
In questo momento decisamente sì. Penso, però, che su questo il giudizio va lasciato ai telespettatori, non vorrei che noi politici dessimo valutazioni di questo tipo. Il mio giudizio, infatti, è da telespettatore. Non esiste un complotto da parte dei media verso Berlusconi, esiste un’informazione che non parla dei problemi del Paese.

La stampa è troppo concentrata sul premier e troppo poco sui problemi reali?
In questo momento, a dire il vero, la stampa è concentrata sul gossip e ciò mi sembra molto preoccupante.

Non condivide chi, per attaccare Berlusconi, coinvolge anche le sue vicende personali?
È un errore e chi lo fa sbaglia. Le due sfere vanno distinte, le notizie e i fatti dell’attività pubblica sono da approfondire, quando sono vicende personali vanno lasciate lontane.

Com’è vista la nostra politica interna dalla comunità italiana in Australia?
L’Italia ormai è un cattivo esempio. Non riusciamo a dare risposte serie ai problemi, ad esempio la crisi economica. Noi abbiamo grandi potenzialità ma non riusciamo ad affrontare la perdita dei posti di lavoro e questo costituisce una problematica anche per gli italiani all’estero, non solo in relazione ai rapporti bilaterali o internazionali ma anche per un eventuale rientro.

Chi, in passato è emigrato, ora non tornerebbe in Italia?
Non sto dicendo questo. Valuto il fatto che chi vive all’estero ha con l’Italia una serie di rapporti culturali, economici e spesso imprenditoriali. Un’Italia indebolita sotto il profilo economico indebolisce anche gli italiani all’estero. Inoltre le politiche per i connazionali nel mondo non sono messe in campo. Sono state dimenticate anche le riforme, che invece sarebbero poche, facili e alcune anche a costo zero come ad esempio quella della cittadinanza. Il suo rinvio è stata una delle tante occasioni perse.

Lei ha esclamato “meglio tardi che mai”, riferendosi agli esiti del convegno di Verona, dove una parte del centrodestra ha concordato con la necessità di affrontare prima le riforme istituzionali e poi quelle di Comites e Cgie. Secondo lei a che cosa è dovuto questo cambiamento di rotta?
Innanzitutto bisognerebbe capire se c’è stato davvero un cambiamento e in che misura si trasformerà in atti parlamentari. Noi dicemmo che la riforma dei Comites era da fare con più calma, dopo le riforme istituzionali più urgenti. Fino ad oggi noi siamo stati coerenti, ora ci arriva anche una parte del centrodestra.

È l’inizio di una collaborazione tra colleghi di schieramenti opposti?
Se il centrodestra rimarrà su questa linea ci troveremo insieme in Parlamento a dialogare, chi non la pensa così porterà avanti la sua tesi. Il dialogo è sempre utile, anche sul tema della rete consolare abbiamo sempre collaborato bene. La posizione del Partito democratico è chiara: la proposta ‘Tofani’ è largamente insufficiente e non la condividiamo. Alla camera l’avevamo già detto, ora ci sarà spazio per confrontarsi in Parlamento se il governo insisterà nel portarla avanti.
Ci sono altri nodi sui quali si può dialogare?
Vogliamo parlare dei tagli a Rai Italia. Il 9 febbraio incontriamo informalmente il direttore Daniele Renzoni, anche con i deputati del Pdl. L’incontro servirà a valutare lo stato di Rai Italia ma anche per mettere in campo un’azione comune per recuperare risorse in vista del taglio finanziario finora solo ipotizzato ma probabile.

Oltre ai tagli, quali altri temi più immediati affronterete con Renzoni?
Ci aspettiamo di vedere il piano editoriale per valutarlo con lui. Vogliamo capire quali sono i nodi strategici rispetto alle questioni rimaste aperte con Badaloni. Ad esempio l’organizzazione dei palinsesti, in alcune parti del mondo incompleti, come in Australia, i programmi contenitore, l’informazione dell’Italia e dall’Italia, la famosa informazione circolante della quale si parla tanto ma ancora non si vede nulla.

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